
Il ragazzo sensibile, colto, ambientalista e femminista: spopola su TikTok (e non solo) il maschio performativo
Il Fatto Quotidiano - Saturday, November 29, 2025Su TikTok e nella vita reale si sta imponendo una nuova estetica maschile, ironicamente battezzata “maschio performativo”. Matcha latte in mano, macchina fotografica analogica al collo, tote bag di tela presa al mercatino, Birkenstock Boston, jeans giapponesi cimosati e un libro, meglio se di qualche autrice indipendente come Sally Rooney, sempre bene in vista. È il ragazzo sensibile, colto, ambientalista, femminista. L’ultima evoluzione del maschile che vuole mostrarsi “soft” e lontano dalla mascolinità tossica.
Il fenomeno ha già prodotto, da Seattle a Jakarta, vere e proprie “performative male competitions”: raduni di ventenni con baffi sottili, orecchini, vinili rari, musica d’autore nelle cuffiette e dichiarazioni progressiste pronte per essere filmate. Una caricatura? Sì, ma non solo. Perché dietro l’ironia c’è un intero immaginario che sta ridefinendo come i ragazzi vogliono essere percepiti e come le ragazze li guardano. A fare da contraltare, spunta un’altra parola chiave della grammatica sentimentale 2025: mankeeping. Il nome è meno glamour, il problema molto più concreto: uomini che riescono ad aprirsi emotivamente solo con la partner, trasformandola nella loro “amministratrice emotiva”. Due fenomeni speculari, due lati della stessa tensione: l’uomo che appare molto più di quanto senta, e l’uomo che sente solo se qualcuno, di solito la donna, gliene fa da tramite.
Secondo Alessandra Salerno, Professoressa in Psicologia Dinamica all’Università di Palermo, esperta in relazioni di coppia e famiglia, questi trend non sono semplici mode. “Rappresentano dinamiche reali, figlie delle trasformazioni più ampie delle relazioni di coppia e della famiglia contemporanea. Il rischio, però, è che sui social diventino etichette e macchiette, semplificando concetti che sono invece profondi e complessi”. Il maschio performativo “è una performance perché spesso il cambiamento non nasce da una riflessione profonda, ma da un bisogno di visibilità e approvazione. In alcuni casi, però, dietro l’apparenza c’è una sensibilità reale” spiega Salerno. Questo modello di uomo è molto richiesto, perché rappresenta un’alternativa positiva rispetto a figure maschili stereotipate o violente, ma porta con sé ambiguità: “Se il comportamento nasce dal bisogno e non dal desiderio, rischia di essere superficiale, poco autentico. Alcuni uomini lo usano persino come strategia per attrarre partner, senza aver interiorizzato un vero cambiamento”.
Secondo Salerno, il fenomeno del mankeeping, invece, consegna la gestione emotiva alla partner: lei coordina famiglia, figli, relazioni e quotidiano, mentre lui si limita alla sfera esterna. “Questo può creare uno squilibrio. L’uomo si limita alla sfera esterna, mentre la donna porta il peso della vita emotiva. Questo sovraccarico può generare conflitti e frustrazione” spiega Salerno. “Il mankeeping non è solo un comportamento relazionale, ma anche culturale”, aggiunge. È il riflesso di antiche divisioni di genere: la donna si occupa delle persone, l’uomo delle cose. Anche se molte coppie oggi sperimentano ruoli più intercambiabili, la tradizione continua a lasciare tracce. “Quando la donna assume tutta la gestione emotiva e l’uomo delega, si limita lo sviluppo emotivo maschile e si crea un circolo chiuso nella coppia”.
I social hanno amplificato queste dinamiche, fornendo linguaggi accessibili e ironici. “Possono stimolare riflessione, ma rischiano di banalizzare fenomeni complessi. Spesso chi crea contenuti non cerca profondità, e questo appiattisce i cambiamenti reali”, afferma Salerno.
L’esposizione costante alla performance può generare imitazione: “Se un giovane vede un ragazzo su TikTok mostrarsi sensibile, può replicarne i gesti senza aver attraversato un cambiamento interiore. Il rischio è che la sensibilità diventi un costume, più che una trasformazione autentica”.
Maschio performativo e mankeeping sono fenomeni speculari: mettono in luce la tensione dell’uomo contemporaneo tra apparire e sentire. “Da un lato c’è chi vuole mostrarsi empatico e distante dalla mascolinità tossica; dall’altro chi fatica a gestire le emozioni quotidiane e delega alla partner. Entrambi riflettono un riassetto dei ruoli maschili nelle relazioni”, sintetizza Salerno.
Nonostante tutto, le coppie mostrano segnali di cambiamento reale: uomini più presenti con i figli e nelle relazioni, donne più pragmatiche e organizzative. “Il cambiamento è in corso, ma richiede consapevolezza. Non si misura sui social, ma nella capacità di integrare emotività, affettività e praticità nella vita quotidiana”.
Per Salerno, il nodo sta nell’educazione alle emozioni fin dall’infanzia. “Non è solo educazione sentimentale, ma salute mentale. Imparare a gestire emozioni e differenze di genere da piccoli previene squilibri e comportamenti tossici in età adulta”. Scuole, psicologi, insegnanti e famiglie hanno un ruolo chiave: offrire modelli equilibrati e non ridurre le emozioni a performance social. “Se questi temi non vengono trattati con attenzione, il rischio è che le nuove generazioni crescano con maschere emotive e non con una vera consapevolezza”, conclude Salerno. Maschio performativo e mankeeping, quindi, non sono semplici tendenze virali: sono lo specchio di un cambiamento culturale in corso, un invito a riflettere sul maschile contemporaneo, sulle relazioni di coppia e sulla necessità di equilibrio e autenticità tra i partner.
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