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Boom per “L’amore non mi basta” di Emma: virale grazie a un trend di Tik Tok è prima su Spotify. L’artista: “Le canzoni tornano, mi sembra il miracolo di Natale”
Piaccia o no Tik Tok ha il potere di dare una nuova vita a brani del passato. E se poi la musica, in Italia, si tocca con la religione del pallone, l’effetto nostalgia esplode alla massima potenza. È successo con “L’amore non mi basta” di Emma, brano del 2013 che sta conquistando le classifiche di Spotify e suonando come sottofondo dei video sui social di mezzo Paese. A creare la ricetta virale sono stati gli appassionati di calcio. La piattaforma cinese si è popolata di filmati montati ad arte in cui le giocate, i dribbling e le esultanze dei campioni della Serie A di diversi anni fa scorrono al ritmo della voce potente e graffiante della cantante, in un crescendo emotivo che esplode poi nel ritornello. Per i tifosi, un tuffo nei ricordi. Un ritorno ideale a stagioni in cui l’Inter metteva in bacheca il triplete con Zanetti e Milito; Dybala, Pogba e Higuain davano spettacolo in maglia Juventus e Mertens entrava nel cuore dei tifosi napoletani. Il significato del testo, però, è un altro rispetto a come viene inteso nelle numerose clip del web. Il brano racconta la fine di una relazione in cui la passione è l’unico collante che tiene insieme i due amanti: troppo poco perché la storia continui. Nonostante il messaggio traviato, da fine novembre la tendenza ha fatto schizzare “L’amore non mi basta” tra i singoli più ascoltati in streaming nelle ultime settimane e al 32esimo posto nella classifica FIMI. E c’è di più. Campeggia pure in molte delle playlist più in voga di Spotify: Alta Rotazione, Viral 50 e Big Italiani, tra le altre. Al momento in cui scriviamo, è al primo posto nella top 50 Italia sopra “081” di Geolier e l’intramontabile classico natalizio di Mariah Carey “All I want for Christmas is you”. E questa, alle porte delle festività, è una notizia. Emma è così la terza artista italiana solita a raggiungere questo traguardo nell’ultimo decennio. “Non ho parole. Ma veramente. Però la musica resta… quella sì. Grazie a tutti, vi amo”, ha scritto su X solo qualche giorno fa. Grazie a Tik Tok, dove è stato usato per più di 75.000 creazioni, non solo il brano è tornato in auge, ma è diventato l’emblema della memoria collettiva e della passione sportiva che unisce gli italiani. LE PAROLE COMMOSSE DI EMMA Ieri 15 dicembre, quando il singolo ha raggiunto la vetta della classifica del servizio di streaming più conosciuto, l’artista nata in toscana ha voluto ribadire i ringraziamenti con un video postato nelle storie sul suo profilo Instagram. “È successa questa cosa qua. Non sono preparata e molto emozionata – ha esordito allegando al filmato uno screenshot delle graduatorie di Spotify –. Non so cosa si dica in questi casi se non grazie a tutti voi e grazie alle cose incredibili che succedono nella musica. Le canzoni a quanto pare tornano, l’ho sempre pensato. Quando fanno parte di un immaginario o di un repertorio restano per sempre e questa idea mi riempie il cuore di gioia”. E ancora: “Grazie a chi sta apprezzando oggi un brano uscito un po’ di anni fa e anche a chi l’ha sempre cantato con me sottopalco perché non è mai mancato nel mio repertorio live e non mancherà neanche nei prossimi concerti. Mi sembra il miracolo di Natale, vi voglio bene. Ci vediamo per cantarlo con la mano sul petto”. LA STORIA DI “L’AMORE NON MI BASTA” Terzo singolo estratto dall’album “Schiena”, “L’amore non mi basta” è stato scritto da Daniele Magro (ex concorrente di X Factor che ha lavorato anche con Marco Mengoni, Fiorella Mannoia e Mina, solo per citarne alcuni) e prodotto da Brando, che ha collaborato anche a “Viva i romantici” dei Modà, disco di diamante. Il brano ha superato 120 milioni di riproduzioni totali, di cui 25 solo su Spotify. Sulla piattaforma viaggia circa sui 200.000 streaming giornalieri. In questi giorni, tra l’altro, i numeri sono destinati a crescere. Ma già dodici anni fa, quando fu pubblicata, la canzone riscosse un buon successo: nel 2013 fu certificata disco d’oro e un anno dopo raggiunse il platino. Come ha raccontato la stessa Emma in occasione dell’uscita del disco, è ispirata a “Try” di P!nk, tanto che la batteria è stata curata da Mylious Johnson, considerato uno dei migliori batteristi del panorama internazionale e membro della band della cantautrice statunitense. L'articolo Boom per “L’amore non mi basta” di Emma: virale grazie a un trend di Tik Tok è prima su Spotify. L’artista: “Le canzoni tornano, mi sembra il miracolo di Natale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Emma Marrone
Giorgia ha i superpoteri: da X Factor ai palazzetti senza batter ciglio. Eravamo al concerto di Milano con Blanco e Irama in bilico tra (grande) talento e (bei) sogni
E poi la vedi lassù, sopra un palco enorme, sospesa in aria in un ascensore, in mezzo a finestre aperte verso un mondo immaginario, che intona il successo di questa estate “L’Unica”. E lei è davvero unica nel panorama del mondo musicale italiano. Giorgia riesce a passare da X Factor al tour nei palazzetti in tutta Italia (sold out), con in mezzo la promozione dell’album “G”, senza battere ciglio. Forza della natura. “Succede che la vita ci dimostra che ci sono dei legami che danno un po’ un senso a tutto questo passare di qua. – ha detto Giorgia visibilmente commossa al suo pubblico -. E per questo, io veramente vi ringrazio perché poi non me lo aspettavo così. Adesso facciamo le cose a cui siamo abituati: facciamo le canzoni nuove perché io anche avevo bisogno di cantare delle cose nuove e quelle che conosciamo da una vita. Sono contenta di cantarle per voi”. Lo show, con una produzione ambiziosa e d’effetto, che si apre davanti agli occhi degli spettatori, è ricco di visual che accompagnano le note di una scaletta perfetta che calibra i grandi successi (da “E poi” a “Come Saprei”, passando per “Spirito Libero” e “Oronero”) ai brani inediti del nuovo album “G” come “Carillon”, “Paradossale”, “Corpi celesti” e “Sabbie Mobili”. Naturalmente non mancano gli omaggi ad artisti del calibro di Gino Paoli, Cyndi Lauper, Michael Jackson e Rihanna. Ospiti speciali: Irama che ha duettato con Giorgia sulle note della sua “Buio” e poi applauditissimo Blanco per la versione inedita live con Giorgia su “La cura per me“. Due momenti unici e convincenti. Insomma oltre due ore di divertimento, canti a squarciagola sull’onda della storia di una artista che è riuscita a reinventarsi, mettersi in discussione, rischiando tutto, ma vincendo ogni sfida che ha voluto affrontare in questi anni. Due Festival di Sanremo in gara prima con “Parole dette male” (2023) e successivamente con “La cura per me” (2025), in mezzo la co-conduzione con Amadeus per una serata, il debutto da conduttrice a “X Factor” con riconferma per il secondo anno consecutivo con ottimo riscontro di ascolti e share, un tour estivo nei posti ricchi di storia dalle Terme di Caracalla a Roma al Teatro Greco di Siracusa, infine il ritorno nei palazzetti. Questa sera, sabato 13 dicembre, all’Unipol Forum di Assago (Milano) si è assistito a uno spettacolo ipnotizzante, in bilico tra grande talento e sogni. Perché l’obbiettivo dell’artista è quello di abbracciare con la musica tutti e 10mila gli spettatori, che hanno ricambiato con diverse standing ovation. Questo è il miglior tour nei palazzetti dell’artista, sino ad oggi. Il PalaSport Live prosegue il 16 dicembre a Padova, il 19 dicembre a Roma, il 20 dicembre a Bari e il 22 dicembre il ritorno a Roma. Gli appuntamenti per il 2026 sono a marzo: il 13 a Torino, il 16 marzo a Roma, il 18 marzo a Bari, il 21 a Bologna, il 23 e il 24 a Milano, il 28 a Firenze e gran finale il 30 a Padova. L'articolo Giorgia ha i superpoteri: da X Factor ai palazzetti senza batter ciglio. Eravamo al concerto di Milano con Blanco e Irama in bilico tra (grande) talento e (bei) sogni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Senza Cri: da “Amici” all’amore puro di “Spiagge”
Si intitola “Spiagge”, il brano con cui Senza Cri è in gara a “Sarà Sanremo” per conquistare uno dei due posti disponibili per entrare di diritto nella categoria delle Nuove Proposte del prossimo Festival di Sanremo 2026. “Questo brano è il racconto di un amore puro, che sta nei piccoli dettagli, nel crescere insieme. – ha detto Senza Cri – Associo chi amo al mare, qualcosa che ho sempre amato ma che va compreso. Io vengo dal mare e chi viene dal mare sa che il mare è tuo amico ma è anche imprevedibile, solo uno stupido non ne ha paura. L’amore è come il mare: qualcosa da conoscere e scoprire, ma che può spaventare. L’emotività è anche questo. È una corrente che si può scegliere di seguire oppure no. Il mare è una danza da fare in due. Con “Spiagge” volevo racchiudere una persona nel suo elemento. Il nostro amore nell’eternità di una canzone, comunque sia, comunque vada, comunque andrà”. Senza Cri ha pubblicato il 19 settembre il brano “Anno del Drago”, un augurio di buona fortuna a sé e a chi, come l’artista, continuerà a sognare. Il percorso è proseguito con il live del 28 settembre alla Santeria Toscana di Milano. Senza Cri, artista non-binary classe 2000, si avvicina alla musica già durante la sua infanzia, iniziando a suonare la chitarra. A 15 anni scrivere i testi delle prime canzoni e, dopo la sua prima esibizione al liceo, ad agosto 2021 pubblica come artista indipendente il primo brano “Tu Sai”. Nello stesso anno, il Premio Tenco invita l’artista ad esibirsi nel corso della serata finale della rassegna per presentare in anteprima il suo primo EP “Salto nel Vuoto”. Nel 2022 partecipa a Sanremo Giovani, arrivando ad esibirsi nella serata finale in diretta su Rai 1. Nel 2024 entra a far parte della scuola di Amici, facendosi conoscere così dal grande pubblico e arrivando alla fase serale del programma. Il 14 maggio Senza Cri pubblica il nuovo singolo “Tokyo Nite”, che anticipa l’uscita dell’omonimo Ep, uscito il 30 maggio. L'articolo Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Senza Cri: da “Amici” all’amore puro di “Spiagge” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Antonia: da “Amici” ai “Luoghi perduti”
“Luoghi perduti” è il brano con cui Antonia è in gara a “Sarà Sanremo” per conquistare uno dei due posti disponibili per entrare di diritto nella categoria delle Nuove Proposte del prossimo Festival di Sanremo 2026. Dopo aver vinto il Premio Spotify all’interno di Amici 24, Antonia ha avuto la possibilità di volare a Stoccolma per registrare un brano negli Spotify Studios, un’esperienza che ha segnato una svolta importante nel suo percorso artistico e personale. È lì che è nata “Genie In A Bottle”, la sua reinterpretazione dell’iconico brano di Christina Aguilera, uscita il 24 ottobre, che ha ridefinito la nuova direzione musicale della giovane cantante, tra sonorità R&B e pop con un chiaro omaggio agli anni 2000. La produzione è firmata da Alessandro Casillo, che ha accompagnato Antonia in ogni fase del progetto insieme al team di producer di Spotify. “Genie In A Bottle” segue la pubblicazione del suo primo EP “Relax”, uscito lo scorso 23 maggio. Il progetto contiene brani che hanno raccolto milioni di streaming, tra cui “Giganti”, scritto con Federica Abbate, Jacopo Ettorre e prodotto dal team Itaca, Katoo e Walvs, e “Romantica”. Antonia, nome d’arte di Antonia Nocca, è una cantante classe 2005 originaria di Napoli. Sin da piccola trova rifugio nella musica, che diventa per lei un mezzo per conoscersi, raccontarsi e liberarsi. Frequenta il Liceo Classico della sua città e si avvicina al canto e alla scrittura per esprimere un’urgenza interiore. Nel 2024 entra nella scuola di Amici ed è la prima cantante della sua edizione ad accedere alla fase serale del programma, diventando, puntata dopo puntata, una delle figure più riconoscibili del talent. Lungo il percorso ad Amici 24 pubblica tre inediti: “Dove ti trovi tu”, “Romantica” e “Giganti”, che rappresentano diverse sfumature della sua scrittura: malinconica, sincera, diretta. L'articolo Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Antonia: da “Amici” ai “Luoghi perduti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sanremo 2026, ecco chi è il finalista di “Sarà Sanremo” Welo: “Emigrato perché qui lo Stato è sempre assente, ingiustificato”
“Emigrato” è il brano con cui Welo è in gara a “Sarà Sanremo” per conquistare uno dei due posti disponibili per entrare di diritto nella categoria delle Nuove Proposte del prossimo Festival di Sanremo 2026. Una valigia chiusa in fretta, una casa lasciata alle spalle, la sensazione che restare sia più difficile più che andare via. In “Emigrato” la partenza non è solo un sogno ma un atto necessario: quello di chi è costretto a spostarsi, adattarsi, ricominciare. Nel brano ci sono spaccati di vita: la nonna che tramanda valori, il vino come simbolo di convivialità, i trattori al posto dei grattacieli e il lavoro in nero come quotidianità. Tutto viene restituito per ciò che è ossia vita vera, vissuta, spesso scomoda. Welo, all’anagrafe Manuel Mariano, classe 1999, è una delle voci più autentiche e disruptive della nuova scena urban italiana. Cresciuto in Salento, in un contesto dove la musica è sempre stata rifugio ed espressione identitaria, si avvicina giovanissimo al rap e alle sonorità urban, fondando nel 2017 il collettivo 23.7. Nel 2022 decide di intraprendere il percorso da solista con l’uscita di “Pass”, aprendo una nuova fase artistica. Da quel momento pubblica una serie di singoli che gli permettono di farsi notare per il suo stile riconoscibile: una miscela di liriche taglienti, ironia popolare e forte radicamento territoriale. Il 2023 segna una svolta con la release di “Malessere”, brano che lo consacra come artista emergente di riferimento. La sua musica, infatti, non è mai mero intrattenimento: è cronaca sociale, specchio di una generazione che si muove tra precarietà e voglia di riscatto. Il 2024 è l’anno della consacrazione: pubblica il suo primo EP ufficiale, “WELO WE 23”, in cui raccoglie e rielabora il percorso degli ultimi anni, mettendo al centro anche la sua parte più emotiva. L’EP include collaborazioni di peso, tra cui il feat con Enzo Dong e Mikush. A settembre arriva la conferma definitiva con la collaborazione con una delle icone del rap italiano, Guè, in “MY BOO”, che certifica la rilevanza di Welo come nome su cui investire. Accanto alla musica, Welo porta avanti un approccio fortemente sociale: nei suoi videoclip coinvolge spesso ragazzi dei quartieri popolari, dando spazio a volti e storie che raramente trovano rappresentazione. Questo impegno rafforza l’idea di un artista che non si limita a raccontare se stesso, ma diventa megafono di una comunità. Il 2025 continua con “Emigrato”, brano candidato a Sanremo Giovani, che, dopo “Me Ne Tornerò”, si conferma manifesto della sua poetica. L'articolo Sanremo 2026, ecco chi è il finalista di “Sarà Sanremo” Welo: “Emigrato perché qui lo Stato è sempre assente, ingiustificato” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“A scuola il maestro mi bullizzava chiamandomi ‘sacra panza’. Oggi voglio essere un antieroe e sogno di portare sul palco del Festival il mio cane”: Seltsam si gioca la finale di “Sarà Sanremo”
Esattamente un anno fa Seltsam metteva in tasca una laurea in Giurisprudenza. 365 giorni dopo è a un passo dal palco musicale più ambito d’Italia. Il cantautore romano classe 2001 – vero nome Lorenzo Giovanniello – è tra i sei finalisti di “Sarà Sanremo” con Scusa mamma. Il programma condotto da Carlo Conti e Gianluca Gazzoli, domenica 14 dicembre in prima serata su Rai 1, decreterà chi, insieme ai due vincitori di “Area Sanremo”, gareggerà nelle “Nuove Proposte” del Festival il prossimo febbraio. Forte di una community molto attiva su TikTok, dove si racconta senza filtri, Seltsam arriva a questo appuntamento con la certezza di non voler essere una star, ma qualcuno in cui il pubblico possa riconoscersi. E se il sogno del Festival dovesse (per ora) infrangersi, l’artista ne ha già un altro da inseguire, come rivela a FQMagazine: esibirsi allo Stadio Olimpico di Roma, lo stesso in cui già risuona un altro suo singolo, Mille risse, durante le partite della sua amata Lazio. Sei a un passo dalla possibilità di calcare il palco di Sanremo. Come stai vivendo queste ore di attesa? Con l’ansietta. Non sono uno da sangue freddo e si è visto nella scorsa puntata di “Sanremo Giovani”. È qualcosa con cui fai i conti da molto tempo? Da quando sono piccolo. Chiedo tanto a me stesso, non mi concedo di sbagliare e questo è uno dei miei più grandi errori. Prima delle partite di calcio e dei compiti in classe stavo malissimo, all’esame di diritto pubblico mi sono dimenticato il mio nome per l’ansia. Le persone dicono che devo imparare a gestirla, ma non sanno quanto è dura. Ti stai facendo aiutare? Sì, in questo momento i risultati non si vedono, ma ne parlo liberamente perché fa parte di me. Intanto il tuo brano è il più virale su TikTok tra quelli di “Sanremo Giovani”. Ho costruito una bella community lì, mi mostro sempre come una persona normale. Non posto contenuti patinati, ma video con la mia famiglia e il mio cane. Ettore è una star ormai. Ieri ha capito che stavo partendo e ha pure vomitato. Se ne inventa una al giorno. “Scusa mamma” è anche un modo per ringraziare i tuoi genitori. Per che cosa ti senti grato? Per tutto. “Scusa mamma” non parla di rapporti perfetti, ma di contrasti, di crescita. Mia madre e mio padre sono diventati genitori per la prima volta quando sono nato io, se anche hanno commesso qualche errore in realtà pensavano di fare il mio bene. Li ringrazio a prescindere perché si sono sacrificati senza mai chiedere niente in cambio. Mi torna in mente un gesto di mio papà… Quale? Il sabato non mi andava mai di andare a scuola, e siccome ero in fissa con i dinosauri lui me ne lasciava sempre uno sul comodino. Si chiamava il signor Buongiorno e arrivava solamente di sabato perché se mi svegliavo potevo tenermelo. Povero papà, tutti i venerdì sera andava a comprarmeli se no non mi alzavo dal letto! Ti hanno sempre lasciato libero di inseguire il tuo sogno di fare musica? In realtà no. Per loro questo è un mondo non sicuro, però il primo anno di università abbiamo fatto un patto. Mi hanno detto: “Laureati, poi fai come ti pare”. Il 13 dicembre 2024 mi sono laureato e un anno dopo mi gioco la finale di “Sanremo Giovani”. Hai mai sentito di tradire le loro aspettative? Tantissimo. Tuttora quando dico che spero di aver reso fiera mia madre è perché non penso di averlo ancora fatto. So che le loro aspettative su di me erano altre, ma al tempo stesso so anche che amano il fatto che io possa essere felice. “Scusa” e “grazie” sono parole passate di moda? Tante cose che riguardano i rapporti umani lo sono. Soprattutto per i giovanissimi, ai quali credo che il Covid abbia tolto molto in fatto di relazioni. Io ho imparato a interfacciarmi con le persone giocando a calcio nelle periferie “toste” di Roma: quando c’erano i più grandi si abbassava lo sguardo come forma di rispetto. Chi dice “scusa” ammette di aver sbagliato, e oggi nessuno più vuole farlo. Dire “grazie” vuol dire riconoscere che non si riesce a fare tutto da soli. Vogliono essere tutti eroi. Io invece vorrei essere l’antieroe. Un po’ come Ultimo, anche lui cresciuto artisticamente nell’etichetta discografica Honiro come te. Sono suo fan! Quando diventi artista ti accorgi che devi rappresentare qualcosa per le persone, e io vorrei rappresentare una storia di sacrificio con un bell’epilogo. Nella guerra di Troia a me è sempre piaciuto Ettore, non Achille. Per questo ho chiamato il mio cane come lui. Ettore si è fatto la gavetta, siamo bravi tutti a essere Achille, un semidio… Gli insegnanti a tua mamma dicevano di te: “È un’anima nera”. In che senso? Ho passato un periodo complicato. Alle elementari il maestro mi diceva: “Sacra panza, vieni alla lavagna”, perché ero grassottello. Secondo lui non potevo giocare a calcio a causa del mio aspetto. Quando andavo a scuola non c’era la sensibilità che c’è oggi nei confronti del bullismo: o mangiavi o venivi mangiato. Poi, anche per un senso di rivalsa, sono cambiato e ho attraversato una fase difficile, al punto che ho finito la terza media con 6 in condotta. Ad ogni modo, non cambierei niente del mio passato, altrimenti non sarei la persona che sono ora. Ti spaventa diventare grande? Io non vedo l’ora di diventare papà, però in questo momento non sono pronto, anche se penso che nemmeno quando diventerò grande sarò grande realmente. La mia paura semmai è perdere il fanciullo interiore. Come vivi la pressione di un sistema musicale che spinge a macinare continuamente grandi numeri e traguardi in tempi molto brevi? Alla mia generazione è richiesto il tutto e subito. Ci prendono in giro definendoci quelli che mantengono 3 secondi di attenzione su TikTok prima di scrollare, quando in realtà ci è stato insegnato così. Studia, laureati in fretta, lavora, comprati una casa… È una corsa continua verso il raggiungimento di un risultato dopo l’altro. Provo a godermi ogni istante, poi è vero che nel mercato musicale è difficile, però utilizzo la realtà come scudo. Cioè? Non ho paura di mostrarmi vulnerabile, anzi mi aiuta a far sì che le persone empatizzino con me. È questo il mio obiettivo. Voglio essere un loro amico, non una star. Come quando dopo essere stato eliminato ai Bootcamp di “X Factor” hai scritto un post in cui non hai minimamente nascosto la tua delusione. Mostrarsi sempre perfetti è una stupidaggine, non è reale. Se vuoi fare questo mestiere devi essere vero, riconoscere anche una delusione, parlarne e superarla. Alle Auditions avevi portato “Completamente” dei Thegiornalisti. Se dovessi incrociare Tommaso Paradiso dietro le quinte di “Sarà Sanremo” che gli diresti? Noi abbiamo una storia che si intreccia. Una sua amica era la migliore amica di mia zia, e “Questa nostra stupida canzone d’amore” è uno dei brani che io e mamma cantiamo insieme. Tommaso è Tommaso, poi è laziale come me. Se lo incontrassi gli direi semplicemente: “Sono un tuo grandissimo fan, ti voglio bene”. È vero che sei approdato su TikTok come ultima spiaggia? Sì, per necessità. Arriva un momento del percorso in cui Spotify non ti mette più nelle playlist, budget non ne hai e fare musica costa tanto. Con il mio team abbiamo capito che era importante andare a prendersi il pubblico e quindi abbiamo aperto il profilo su TikTok. Da lì la situazione si è evoluta, e forse ci è pure scappata di mano (ride, ndr). Ipotizzando di arrivare all’Ariston, porteresti sul palco il tuo cane? Magari! Se dovesse succedere farebbe le conferenze stampa con me, un po’ come Rino Gaetano e il suo cocker. Ma non penso sarò tra le nuove proposte di Sanremo, anche considerando i percorsi degli altri ragazzi. Per me è già tanto essere arrivato qui. Sto dimostrando che anche senza talent e grandi strutture sono qua. Più di questo sarà difficile. Sarebbe meglio vincere Sanremo o giocare in Serie A con la Lazio? Giocare in Serie A con la Lazio. Tutta la vita. Lorenzo grande vuole fare il cantante, ma Lorenzo piccolo ha sempre sognato quello. L'articolo “A scuola il maestro mi bullizzava chiamandomi ‘sacra panza’. Oggi voglio essere un antieroe e sogno di portare sul palco del Festival il mio cane”: Seltsam si gioca la finale di “Sarà Sanremo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Angelica Bove: da “X Factor” al fragile “Mattone”
Si intitola “Mattone”, il brano con cui Angelica Bove è in gara a “Sarà Sanremo” per conquistare uno dei due posti disponibili per entrare di diritto nella categoria delle Nuove Proposte del prossimo Festival di Sanremo 2026. “Mattone rappresenta il peso insopportabile di due lutti importanti della mia vita. – ha detto Angelica – Parla del dolore che mi ha procurato questa perdita improvvisa e significativa e di quanto mi abbia resa fragile e inerme di fronte al mio rapporto con il dolore, con il mondo e con me stessa. Parla di un’impotenza che, all’inizio, mi ha strappato la voce, ma che col passare del tempo me l’ha riscritta, facendomi morire e poi rinascere. Perché anche le ferite respirano, e quando il dolore smette di distruggerti cominci a ricostruirti. Il dolore non se ne va mai del tutto, ma col tempo ho capito che potevo trasformarlo in un valore aggiunto. E forse, finalmente, ci sono riuscita”. “Mattone” porta la firma di Federico Nardelli (anche produttore), Matteo Alieno e della stessa Bove. Il brano è accompagnato dal videoclip ufficiale diretto da Brando Bartoleschi e prodotto da Image Hunters. Angelica Bove è una giovane cantante romana classe 2003, che con la sua voce ha colpito pubblico e addetti ai lavori per profondità e intensità. Scopre le sue potenzialità vocali nella vasca da bagno e utilizza i social per condividere il proprio talento con il mondo. A 19 anni comincia a pubblicare cover di grandi successi su TikTok, mossa dalla necessità di esprimersi, e si rende così conto che la sua voce può essere uno strumento tramite cui può raccontare e raccontarsi. A giugno del 2023 decide di trasformare la sua passione in una carriera, iscrivendosi ai casting di X Factor. Sin dalla prima audizione, Angelica Bove riesce a stregare pubblico e giudici, affermandosi come uno dei talenti più promettenti della 17esima edizione del talent. Durante le semifinali presenta l’inedito “L’inverno”, scritto da Tananai, Davide Simonetta e Paolo Antonacci, e pubblicato il 1° dicembre 2023. Con la sua musica, l’artista vuole esprimere le proprie emozioni libera da ogni giudizio, raccontando malinconia, tristezza e dolore senza alcun tabù. Il 4 ottobre 2024 Angelica Bove pubblica il brano “Bellissimo e poi niente”, seguito dalla partecipazione a Sanremo Giovani 2024, dov’è stata selezionata tra i 24 artisti in gara con l’inedito “La nostra malinconia”. Nel 2025 Angelica Bove torna a Sanremo Giovani con “Mattone”. L'articolo Sanremo 2026, ecco chi è la finalista di “Sarà Sanremo” Angelica Bove: da “X Factor” al fragile “Mattone” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sanremo 2026, ecco chi è il finalista di “Sarà Sanremo” Nicolò Filippucci: da “Amici” al sogno dell’Ariston
Di certo Nicolò Filippucci, comunque vada la Finale di “Sarà Sanremo” che decreta i due giovani su sei che passeranno alle Nuove Proposte del Festival di Sanremo 2026, di una cosa sarà contento. A sole tre settimane dalla pubblicazione dei brani in gara a Sanremo Giovani, “Laguna”, ha superato il mezzo milione di stream sulle piattaforme digitali. Ad Nicolò Filippucci è l’artista più ascoltato tra i partecipanti. Laguna è una power ballad intensa e viscerale, capace di mettere in risalto la straordinaria sensibilità interpretativa e la potenza vocale di Nicolò, dove le onde diventano metafora dei ricordi d’amore che riaffiorano senza mai dissolversi del tutto. Un dialogo tra luce e ombra, melodia e malinconia, che racconta la bellezza di ciò che resta, anche quando tutto sembra perduto. Filippucci a FqMagazine ha spiegato: “Laguna è un brano scritto da Rashi e Leonardo Lamacchia, prodotto da Gianmarco Grande. È un brano che ho sentito mio fin dal primo ascolto. Parla di una storia d’amore e al suo interno c’è molto della mia adolescenza. La laguna rappresenta un luogo in cui si disperdono pensieri, emozioni e ricordi, uno spazio dove si riflette su ciò che è stato. È una raccolta un po’ incasinata, ma sincera di tutto ciò che mi appartiene, e credo che molti possano riconoscersi nella propria laguna”. Nicolò Filippucci nasce a Castiglione del Lago (PG) nel 2006. Si avvicina alla musica a sette anni, ispirato dalla madre appassionata di musica, e a nove debutta nel coro delle voci bianche del Conservatorio Morlacchi di Perugia. Nel 2023 vola a New York per la finale del NYCanta, dove conquista il secondo posto. La svolta arriva nel 2024 con l’ingresso nella scuola di Amici, dove si distingue per talento, intensità interpretativa e scrittura emotiva. Durante il programma pubblica gli inediti “Non mi dimenticherò”, “Yin e Yang” e “Cuore bucato”, e nel maggio del 2025, anticipato dall’omonimo singolo, esce il suo primo EP “Un’ora di follia”. Segue un’estate ricca di live e partecipazioni ai principali festival musicali, tra cui TIM Summer Hits, Battiti Live, RDS Summer Festival e Yoga Radio Bruno Estate. Sta attualmente lavorando al suo nuovo progetto discografico. L'articolo Sanremo 2026, ecco chi è il finalista di “Sarà Sanremo” Nicolò Filippucci: da “Amici” al sogno dell’Ariston proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Festival di Sanremo
“La diversità, l’immigrazione, i clandestini. Notre Dame de Paris specchio di chi si sente escluso dalla società”: Riccardo Cocciante sui 25 anni dell’opera popolare
“Notre Dame de Paris”, l’opera popolare moderna di successo firmata da Riccardo Cocciante, tornerà nei teatri italiani a partire dal 26 febbraio 2026 con oltre 120mila biglietti già venduti. Andato in scena per la prima volta in Italia nel 2002, l’opera nel 2027 celebrerà il venticinquesimo anniversario. Riccardo Cocciante è l’autore delle musiche dello spettacolo con l’adattamento in italiano di Pasquale Panella dei testi di Luc Plamondon, dell’omonimo romanzo di Victor Hugo che racconta la drammatica storia d’amore tra Esmeralda e Quasimodo, sullo sfondo della maestosa Cattedrale di Notre Dame di Parigi. “Mi sento un privilegiato, perché in fondo arrivare al 25esimo anniversario per una opera così non è da tutti. – ha raccontato l’artista e compositore – Ci siamo inventati questa opera popolare, usando la forma canzone, uno strumento eccezionale, che a volte non viene trattato sempre bene, però ci permette di comunicare con il pubblico. La cosa che mi fa piacere è che molti giovani che vengono ad ascoltare ‘Notre Dame de Paris’ poi ne rimangono affascinati proprio per ciò che comunica. Io ho composto le musiche, avevo tutto in mente, così mi sono messo a suonare al pianoforte questo progetto per cercare anche persone che puntassero su questo progetto (l’impresario David Zard è stato tra i primi a crederci fortemente, ndr). Ho suonato tutta l’opera in francese. Bisognava poi tradurla in italiano ed ecco chè entrato in gioco Pasquale Panella, che ha fatto un lavoro eccezionale”. E infine: “Poi nella storia ci sono valori importanti che raccontano la diversità, l’immigrazione, i clandestini... Insomma è una storia sulla diversità umana, la difficoltà di vivere quando non si è omologati in una categoria. Tutto questo viene raccontato da alcuni personaggi di questa opera. Non c’è niente da pretendere dalla natura, dove un diverso, non si sente estromesso. Il messaggio che deve arrivare è evidenziare quanto sia difficile di vivere quando non ci si sente come gli altri”. IL CAST COMPLETO Riconfermato uno dei volti storici dell’opera Giò Di Tonno che sarà Quasimodo. Elhaida Dani, che ha vinto la prima edizione di The Voice of Italy nel 2013, si calerà nel ruolo di Esmeralda. E a seguire: Gianmarco Schiaretti (Gringoire), Vittorio Matteucci (Frollo), Graziano Galatone (Febo), Angelo del Vecchio (Clopin), Camilla Rinaldi (Fiordaliso), Matteo Setti (Gringoire), Beatrice Blaskovic (Fiordaliso), Alessio Spini (Clopin), Luca Marconi (Febo) e Massimiliano Lombardi: (Frollo). UN’OPERA FAMOSA IN TUTTO IL MONDO L’opera popolare moderna è stata tradotta e adattata in 9 lingue (francese, inglese, italiano, spagnolo, russo, coreano, fiammingo, polacco e kazako), attraversando 20 Paesi nel mondo con oltre 5.650 spettacoli e conquistando 18 milioni di spettatori internazionali, di cui 4,5 milioni solo in Italia. In oltre due decadi di storia italiana, lo show ha toccato 49 città con 181 appuntamenti e un totale di 1.548 repliche. IL TOUR DI NOTRE DAME DE PARIS La tournée, prodotta da Clemente Zard e interamente curata e distribuita da Vivo Concerti, partirà il 26 febbraio 2026 da Milano dove rimarrà fino al 29 marzo. Tra le tante città lo spettacolo arriverà anche a Verona, luogo in cui Notre Dame de Paris ha radici profonde, e nel corso della tournée farà tappa anche a Jesolo (VE), Eboli (SA), Pesaro, Reggio Calabria, Montichiari (BS), Lugano, Genova, Senigallia, Caserta, Ferrara, Lanciano, Sabaudia, Olbia, Palermo, Bergamo, Torre del Lago (LU), Messina, Napoli, Bari, Firenze, Conegliano (TV), Torino, Casalecchio di Reno (BO), Trieste, per poi concludere il 6 gennaio 2027 a Roma. L'articolo “La diversità, l’immigrazione, i clandestini. Notre Dame de Paris specchio di chi si sente escluso dalla società”: Riccardo Cocciante sui 25 anni dell’opera popolare proviene da Il Fatto Quotidiano.
Musica
Teatro
“Io non faccio il rapper per fare il criminale, ma per salvarmi. La mia tarantella? Il naso che mi ha bloccato e fatto venire ansia e tachicardia”: così Enzo Dong
“Non faccio il rapper per fare il criminale, l’ho fatto per salvarmi da un’ipotetica vita criminale che avrei potuto intraprendere, disgraziatamente, se non avessi trovato altro da fare nella vita”, così Enzo Dong che, dopo una lunga attesa, è tornato. E lo ha fatto facendo uscire il suo nuovo album, “Life Is A Tarantella”. Una pubblicazione tanto attesa quanto, a tratti, inaspettata. Il punto zero di una nuova fase artistica e personale, dopo il suo primo disco “Dio perdona io no”, uscito nel 2019. Il progetto presenta dieci tracce e tre featuring (Pyrex, Lady Dong e Lele Blade). I pezzi sono prevalentemente trap. C’è qualche accenno al reggaeton, una citazione ad Anna Pepe e un’alternanza di brani da club con altri più romantici, introspettivi. Il rapper di Secondigliano ha raccontato, a FqMagazine, la genesi del disco. Arrivata dopo un lungo periodo buio, tra problemi di salute (“Non respiravo più bene da un annetto”), pressioni psicologiche (“Ci sono stati un bel po’ di rallentamenti che mi hanno portato un po’ fuori strada”) e la lotta quotidiana con sé stesso e con ciò che lo circonda. “Vi ho fatto aspettare tanto, ma non sapete quanta sofferenza c’è stata dietro questo periodo oscuro”, hai scritto su Instagram. Che fine ha fatto Enzo Dong? In questi anni sono successe tante cose. Quella principale, che mi ha stoppato musicalmente, è stata una problematica al naso che ho avuto negli ultimi anni. Non respiravo più bene da un annetto, avevo i turbinati praticamente atrofizzati. Dopo l’operazione ho continuato ad avere ancora problemi che, a loro volta, mi hanno scatenato altre cose come la claustrofobia, ansia e tachicardia. Tutta una serie di reazioni a catena per via di questo problema di salute che ho avuto. Questa cosa mi ha impedito anche di registrare, mi ostacolava il cantare. Anche per i live ho avuto problemi. Un periodo duro… Poi i problemi non arrivano mai da soli, arrivano sempre tutti quanti insieme. Non avevo neanche lo studio, dopo il covid. La pandemia mi ha fatto ritardare tutta una serie di progetti che stavamo mettendo sul piano manageriale. Ci sono stati un bel po’ di rallentamenti che mi hanno portato un po’ fuori strada. Sei riuscito ad andare oltre le difficoltà? Sì, siamo riusciti a riprendere la situazione in mano e ci siamo rimessi subito al lavoro. La gente attendeva un mio progetto da un bel po’ di anni. Nonostante tutto, negli anni hai pubblicato musica in modo sporadico. Dal 2019 non uscivi con un disco, il che si scontra con l’attitudine odierna di essere sempre presenti: hai mai avuto paura di venire dimenticato? Questa è proprio una cosa che odio della società e dei social attuali. La odio a più non posso perché amo la produttività, fare musica è la mia passione e, se non facessi questo, starei male. E infatti sono stato male anche perché stare fermo non è bello. L’iperproduzione di musica però, secondo me, la sta rovinando. Sta diventando veramente troppo veloce. La gente non ha più tempo di affezionarsi a un brano, a un disco. Questa cosa dovrebbe essere presa in modo diverso dagli artisti, dalle etichette e da tutta l’industria musicale. Altrimenti finisce che la musica si brucia. Per quanto riguarda la paura di essere dimenticato, ammetto che è stato un pensiero che mi ha fatto stare male in questi anni. Qual è il tuo significato di “Life Is A Tarantella”? È proprio l’emblema di questo periodo. A Napoli si dice che la Tarantella sono i guai e, il titolo, rispecchia tutti i problemi che ho avuto in questi anni. Un po’ pure per abbattere lo stereotipo del rapper che vive la vita senza problemi. In realtà il rap nasce dallo struggle (la lotta quotidiana, la resilienza, le difficoltà sociali, economiche e personali, e la voglia di riscatto partendo dal niente, ndr), dalle tarantelle, detto in napoletano. Quando hai iniziato a scrivere le prime tracce? Un annetto fa. Lavorare con i fratelli, con le persone con le quali ti trovi bene, è la via più veloce e più facile per fare della buona musica. Sono sempre aperto a collaborare con tutti però, ovviamente, dopo un periodo che mi aveva portato un po’ fuori strada, la prima cosa che potevo fare era collaborare con dei miei amici, come Pyrex. Lele Blade, invece? Ho scoperto una grande amicizia in questi anni con lui. Mi ha fatto molto piacere che mi abbia supportato subito nel progetto. È stato partecipe, si è inserito. Tanti artisti sono stati invitati nell’album ma ognuno è preso dai suoi dischi, dai suoi progetti. E per me, rientrare in pista, arrivare subito a gamba tesa con tantissimi featuring, non è stato facile. La lavorazione che c’è dietro ai dischi è molto grossa, la gente non immagina quello che c’è dietro. In “We The Best” dici di aver fatto il palo per strada. Ti senti uno dei megafoni per i ragazzi di un certo tipo di periferia? Sì, anche perché ho vissuto molto il quartiere quando ero piccolo. Poi il rap per fortuna mi ha salvato da certi contesti che mi avrebbero portato al disastro. Se non avessi fatto il rapper non so quale guaio nella vita avrei fatto. Sicuramente in qualche tarantella vera mi sarei trovato, anche un po’ da stupido. Essendo “bravi ragazzi nei brutti quartieri”, il rischio è di affascinarsi a situazioni senza accorgersene. Mi fa molto piacere rappresentare i ragazzi del quartiere, che è sempre stato il mio motto alla fine. Dong sta per il mio quartiere, Rione Don Guanella. Vivi ancora a Secondigliano? Sì, “non c’è casa come casa tua”. I problemi ci sono ancora ed è importante se ne parli: artisti come te e Geolier sono riusciti a sfuggire da certe dinamiche di strada. Da cosa potrebbero partire i ragazzi per svoltare la propria vita? I ragazzi di oggi dovrebbero concentrarsi a trovare la propria passione. Ok il rap, che comunque dà una chance a molti ragazzi, però il consiglio che darei è quello di trovare la propria passione e non seguire quella degli altri, quella che ti impongono i social o quella che va di moda. Oggi il rap va pure un po’ di moda ma, quando io o Geolier abbiamo iniziato a fare rap, era una cosa che è partita da noi, contro ogni aspettativa. Non c’era la moda che tutti erano rapper. Abbiamo creduto nel nostro, buttandoci in questa strada che sembrava battuta da poche persone. Invece oggi i ragazzi seguono la strada che stanno battendo un po’ tutti. Il successo non è solo materiale, è anche una soddisfazione personale. “Se voi siete la strada, io sono la superstrada”, dici in “Gangsta Gangsta”. Alcuni rapper millantano di essere qualcosa che non sono? È una citazione anche un po’ ironica, infatti nel pezzo si sente un pernacchio. Però sì ci sono tanti un po’ con il mito del personaggio, di 50 Cent, del rapper gangsta. Io sono di Secondigliano e sono cresciuto nel mio rione. Ho visto molti contesti e situazioni pericolose e, nonostante ciò, non mi sono mai proclamato “gangster”. Non sono mai stato un criminale, per fortuna. Quando però vedo emulare troppo certe cose mi dispiace perché, secondo me, dobbiamo dare ai ragazzi un altro esempio. Io non faccio il rapper per fare il criminale, l’ho fatto per salvarmi da un’ipotetica vita criminale che avrei potuto intraprendere, disgraziatamente, se non avessi trovato altro da fare nella vita. È questo il messaggio che dobbiamo dare. Cosa ne pensi di Luchè a Sanremo? Sono felicissimo per lui. Sono un grande fan di Luchè da sempre, dai Co’Sang. Facevo pure le doppie ai live dei Fuossera quando ero piccolissimo. Vedere Luchè a Sanremo è una soddisfazione perché è comunque il mio mito da sempre. Gli faccio un in bocca al lupo e spero spacchi tutto. L'articolo “Io non faccio il rapper per fare il criminale, ma per salvarmi. La mia tarantella? Il naso che mi ha bloccato e fatto venire ansia e tachicardia”: così Enzo Dong proviene da Il Fatto Quotidiano.
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