Lo Zed di Pronto Raffaella può stare tranquillo. Rimane ancora lui il più
credibile robot umanoide della storia dopo quasi 40 anni. Di certo non sembrano
degli automi con forme umane quei due figuri in tuta apparsi in un video su
Instagram che è diventato virale. Stiamo parlando dell’apparizione di due
presunti robot – una donna e un uomo – dall’aspetto umano, apparsi tra gli stand
della fiera tecnologica Kish Inox Tech Expo 2025 svoltasi in Iran. Alcuni
espositori hanno presentato due robot umanoidi di nuova generazione che
interagiscono con i visitatori dandogli spiegazioni su questioni di robotica
avanzata. Peccato, però, che si trattasse di due attori travestiti da robot.
Ne riporta la presenza online il sito Multiplayer che sottolinea come “già in
passato, in Iran, sono stati presentati progetti di robotica poi rivelatisi
prototipi non funzionanti o hardware commerciali riassemblati e mostrati come
soluzioni originali e avanzate”. Sempre su Multiplayer si sottolineano le
numerose perplessità rispetto a queste fiere tecnologiche iraniane che sarebbero
prive “di documentazione tecnica a supporto delle dimostrazioni”. Insomma,
nonostante il grande successo di like sui social, il video sembra mostrare più
che altro una deriva kitsch e arrabattata di progressi scientifici molto vaghi e
imbarazzanti.
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L'articolo “Ecco i nostri nuovi robot di ultima generazione”: il video diventa
virale su Instagram, poi l’incredibile scoperta proviene da Il Fatto Quotidiano.
Source - Il Fatto Quotidiano
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Niente matrimonio con Francesco Ambrosoli, previsto il 13 maggio 2026, padre
della figlia Georgia. Lo ha annunciato l’ex soubrette e conduttrice icona sexy
degli Anni 80 e 90, Simona Tagli, in una intervista a La Repubblica. “È andata
così, non ci siamo mai sposati. – ha dichiarato – Dopo 20 anni, anche con un
periodo in mezzo molto duro in cui ci siamo scontrati per l’affido di nostra
figlia, io gli ho detto sposiamoci, ecco la data”.
E ancora: “Dopo un’intervista in tv è uscita la notizia su Dagospia con le mie
foto molto succinte e desuete di 30 anni fa, oltretutto non autorizzate perché
di un fotografo pluriquerelato all’epoca e ormai defunto. E lui, il marito in
pectore Francesco Ambrosoli, non l’ha presa per niente bene”.
“A quel punto gli ho detto “se non mi conosci bene dopo vent’anni… – ha
continuato – Insomma, comprendo il suo pensiero ma non lo condivido. Oltretutto
i titoli dei giornali non li faccio io. E così abbiamo litigato e non ci
sposiamo più. Certi uomini non capiscono che non si va in tv per parlare solo di
sé stessi ma anche per essere fonte di ispirazione. Oltretutto questi ultimi 20
anni sono stati caratterizzati per me da grandi rinunce: ho smesso di lavorare
nello spettacolo e ho fatto un voto di castità”.
La Tagli ha spiegato: “L’ho fatto perché mi sono votata alla Madonna per la
buona riuscita nella separazione quando è stata messa in dubbio la mia
genitorialità in quanto donna di spettacolo. E pensi, dopo tre anni è tutto
finito per il meglio, come avevo immaginato, proprio nel giorno in cui si
festeggia la Madonna di Loreto”.
Proposte indecenti nel corso della carriera? “No, ma le dirò di più. Credo che
non mi sia mai successo perché mi sono riuscita a imporre come professionista
che lavora molto e bene. Quindi era chiaro che con me era inutile provarci”.
L'articolo “Il matrimonio con Francesco Ambrosoli è saltato per colpa di alcune
mie foto molto succinte di 30 anni fa, oltretutto non autorizzate”: Simona Tagli
delusa proviene da Il Fatto Quotidiano.
È stata presentata a Villa Blanc la ricerca “L’Italia e l’auto elettrica: tra
percezioni e consapevolezza”, realizzata dall’Osservatorio Auto e Mobilità della
Luiss Business School. Lo studio analizza il divario tra l’interesse potenziale
verso l’auto elettrica e la sua effettiva adozione, evidenziando come le
resistenze non siano legate esclusivamente a fattori tecnici o economici, ma
anche al rapporto tra percezione e livello di conoscenza del prodotto.
La ricerca si basa su un approccio metodologico misto che combina un’indagine
quantitativa con un’analisi qualitativa supportata da modelli avanzati di
Intelligenza Artificiale. L’utilizzo dell’AI ha consentito di analizzare in modo
sistematico le risposte aperte degli intervistati, individuando pattern
linguistici, cluster tematici e sfumature interpretative con un elevato grado di
neutralità analitica.
Tra i non possessori di veicoli elettrici a batteria (BEV) emergono timori e
barriere legati in larga parte a percezioni esterne. Il 67% degli intervistati
esprime preoccupazioni sulla durata della batteria, mentre oltre il 58%
considera insufficiente la rete di ricarica autostradale. Il prezzo di acquisto
è ritenuto troppo elevato dal 72% del campione. Quasi la metà segnala inoltre
difficoltà nel reperire informazioni chiare su costi reali, incentivi, autonomia
e tempi di ricarica, indicando una conoscenza frammentata e spesso non
aggiornata.
Lo studio individua quattro leve principali per favorire la transizione. La
priorità assoluta è la riduzione del prezzo di acquisto, indicata dal 55,4%
degli intervistati. Seguono la stabilità degli incentivi, considerata rilevante
soprattutto in termini di prevedibilità nel tempo, e la disponibilità di una
rete di ricarica pubblica capillare e funzionante, indicata come priorità
massima dal 12,7%. La garanzia di lunga durata sulla batteria risponde alle
principali paure tecnologiche e raccoglie oltre il 50% delle preferenze
complessive nelle prime tre posizioni. Altri fattori, come wallbox gratuite,
servizi digitali o abbonamenti energetici, risultano marginali.
I possessori di BEV descrivono invece un’esperienza d’uso generalmente positiva:
il 56,4% rileva una maggiore economicità rispetto ai veicoli termici e oltre il
70% considera adeguata la gestione quotidiana dell’autonomia. Le criticità
percepite dall’esterno risultano quindi ridimensionate. Tuttavia, entrambi i
gruppi concordano su un punto: l’infrastruttura di ricarica pubblica e
autostradale non è ancora sufficientemente omogenea e affidabile.
Nel confronto finale, la ricerca evidenzia come il principale ostacolo alla
diffusione dell’auto elettrica sia il gap tra percezione e consapevolezza. Dove
manca un’esperienza diretta o un’informazione chiara, le resistenze restano
elevate. Al contrario, l’uso concreto contribuisce a ridurre molte barriere.
Secondo lo studio, una transizione efficace richiede un sistema più solido,
basato su prezzi competitivi, infrastrutture affidabili e azioni in grado di
trasformare la curiosità in fiducia.
L'articolo Auto elettrica in Italia, ecco cosa frena le vendite di EV nel nostro
Paese proviene da Il Fatto Quotidiano.
Sola, lontana dal posto in cui doveva vivere e chiusa in una vasca con acqua
troppo bassa, sporca e troppo calda. È morta domenica 14 dicembre Kshamenk, orca
che aveva un’età compresa tra i 33 e i 35 anni passati tutti in cattività, come
attrazione per i turisti. Era maschio, Kshamenk, è la morte è arrivata per
arresto cardiorespiratorio mentre si muoveva nel suo piccolo spazio, nel parco
marino di San Clemente del Tuyú. Era (e possiamo dire menomale) l’ultima orca in
catticità del Sudamerica.
La storia di Kshamenk inizia in mare aperto, l’oceano. Aveva 4 anni o giù di lì
quando rimase intrappolato in acque basse insieme ad altre orche e fu salvato.
Si può dire salvato sapendo che lui, unico a sopravvivere, è stato poi chiuso in
una vasca per il resto della sua vita? Dal 1992 a oggi. Non è sempre stato solo,
almeno quello: con lui c’era l’orca Belen che però è morta nel 2020.
Perché, una volta rimesso in sesto, non è stato rimesso in mare? Non era in
grado di cavarsela, hanno spiegato i ricercatori. E il suo sperma è stato usato
per inseminare altre orche tanto che Kshamenk aveva due cuccioli dei quali però
non sapeva nulla né aveva mai visto. “Per decenni, gli attivisti hanno lottato
per portare Kshamenk fuori dal parco e magari farlo vivere con altri animali
della sua specie. Tuttavia, il governo argentino ha negato il provvedimento”, si
legge sui social a sottolineare quanto le associazioni animaliste si siano
battute per lui.
L'articolo Era solo, viveva in una vasca troppo piccola, con acqua bassa e
sporca: è morto per arresto cardiocircolatorio Kshamenk, orca maschio da 33 anni
in cattività proviene da Il Fatto Quotidiano.
Scovato e smascherato da Striscia La Notizia con l’inviato Max Laudadio, il
“mago di Rimini” che sosteneva di poter guarire dal Covid e da altre malattie
con filtri e misteriose polverine, è stato condannato a 10 mesi e a una multa
per l’esercizio abusivo della professione di omeopata e per aver violato i
sigilli dell’autorità apposti su alcune confezioni di erbe che utilizzava come
medicamenti. Il Tribunale lo ha invece assolto perché il fatto non sussiste per
il reato di truffa.
Orfeo Bindi, 70 anni, era finito nel registro degli indagati perché prescriveva
“pozioni” miracolose per prevenire il Covid, curare malanni e ridurre il cancro.
La pubblica accusa, rappresentata dal vice pubblico ministero onorario, Simona
Bagnaresi, aveva citato come testimoni la maggior parte dei 30 clienti di Bindi,
ma nessuno di questi ha dichiarato di essersi sentito truffato. Insomma gli
credevano e forse gli credono ancora. Nessuno ha denunciato e nessuno di
conseguenza si era costituito parte civile. Sentiti tutti a sommarie
informazioni degli inquirenti, avevano quindi spiegato di non sentirsi
raggirati. Anche se la prestazione del guaritore, come testimoniato dal servizio
del programma di Canale 5, si aggirava intorno ai 100 euro.
L’uomo, su cui avevano eseguito gli accertamenti del caso i militari della
Guardia di Finanza, in un’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Davide
Ercolani, era accusato di aver prescritto erbe mediche che chiamava “polverine”
promettendo la guarigione da patologie compreso il coronavirus. Gli
investigatori delle Fiamme gialle aveva eseguito un’ordinanza del gip, Benedetta
Vitolo nei confronti di Bindi, sospeso dall’esercizio della professione di
medico omeopata. Quindi il rinvio a giudizio e il processo. Il legale di Bindi,
l’avvocato Antonio Giacomini del Foro di Forlì, ha annunciato il ricorso in
appello.
L'articolo Condannato il “mago” di Rimini che sosteneva di guarire il Covid con
le polverine proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo decenni di silenzio, la lebbra – o morbo di Hansen – torna a far parlare di
sé anche in Europa. Nelle ultime settimane sono stati segnalati alcuni casi in
Romania e un caso isolato in Croazia, riaccendendo interrogativi su una malattia
che molti consideravano ormai confinata ai libri di storia della medicina. Le
autorità sanitarie rassicurano, ma la notizia ha inevitabilmente alimentato
timori. Per capire se ci sia davvero motivo di preoccupazione e cosa
significhino queste segnalazioni, ne abbiamo parlato con il professor Roberto
Cauda, infettivologo, Università Campus Biomedico e consulente per le malattie
infettive dell’European Medicines Agency (EMA).
CASI ISOLATI E GLOBALIZZAZIONE: C’È UN’EMERGENZA?
“La comparsa di casi di lebbra in Europa va letta con grande cautela, evitando
ogni tono drammatico – ci spiega Cauda -. La lebbra è una malattia che esiste
ancora nel mondo ed è presente in forma endemica in numerosi Paesi. I dati
dell’Organizzazione mondiale della sanità indicano che, già all’inizio degli
anni Duemila, la malattia era segnalata in 91 nazioni, con una diffusione
maggiore in India, Africa subsahariana e Sud America. In questo contesto, i casi
europei non rappresentano un’anomalia inquietante, ma piuttosto l’effetto degli
spostamenti globali delle persone. Si tratta di fenomeni isolati, molto rari,
che devono indurre attenzione ma non allarmismo. Il rischio per la popolazione
europea resta infatti bassissimo, quasi trascurabile, e la lebbra non può essere
considerata una minaccia per la salute pubblica nel nostro continente”.
SINTOMI LENTI E INSIDIOSI: COSA COLPISCE DAVVERO LA LEBBRA
“Dal punto di vista clinico, è una malattia complessa, con manifestazioni che
possono variare notevolmente da persona a persona – continua l’esperto -. Il
quadro dipende in larga misura dalla risposta immunitaria del soggetto, che
condiziona sia l’evoluzione sia la gravità della patologia. In genere i primi
segnali riguardano la cute e il sistema nervoso periferico: lesioni cutanee e
disturbi della sensibilità sono tra i campanelli d’allarme più comuni. A rendere
insidiosa la malattia è soprattutto il suo decorso lento. Non è una patologia
acuta, ma si sviluppa nel corso di anni, talvolta di decenni. Proprio questa
lentezza, se la diagnosi arriva tardi, può portare a esiti invalidanti, come
perdita della motilità muscolare, anestesia di alcune parti del corpo, fino a
danni oculari e cecità”.
INCUBAZIONE LUNGA E DIAGNOSI TARDIVE
Un altro elemento chiave è il lunghissimo periodo di incubazione. Come
sottolinea l’infettivologo, “In media si parla di circa cinque anni, ma esistono
forme che si manifestano dopo pochi mesi e altre che possono emergere anche a
distanza di dieci anni dal contagio. Questo rende la diagnosi più difficile e
spiega perché, in alcune aree del mondo, la malattia venga riconosciuta quando i
danni sono già avanzati. Oggi, tuttavia, gli strumenti diagnostici non mancano:
una volta sospettata, la lebbra può essere confermata attraverso test di natura
microbiologica”.
DECISIVE SONO DIAGNOSI PRECOCE E ACCESSO ALLE CURE
Sul fronte delle cure, il messaggio è netto: la lebbra è curabile. “Esistono
farmaci efficaci, ma la terapia richiede tempo e rigore – continua Cauda -. Il
trattamento dura almeno un paio d’anni e prevede sempre l’uso di più farmaci in
associazione, mai in monoterapia. Se la diagnosi è precoce e la terapia viene
avviata prima che compaiano le forme più gravi, la prognosi è favorevole”. Nelle
aree più povere del mondo, però, il problema non è tanto l’inefficacia dei
farmaci quanto il loro utilizzo tardivo: “I medicinali non possono infatti
cancellare le lesioni invalidanti già presenti. Da qui l’importanza – conclude
Cauda – di garantire a livello globale l’accesso alle cure: un intervento
tempestivo può migliorare la prognosi e incidere profondamente sulla qualità
della vita di milioni di persone”.
L'articolo La lebbra torna in Europa: segnalati casi in Romania e Croazia.
L’esperto: “Effetto degli spostamenti globali delle persone” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
A novembre 2025 l’inflazione è rallentata. L’indice nazionale dei prezzi al
consumo per l’intera collettività registra una diminuzione dello 0,2% rispetto a
ottobre e una crescita dell’1,1% su base annua, in calo sia rispetto alla stima
preliminare (+1,2%) sia rispetto al mese precedente. Si tratta del livello più
basso da gennaio, rileva l’Istat. Rallenta anche il cosiddetto carrello della
spesa, cioè i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, che passa
da +2,1% a +1,5%, mentre i prodotti ad alta frequenza d’acquisto scendono
lievemente da +2,1% a +2%. L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e
degli alimentari freschi, si attesta all’1,7%, in calo dall’1,9%, come anche
quella calcolata escludendo i soli beni energetici.
Incidono sulla dinamica complessiva soprattutto il rallentamento dei prezzi
degli alimentari non lavorati (+1,1% da +1,9%), il calo degli energetici
regolamentati (-3,2% da -0,5%) e la frenata di alcune tipologie di servizi, in
particolare i trasporti (+0,9% da +2%). Solo in parte questi effetti sono
compensati dalla minore flessione degli energetici non regolamentati (-4,3% da
-4,9%).
Nel dettaglio, i prezzi dei beni rallentano ulteriormente (+0,1% da +0,2%),
mentre quelli dei servizi scendono dal +2,6% al +2,3%. Il differenziale tra
servizi e beni si riduce così a 2,2 punti percentuali, dai 2,4 del mese prima.
La flessione congiunturale dell’indice generale riflette soprattutto il calo dei
prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-1,6%) e
dei servizi relativi ai trasporti (-1,3%), per effetti in larga parte
stagionali.
Sul fronte alimentare, l’Istat segnala un alleggerimento della spesa delle
famiglie: la crescita dei prezzi del comparto rallenta dal +2,3% al +1,8%. La
frenata riguarda sia gli alimentari lavorati (+2,1% da +2,5%) sia quelli non
lavorati (+1,1% da +1,9%). In particolare, i prezzi della frutta fresca o
refrigerata registrano un’inversione di tendenza, passando da +0,8% a -1,6%,
mentre quelli dei vegetali freschi diversi dalle patate accentuano la flessione,
da -6,4% a -8,2%.
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) scende dello 0,2% su base
mensile e cresce dell’1,1% su base annua, in rallentamento dal +1,3% di ottobre.
L’indice FOI, al netto dei tabacchi, registra infine un -0,1% congiunturale e un
+1,0% tendenziale. L’inflazione acquisita per il 2025 è pari all’1,5% per
l’indice generale e all’1,8% per la componente di fondo.
L'articolo Inflazione in frenata a novembre. Il carrello della spesa rallenta,
ma sale comunque dell’1,5% anno su anno proviene da Il Fatto Quotidiano.
La Nasa lo ha già detto più volte: è solo una cometa. Ma l’oggetto interstellare
3I/ATLAS ha anomalie, perfettamente spiegabili scientificamente, che hanno
attirato l’attenzione di tutto il mondo. Tra poco raggiungerà il suo massimo
avvicinamento alla Terra. L’agenzia spaziale statunitense ha reso noto che il
passaggio ravvicinato alla Terra avverrà il 19 dicembre a una distanza di circa
170 milioni di miglia, quasi il doppio della distanza media tra la Terra e il
Sole. Secondo l’Agenzia spaziale europea (ESA), la cometa non si avvicinerà a
meno di circa 1,8 unità astronomiche dal nostro pianeta, equivalenti a circa 270
milioni di chilometri. L’evento quindi non rappresenta alcun rischio per la
Terra o per gli altri pianeti del Sistema solare.
Scoperta il 1 luglio dai telescopi ATLAS in Cile, 3I/ATLAS è il terzo oggetto
interstellare mai osservato mentre attraversa il Sistema solare, dopo
1I/‘Oumuamua nel 2017 e la cometa 2I/Borisov nel 2019. La Nasa continuerà a
monitorare il corpo celeste lungo il suo viaggio, che lo porterà a superare
l’orbita di Giove nella primavera del 2026, prima di lasciare definitivamente il
nostro sistema planetario. Il passaggio ravvicinato potrà essere seguito anche
dal pubblico: il Virtual Telescope Project trasmetterà una diretta streaming a
partire dalle 5.00 del mattino (ora italiana) del 19 dicembre, guidata
dall’astronomo Gianluca Masi.
Già alla fine di novembre, osservatori dotati di telescopi sufficientemente
potenti avevano potuto vedere 3I/ATLAS riemergere dopo il passaggio dietro il
Sole, mostrando una caratteristica colorazione verde come informa l’Infn. Il 26
novembre 2025, nell’ambito dell’iniziativa di divulgazione scientifica Shadow
the Scientists, cone informa INAF; astronomi e studenti di tutto il mondo hanno
osservato la cometa utilizzando lo spettrografo multi-oggetto GMOS del
telescopio Gemini Nord, situato a Maunakea, alle Hawaii.
Un ulteriore elemento di interesse riguarda la cosiddetta anti-coda. In un
recente articolo pubblicato sul blog Medium, il professor Avi Loeb, docente di
Astronomia all’Università di Harvard, sottolinea come questa prominente
struttura che sembra puntare verso il Sole sia insolita per una cometa. Secondo
Loeb, non si tratterebbe di un semplice effetto prospettico, comune in molte
comete, ma di un vero e proprio getto fisico. Nella maggior parte dei casi,
infatti, l’anti-coda è un’illusione ottica dovuta alla geometria della coda di
polveri e alla posizione relativa di Terra e Sole, come osservato anche in
comete celebri quali la C/2023 A3.
Nel caso di 3I/ATLAS, l’anti-coda è visibile sin dalla fine di luglio, quando
l’oggetto fu osservato dal Telescopio Spaziale Hubble mentre si avvicinava al
Sole da una distanza geocentrica di circa 2,98 unità astronomiche. La struttura
è rimasta evidente nelle centinaia di immagini raccolte durante l’avvicinamento
alla Terra ed è stata recentemente immortalata anche dall’astrofilo tailandese
Teerasak Thaluang con un telescopio da 26 centimetri. L’ultimo scatto citato da
Loeb risale alle 21.30 UTC di sabato 13 dicembre, quando la cometa si trovava a
circa 270 milioni di chilometri dalla Terra, confermando che l’anti-coda è
rimasta stabile per circa cinque mesi, durante un avvicinamento che ha coperto
mezzo miliardo di chilometri.
Credit: NASA’s Hubble Space Telescope
L'articolo La cometa 3I/ATLAS si avvicina alla Terra e ora è verde, l’anomalia
dell’anti-coda stabile da 5 mesi proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Siamo più vicini che mai” alla fine della guerra in Ucraina. Lo ha detto il
presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nello Studio Ovale alla Casa Bianca,
dopo il nuovo round di trattative e dopo aver parlato con il suo omologo ucraino
Volodymyr Zelensky e con una serie di leader europei. “Stiamo ricevendo un
enorme sostegno dai leader europei. Vogliono che finisca”, ha detto Trump
sottolineando che gli Usa hanno avuto numerose conversazioni con il presidente
russo Vladimir Putin. “Dobbiamo mettere tutti sulla stessa pagina”, ha aggiunto
il presidente americano ribadendo di voler mettere fine alle morti causate dalla
guerra.
L'articolo Trump: “Vicini come non mai alla fine della guerra tra Russia e
Ucraina” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Paura a Hayward, in California. Una casa è saltata in aria improvvisamente ed è
stata completamente distrutta. Il momento dell’esplosione è stato ripreso dalla
telecamera posizionata sul campanello del vicino di casa.
L’onda d’urto ha danneggiato anche alcune abitazioni vicine: almeno sei persone
sono rimaste ferite. Come riportano i giornali statunitensi, l’esplosione
sarebbe stata provocata da una fuga di gas sotterranea.
L'articolo Casa salta in aria improvvisamente e viene distrutta: la telecamera
del campanello del vicino cattura il momento dell’esplosione – Video proviene da
Il Fatto Quotidiano.