Suore e frati non pagano l’Università all’Alma Mater di Bologna. A denunciare –
quello che per l’ateneo felsineo appare normalità – è l’Uaar, l’Unione atei
agnostici e razionalisti che se la prende con Unibo per la corsia preferenziale
concessa agli ordini religiosi. Un caso che non irrita gli accademici pronti a
spiegare a “Il Fatto Quotidiano.it” che monache e monaci “non sono nemmeno in
grado di presentare l’Isee perché risultano nulla tenenti”.
Questione che abbiamo provato ad approfondire anche con la prefetta del
dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica
suor Simona Brambilla che ci ha risposto attraverso la sua segreteria di non
poter per “rilasciare un’intervista in questo momento”.
Resta aperto il caso. L’Uaar sottolinea che “secondo quanto previsto dal nuovo
regolamento di Unibo, l’esonero totale dalle contribuzioni studentesche ai
membri permanenti di ordini religiosi avviene in analogia con quanto dispone
l’Azienda regionale per il diritto agli studi superiori per le borse di studio,
a prescindere dalla presentazione dell’Isee. L’Isee dell’iscritto – in pratica –
non rappresenta correttamente la relativa condizione economica e consente quindi
che l’esenzione possa essere concessa “sulla base di idonea documentazione atta
a dimostrare che il richiedente è a totale carico dell’ordine religioso per
quanto riguarda il proprio mantenimento”.
In totale sono undici gli esoneri concessi dall’anno accademico 2021/2022 al
2024/2025, per un valore complessivo di circa 22 mila euro non incassati
dall’Università di Bologna.
L’Uaar non ammette concessioni: “A Bologna – spiega Roberto Grendene, segretario
dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti – gli enti religiosi
sembrano avere enormi possedimenti e ampie capacità economiche, con un impatto
rilevante nel mercato immobiliare attraverso la proprietà di negozi, cinema,
uffici e centinaia di appartamenti. Il criterio grazie al quale gli studenti che
fanno parte di un ente ecclesiastico non debbano pagare le tasse non sembra
pertanto essere giustificato”. Di fatto, nella maggior parte degli ordini
religiosi – secondo la regola di San Benedetto – i beni sono messi in comune per
cui il singolo studente non possiede del denaro se non quello richiesto e
concesso dal capitolo.
A buttar acqua sul fuoco ci pensa l’Alma Mater: “Per tutte le persone (inclusi
frati e suore) che hanno un Isee inferiore a 27 mila euro è prevista l’esenzione
delle tasse universitarie per l’iscrizione all’Università di Bologna. Lo stesso
vale a livello nazionale per tutti gli atenei: tutte le persone con Isee
inferiore a 13 mila euro non pagano l’iscrizione all’università. Nel caso di
specie, poi, suore e frati nemmeno hanno l’indicatore della situazione economica
equivalente”.
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agnostici contesta: “Corsia preferenziale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“L’Università in Italia è ormai una spesa proibitiva ecco perché crescono sempre
più le telematiche”. A riassumere in una battuta il dodicesimo rapporto
nazionale sui costi degli atenei italiani, elaborato dalla Fondazione Iscoon con
Federconsumatori, è Sabrina Soffiantini che ha curato dato per dato il dossier
presentato in queste ore.
Non c’è inflazione che tenga, non c’è considerazione per il blocco degli
stipendi: a livello nazionale le rette nell’ultimo anno sono salite del 6%. Una
percentuale che lascia perplesso il numero uno della Fondazione Mario Govoni.
Necessaria una premessa per capire i numeri: per ciascuna delle tre macro aree
geografiche italiane (Nord, Centro e Sud), sono state esaminate le due maggiori
università delle tre regioni che in ciascuna zona contano il maggior numero di
studenti: Lombardia, Piemonte e Veneto per il Nord, Emilia- Romagna, Toscana e
Lazio per il Centro e Campania, Puglia e Sicilia per il Sud.
Sono state considerate cinque fasce di reddito Isee standard calcolando
l’importo previsto per ciascuna fascia. Infine, le rette prese in
considerazione, non riguardano la cosiddetta “tax area” ovvero le agevolazioni
destinate agli studenti a basso reddito e agli studenti meritevoli. Qual è il
quadro che emerge? Per quanto riguarda la tassazione, le università del Nord
Italia risultano ancora una volta più onerose rispetto alle altre: le cifre
superano del 27% l’importo massimo medio rilevato negli atenei del Sud Italia e
del 21% quello delle università del Centro. Rispetto allo scorso anno è quindi
leggermente sceso il divario tra Nord e Sud ma esponenzialmente è aumentato
quello tra Nord e Centro che è salito dal 15% al 21,3%.
Un’attenzione particolare va data agli atenei lombardi che si confermano quelli
in cui la tassazione risulta più elevata, con una media regionale di 3775,28
euro. l’Università di Milano resta, come lo scorso anno, al primo posto, subito
seguita da quella di Pavia. La prima prevede, infatti, come importo massimo da
corrispondere 3.360,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.257,12 euro per i
corsi di laurea dell’area scientifica, con un importo massimo medio di 3.808,56
euro mentre la seconda richiede ai suoi studenti di corrispondere un massimo di
3.343,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.141,00 euro per quelle
scientifiche, con un importo massimo medio di 3.742,00 euro.
Seguono il Politecnico di Torino (3.761,00 euro sia per le facoltà umanistiche
che per quelle scientifiche), l’Università del Salento (3.206,00 euro sia per le
facoltà umanistiche che per quelle scientifiche) e l’Università di Padova
(2.955,00 euro per le facoltà umanistiche e 3.155,00 euro per le facoltà
scientifiche, con una media di 3.055,00 euro).
Rispondere a come mai Milano continua ad essere al top, nonostante il costo
degli affitti, è una lettura non facile ma secondo i ricercatori poter vantare
nel curriculum una laurea al Politecnico o alla Cattolica del capoluogo milanese
è un buon biglietto da visita. In questo contesto crescono sempre più il numero
di studenti che scelgono l’università telematica (quelle autorizzate dal
ministero sono undici). Gli iscritti all’ateneo online sono passati da 140.319
nel 2019/20 a 305.012 nell’ultimo anno accademico. Una decisione resa
obbligatoria dal portafoglio: “In genere, le spese per il materiale didattico
sono ridotte, dato che gran parte dei contenuti è disponibile online, limitando
l’acquisto di libri di testo a pochi casi. In termini economici, è possibile
stimare che i costi mensili per un’università telematica oscillino tra 200 e 400
euro, considerando tutte le spese sopra elencate”, spiega la ricerca.
Soffiantini aggiunge a “Il Fatto Quotidiano.it”: “E’ chiaro che in questo modo
non si paga nemmeno l’affitto o si riducono i costi di trasporto”.
E nel resto dell’Europa? Il dossier mette in evidenza le differenze tra il
nostro Stato e gli altri. La Germania e le nazioni scandinave adottano politiche
di assenza di tasse universitarie, consentendo agli studenti, anche
internazionali, di iscriversi ai corsi senza sostenere costi significativi: la
quasi totalità degli atenei pubblici richiede soltanto un contributo
amministrativo che è generalmente compreso tra 150 e 250 euro. Anche l’Austria
permette agli studenti dell’Unione Europea di frequentare l’università senza
tasse, mentre in Norvegia l’istruzione superiore è gratuita per tutti, sebbene
il costo della vita sia elevato. Molti programmi sono erogati nella lingua
locale, negli ultimi anni si è diffusa un’ampia offerta di master e dottorati in
inglese, che mantengono comunque le stesse condizioni di gratuità.
Dal 2017 la Finlandia applica una tassa universitaria agli studenti non Ue
iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale, lasciando però gratuiti i
percorsi di dottorato. In Islanda, invece, le università pubbliche non impongono
tasse, limitandosi a una quota annuale di iscrizione. A queste possibilità si
affiancano numerose borse di studio messe a disposizione dai governi europei.
Tra le più prestigiose figurano le Swiss Government Excellence Scholarships e le
borse Ares del Belgio, rivolte a studenti internazionali interessati a percorsi
di laurea triennale e magistrale.
Anche fuori dall’Europa esistono programmi di rilievo: in Asia, il Giappone
sostiene gli studenti stranieri attraverso il Japanese Government Scholarship
Program, che copre le tasse e offre un’indennità mensile; in Australia,
l’Australian Government Research Training Program finanzia master e dottorati.
In Nord America, il Vanier Canada Graduate Scholarship Program garantisce un
supporto economico molto elevato ai dottorandi, con borse da 50.000 dollari
l’anno. “Purtroppo – sottolinea Soffiantini – da noi mancano forme di credito
per sostenere le spese”.,
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