“Il carabiniere Walter Giustini non ha fatto indagini su Stefano Delle Chiaie,
ma si è limitato a riferire le dichiarazioni di Maria Romeo”. A sostenerlo è
Sonia Battagliese, avvocato del militare, attualmente sotto processo a
Caltanissetta con l’accusa di aver depistato le indagini sulle stragi di Capaci
e via d’Amelio. La legale ha contattato Il Fatto dopo aver appreso delle
dichiarazioni di Salvatore De Luca, procuratore capo della città nissena, in
commissione Antimafia.
A proposito dell’indagine sul ruolo dell’eversione di destra nelle stragi, il
magistrato ha detto di considerare “singolare che si insista su un certo filone
legato alla pista nera. Mi riferisco alla pista di Stefano Delle Chiaie a
seguito delle dichiarazioni rese da Maria Romeo e anche dal luogotenente Walter
Giustini“. E ancora ha ribadito: “Dalle dichiarazioni di Romeo e Giustini e
dalle presunte dichiarazioni del collaboratore Alberto Lo Cicero, che non ci
sono mai state, viene fuori una pista che giudiziariamente vale zero tagliato.
Ripeto: zero tagliato“.
Parole che hanno provocato la reazione della legale del carabinieri. “Prendo
atto di quanto dichiarato dal procuratore De Luca in commissione Antimafia, ma
preciso che il mio cliente, il luogotenente Walter Giustini, non ha mai condotto
alcuna indagine su Stefano Delle Chiaie“, dice l’avvocato Battagliese. “Il 9
maggio del 2022 – prosegue – si è limitato a riferire all’autorità giudiziaria,
cioè allo stesso dottor De Luca, quanto appreso su Delle Chiaie dalla signora
Maria Romeo“.
La questione è complessa e gira attorno al collaboratore di giustizia Alberto Lo
Cicero, autista di Mariano Tullio Troia, boss di Cosa Nostra e simpatizzante
dell’estrema destra noto come ‘u Mussolini. Oggi deceduto, Lo Cicero era
sentimentalmente legato a Maria Romeo, sorella di Domenico, autista di Stefano
Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale. A gestire Lo Cicero quando era
ancora solo un confidente fu proprio Giustini. Interrogato a Caltanissetta il 9
maggio del 2022, il carabiniere raccontò di aver saputo da Lo Cicero in una fase
“antecedente alla strage di Capaci” che Salvatore Biondino era l’autista del
capo dei capi, Totò Riina. Informazioni che Giustini avrebbe poi riportato ai
suoi superiori, cioè i capitani Marco Minicucci e Giovanni Arcangioli, ma anche
al sostituto procuratore Vittorio Teresi.
I racconti di Lo Cicero, ha sostenuto il carabiniere, avrebbero anticipato di
mesi i racconti di Baldassare Di Maggio e avrebbero potuto portare all’arresto
di Riina prima delle stragi. Fu sempre Lo Cicero a parlare di Delle Chiaie? “Non
lui, ma la Romeo ci ha citato i rapporti tra Delle Chiaie e il fratello. Però in
maniera estemporanea. Ci portò delle foto del fratello e Delle Chiaie mi sembra
fosse però un convegno”, ha dichiarato il carabiniere, intervistato da Marco
Lillo sul Fatto Quotidiano nel maggio del 2022. La procura di Caltanissetta,
però, non ha creduto né a Giustini e neanche a Maria Romeo, chiedendo e
ottenendo di processare entrambi per false informazioni ai pm. Il gip Santi
Bologna parla di “reiterate condotte depistanti mediante dichiarazioni false o
calunniose” per “creare una vera e propria cortina fumogena volta a spostare
l’interesse degli inquirenti dall’originario focus investigativo”. L’avvocato
Battagliese, però, puntualizza: “Vedremo come si concluderà il processo, però
devo puntualizzare che il mio assistito non ha mai compiuto indagini dirette o
rilasciato dichiarazioni relative a un ruolo di Delle Chiaie nelle stragi. Tra
l’altro è una pista che non ha mai acceso l’interesse degli inquirenti né
all’epoca dei fatti e neanche oggi”.
L'articolo “Il carabiniere Giustini non ha mai indagato sul ruolo di Delle
Chiaie e le stragi” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La pista nera che ipotizza un ruolo di Stefano Delle Chiaie nelle stragi del
1992? “Giudiziariamente vale zero tagliato“. Salvatore De Luca fa una pausa, poi
lo ripete ancora: “Zero tagliato“. È in quel preciso momento che a Chiara
Colosimo sembra scappare un sorriso. Insieme alla presidente della commissione
Antimafia, esultano anche vari esponenti di destra, come Maurizio Gasparri che
definisce l’audizione del procuratore di Caltanissetta come uno “scrigno di
verità” E pazienza se De Luca abbia anche puntualizzato come “siano ancora
aperti filoni di indagine su tutte le principali ipotesi riguardanti le cause o
i concorrenti esterni delle stragi del 1992”, compreso “un’ulteriore pista nera,
chiamiamola così, che potrebbe dare dei risultati, ma la stiamo ancora
approfondendo”. Va comunque detto che l’audizione del capo della procura
nissena, competente per le indagini sulle stragi di Capaci e di via d’Amelio,
rappresenta un punto a favore della maggioranza. De Luca, infatti, ha detto più
volte di ritenere “la gestione del filone Mafia e appalti presso la procura di
Palermo retta da Pietro Giammanco” come “una delle concause della strage di via
D’Amelio”. E ancora: “Allo stato noi non siamo in grado di escludere alcuna
concausa. Quella sulla quale abbiamo trovato maggiori elementi e maggiori
riscontri è Mafia e appalti”. Dichiarazioni che fanno esultare la destra, ma
provocano anche polemica nei ranghi dell’opposizione. Ma andiamo con ordine.
“MAFIA E APPALTI CONCAUSA DELLE STRAGI”
Il capo dell’ufficio inquirente nisseno è comparso a Palazzo San Macuto insieme
a due sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti. Alle spalle degli auditi,
custodita in una teca, c’è la valigetta di Paolo Borsellino, ancora
bruciacchiata dall’esplosione del 19 luglio 1992. “È un onore per noi, riferire
qui”, ha detto De Luca, alla fine di un intervento lungo quasi tre ore.
Un’audizione cominciata con una premessa: tutte le indagini di Caltanissetta
sono state portate avanti in “piena sintonia con la Procura nazionale
antimafia“. Che tipo di sintonia? “Prima di iniziare le indagini sul cosiddetto
filone di Mafia e appalti, ho ritenuto d’informare il procuratore nazionale
dottor Melillo, che è stato perfettamente d’accordo con noi”. Secondo la destra,
l’interesse di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per il dossier investigativo
del Ros dei carabinieri è il movente segreto delle stragi. Una ricostruzione che
sembra essere condivisa da De Luca. “Noi abbiamo in corso filoni di indagine
aperti su tutte le principali ipotesi riguardanti le cause o i concorrenti
esterni delle stragi del 1992 – ha premesso – Oggi parlerò principalmente del
cosiddetto filone Mafia e appalti, perché abbiamo ottenuto i migliori risultati
proprio in questo filone di indagine. Gli altri filoni sono ancora in corso in
una fase in cui è necessario attendere l’esito di ulteriori accertamenti prima
di potere delineare una ipotesi sufficientemente suffragata della pubblica
accusa”, ha detto, puntualizzando che “l’arco cronologico di rilievo secondo
l’ipotesi accusatoria che abbiamo formulato è quello in cui è stato procuratore
Pietro Giammanco“.
“NEL 1992 NON SI FATTO QUELLO CHE SI DOVEVA FARE”
Secondo l’ipotesi accusatoria, la procura di Palermo insabbiò l’indagine su Cosa
Nostra, l’imprenditoria e la politica. Una tesi che recentemente è stata
smentita dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli, proprio in commissione
Antimafia. “Relativamente alle concause delle stragi del 1992, a parer nostro le
precondizioni sono l’isolamento prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo
Borsellino nell’ambito della Procura di Palermo; la sovraesposizione prima di
Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, presso la Procura di Palermo e non
solo. Poi riteniamo che vi siano molteplici e concreti indizi per affermare che
la gestione del filone Mafia e appalti presso la procura retta da Giammanco sia
una delle concause della strage di via D’Amelio, e vi sono elementi per ritenere
che sia anche una delle concause della strage di Capaci”, ha detto De Luca.
Aggiungendo: “Credo che alcuni manifestino scetticismo riguardo Mafia e appalti
come concausa. Sinceramente non capisco perché”. Chiaro riferimento a Roberto
Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore dei 5 stelle,
seduto tra i commissari presenti all’audizione. De Luca ha spiegato che le
indagini su Mafia e appalti partono solo dopo le stragi. “Nel 1992 non si fatto
quello che si doveva fare. Dopo la strage di Borsellino cambia l’Italia, perché
ci sono state due stragi e perché c’è la forza propulsiva di Mani pulite che
scompaginerà un intero sistema politico, cambia lo stesso gruppo imprenditoriale
Ferruzzi, cambia il procuratore. Ciò che era fattibile o, secondo la nostra
ipotesi, voleva la dirigenza della Procura fino al luglio 1992 cambia
decisamente già quando è stato sfiduciato Pietro Giammanco e a ancora di più
quando è arrivato il procuratore Caselli, che dà un nuovo impulso a certe
indagini, non ha alcun interesse politico personale a bloccare le indagini o a
rallentare o insabbiare le indagini su Mafia e appalti”. Poi, però, De Luca
critica la difesa operata da Caselli sull’intera gestione del dossier. “La
relazione della Procura di Palermo depositata nel 1999 è estremamente lacunosa e
manca di tutti quegli elementi che rendono problematica l’indagine da parte
della procura di Palermo. Il fatto che le cose si siano fatte dopo è un indice
del fatto che prima non si erano fatte”. Il riferimento è per il dossier
preparato proprio dalla procura di Caselli per spiegare come le indagini su
Mafia e appalti fossero sempre state regolari.
“PISTA NERA SU DELLE CHIAIE VALE ZERO TAGLIATO”
A proposito delle indagini sull’eversione di destra, De Luca ha detto di
considerare “singolare che si insista su un certo filone legato alla pista nera.
Mi riferisco alla pista di Stefano Delle Chiaie a seguito delle dichiarazioni
rese da Maria Romeo e anche dal luogotenente Walter Giustini. Se qualcuno vuole
approfondire, approfondiremo ma sinceramente mi sembra un’autentica perdita di
tempo e già ne abbiamo perso abbastanza su questa pista. Dalle dichiarazioni di
Romeo e Giustini e dalle presunte dichiarazioni del collaboratore Alberto
Cicero, che non ci sono mai state, viene fuori una pista che giudiziariamente
vale zero tagliato. Ripeto: zero tagliato. Non mi dilungo perché mi sembra di
farvi perdere tempo. C’è un’archiviazione tranciante del gip – ha aggiunto De
Luca – Un gip che fra parentesi non è certamente appiattito sulle nostre
posizioni”. Romeo e Giustini sono sotto processo con l’accusa di aver depistato
le indagini su via d’Amelio. “Questo filone – ha detto De Luca – ci era stato
prospettato dall’attuale senatore Scarpinato, proprio gli ultimi giorni prima di
andare in pensione. Appena abbiamo ricevuto gli atti, è successo tutto l’inverso
di Mafia e appalti. Siamo partiti con l’idea: qua c’è una pista eccezionale. Ma
guardando le carte ci siamo resi conto che si trattava di zero tagliato”.
“PIGNATONE E LE CASE COMPRATE DAI MAFIOSI”
Gran parte dell’audizione è stata dedicata al ruolo di Giammanco (deceduto nel
2018), di Giuseppe Pignatone e di Gioacchino Natoli. I due ex magistrati (il
primo è deceduto nel 2018) sono ancora sotto indagine da parte della procura di
Caltanissetta per favoreggiamento. La questione riguarda l’archiviazione di
un’indagine parallela a Mafia e appalti, nata su input della procura di Massa
Carrara nel 1991 e archiviata a Palermo l’anno dopo: riguardava il ruolo dei
fratelli Antonino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina,
divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. Secondo i pm guidati da De
Luca, Pignatone e Natoli archiviarono con l’unico obiettivo di coprire i
Buscemi. “Non abbiamo prova che ci furono elementi corruttivi sul conto di
Pignatone e Giammanco. Ma alcuni collaboratori li hanno chiamati in causa.
Pignatone lo ha definito chiacchiericcio. E’ possibile che abbia ragione, ma
bisogna verificare se i dottori Pignatone e Giammanco, all’epoca sostituto e
procuratore capo, abbiano avuto comportamenti inopportuni. Ovvero comportamenti
che possano avere indotto i mafiosi a pensare che la procura di Palermo avesse
un vertice malleabile”, ha detto il capo dell’ufficio inquirente siciliano. Da
una parte, ha ricordato De Luca, “Giammanco ostentava l’amicizia con Mario
D’Acquisto (ex presidente della Regione ndr). E quando l’europarlamentare della
Dc Salvo Lima fu ucciso, nel marzo del ’92, Giammanco sarebbe voluto andare al
funerale e fu bloccato dai sostituti”. Il procuratore ha riferito che l’ex
procuratore “aveva un nipote a Bagheria, un imprenditore che è stato poi
condannato perché vicino a Bernardo Provenzano e già nel 1985 era indicato dai
carabinieri come un rampante collettore dei rapporti tra imprenditoria, politica
e mafia”. Riguardo Pignatone, invece, il procuratore nisseno ha detto che “negli
anni Ottanta la sua famiglia fa un grossissimo acquisto in un immobile in via
Turr venduto dalla Immobiliare Raffaello, cioè i Bonura, Francesco Buscemi e
Vincenzo Piazza. Si tratta di circa 26 immobili che comprendono non solo
appartamenti, ma anche garage a altro. Vi sono concreti indizi che Salvatore
Buscemi, Vincenzo Piazza, Francesco Bonura siano anche iscritti alla massoneria.
Sono tutti e tre saldamente intrecciati nel mondo imprenditoriale, tutti e tre
condannati per mafia e legati da legami di parentela. Bonura abita anche vicino
ai Piazza. Sono tutti e tre soci della Immobiliare Raffaello. Si tratta di una
immobiliare in cui se si riuniscono i soci diventa una riunione di Cosa nostra.
Ha un capomandamento, un capofamiglia e un associato. Una riunione di questa
società può comportare l’arresto in flagranza. Non è facile da trovare una
società del genere”. De Luca ha anche ricordato l’esistenza di una
intercettazione ambientale in cui “Bonura parlando con un’altra persona afferma
che la signora Pignatone (madre dell’ex procuratore di Roma) lo prendeva
sottobraccio, notando una certa confidenza. Che può derivare da una
frequentazione che non sia occasionale”. De Luca ha anche aggiunto che “nella
sua memoria difensiva Natoli afferma di aver pagato 20 milioni in nero per
l’acquisto della casa. Qui non si deve fare del mero moralismo, dobbiamo vedere
in che situazione di inopportunità si va ficcare una persona. Il dottore
Pignatone afferma, ed è l’ipotesi a lui più favorevole, di avere pagato 20
milioni o qualcosa di più in nero, al capo mandamento Salvatore Buscemi del
mandamento Uditore, Boccadifalco, Passo di Rigano. Non è reato, perché siamo
sotto soglia. Però è un illecito amministrativo”.
“NATOLI HA MENTITO DAVANTI AL CSM”
Natoli, invece, secondo il procuratore di Caltanissetta “ha mentito davanti al
Csm” a proposito dei rapporti tra Falcone e Giammanco. Il riferimento è alle
audizioni dei magistrati della procura di Palermo nei giorni immediatamente
successivi alla strage di via d’Amelio. “In particolare – ha ripercorso De Luca
– il dottor Natoli dinanzi al Csm, a domanda del Presidente ha dichiarato: ‘Sui
rapporti Giammanco-Falcone non posso dire nulla perché io arrivo alla procura di
Palermo quattro mesi dopo che Falcone è andato via, quindi non ho alcuna
conoscenza diretta del problema’. ‘E indiretta?’, gli chiede il presidente.
‘Indiretta neppure perché, ripeto Falcone si era trasferito a Roma, ci si
sentiva telefonicamente e ci si vedeva di tanto in tanto a Palermo, ma
ovviamente l’intensità del rapporto è più tale quando ci vedevamo tutti i
giorni. E dice: ‘non posso dare nessun contributo né diretto né indiretto‘. Bene
nel corso dell’audizione giovani colleghi – segnatamente Antonella Consiglio, de
relato Domenico Gozzo, marito della Consiglio che ha avuto raccontato da lei
quanto ora riferirò e il collega Antonino Napoli – hanno dichiarato che nel
corso di una riunione del Movimento per la giustizia – di cui il dottor Natoli
era uno dei leader indiscussi – il dottor Giovanni Falcone, a richiesta dei
colleghi preoccupati dal fatto che stesse lasciando Palermo per andare al
ministero, ha dichiarato con molta chiarezza: non ci sono più le condizioni per
lavorare a Palermo, non posso più lavorare a Palermo’. Antonino Napoli ha avuto
anche con lui una conversazione privata sul punto in cui Falcone ha confermato
questa sua linea che se ne andava perché non riusciva più a lavorare”. De Luca
ha detto anche che “nel corso del suo interrogatorio il dottor Natoli ha
confermato di essere presente a tale riunione. Quindi, vi sono degli indizi ben
concreti per ritenere che il dottor Natoli dinanzi al Csm abbia mentito”.
“BORSELLINO NON SI FIDAVA DEL SUO CAPO”
A proposito dell’indagine sul dossier del Ros dei carabinieri, De Luca ha
definito come “sopravvalutata” la rilevanza della riunione del 14 luglio 1992
alla procura di Palermo. Il riferimento è al vertice dei magistrati, convocato
il giorno successivo la richiesta di archiviazione di alcuni indagati di Mafia e
appalti. Secondo il procuratore di Caltanissetta, “sembra corroborato da
numerosi indizi che in quella sede non si parlò di richiesta di archiviazione
del dossier su mafia e appalti”. Eppure il procuratore generale di Cagliari
Luigi Patronaggio , tra i presenti a quel vertice, ha raccontato proprio alla
commissione Antimafia di aver saputo della richiesta di archiviazione di Mafia e
appalti proprio durante la riunione del 14 luglio. Secondo De Luca “nella
riunione del 14 luglio non ci fu uno scontro tra Paolo Borsellino e la
dirigenza. La strategia e la personalità di Borsellino escludevano che si
arrivasse a uno scontro in quella sede. Borsellino aveva una mentalità di
rispetto e delle gerarchie negli ambiti ufficiali: per cui in sede privata,
nella riservatezza di una stanza poteva anche scontrarsi con il procuratore
Giammanco, ma davanti ai sostituti non lo avrebbe mai fatto. E questo ce lo dice
Antonio Ingroia. Attenzione, Borsellino non aveva paura di Giammanco, Borsellino
era un leone”. Per De Luca, “Paolo Borsellino nutriva una estrema diffidenza nei
confronti Di Giammanco, Natoli e Lo Forte”. Il fatto che il magistrato non si
fidasse dei suoi colleghi e del suo capo, secondo il procuratore di
Caltanissetta è confermato anche da un altro passaggio: “Dopo aver ascoltato il
pentito Gaspare Mutolo, che gli rivelò le collusioni con la mafia di Bruno
Contrada e del pm Domenico Signorino, Paolo Borsellino non ne parla con Lo Forte
e Natoli e neanche a Giammanco, ma riferisce quanto aveva appreso dal
collaboratore di giustizia a due colleghi non titolari dell’inchiesta, cioè
Vittorio Teresi e Ignazio De Francisci“.
LA DESTRA ESULTA, I 5 STELLE: “REQUISITORIA SENZA CONTRADDITORIO”
L’audizione del procuratore di Caltanissetta ha ovviamente provocato reazioni
politiche. I parlamentari di Fdi sottolineano come De Luca abbia “affermato in
maniera chiara e inequivocabile che la cosiddetta pista nera, ovvero l’ipotesi
giudiziaria di un coinvolgimento di Delle Chiaie nella strage di via d’Amelio,
vale zero tagliato. È un’affermazione che merita rispetto e attenzione, perché
proviene dall’autorità giudiziaria titolare delle indagini. Continuare a
insistere su un filone che, secondo la Procura, non presenta concreti elementi
probatori rischia di alimentare confusione e di allontanare la ricerca della
verità”. Al partito di Giorgia Meloni, replicano i parlamentari del Pd, che
ricordano come il procuratore abbia “affermato di non sentirsi di escluderè
altre piste, sulle quali sono ancora in corso indagini. Tra queste, ha
espressamente citato anche una pista nera. Alla luce di questo, appare
inquietante il comunicato del gruppo di Fratelli d’Italia, che esprime una sorta
di soddisfazione per una – arbitraria – interpretazione del ruolo delle piste
nere anche nelle stragi del 92-93, quasi con – inspiegabile – senso di
sollievo”. I 5 stelle, invece, definiscono quella di De Luca come “una
requisitoria senza contraddittorio con gli indagati e i loro avvocati, svolta in
una sede politico-parlamentare anziché nella fisiologica sede giudiziaria. De
Luca, a lungo invocato dalla maggioranza, non si è limitato a una sommaria
esposizione degli elementi su cui sta portando avanti la sua indagine seguendo
la pista mafia-appalti, ma ha esposto a lungo e senza secretazione
dell’audizione una analisi di svariati elementi processuali di dettaglio, alcuni
dei quali non sono nemmeno a conoscenza degli avvocati degli indagati, come le
dichiarazioni testimoniali del dottore Lo Forte”. Il riferimento è alle indagini
su Natoli e Pignatone. “Nella lunga audizione – continuano ancora i 5 stelle –
sono state implicitamente mosse anche accuse di aver detto il falso a magistrati
come Patronaggio, attuale procuratore generale di Cagliari, e Lo Forte. Il
primo, in commissione Antimafia, dove è stato chiamato dalla maggioranza, ha
detto che nella famosa riunione del 14 luglio 1992 si parlò della temporanea
archiviazione di un filone di mafia-appalti, quello che tra gli altri riguardava
Antonino Buscemi. Il secondo lo ha affermato sotto giuramento in pubblico
dibattimento. Oggi si è anche detto che quella archiviazione parziale di
mafia-appalti fu frutto di un mancato approfondimento della procura di Palermo
che avrebbe dovuto e potuto sollecitare il Ros affinché integrasse il suo primo
dossier che ometteva elementi importanti. Peccato che la richiesta di
approfondimento sia stata avanzata dalla Procura di Palermo con un’ampia delega
di indagine del 18 luglio 1991 e che la risposta del Ros sia arrivata solo il 5
settembre 1992, cioè dopo la Strage di via D’Amelio e dopo l’inevitabile
parziale richiesta di archiviazione formulata il 13 luglio ’92”.
L'articolo Il procuratore di Caltanissetta in Antimafia: “Inchiesta su Delle
Chiaie e le stragi? Vale zero. Indaghiamo su un’altra pista nera” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
A Bologna va in onda la seconda giornata del convegno sul Diritto alla Verità,
organizzato dal movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino. “Il
diritto alla verità deve essere affermato a livello normativo”, ha detto il
fratello del magistrato ucciso in via d’Amelio al Fatto Quotidiano. Dopo la
prima giornata segnata dagli interventi di Roberto Scarpinato, di Gaetano
Azzariti e della vicedirettrice del Fatto Quotidiano Maddalena Oliva (si possono
rivedere qui), all’interno della Sala Borsa si confronteranno avvocati come
Fabio Anselmo, magistrati come Luca Tescaroli, storici come Angelo Ventrone.
Alla fine della giornata, l’intervento dei familiari delle vittime della mafia e
terrorismo e dell’avvocato Fabio Repici. Il convegno gode del patrocinio del
comune di Bologna. Trasmettiamo in diretta la seconda giornata dell’evento.
DOMENICA 30 NOVEMBRE 2025
ore 9.30 – Avvocati – Coordinatore Fabio Repici (Avvocato):
* Fabio Anselmo – Avvocato;
* Giancarlo Maniga – Avvocato;
* Ettore Zanoni – Avvocato.
ore 11.30 – Magistrati – Coordinatrice Elena Marchili (Magistrato Ordinario in
Tirocinio):
* Roberto Giovanni Conti – Consigliere presso la Corte di Cassazione;
* Giuseppe Gennari – Giudice presso il Tribunale di Milano;
* Raffaello Magi – Consigliere presso la Corte di Cassazione;
* Luca Tescaroli – Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato.
ore 13.30 – pausa pranzo
ore 15.30 – Storici – Coordinatrice Antonella Beccaria (Giornalista e Storica):
* Davide Conti – Storico e consulente della procura di Bologna e di Brescia;
* Antonella Salomoni – Professoressa ordinaria di Storia della Shoah e dei
genocidi presso l’Università di Bologna;
* Angelo Ventrone – Professore ordinario di Storia contemporanea presso
l’Università di Macerata;
* Cinzia Venturoli – Professoressa a contratto di Storia contemporanea presso
l’Università di Bologna.
ore 17.30: intervento di Daniela Marcone – Vicepresidente di Libera
ore 17.40 – Familiari delle vittime – Coordinatore Nino Morana (nipote di Nino
Agostino):
* Sergio Amato – Figlio del Magistrato Mario Amato;
* Salvatore Borsellino – Fratello del Giudice Paolo Borsellino e Fondatore del
Movimento Agende Rosse;
* Daniele Gabbrielli – Vice-presidente dell’Associazione tra i familiari delle
vittime della strage di via dei Georgofili;
* Sonia Zanotti – Sopravvissuta alla strage di Bologna.
Fabio Repici – Proposte conclusive e progetto normativo all’esito del confronto
e delle idee raccolte
Salvatore Borsellino – Conclusioni del convegno e messaggio alla società e alle
istituzioni
L'articolo Diritto alla verità, la diretta tv del convegno delle Agende rosse di
Borsellino con Anselmo, Tescaroli e Repici proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Il diritto alla verità deve essere affermato a livello normativo”. Parola di
Salvatore Borsellino, che con questa dichiarazione al Fatto Quotidiano ha
presentato il dibattito organizzato a Bologna il 29 e 30 novembre. All’interno
della Sala Borsa, i familiari delle vittime delle stragi di mafia e terrorismo
si confronteranno sul diritto alla verità con alcuni storici, giuristi del
calibro di Gaetano Azzariti, giornalisti come Sigfrido Ranucci di Report e la
vicedirettrice del Fatto Quotidiano Maddalena Oliva, magistrati e politici, da
Luca Tescaroli a Roberto Scarpinato. Il convegno gode del patrocinio del comune
di Bologna. Trasmettiamo la diretta dei lavori, visibile anche sul canale
Youtube di Antimafia Duemila.
Qui il programma completo.
SABATO 29 NOVEMBRE 2025
ore 9.00: Matteo Lepore (Sindaco della Città di Bologna) – Saluto di benvenuto
Salvatore Borsellino (Fondatore del Movimento Agende Rosse) – Filosofia del
congresso ed impegno di Salvatore per la istituzionalizzazione del diritto alla
verità
Fabio Repici (Avvocato) – Obiettivo tecnico specifico del congresso all’esito
dei lavori
ore 9.30 – Giuristi – Coordinatore Alessandro Francescangeli (Assegnista di
ricerca in diritto pubblico comparato presso l’Università di Firenze):
* Gaetano Azzariti – Professore ordinario di Diritto costituzionale presso
l’Università di Roma “La Sapienza”;
* Francesco Caprioli – Professore ordinario di Diritto processuale penale
presso l’Università di Roma “La Sapienza”;
* Renzo Orlandi – Professore ordinario di Diritto processuale penale presso
l’Università di Bologna;
* Laura Ronchetti – Professoressa associata di Diritto costituzionale presso
l’Università degli Studi del Molise.
ore 11.30 – Parlamentari – Coordinatrice Giulia Sarti (Delegata alla legalità
democratica e lotta alle mafie e agli Affari Istituzionali per Bologna e Città
metropolitana):
* Ilaria Cucchi – Senatrice della Repubblica (Alleanza Verdi e Sinistra);
* Luigi de Magistris – ex Sindaco della Città di Napoli;
* Enza Rando – Senatrice della Repubblica (Partito Democratico);
* Roberto Scarpinato – Senatore della Repubblica (Movimento Cinque Stelle).
ore 13.30 – pausa pranzo
ore 15.30 – Storici delle idee – Coordinatore Ernesto De Cristofaro (Professore
di Storia del diritto medievale e moderno presso l’Università di Catania):
* Franca D’Agostini – Professoressa ordinaria di Filosofia teoretica, ha
insegnato Filosofia della Scienza presso il Politecnico di Torino e Logica e
argomentazione presso l’Università Statale di Milano;
* Marco Fioravanti – Professore ordinario di Storia del diritto medievale e
moderno presso l’Università di Roma-Tor Vergata;
* Luigi Perissinotto – Professore emerito di Filosofia del linguaggio presso
l’Università Ca’ Foscari di Venezia;
* Maurizio Viroli – Professore emerito di Politics presso la Princeton
University, insegna Government presso l’Università di Austin e Comunicazione
politica presso l’Università della Svizzera italiana di Lugano.
ore 17.30 – Giornalisti – Coordinatore Paolo Borrometi (Presidente della Scuola
di formazione politica Piersanti Mattarella):
* Fabrizio Gatti – Direttore editoriale per gli approfondimenti del quotidiano
online today.it;
* Stefania Limiti – Giornalista free-lance e Scrittrice;
* Maddalena Oliva – Vicedirettrice della testata giornalistica “Il Fatto
Quotidiano”;
* Sigfrido Ranucci – Conduttore della trasmissione televisiva ‘Report’ (RAI3).
DOMENICA 30 NOVEMBRE 2025
ore 9.30 – Avvocati – Coordinatore Fabio Repici (Avvocato):
* Fabio Anselmo – Avvocato;
* Giancarlo Maniga – Avvocato;
* Ettore Zanoni – Avvocato.
ore 11.30 – Magistrati – Coordinatrice Elena Marchili (Magistrato Ordinario in
Tirocinio):
* Roberto Giovanni Conti – Consigliere presso la Corte di Cassazione;
* Giuseppe Gennari – Giudice presso il Tribunale di Milano;
* Raffaello Magi – Consigliere presso la Corte di Cassazione;
* Luca Tescaroli – Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato.
ore 13.30 – pausa pranzo
ore 15.30 – Storici – Coordinatrice Antonella Beccaria (Giornalista e Storica):
* Davide Conti – Storico e consulente della procura di Bologna e di Brescia;
* Antonella Salomoni – Professoressa ordinaria di Storia della Shoah e dei
genocidi presso l’Università di Bologna;
* Angelo Ventrone – Professore ordinario di Storia contemporanea presso
l’Università di Macerata;
* Cinzia Venturoli – Professoressa a contratto di Storia contemporanea presso
l’Università di Bologna.
ore 17.30: intervento di Daniela Marcone – Vicepresidente di Libera
ore 17.40 – Familiari delle vittime – Coordinatore Nino Morana (nipote di Nino
Agostino):
* Sergio Amato – Figlio del Magistrato Mario Amato;
* Salvatore Borsellino – Fratello del Giudice Paolo Borsellino e Fondatore del
Movimento Agende Rosse;
* Daniele Gabbrielli – Vice-presidente dell’Associazione tra i familiari delle
vittime della strage di via dei Georgofili;
* Sonia Zanotti – Sopravvissuta alla strage di Bologna.
Fabio Repici – Proposte conclusive e progetto normativo all’esito del confronto
e delle idee raccolte
Salvatore Borsellino – Conclusioni del convegno e messaggio alla società e alle
istituzioni
L'articolo Diritto alla verità, la diretta tv del convegno delle Agende rosse di
Borsellino con Azzariti, Oliva, Ranucci, Scarpinato e Tescaroli proviene da Il
Fatto Quotidiano.