
Jordan Lee, ha 15 anni il futuro rivale di Sinner e Alcaraz? Il talento precoce e l’incredibile somiglianza con Lamine Yamal
Il Fatto Quotidiano - Friday, December 12, 2025Di tanto in tanto, nello sport emerge un talento così precoce da sembrare un refuso anagrafico. È successo nel calcio con Lamine Yamal, oggi star del Barcellona, sta accadendo nel tennis con il quindicenne Jordan Lee. È il primo giocatore classe 2010 ad aver conquistato un punto nel ranking Atp, al pari del connazionale Michael Antonius. Un risultato simbolico, ma sufficiente per rendere il suo nome familiare anche a chi raramente segue i tornei giovanili. Un profilo che gli osservatori di tutto il mondo hanno già appuntato come possibile sorpresa del 2026. E, per molti di loro, potrebbe rivelarsi il futuro terzo incomodo nel duopolio Sinner-Alcaraz.
La storia di Lee non inizia però su un palcoscenico internazionale, ma nei campi di allenamento americani dove, sin da bambino, veniva descritto dai coach come “nato con la racchetta in mano”. A 15 anni vanta già imprese degne di nota. Lo scorso novembre ha contribuito, da protagonista, al successo del team Usa nella Coppa Davis Junior in Cile, dopo essere stato uno degli elementi decisivi anche nel Mondiale Under 16. In entrambe le occasioni ha affrontato avversari più grandi, spesso più esperti, mostrando una maturità tecnica e mentale insolita per la sua età. Ma il giorno in cui il suo nome ha iniziato ad attirare l’attenzione globale è stato quello del suo primo punto Atp, guadagnato all’M15 di Orlando. Una vittoria netta, 6-4, 6-1 contro Matthew Thompson, seguita da una sconfitta agli ottavi del torneo. Poco importa: quel singolo punto significa già un posto, e un primato, nella storia.
A sinistra Jordan Lee, a destra Lamine YamalEppure, per quanto il suo tennis sia eccelso, non è questa la ragione principale che lo ha trasformato in un fenomeno virale. Il motivo? Jordan Lee assomiglia incredibilmente proprio a Lamine Yamal. Stessi lineamenti, stessi riccioli sulla fronte, stesso sorriso incorniciato da un apparecchio ai denti. Sui social i meme abbondano: “Due gocce d’acqua, sono gemelli separati alla nascita”, “Il fratello che Yamal non ha mai conosciuto”, “Ora abbiamo dubbi sul papà di Lamine”. Ironia, ma anche un modo per dire che questo ragazzo, proprio come lo spagnolo, ha intrapreso la strada dei predestinati.
E se il calcio ha già eletto il suo enfant prodige, il tennis potrebbe aver trovato il suo equivalente. La conferma è arrivata la scorsa domenica con la vittoria del Bradenton J300, uno dei tornei ITF più prestigiosi della categoria, conquistato da Lee partendo da wild card. Non solo ha vinto: ha dominato. Ha ceduto un set nei quarti al francese Daniel Jade e uno in semifinale contro l’olandese Thijs Boogaard, ma il resto del percorso è stato una dimostrazione di autorità. In finale ha piegato il bulgaro Dimitar Kisimov, due anni più grande, con il punteggio di 6-3, 7-6(3).
Un risultato che conferma quanto già si mormora intorno a lui: Jordan Lee è un nome da cerchiare in rosso per il 2026. Mentre molti coetanei sognano il primo ingresso nelle qualificazioni di un torneo importante, per Lee le prospettive sembrano altre: Challenger nel 2026, forse già qualche assaggio prima. La traiettoria ricorda quella di Cruz Hewitt, figlio dell’ex campione Lleyton, che a 16 anni ha già disputato due Challenger in Australia e potrebbe addirittura volare alle qualificazioni degli Australian Open. Ma, al momento, è Jordan Lee l’adolescente più popolare nel mondo del tennis.
In un panorama dominato dal duopolio Sinner-Alcaraz, si cerca da tempo un terzo contendente, qualcuno che possa rompere l’equilibrio e inaugurare una diversa narrativa. João Fonseca sembra quello più vicino a riuscirci nei prossimi anni, ma gli scout più lungimiranti guardano oltre, verso il 2010. E là, in quel territorio ancora inesplorato, spicca il nome di Jordan Lee. Per ora rimane il ragazzo che somiglia a Yamal, ma lo statunitense ha già fatto capire di volersi sedere al tavolo dei grandi in un futuro non troppo lontano. Ovviamente l’ultima parola spetterà al campo, ma le premesse sono intriganti. La notorietà potrà oscillare, i risultati invece potrebbero rimanere. E raccontare, un giorno, l’inizio della carriera di un nuovo campione.
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