Giovanni Sarchioto è il pugile che piace agli addetti ai lavori. Maestri,
manager e suoi colleghi parlano un gran bene del 28enne romano sin dal suo
passaggio al professionismo nel 2021, soprattutto da quando è andato a vincere
per ko a Las Vegas due anni fa. Da allora non è riuscito a conquistare il titolo
italiano dei medi perché, nonostante fosse stato designato ufficialmente
sfidante al titolo, non ha mai trovato avversari che volessero combattere con
lui, se non un paio di un livello inferiore nel ranking. Sabato scorso ha vinto
a Ferrara il mondiale UBO, sigla non di prim’ordine, diciamo sotto le cinque
principali.
Ma il ragazzo aspira, giustamente, a molto di più e lancia così la sfida a Dario
Morello, pugile altrettanto bravo e molto più forte a livello mediatico grazie a
una attività costante sui social e a una personalità che travalica il ring.
Morello frequenta il jet set dello spettacolo, essendo fidanzato con la cantante
Serena Brancale. Riesce a riempire i palazzetti come nessun altro in Italia
(vedi l’ultima serata TAF a Milano). Morello, talento puro soprattutto in fase
difensiva, è attualmente in possesso della cintura EBU Silver, l’ultimo gradino
per arrivare all’Europeo vero. Si farà dunque questo match che gli appassionati
di boxe in Italia vorrebbero tanto vedere, e già sta crescendo il tam tam su
Instagram e Facebook?
Per come sono da sempre le dinamiche della boxe, diverse da qualsiasi altro
sport che non sia da combattimento, potrebbe non farsi: tra le sedici corde non
sempre i migliori si affrontano, non si è obbligati a farlo neanche per
diventare campioni del mondo, soprattutto in un ambiente italiano che non è
economicamente florido come negli anni ’80. Insomma, se uno non vuole
affrontarti e fare un percorso diverso dal tuo lo può fare. Oppure è il manager
che non ti mette contro un determinato avversario perché magari questi si trova
ad un livello diverso dal tuo in carriera. La tendenza poi a evitare le
sconfitte per non rovinare il record ha fatto il resto.
“Voglio fare questo match, per il semplice fatto che io sono disposto da sempre
a battermi con chiunque e siccome lui si definisce il migliore, trovo
inevitabile uno scontro tra noi due per definire appunto chi è il più forte in
Italia e quindi pronto per l’Europeo“, lancia la sfida Sarchioto, intervistato
dal fattoquotidiano.it. “Cosa gli rispondo? Che per me è solo un discorso
economico – dice Morello al fattoquotidiano.it – Io ho solo da perdere in questa
sfida. Ma se mi danno quanto chiedo si può fare anche stasera!”. Morello, che è
il manager di sé stesso, ha dimostrato molta lucidità nelle ultime stagioni nel
costruirsi una carriera che lo ha portato a un passo dall’Europeo.
Sarchioto è fiducioso o comunque la prende con ironia: “Credo che prima o poi si
farà perché Morello sta prendendo fiducia in sé stesso, circa un anno fa o poco
più voleva 50mila euro per fare contro di me, adesso dice che 30 vanno bene. Io
sarei pronto a farlo anche in trasferta a Milano“. Il manager di Sarchioto,
Massimiliano Duran, ha fatto sapere che per 30 mila euro è disposto a
organizzare. Morello, ma lei teme Sarchioto?: “È un buon pugile ma non più forte
di quelli che ho affrontato fino ad ora. Sennò non avrebbe perso il match al WBC
Gran Prix. Il suo ultimo incontro a Ferrara non l’ho neanche guardato ma mi
hanno detto che non è stato nulla di che“.
I due hanno fatto sparring solo una volta, tanti anni fa, quando erano in
Nazionale (Sarchioto da Youth, Morello già Élite). È troppo poco per fare un
pronostico su chi eventualmente vincerebbe. Tra i professionisti non hanno
nemmeno avuto avversari in comune. Sicuramente ne verrebbe fuori un bel match,
anche per le caratteristiche diverse dei due. Sono probabilmente il meglio di
quello che offre la boxe italiana oggi, capitati nella stessa categoria,
prestigiosa, tra l’altro, dei pesi medi. Purtroppo Sarchioto-Morello è facile
che rimanga solo un match di fantaboxe ed è un peccato perché il rilancio di
questo sport passa da questi incontri con i migliori sul ring.
Credit photo Dario Morello: @gretagracegreta (Instagram)
Credit photo Giovanni Sarchioto: @dibiagioandrea (Instagram)
L'articolo Sarchioto-Morello, il match di boxe che in Italia tutti vogliono ma
che probabilmente non si farà: ecco perché proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Pugilato
Da decenni il professor Mario Ireneo Sturla è un punto di riferimento nel
settore medico della boxe mondiale, ricoprendo ruoli come Coordinatore Sanitario
Nazionale FPI, Presidente della Commissione Nazionale Studi e Ricerche FPI,
Presidente della Commissione Medica Europea EBU e Chairman della Commissione
Medica Mondiale WBC. Il professore è stato a bordo ring in centinaia di titoli
mondiali. È impegnato a livello scientifico nella lotta contro il taglio del
peso, la pratica in cui l’atleta riduce, di solito molto rapidamente, il proprio
peso corporeo per rientrare in una determinata categoria il giorno della
pesatura ufficiale. Dopo il peso, nelle 24-36 ore che precedono il match,
l’atleta si reidrata e si rifocilla, salendo di peso, anche di 10 kg.
Quando è arrivata questa pratica in Italia?
Il taglio del peso in Italia, pratica importata dall’MMA, è arrivato a cavallo
tra il 2019 e il 2020. Hanno dunque iniziato a farlo i pugili di quest’ultima
generazione; molti sono ancora in attività. I danni a lungo termine non sono
ancora arrivati: il conto purtroppo verrà pagato in futuro.
Riesce a farlo capire ai pugili?
Ai pugili prima parlo con la scienza, l’unico luogo che non permette la
democrazia: o sai o non sai. Poi cerco di semplificare il concetto: ‘Attenzione
che ti stai rovinando i reni, il fegato e il cervello per due volte può andarti
bene, ma la terza può essere fatale’. Nel cervello favorisce stati commotivi,
emorragie cerebrali, emorragie subaracnoidee, ematomi sottodurali ed
encefalopatia cronica.
Quale altro tasto può essere toccato perché un pugile lo capisca?
Per esempio che il taglio del peso sul ring è controproducente: la performance
diminuisce del 20% con una perdita di liquidi del 2%.
Viste le condizioni in cui si presentano alcuni pugili sul ring e alcune foto e
video che appaiono sui social nella fase pre-cerimonia del peso, la sua
battaglia sembrerebbe ancora lontana dall’essere vinta. Cosa ha bisogno il mondo
del pugilato?
Nella boxe servono medici specializzati e onesti che lavorino per la tutela
della salute del pugile e che non si stanchino di sensibilizzare tutti gli
addetti ai lavori sui fattori di rischio legati al gesto atletico.
Cosa deve fare il medico?
Il piano dietetico per un pugile deve essere fatto solo da medici specializzati
ed esperti, non da biologi nutrizionisti, i quali non possono conoscere in
maniera approfondita tutte le patologie che un medico ha studiato.
E poi?
Il medico inoltre deve scegliere la categoria di peso ideale anche per i
giovani. Una volta ce n’erano meno; erano 8 quando ho iniziato io.
Paradossalmente, nello squilibrio degli sbalzi di categoria c’era un equilibrio
maggiore: la maggiore differenza di peso tra una categoria e la successiva
rendeva difficile il passaggio da una a un’altra.
Un tempo come funzionava?
Una volta si usavano le saune e tute di gomma, ma idealmente il pugile non
dovrebbe allenarsi nemmeno così e, ovviamente, senza diuretici che oggi sono
giustamente considerati doping. Il pugile ideale dovrebbe allenarsi
esclusivamente in pantaloncini e a torso nudo poiché spesso si confonde la
perdita di peso con la disidratazione.
L'articolo “Taglio del peso? I danni a lungo termine non sono ancora arrivati,
il conto verrà pagato in futuro” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Si divide tra la sua palestra a Firenze, aperta da maggio, e gli impegni in giro
per il mondo da tecnico della Nazionale. Leonard Bundu, dopo una grande carriera
da pugile che lo ha visto vincere più volte l’Europeo e combattere anche in
America, rivive oggi da maestro le emozioni del passato trasmettendole ai
giovani atleti a cui insegna i colpi della boxe. È fratello di Antonella,
candidata alla presidenza della Toscana alle ultime regionali.
Come sono i ragazzi di oggi?
Tecnicamente sono bravi, ma forse servirebbe loro un po’ più di grinta. Non sono
passati tanti anni dai miei tempi, ma i ragazzi di oggi sono più ammorbiditi;
hanno meno voglia di scavare fino in fondo alle proprie risorse per arrivare
alla conclusione. Non per forza si deve passare attraverso la sofferenza della
vita, anche se spesso è quella a darti quella “cazzimma” in più. Questo sport
non è semplice, soprattutto per i giovani che per allenarsi e combattere non
fanno la vita dei propri amici.
Lei che infanzia ha avuto?
Fino ai 16 anni ho vissuto in Sierra Leone, dove sono nato. Ho iniziato con la
boxe qui in Italia per socializzare. In Africa ho tirato solo cazzotti tra amici
per strada, la palestra era lontana. In Sierra Leone la boxe piaceva molto, pur
senza esserci una grande tradizione.
Che ricordi ha di quegli anni?
Bei ricordi, una giovinezza libera in mezzo alla natura. Si usciva la mattina e
si tornava alla sera senza troppa preoccupazione da parte dei familiari. Non era
pericoloso allora. Dopo è iniziata una guerra atroce con bambini soldato e siamo
venuti a Firenze. Fu una guerra civile iniziata in Liberia e culminata con un
colpo di stato, c’era grande interesse economico per via dei diamanti. Non sono
più tornato dal 1991, ma prima o poi lo farò.
In Italia ha avuto una lunga carriera da dilettante e poi è passato
professionista, forse troppo tardi?
Sono passato professionista a 31 anni, ma è stato il momento giusto per farlo.
Prima non ero pronto dal punto di vista mentale. Dopo l’Olimpiade del 2000, dove
la medaglia non è arrivata, avevo perso gli stimoli e ho quasi smesso. Ho
cercato di concretizzare il mio percorso passando Pro, con molta serietà,
gareggiando fino a quasi 42 anni.
Ha disputato anche un mondiale WBA Interim in America.
Avevo già 40 anni e stavo bene, ma contro un avversario con 14 anni in meno la
differenza si vede. Con Thurman la differenza c’era. È stata comunque
un’emozione andare a Las Vegas a combattere.
I match con Daniele Petrucci a Roma e poi a Firenze nel 2011 hanno riportato
indietro la boxe di decenni per quanto riguarda l’entusiasmo e l’attenzione
mediatica.
Sì, si respirava un’aria d’altri tempi. Tutti parlavano di questo match, con un
grande coinvolgimento di pubblico e stampa. Io ho sempre avuto tanti tifosi a
Firenze, sono stato molto amato e seguito. Perché? Per il mio modo di fare, di
essere me stesso nel successo e nelle sconfitte, di essere simpatico, sincero,
umile.
Come ha festeggiato dopo la vittoria dell’Europeo con Petrucci?
Sono andato a Cuba con la mia famiglia, dove mi riconoscevano e mi salutavano,
urlandomi “Bunduuuu!”. Contro i loro pugili avevo combattuto da dilettante; mi
hanno fatto sentire a casa.
Sono stati quelli i match più belli?
Il ricordo più bello è legato al match in Inghilterra, la difesa europea con Lee
Purdy. Avevo tutti contro all’inizio: sul ring l’avversario mi diceva che ero
vecchio, ma a 39 anni l’ho messo KO alla dodicesima ripresa, conquistando tutto
il pubblico inglese che inizialmente mi era ostile.
Ha vissuto “cose sporche” nella boxe?
Ingiustizie ci sono se combatti fuori casa o contro una nazionale politicamente
più forte, ma truffe vere e proprie non le ho mai subite. Secondo me ci sono
pugili che si lamentano troppo, fuori e dentro il ring.
Un nuovo Bundu è all’orizzonte?
Magari qualcuno di meglio tecnicamente ci sarà, ma di Bundu ce n’è solo uno. Ed
è giusto che sia così, perché ognuno deve avere le sue caratteristiche.
L'articolo Leonard Bundu: “I ragazzi di oggi sono ammorbiditi. Il più bel
ricordo con Purdy: mi diceva che ero vecchio, l’ho messo ko” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Dopo solo quindici secondi dall’inizio del match d’esordio da professionista,
Abbes Mouhiidine con un montante aveva già atterrato il suo avversario,
l’argentino Franco Catena. Poi ha gestito bene i sei round, vincendoli tutti e
portando a casa la vittoria ai punti. Non è il debutto di un pugile qualsiasi:
il campano Mouhiidine da dilettante ha vinto due argenti ai mondiali e un oro
agli europei. Arrivato da favorito ai Giochi Olimpici di Parigi è uscito con un
verdetto discutibile al primo turno con l’uzbeko Lazizbek Mullojonov, che
avrebbe poi vinto la competizione. Quest’estate ha deciso di passare Pro.
Saltato a causa dell’avversario il match a Catania, dove invece ha esordito il
suo collega Salvatore Cavallaro, pochi giorni più tardi è capitata l’occasione
di disputare questo match a Osimo, nella serata in cui Charlemagne Metonyekpon
ha conquistato il titolo IBF International dei Super Leggeri.
Mouhiidine, è soddisfatto?
Mi sento come un bambino, sto a tremila! Ero rilassato e pronto. Ho continuato
ad allenarmi anche dopo che era saltato il match, sapendo che avrei avuto di
fronte un avversario vero.
Dopo l’atterramento dell’avversario la vittoria è arrivata nettamente ai punti.
A me piace fare divertire il pubblico e la preparazione era stata fatta per i 6
round.
Ha riscontrato differenze tra professionismo e dilettantismo?
Non troppe, mi sono spostato sulle gambe ma come provato in allenamento e negli
sparring sono stato più con i piedi per terra per portare i colpi più incisivi.
Ero molto tranquillo come lo sono sempre stato tra i dilettanti. Ovviamente
vanno gestite meglio le risorse e i colpi in tutte le riprese, che qui erano il
doppio di quante sono tra i dilettanti.
Combatte per la Polizia di Stato, con Davide Bianchi come procuratore. Avete già
tracciato un piano per il futuro prossimo?
A febbraio farò un altro match, sarà sempre un incontro vero in modo da scalare
presto la classifica. Facendo tanta attività vogliamo arrivare al titolo
italiano dei cruiser già a metà del 2026.
Ha sperato in una chiamata di qualche organizzazione importante estera?
In America e in Inghilterra spesso puntano sui loro pugili. Probabilmente anche
con la medaglia d’oro olimpica al collo non avrebbe avuto senso andarci. Sì, i
Giochi sono stati una grande delusione, ma i grandi campioni si rialzano.
Quale è il suo sogno?
Di unificare tutte le cinture dei cruiser, anche Usyk è partito da questa
categoria di peso. Sto seguendo i vari Opetaia e Gilberto Ramirez, sia da
appassionato che da diretto interessato. Li punterò tra qualche anno.
La sua carriera sta correndo parallela a quella di Salvatore Cavallaro.
Sono il suo primo tifoso oltre che amico. Da dilettanti abbiamo girato il mondo
insieme, siamo stati uniti nella sofferenza e nei trionfi. Fare sparring con un
peso medio come lui è sempre utile.
A settembre non è stato convocato per i mondiali dilettanti di Liverpool da
Giovanni De Carolis.
La linea guida della nuova gestione va rispettata. Io da casa ho tifato tutti i
ragazzi impegnati a Liverpool. Ora però sono concentrato su questa nuova
avventura.
Prima delle Olimpiadi di Parigi lei era la speranza del pugilato italiano,
considerato il Sinner della boxe che avrebbe trascinato tutto il movimento ai
fasti del passato. È ancora in tempo per farlo?
Il tempo c’è, fatemi lavorare. Già altri stanno facendo un buon lavoro, io
voglio dare quel tocco in più. Ma con l’umiltà di uno che lavora ogni giorno
proprio come Sinner. Voglio essere un esempio per i giovani che mi seguono e
quelli che non mi seguono ma presto lo faranno.
L'articolo “A me piace far divertire il pubblico, lavoro con umiltà ogni giorno,
come Sinner”: l’esordio da sogno nei Pro di Abbes Mouhiidine proviene da Il
Fatto Quotidiano.