Uno sciopero degli affitti ha spinto le istituzioni a intervenire contro la
crisi abitativa in Catalogna. La Generalitat ha infatti annunciato l’acquisto di
1.700 appartamenti di InmoCaixa, il ramo immobiliare di La Caixa, una delle
principali banche catalane. Una decisione che mette fine a un processo di
privatizzazione che minacciava la stabilità abitativa di centinaia di famiglie.
Con questa operazione, il patrimonio pubblico incorpora definitivamente alloggi
che, pur essendo stati costruiti come edilizia di protezione ufficiale,
rischiavano di essere sottratti ai vincoli pubblici e immessi sul mercato
libero, con conseguenze pesanti per gli inquilini. Secondo il Sindicat de
Llogateres (il sindacato degli inquilini), si tratta di “un risultato storico
reso possibile solo dalla pressione popolare e dalla determinazione delle
famiglie in lotta”.
Per capire la portata di questa decisione, occorre ricordare che molti immobili
gestiti da InmoCaixa erano stati realizzati grazie a fondi pubblici e sottoposti
per anni al regime di “casa di protezione ufficiale”, l’equivalente delle case
popolari. Questo regime impone affitti calmierati, limiti sul prezzo e obblighi
di destinazione sociale. Tuttavia, allo scadere del periodo di protezione — che
varia di solito tra 20 e 30 anni — gli alloggi possono essere “desqualificati”,
cioè liberati dai vincoli pubblici. A quel punto la proprietà è libera di
vendere gli appartamenti a prezzi di mercato o aumentare drasticamente gli
affitti. Si tratta di un meccanismo legale, ma che negli ultimi anni ha
aggravato la crisi abitativa in molte città catalane, trasformando
progressivamente un patrimonio nato come sociale in merce immobiliare destinata
alla speculazione.
InmoCaixa ha gestito questa transizione come molti altri operatori finanziari:
in prossimità della scadenza dei vincoli, ha smesso di rinnovare i contratti
agevolati, ha aumentato la pressione sugli inquilini e, secondo numerose
testimonianze, ha scaricato su di loro persino il pagamento dell’IBI, l’imposta
sugli immobili. Quando è apparso chiaro che interi blocchi residenziali
sarebbero stati venduti o che gli affitti sarebbero cresciuti in modo
insostenibile, la tensione sociale è esplosa.
In questo contesto il Sindicat de Llogateres ha messo in piedi una strategia
complessa e tenace. Organizzando le famiglie minacciate dalla privatizzazione,
ha promosso una mobilitazione senza precedenti: uno sciopero degli affitti. In
diverse città colpite dal processo — tra cui Banyoles, Mollet, Sitges e
Palau-solità i Plegamans — decine di nuclei familiari hanno aderito, trattenendo
migliaia di euro di canoni come forma di pressione. La loro richiesta era
semplice e radicale: che quegli alloggi, costruiti con fondi pubblici,
rimanessero patrimonio pubblico e venissero sottratti definitivamente alla
speculazione.
Ora la Generalitat ha scelto di rispondere acquistando gli immobili e
“blindandoli” come alloggi sociali permanenti. Una scelta politica di peso, che
non risolve solo un conflitto locale ma interviene sulla concezione stessa della
casa come diritto. Per molte famiglie l’annuncio rappresenta la fine di un
incubo. “Senza la lotta degli inquilini questa operazione non sarebbe mai
esistita”, sottolinea il Sindicat, che parla apertamente di una vittoria
popolare ottenuta contro uno dei maggiori attori finanziari del Paese. “Abbiamo
dimostrato che quando le istituzioni non intervengono, l’organizzazione dal
basso diventa l’unica difesa del diritto all’abitare”.
Il governo catalano ha presentato l’acquisto come parte di una strategia più
ampia per ampliare rapidamente il parco di alloggi sociali, considerata una via
più efficace rispetto alla sola costruzione di nuove case. Ma il Sindicat
avverte che la battaglia non è finita: chiede il ritiro delle cause giudiziarie
contro gli scioperanti, la revisione dei contratti a condizioni eque, la
garanzia di una manutenzione adeguata e il rimborso delle somme pagate
indebitamente negli anni precedenti.
Nonostante le questioni ancora aperte, la portata materiale e simbolica della
decisione è enorme. In una Catalogna in cui la crisi abitativa è diventata una
delle emergenze sociali più gravi, il “salvataggio” di 1.700 appartamenti
significa molto più che proteggere alcune famiglie: rappresenta un precedente
politico che dimostra come la logica del mercato possa essere contrastata
dall’intervento pubblico — purché sostenuto, e questo è il punto decisivo, dalla
forza organizzata di chi quelle case le abita ogni giorno.
L'articolo Spagna, in Catalogna dopo lo sciopero degli affitti la Generalitat
acquista 1.700 appartamenti: li manterrà come alloggi sociali proviene da Il
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