di Silvia Zaccaria
Global Mutirao Decision è il titolo all’apparenza incoraggiante del documento
finale della 30esima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico. In realtà
però nessuna decisione concreta è stata presa e non c’è stato alcun consenso
globale; solo l’ennesima conferma dell’accentuata frammentazione della comunità
internazionale rispetto al cambiamento climatico.
Lasciamo quindi Belém con l’amaro in bocca per le promesse infrante proprio lì,
nel cuore dell’Amazzonia, in quella che doveva essere la Cop della Verità.
La partecipazione di 900 indigeni, seppure in veste di meri osservatori (“party
overflow”, cioè letteralmente “fuori delegazione”) – o “kuntari katu”
(letteralmente “quelli che parlano bene”), come hanno scelto di autodefinirsi
ricorrendo ancora una volta ad un termine della lingua “generale” amazzonica –
alla programmazione ufficiale dell’evento, ha rappresentato senza dubbio un
fatto senza precedenti nella storia delle Cop.
E se in più occasioni “la zona azul” che ospitava le negoziazioni è stata teatro
di proteste da parte loro, è perché questi continuano ad essere esclusi dalle
decisioni che li riguardano. I grandi progetti infrastrutturali ed energetici
recentemente promossi dal governo Lula sono infatti in palese contrapposizione
con le dichiarazioni che riconoscono l’importanza della delimitazione e
protezione dei territori indigeni e tradizionali come strumento di mitigazione e
lotta al cambiamento climatico e i diritti dei popoli e comunità su di essi.
Nell’agosto 2025 il presidente brasiliano ha firmato il decreto 12.600/2025 che
trasforma tre fiumi amazzonici – Tapajos, Tocantins e Madeira – in merce nelle
mani di grandi imprese private. Sempre nell’area del Tapajos, oltre all’idrovia
omonima, è prevista anche una ferrovia, ribattezzata ferrograo, perché
trasporterà prodotti agricoli (e minerari) dal Mato Grosso verso i porti del
Parà. Infine, nell’ottobre scorso, la Petrobras ha ricevuto l’autorizzazione da
parte dell’Ibama alla trivellazione di pozzi esplorativi di petrolio a 150 km
dalla foce del rio delle Amazzoni.
Il riconoscimento di 14 nuove terre indigene e l’apertura di un dialogo sul
progetto Tapajos hanno rappresentato solo una magra consolazione. Si stima che
altre 70 terre siano in attesa di essere delimitate e il processo è lento e
oneroso. Intanto, proprio durante la Cop, l’ennesimo leader, esponente del
martoriato popolo Guarani Kaiowa, è stato ucciso durante la retomada
(rioccupazione) del territorio ancestrale. Per questo gli indigeni rimasti fuori
dalla Cop (circa 6.000) si sono uniti alle 70.000 persone dei movimenti sociali,
popoli della foresta, del campo, delle periferie, per portare la propria voce al
“Vertice dei popoli” e per le strade della città nella marcia per il Clima.
Il popolo Kayapò, originario proprio dello stato popolo del Parà, era il più
presente alla Cop. I riflettori erano tutti puntati sul grande Cacique Raoni che
con i suoi 93 anni incarna la storia del movimento indigeno brasiliano. Eppure
anche lui è stato lasciato a margine delle negoziazioni. Intanto, nella “zona
verde” decine di donne della sua etnia, sedute a terra, occupavano i corridoi
con bracciali, collane ed orecchini di perline che ripetono i grafismi ispirati
alle loro cosmologie. Abbiamo chiesto alle organizzatrici perché non fosse stato
dato loro uno spazio adeguato per esporre quegli oggetti artigianali che sono
delle vere opere d’arte. Ma loro, con arroganza, ci hanno risposto: “quale
arte?’”. Altre erano intente a procurarsi qualche real realizzando sulle pelli
biancastre dei partecipanti tatuaggi tribali. Perché l’estetica indigena, oggi,
è di moda.
Mentre la rioccupazione degli spazi fisici arranca, gli indigeni guadagnano
sempre più spazio a livello simbolico e permeano gradualmente la società con i
propri linguaggi, segni, valori e visioni di futuro radicate nell’ancestralità.
Un contributo prezioso, forse più di tanti vertici, allo sforzo comune per
provare a rimandare la fine del mondo.
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L'articolo Cop30, nessuna decisione concreta è stata presa. Ma resta senza
precedenti la partecipazione di 900 indigeni proviene da Il Fatto Quotidiano.