Michael J. Fox – 23 anni, due set, un mito: il tour de force tra Casa Keaton e Ritorno al Futuro

Il Fatto Quotidiano - Friday, December 12, 2025

“Penso che ancora non siete pronti per questa musica”. Un giorno andrà fatto un piccolo monumento a Michael J. Fox – e uno enorme a Robert Zemeckis – per essersi trovati insieme sul set di Ritorno al Futuro. In attesa dei prodi scultori, l’oggi 63enne Fox ripercorre nel libro Il ragazzo del futuro (TEA) quella sua magica doppia sortita (“il mio viaggio nel continuum spazio-temporale”, lo chiama) quando nel 1985, a 23 anni, di mattina e pomeriggio negli studi della Paramount girava gli episodi della seconda stagione di Casa Keaton e durante la sera/notte si scapicollava negli studios Universal per Ritorno al futuro. Alex Keaton e Marty McFly. Un ragazzino col golfino che sogna Ronald Reagan affermandosi in un presente conservatore in tv e l’altro che esplode arrivando con lo skateboard e il piumino arancione senza maniche, saltellando futuristicamente nel passato al cinema. In mezzo Michael che dorme tre o quattro ore per notte sperando di sfondare nel mondo dello spettacolo.

Il doppio lavoro dell’attore canadese è uno di quegli incastri del destino che riempie il gustoso registro degli aneddoti di Hollywood. Il produttore di Casa Keaton che dice no a Spielberg (produttore di Ritorno al futuro) per avere Fox, praticamente ancora signor nessuno. Eric Stoltz che interpreta per sei settimane la parte di Marty nel film, ma regista e produzione non vedono l’ora di cacciarlo. Fox che viene a sapere della vicenda e che senza nemmeno pensarci un attimo, di fronte alla nuova insistenza di Zemeckis e Spielberg, accetta di sostituire il licenziato Stoltz. O meglio: Paramount e Universal si accordano senza farsi del male. Solo che in mezzo, a distruggersi di fatica, contento e felice, correndo a perdifiato proprio come spesso recitava nelle parti dei film che interpretava negli anni Ottanta, c’è un ragazzino di 23 anni che dal 16 gennaio 1985 non ne sbaglia più una nei tre mesi successivi.

“Oggi la produzione di un film chiede due settimane di margine prima e dopo qualsiasi altro impegno: il contratto di Ritorno al futuro non richiedeva nemmeno un’ora di margine”. Una pallina da flipper, insomma. Fox racconta quel suo tour de force con ammirevole e dolce saggezza di chi sa che quella scelta è stata il numero della vita e di quello bisogna solo che accontentarsi. Un’automobile (non la DeLorean) dove si può sdraiare nel viaggio di due ore lo attende sempre tra uno studio e l’altro in questa missione della recitazione che sa di antico arrabattato mestiere.

Eppure lui mantiene una lucidità e una tensione unici: il copione che ogni giorno viene riscritto insieme agli attori di Casa Keaton per poi recitare cinque episodi compressi in un solo pomeriggio (il venerdì); le scene fisicamente impegnative, alcune con gesti o battute improvvisate da Fox proprio per impressionare Zemeckis e andarsi a prendere la sua carriera. La prima scena sul set cinematografico del resto è quella in cui Fox viene vestito con un tutone giallo e un cappuccio/visiera dove non respira e non vede niente per il suo andirivieni nel passato assieme a Doc (Christopher Lloyd), poi si passa per la rilettura piccante di lui senza mutande nel letto di mamma Lorraine da giovane nel 1955, fino alla celebre sequenza di Johnny B. Goode suonata, si fa per dire, alla chitarra (“dissi a Bob e al direttore della fotografia: riprendetemi le mani mentre suono”). Fox ci mette quella tonalità comica che Stoltz non era riuscito a donare, agguantando Marty per la camiciola e scrivendo un capitolo della storia del cinema.

A detta di Fox, peraltro, la DeLorean era un vero cesso a pedali, piena di lamiere penzolanti e taglienti. Mentre nello splendido apparato fotografico originale ritroviamo il nostro piccolo eroe spesso sdraiato per terra, su muretti, sopra ai ripiani di un cucinotto del set di Ritorno al Futuro a riposarsi. “Pare che Einstein abbia anche detto: ‘Il tempo è ciò che impedisce alle cose di accadere tutte in una volta’. E questa è la sua funzione: nel tardo inverno e primavera 1985 il tempo se n’è andato per i fatti suoi”, scrive Fox con la sua consueta disincantata ironia. In appendice del libro c’è anche il ricordo affettuoso del recentissimo incontro tra Fox e Stoltz, qualche loro chiacchiera ma non troppo, un po’ come se Ringo Starr incontrasse Pete Best e ci venisse preclusa qualche cattiveria su Paul, John e George.

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