“Se gli Oasis hanno fatto veramente pace? Vi racconto quello che ho visto, io che ero la persona meno famosa della band più famosa al mondo”: parla il tastierista Christian Madden

Il Fatto Quotidiano - Tuesday, December 2, 2025

Il fratello maggiore lo conosce bene, perché dal 2016 al 2019 è stato il tastierista live di Noel Gallagher’s High Flying Birds. Ora conosce – per quanto possibile – anche il fratello minore, Liam Gallagher.

Christian Madden (turnista del Lancashire, ex membro di una band dal piglio psichedelico) è stato il tastierista del tour della reunion degli Oasis e ha deciso di raccontare la sua esperienza su Substack, la piattaforma online che permette a scrittori, giornalisti, creator e professionisti di pubblicare newsletter, articoli e contenuti a pagamento (oppure no). Per dirla breve, Substack è un altro meteorite che colpisce il giornalismo per come lo conosciamo ma questa è un’altra storia e forse è pure un bene, che arrivi il meteorite intendo.

Madden, torniamo a lui, inizia il suo post dicendo che probabilmente non racconterà per un po’ le “lievemente trionfali” avventure della sua band, gli Earlies. E va avanti: “Mi chiedete perché? Perché il tour più grande al mondo del 2025 si è appena concluso e io ne sono stato una piccola parte. Se qualcuno deve rifletterci sopra, credo di doverlo fare io”. Ora, va detto che lui parla solo del 2025 ma potrebbe spingersi ben oltre, come grandezza del tour della reunion dei fratelli coltelli amatissimi. Madden invita chi legge ad andare a vedersi degli spezzoni sui social e dice che “tutto sembra speciale perché è stato speciale”.

Cosa possiamo trovare nel lungo post ce lo dice l’autore stesso: “La mia umile prospettiva come persona meno famosa della band più famosa del mondo, un nessuno nel mezzo di un uragano mediatico (…). A volte vedevi un mare di luci di telefoni che ondeggiavano con inquietante bellezza nel buio. A volte mi toglievo l’in-ear e ascoltavo la meravigliosa cacofonia di 80.000 persone all’unisono. La folla rendeva tutto diverso. Ovviamente”.

Poi la faccenda si fa interessante perché la vita da turnista degli Oasis non è uguale alla vita da turnista e basta: “Non riuscivo ad accettare che qualcuno si occupasse della mia lavanderia, e l’idea che qualcuno mi guidasse da Londra a Clitheroe da solo mi sembrava talmente assurda da pensarci su ogni volta che mi veniva proposta. Ho però accettato con gratitudine l’incredibile carrellata di attività extra. Una visita alle piramidi di Teotihuacan o al palazzo Gyeongbokgung. Un’escursione a bagnarsi nelle sorgenti calde delle Ande. Concerti di Neil Young, Jon Cleary, Black Keys e Crowded House. Un concerto sinfonico e una performance dal vivo del Messiah di Handel. Immersioni culturali in un blues bar di Chicago, in un locale di tango argentino e in una serata samba a San Paolo. Uno dei pasti migliori che abbia mai mangiato a Sydney. Portare la mia famiglia nell’incredibile e bizzarro universo parallelo del Giappone. È stato un anno pieno zeppo di esperienze indimenticabili”.

E siccome la vita è un apostrofo rosa tra faccio finta che di non sapere che le persone vogliono il pettegolezzo e ammetto che lo so e festa finita, anche Madden va sul retroscena manco fosse Dagospia: “Mi faranno domande, alcune a cui risponderò. ‘Vanno davvero d’accordo?’ Sì, ci vanno. Non è smanceria eccessiva, si sono perdonati e stanno cercando di andare avanti, con cautela. Quello che avete visto era reale. Mi chiederanno se ci saranno altri concerti nel 2026 o oltre. Me lo chiederanno spesso. Ma davvero pensate che io lo sappia? Alla fine dei conti sono una formica operaia”.

Non manca il punto dove Madden s’incazza con quel tale che scrive sul giornale, mi pare si chiami Simon Price, che ha definito gli Oasis ‘la forza pop-culturale più dannosa della storia britannica recente’. Quel tale parla anche del fatto che non sono gli unici rappresentanti della working class e cita Pulp o i Manic Street Preachers. Madden scrive: “È una buona osservazione, sono grandi band. Ma è proprio confrontando gli Oasis con i loro coetanei che capisci dove sta il loro fascino particolare. I Pulp erano istruiti, spiritosi e cool. I testi di Jarvis (Cocker, ndr) erano spesso autobiografici ed era tutto molto levigato, una versione raffinata della musica outsider. I Manic Street Preachers sembravano studenti di sociologia al liceo che volevano che il mondo sapesse tutto ciò che avevano imparato sulle sue ingiustizie. In Damon Albarn e nei Blur questo era ancora più smaccato: volevano che capissi quanto erano intelligenti, quanto avevano letto, quanto ascoltavano, quanto erano interdisciplinari. Ed era tutto vero: Albarn è brillante e lo ammiro tantissimo. Sono persino un po’ geloso. E se Simon Price sta smanettando furioso cercando di capire come gli Oasis abbiano riunito il mondo con il loro “plod” senza funk e senza sex appeal, sarò lieto di illuminarlo. Sono inclusivi. Prendono, con gioia, le cose più ovvie, quelle che tutti amiamo già. Usano progressioni di accordi che i bambini imparano alle prime lezioni di chitarra. Dove 35 anni fa avrebbero imparato House of the Rising Sun o Bad Bad Leroy Brown, oggi imparano Wonderwall o Live Forever. I testi che lui liquida come banalità sono abbastanza aperti da permettere a persone di tutto il mondo di rivestirli dei propri significati. Le melodie hanno estensioni che chiunque può cantare, uomini e donne, giovani e vecchi. Sono semplici, memorabili, e te le porti dietro per sempre anche se non compri il disco. La musica è inclusiva, e poi c’è la band. Chi vuole criticarli potrebbe vedere solo uomini bianchi sul palco ed è un’osservazione legittima. Ma quello che ho sempre trovato affascinante era che fossero un gruppo di uomini dall’aspetto normale, vestiti come lavoratori usciti per una serata, con abilità musicali medie più che virtuosistiche, che suonavano insieme. Niente sembrava misterioso o irraggiungibile. Tutti guardavano gli Oasis e pensavano ‘non sono migliori di me, potrei farlo anch’io!’. Tantissime persone hanno formato band dopo averli visti all’epoca. Molti non avrebbero dovuto farlo, per carità, ma è proprio questo che rende gli Oasis così inclusivi e accoglienti. Fanno sembrare tutto più facile e realizzabile di quanto sia. Li guardi e pensi: ‘sono come me, potrei essere in quella band’. E per sei mesi quest’anno, io lo sono stato“.

Parole di Christian Madden, musicista, turnista e parte della reunion più bella di sempre. Parole sulla solita vecchia diatriba tra ascoltatori del brit pop. E Madden centra il punto, gli Oasis sono esattamente come me, come te, come lui, ma con accanto Liam e, fidatevi, non è un dettaglio.

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