Gli inquinanti eterni sono anche nell’aria. E se il 60% di tutte le emissioni di
Pfas nell’Unione europea sono dovute ai gas fluorurati (la maggior parte dei
quali sono proprio sostanze sono proprio sostanze poli e perfluoroalchiliche),
l’epicentro di questo tipo di inquinamento è il Piemonte. Tra il 2007 e il 2023,
infatti, il 76% delle emissioni italiane di F-gas (quindi su un totale di 3.766
tonnellate rilasciate) è stato prodotto in quest’area, perlopiù nel Comune di
Alessandria, dove – a Spinetta Marengo – ha sede la Syensqo (ex Solvay), unica
industria chimica italiana che produce ancora Pfas. Il restante 24% è in larga
parte attribuibile alle industrie localizzate in Veneto (in particolare nella
zona di Venezia), Lombardia e Toscana. Sono i risultati dell’ultima inchiesta
dell’Unità Investigativa di Greenpeace Italia, che ha analizzato i dati del
Registro europeo Pollutant release and transfer register (Prtr), in cui sono
raccolti i valori delle emissioni di oltre 4mila stabilimenti industriali
italiani. Il risultato? “Il gruppo industriale ex Solvay ha emesso da solo,
nell’arco di sedici anni, più della metà dell’inquinamento italiano relativo a
questi composti”.
GAS FLUORURATI, LA MAPPA DELL’INQUINAMENTO
L’analisi di Greenpeace Italia si è focalizzata sui gas fluorurati (F-gas),
proprio considerando il collegamento con i Pfas, la cui esposizione è associata
a una serie di effetti negativi sulla salute, tra i quali anche alcune forme
tumorali. Gli impianti industriali hanno l’obbligo di dichiarare le emissioni di
diversi inquinanti e questo rende possibile fotografare il livello di emissioni
per varie sostanze a livello nazionale. Nessuna regione è esclusa dal dataset su
questo tipo di gas, a parte la Calabria per la quale non sono presenti dati.
Delle 3.766 tonnellate di F-gas rilasciate in Italia tra il 2007 e il 2023,
invece, 2.863 tonnellate sono attribuibili al Piemonte. In particolare, al
Comune di Alessandria, con 2.828 tonnellate emesse. I dati relativi al 2024 non
sono ancora disponibili.
L’incidenza delle industrie che si trovano nelle altre regioni (anche Veneto,
Lombardia e Toscana) sul valore complessivo delle emissioni è minima rispetto ai
valori piemontesi (ma tutt’altro che trascurabile in termini assoluti), spiega
Greenpeace. Il database del Registro europeo Prtr copre tutto il territorio
nazionale, anche la Calabria. Se un gestore, però, emette una sostanza
monitorata dal Prtr in quantità inferiore alla soglia di dichiarazione, non è
tenuto a comunicare il dato al registro nazionale. Le differenze tra i dati
regionali possono quindi essere riconducibili anche al tipo di industria
presente sul territorio, al regime produttivo, alla gestione delle perdite e dei
rabbocchi di gas fluorurati nei sistemi di refrigerazione. Ma, come spiega da
tempo l’Agenzia Europea dell’ Ambiente (European Environment Agency), inoltre,
la diffusione aerea di queste sostanze, determina anche “un conseguente deposito
di Pfas su suolo e corpi idrici”.
IL CASO DI ALESSANDRIA E DELLA SYENSQO
Proprio ad Alessandria, nella frazione di Spinetta Marengo “ha sede l’unica
industria chimica italiana – la ex Solvay, oggi Syensqo – che produce ancora
Pfas” spiega Greenpeace. Di recente, tra l’altro, il Tar del Piemonte ha dato
ragione al Circolo Legambiente Ovadese Valli Stura e Orba, che ha ottenuto che
la provincia e la società Syensqo Specialty Polymers Italy la documentazione
sulle emissioni finora negata con giustificazioni di segreto industriale. In
Italia, si ricorda, non esiste ancora una legge che vieti la produzione e
l’utilizzo di Pfas, anche se di recente sono stati fatti diversi passi avanti
per quanto riguarda i limiti per le acque potabili, ma rispetto ai gas
fluorurati non esiste nessuna norma nazionale che stabilisca un tetto alle
emissioni. Le uniche regole sul tema sono contenute nel Regolamento europeo
F-Gas del 2014, aggiornato nel 2024, che stabilisce la progressiva riduzione
dell’utilizzo di gran parte di queste sostanze entro il 2030. Secondo il
regolamento, però, spetta agli Stati membri l’organizzazione dei controlli e la
definizione di sanzioni penali ed amministrativo. “Come si evince chiaramente
dalla classifica degli stabilimenti per valore di emissione, quello di Spinetta
Marengo è responsabile delle più importanti emissioni di F-gas a livello
nazionale” racconta Greenpeace. Nel 2023 ha generato il 55% dell’inquinamento
italiano legato ai F-gas. “Il residuo 45% di queste emissioni – spiega l’one – è
ripartito tra diversi gruppi e realtà industriali, tra cui in prima linea
Versalis, il braccio ‘chimico’ di Eni. In alto, nella classifica troviamo anche
Lfoundry, Alkeemia e STMicroelectronics”. Stando alle elaborazioni realizzate da
Greenpeace Italia, il primato dell’ex Solvay rispetto a tutte le altre aziende
che emettono F-gas dura da molto tempo: “Questo gruppo industriale ha emesso da
solo, nell’arco di sedici anni, più della metà dell’inquinamento italiano
relativo a questi composti”.
SE L’ALTERNATIVA HA IMPATTI NEGATIVI
Sempre riguardo all’ex Solvay, dai dati risulta un calo progressivo delle
emissioni, a partire dal biennio 2019-2020. Secondo Greenpeace questa riduzione
può essere collegata, da un lato, alla pandemia da Covid-19 scoppiata nel 2020 e
dalle chiusure che ne sono derivate e, dall’altro, dal fatto che, nel 2022, l’ex
Solvay ha annunciato di voler arrivare all’eliminazione progressiva dei fluoro
tensioattivi Pfas entro il 2026. Come si legge sul sito dell’azienda, oggi a
Spinetta Marengo viene prodotto solo un tensioattivo fluorurato di nuova
generazione definito da Syensqo “non bioaccumulabile”, ossia il C604. A
riguardo, Medicina Democratica ritiene che come tossicità acuta il C604 sia
identico ai Pfas che dovrebbe sostituire (ossia il Pfoa, acido
perfluoroottanoico) mentre per la tossicità a lungo termine (collegata alla
bio-accumulazione) “semplicemente non sono presentati studi idonei”. Secondo una
pubblicazione dell’Università di Padova e dell’Istituto di Ricerca sulle Acque
del Cnr il C6O4 avrebbe impatti negativi evidenti sui sistemi biologici. “Di
fatto, tra giugno e luglio del 2024 – quindi dopo l’ultima rilevazione
disponibile – l’azienda ha dovuto fermare per un mese la produzione del C6O4, a
causa dei livelli eccessivi di inquinamento da C604 rilevati nelle acque e nel
suolo nei dintorni dell’azienda e dei suoi scarichi. Una decisione presa dalla
Provincia di Alessandria (Leggi l’approfondimento ).
F-GAS, PIÙ IMPATTANTI DELLA CO2 SULL’EFFETTO SERRA
Alcuni F-gas, inoltre, una volta dispersi si “trasformano” in acido
trifluoroacetico (TFA), la tipologia di Pfas più diffusa al mondo. Complici le
precipitazioni, si accumula (perché non si decompone) nei corsi d’acqua che
forniscono acqua potabile. Di recente, l’agenzia ambientale tedesca ha chiesto
all’European Chemicals Agency (ECHA) di classificarlo come tossico per la
riproduzione. “Per fortuna, per sostituire i gas fluorurati nei processi
industriali esistono già diverse alternative disponibili e non pericolose, come
segnala anche un approfondito studio di Ispra” spiega Alessandro Giannì di
Greenpeace Italia. Oltre ai rischi sanitari gli F-gas, però, questi sono gas a
effetto serra, con un potenziale di riscaldamento globale (GWP) migliaia di
volte superiore a quello della CO2. Ad esempio, il gas fluorurato HCFC-22 ha un
potenziale di riscaldamento globale stimato pari a 5.280 volte quello
dell’anidride carbonica.
L'articolo Pfas nell’aria: “Da sola l’ex Solvay ha emesso in 16 anni più della
metà dell’inquinamento italiano da gas fluorurati” proviene da Il Fatto
Quotidiano.