Alla Cop30 il numero più alto di sempre dei lobbisti dei combustibili fossili: secondi solo alla delegazione del Brasile

Il Fatto Quotidiano - Friday, November 14, 2025

Alla Cop 30 del Brasile i lobbisti del settore dei combustibili fossili registrano la più alta percentuale di presenze di sempre: uno ogni 25 partecipanti, per un totale di 1.602. Si tratta, di gran lunga, del numero più alto di rappresentanti di quasi tutte le delegazioni nazionali presenti, a parte quella del paese ospitante. Solo il Brasile, infatti, ha inviato più persone (3805). In termini percentuali, c’è stato un aumento del 12% rispetto ai negoziati sul clima dello scorso anno a Baku, in Azerbaigian con la più grande concentrazione di lobbisti dei combustibili fossili alla Cop da quando la coalizione Kick Big Polluters Out analizza la lista dei partecipanti alla conferenza. Non si tratta di un semplice elenco di presenze. La scorsa settimana, il Guardian ha rivelato che il 57 per cento di tutta la produzione di petrolio e gas dello scorso anno, proveniva da 90 aziende del settore dei combustibili fossili che hanno inviato un numero sostanziale di lobbisti ai colloqui sul clima delle Nazioni Unite dal 2021 al 2024.

Chi fa affari alla Cop

Si tratta di 5.350 lobbisti che si sono “mescolati” con leader mondiali e negoziatori climatici. Quelle 90 aziende rappresentano quasi due terzi (63%) di tutti i progetti di espansione dei combustibili fossili a breve termine che si stanno preparando per l’esplorazione e la produzione, secondo la Global Oil and Gas Exit List appena pubblicata (un set di dati che include più di 1.700 aziende che coprono oltre il 90% dell’attività globale del settore). Per la Conferenza delle Parti del Brasile i lobbisti dell’oil&gas hanno ricevuto il 66% in più di pass rispetto a tutti i delegati dei 10 paesi più vulnerabili al cambiamento climatico messi insieme. “A 10 anni dall’Accordo di Parigi, la presenza dei lobbisti fossili nelle Cop, dove non dovrebbero trovarsi, continua a crescere” commenta Elena Gerebizza di ReCommon, membro della coalizione internazionale Kick Big Polluters Out.

I lobbisti del fossile e i delegati dei Paesi più colpiti da eventi estremi

La Cop è il vertice nel corso del quale si dovrebbe discutere degli impegni e delle misure da prendere per tagliare le emissioni di gas serra e per affrontare gli effetti della crisi climatica. Stando ai numeri dei lobbisti, però, appare evidente che gli interessi in primo piano non sembrano quelli dei paesi più vulnerabili. Due esempi: i lobbisti dei combustibili fossili superano numericamente i delegati ufficiali delle Filippine di quasi 50 a 1, nonostante il paese sia colpito da devastanti tifoni mentre sono in corso i colloqui, più di 40 volte il numero di delegati della Giamaica, ancora scossa dall’uragano Melissa. Di fatto, il settore a ricevuto due terzi di pass in più rispetto a tutti i delegati delle 10 nazioni più vulnerabili al clima messi insieme che, insieme, arrivano a 1061. “L’ennesima invasione di una Cop da parte di manager del fossile è intollerabile. L’obiettivo è garantirsi altri decenni di petrolio, gas e mega infrastrutture per il Gnl, spacciate come transizione” commenta Daniela Finamore di ReCommon.

Sono 164 i lobbisti dei combustibili fossili con i badge governativi

Le principali associazioni di categoria rimangono un veicolo primario per fare pesare la propria influenza, con l’International Emissions Trading Association che porta 60 rappresentanti, inclusi delegati dei giganti del petrolio e del gas ExxonMobil, BP e TotalEnergies. Ma c’è anche un altro aspetto: circa 599 lobbisti di vari settori hanno accesso tramite badge di overflow. Oltre agli osservatori accreditati dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), infatti, ha modo di accedere anche chi ottiene questi pass rilasciati dai Paesi membri. La costante campagna della società civile ha portato la Cop 30 ad essere la prima Conferenza delle Parti sul clima in cui tutti i partecipanti non governativi sono tenuti a rivelare pubblicamente chi finanzia la loro partecipazione e a confermare che i loro obiettivi individuali sono in linea con quelli dell’Unfccc. Queste informazioni sono rese pubbliche a livello mondiale, ma non si applicano a coloro che hanno i badge governativi. Una carenza non da poco, considerando che il report mostra che 164 lobbisti dei combustibili fossili stanno ottenendo l’accesso tramite questo tipo di badge. Per la Francia ce ne sono 22, di cui cinque di TotalEnergies, tra cui l’amministratore delegato Patrick Pouyanné, per il Giappone ce ne sono 33 (anche da Mitsubishi Heavy Industries e Osaka Gas) e la Norvegia ne ha introdotti 17 nei colloqui, tra cui sei dirigenti senior del suo colosso nazionale del petrolio e del gas Equinor. I lobbisti italiani sono complessivamente 17, con tre esponenti della Fondazione Enrico Mattei, collegata a Eni, due di Confindustria, quattro di Acea, società che sta puntando con decisione su progetti per lo sfruttamento del gas, sei di Enel, uno di Edison, tra le società più attive nell’import di Gnl in Italia e uno della Venice Sustainability Foundation, fondazione con governance a guida fossile presente alla Cop con il direttore generale Alessandro Costa. E 12 di loro hanno “parties overflow” ossia sono accreditati attraverso il Governo Meloni.

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