
“Il governo ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti. Hanno vinto creando cag**e in televisione. I rapper sono tutti vestiti uguali, ma i brand di alta moda mi fanno schifo al c***o”: così Noyz Narcos
Il Fatto Quotidiano - Thursday, November 27, 2025Il governo, preso nella sua connotazione più generale, “ha ottenuto quello che voleva e ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti. Ha vinto creando cag**e tipo ‘Temptation Island’ e la maggior parte dei programmi”, così Noyz Narcos, diretto e senza peli sulla lingua, in occasione dell’uscita del suo ultimo disco, “Funny Games”.
Il titolo è un omaggio al film cult di Michael Haneke, che “impersonifica vittime e carnefici in persone che hanno subito questo evento in maniera totalmente casuale. Ed è una cosa che può succedere a tutti. Inoltre, il font che abbiamo usato è demenziale e andava a stemperare un po’ la violenza nella copertina”, ha spiegato l’artista. Le produzioni sono affidate a Sine. “Ci abbiamo messo un anno intero che, per quanto mi riguarda, è il tempo minimo per produrre un album di qualità”, ha detto Noyz Narcos. Insieme al rapper romano ci sono Achille Lauro, Conway The Machine, Gast, Guè, Jake La Furia, Kid Yugi, Madame, Nerissima Serpe, Papa V e Shiva, che sono stati inseriti all’interno delle quindici tracce presenti nel progetto discografico.
Su Achille Lauro, Noyz ha speso parole al miele: “Assistere alla sua ascesa è stato quasi un traguardo della nostra zona. Vedere che uno ha iniziato nel nostro stesso posto è una vittoria. Lui ha toccato diverse tipologie di musica. Anche cose che non mi sarei mai aspettato si potesse affacciare. Se non ci fosse stato il pezzo con il ritornello di Lauro probabilmente non sarebbe neanche uscito”.
Madame, invece, “è una di quelle che scrive meglio. Buca lo schermo col microfono” e “Sniper”, il loro brano in collaborazione, sempre secondo Noyz Narcos, si discosta dall’aver realizzato un pezzo nel quale “viene messa la voce femminile per fare il passaggio in radio perché, facendo così, si va a rovinare la canzone rap. Ed è una cosa che ho sempre detestato”. Il rapper ha anche ricordato i suoi anni passati, quando “ho fatto qualsiasi tipo di lavoro. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di non avere capi sopra di me”.
Oggi, ha aggiunto Noyz Narcos, “alcuni artisti sono improvvisati. Durano qualche anno e poi, quando spariscono, non sanno montare neanche una lampadina”, ha detto. E ancora: “Siamo bombardati da questi nuovi artisti che sembrano nati bravi, col video figo, dischi che fanno platini, col budget, i produttori forti. Persone uscite dal cilindro l’altro ieri che riescono ad uscire con questi prodotti così mainstream. In un ambiente più underground, invece, ci sono ragazzi talmente squattrinati che non avranno mai la fortuna di andare in uno studio, conoscere qualche big che gli faccia fare un featuring”, ha proseguito Noyz spiegando però che, nonostante ciò, non ci deve essere “il supporto dall’alto. Gli artisti se la devono cavare da soli. Questa cosa di combinare le canzoni a tavolino per far emergere il rapper la fanno le etichette, non i rapper. Devi fare i pezzi e basta, non è neanche giusto che ti venga apparecchiata la tavola”, ha dichiarato l’artista che, in occasione dell’uscita di “Funny Games” ha argomentato ed approfondito, a FqMagazine, la genesi del disco.
“In culo a ‘sto governo, che saltasse in aria. Ha trasformato ‘sto paese in un inferno ed ha vinto”, rappi in “Ultimo Banco”. In cosa e come ha vinto?
Ha ottenuto quello che voleva e ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti.
“Se ne fotte della guerra e della pace”, rappa Kid Yugi in “Il Mio Amico”. Marracash in “E’ Finita La Pace” dice che “la gente è stanca” e “vuole stare su Temptation Island”. Le persone sono anestetizzate di fronte alle guerre e ai fatti di cronaca?
Si collega a prima. Il governo ha vinto proprio per creare dei contenuti, delle cose per cui la gente va in fissa, che ti distorcono dalla notizia del momento. Se sta succedendo una tragedia nel mondo, ti creo un programma ad hoc perfetto, per cui tu vai in fissa e, invece di stare a fare politica, manifestazioni, a tirare sassi e cenerini, devi stare a casa e guardare la tv.
Cosa si dovrebbe fare?
Non dobbiamo stare a casa a guardare “Il Grande Fratello”, la nuova serie Netflix, il nuovo videogame. Ha vinto perché la gente ha imparato a non scendere più in piazza a manifestare. In qualche modo si è anestetizzata e, piano piano, chiaramente è più comodo prendere l’ascensore che fare le scale. Se ho una piattaforma che mi suggerisce il nuovo film del momento, che tutti hanno visto e di cui tutti parlano, è più facile che io caschi a vedere quello piuttosto che andare al canale 697 a vedere le notizie del telegiornale straniero per poter cercare una notizia che non sia pilotata ad hoc per essere digerita, come succede in Italia. Hanno vinto creando cag**e per la maggior parte dei programmi.
All’inizio di “Finale diverso” parli del tuo difficile passato: c’è un episodio in particolare che senti ti abbia segnato più degli altri?
Tante brutte cose che non voglio manco stare qua a ricordare. Quando parlo di quella cerchia di ragazzi, che sono i miei amici più cari, che stanno a Roma o che stanno sparsi per il mondo, ma che ho conosciuto a Roma. Loro sanno che posso parlare anche attraverso le canzoni e capiscono di che sto parlando. Spesso uso questo veicolo per comunicare con persone che stanno dall’altra parte del mondo.
Racconti da anni le strade e le periferie. Shiva dice: “Ti ho pregato mille volte, tu non mi hai mai risposto. Continuo a credere che esisti ma che resti nascosto”. Nelle periferie, le persone credono ancora in qualcosa?
In un’intervista recente di Carlo Verdone diceva che bisognerebbe dare ancora più ascolto alle periferie perché sono sempre i luoghi più creativi, dove c’è più fermento. Spesso sono i posti in cui, non essendoci un c***o, la gente si deve inventare le cose. Quindi si devono creare da soli dei laboratori, spazi, teatri che non esistono. È proprio nella periferia che vai a trovare i talenti più bravi perché, per necessità, non avendo sotto casa la scuola di danza, magari si sono messi a ballare sotto al porticato, al freddo e son diventati più bravi di altri.
“Vesto Umbro, no Gucci”, “Famo la storia, non le storie, ma che ne sanno”, dici in “John Belushi” ed in “Back Again”. Buona parte della scena rap non ha più l’esigenza di essere in controtendenza?
È molto omologato il rap. Sono tutti vestiti uguali, con gli stessi brand, non fanno più ricerca. Noi siamo sempre stati appassionati di brand particolari. I brand di alta moda mi fanno schifo al c***o, non mi rispecchiano.
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