Lo Zed di Pronto Raffaella può stare tranquillo. Rimane ancora lui il più
credibile robot umanoide della storia dopo quasi 40 anni. Di certo non sembrano
degli automi con forme umane quei due figuri in tuta apparsi in un video su
Instagram che è diventato virale. Stiamo parlando dell’apparizione di due
presunti robot – una donna e un uomo – dall’aspetto umano, apparsi tra gli stand
della fiera tecnologica Kish Inox Tech Expo 2025 svoltasi in Iran. Alcuni
espositori hanno presentato due robot umanoidi di nuova generazione che
interagiscono con i visitatori dandogli spiegazioni su questioni di robotica
avanzata. Peccato, però, che si trattasse di due attori travestiti da robot.
Ne riporta la presenza online il sito Multiplayer che sottolinea come “già in
passato, in Iran, sono stati presentati progetti di robotica poi rivelatisi
prototipi non funzionanti o hardware commerciali riassemblati e mostrati come
soluzioni originali e avanzate”. Sempre su Multiplayer si sottolineano le
numerose perplessità rispetto a queste fiere tecnologiche iraniane che sarebbero
prive “di documentazione tecnica a supporto delle dimostrazioni”. Insomma,
nonostante il grande successo di like sui social, il video sembra mostrare più
che altro una deriva kitsch e arrabattata di progressi scientifici molto vaghi e
imbarazzanti.
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L'articolo “Ecco i nostri nuovi robot di ultima generazione”: il video diventa
virale su Instagram, poi l’incredibile scoperta proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Cinema
Le scale trasformate in trappole, il corridoio che Kevin attraversa di corsa, il
grande camino con le calze appese sopra e la cucina con il bancone verde e la
porta che dà sul retro da cui cercano di intrufolarsi i due malintenzionati:
sono immagini che fanno parte dell’immaginario collettivo natalizio. Oggi,
quella casa simbolo di “Mamma, ho perso l’aereo” è pronta a tornare esattamente
a quell’atmosfera. Dopo anni di interventi moderni che ne avevano stravolto
l’identità, la storica villa di Winnetka, sobborgo benestante di Chicago, sarà
restaurata per tornare al suo aspetto originale degli anni ’90. La conferma
arriva da NBC Chicago: il progetto di restauro è già in corso e a guidarlo è il
project manager Scott Price, che ha spiegato chiaramente l’obiettivo
dell’intervento: “La nostra visione è riportare il calore e l’amore del film”.
Un intento condiviso dagli attuali proprietari dell’immobile, che stanno
finanziando interamente i lavori: “C’erano così tanti colori straordinari, e ti
facevano sentire come in famiglia, come a casa. Vogliamo riportare quella
magia“, ha aggiunto Price, sottolineando come il nuovo restauro punti a
recuperare non solo elementi estetici, ma anche l’identità emotiva del luogo.
La decisione arriva dopo le forti reazioni suscitate dalla precedente
ristrutturazione, che aveva trasformato gli interni in uno spazio minimale e
contemporaneo. Le immagini diffuse online al momento della vendita, avvenuta
all’inizio del 2025 per oltre 5 milioni di dollari, avevano scatenato una vera
ondata di critiche sui social. “Avrei pagato dieci volte di più se fosse rimasta
originale. Come un’auto d’epoca: vale di più”, scriveva un utente. Un altro
commentava: “Un momento di silenzio per quella che una volta era una casa e ora
sembra uno studio medico sterile”. C’era chi parlava di un design che “ha
rimosso l’anima” e chi lo definiva “incredibilmente deprimente”. Anche i fan che
continuano a visitare la casa, nonostante il freddo dell’inverno di Chicago,
hanno accolto con entusiasmo la notizia del restauro. Natalie Coles, arrivata
dall’Ohio, ha raccontato a NBC Chicago: “Avevo visto sul sito che era diventata
una casa grigia, aveva perso il suo spirito e la sua magia. Sono felicissima che
i nuovi proprietari abbiano deciso di rifarla”. I proprietari non hanno ancora
comunicato una tempistica precisa né chiarito quale sarà il futuro utilizzo
dell’abitazione, ma Price ha anticipato che sono previsti anche interventi
sull’esterno. “Amiamo questo film. È stato un film fondamentale per la nostra
infanzia, e lo è anche per la famiglia che oggi possiede la casa”, ha spiegato.
Non è la prima volta che la villa rende omaggio alla sua storia cinematografica:
nel 2021 era stata temporaneamente riallestita in stile McCallister per una
speciale iniziativa Airbnb.
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L'articolo “Era diventata grigia, aveva perso il suo spirito e la sua magia”: la
casa di “Mamma, ho perso l’aereo” torna com’era nel film proviene da Il Fatto
Quotidiano.
È stato il regista di Harry ti presento Sally e Misery non deve morire,
interprete della celebre sit-com Arcibaldo. Quanto era popolare, amato e
riconosciuto Rob Reiner negli Stati Uniti non ce lo immaginiamo nemmeno. Il
78enne attore e regista, trovato morto nella sua casa di Los Angeles la scorsa
notte assieme alla moglie Michele Singer, è stato un vulcano di comicità, idee,
duttilità, in un contesto di trasformazione culturale ed economica come il
cinema e la tv americani degli anni settanta/ottanta.
Figlio dell’altrettanto celebre Carl, attore (The Dick Van Dyke show) e regista
(Ho perso la testa per un cervello), morto peraltro nel 2020, Rob inizia la sua
carriera in piccole parti di telefilm e come sceneggiatore (assieme a Steve
Martin) per show della tv. Sfonda clamorosamente il piccolo schermo nel 1971, e
fino al 1976, nelle serie più seguita di quei cinque anni negli Stati Uniti:
Arcibaldo (All in the family). Reiner interpreta Michael Stivic, il giovanotto
hippie e liberal coi baffoni, genero del vecchio operaio bianco irascibile
protagonista della sit-com (Carroll O’Connor) che sta sempre seduto sulla
poltrona del salotto a criticare la nuova morale progressista uscita dagli anni
sessanta.
Reiner però vira prima verso la regia e poi accoppia il lavoro dietro la
macchina da presa con quello di produttore (sua la Castle Rock Entertainment
nata nel 1987). Il primo spassoso film da lui diretto è This is spinal tap
(1984), sorta di primo mockumentary del cinema hollywoodiano, dove letteralmente
Reiner improvvisa set scrivendo battute e situazioni in corso d’opera sulla
storia di una band rock inglese dei suoi esordi, carriere, bizze, gelosie,
seguite proprio da un documentarista. Una parodia di tanti documentari estasiati
e agiografici di fine settanta che diventerà negli anni dell’home video titolo
di culto.
Nel 1986 il primo vero successo commerciale per Reiner è con Stand by me, il
coming of age di un gruppetto da ragazzini tratto da Stephen King (un It meno
truculento e più introspettivo) che lancia River Phoenix e che totalizza oltre
50 milioni di dollari al box office su 7 di spesa. L’apice della carriera di
regista giunge rapido, fluido, brillante con un duetto di titoli a cinque
stelle: Harry ti presento Sally (1989) e Misery non deve morire (1990).
Impossibile amare il cinema e non aver provato qualche istante di romantica
dolcezza nella commedia interpretata da Billy Cristal e Meg Ryan o di profondo
inquieto terrore nel seguire le gesta violente dell’infermiera Annie Wilkies
(Kathy Bates che vince l’Oscar) che tiene in ostaggio lo scrittore Paul Sheldon
(immenso James Caan) spaccandogli con un martello le caviglie. Per capire la
professionalità e l’equilibrio di Reiner basta far dondolare sequenze e
atmosfere di questi due capolavori: ne esce un cinema di straordinario potere di
intrattenimento, legato ad un’idea di regia robustissima ma letteralmente
invisibile.
Nel 1992 dirigerà anche Codice d’onore un successo spaventoso al botteghino
statunitense (240 milioni di dollari a fronte di 40 di spesa) con l’avvocatino
della Marina americano Tom Cruise che stanga e sbugiarda il luciferino e
omertoso super ufficiale Jack Nicholson.
Uomo di spirito, giocoso e sempre attivo fino a pochi mesi fa, Reiner amava
raccontare l’aneddoto di quando fece recitare sua madre sul set di Harry ti
presento Sally. Estelle Reiner, una delle più popolari attrici e cantanti dello
spettacolo americano del dopoguerra, è la signora che al ristorante ordina alla
cameriera “quello che ha preso la signorina”, ovvero Meg Ryan che appena finto
un orgasmo davanti ad un attonito e poi imbarazzato Crystal.
“Inizialmente Meg non stava facendo quello che le chiedevo di fare. Allora mi
sono messo io al suo posto e mi sono messo a battere i pugni sul tavolo; ero lì
che recitavo ‘Sì! Sì! Sì!’, ma dopo qualche istante mi rendo conto che stavo
avendo un orgasmo davanti a mia madre. C’era mia madre laggiù che mi guardava
come poi guarderà Meg nel film. Capite cosa ha significato per me?”.
L'articolo È morto Rob Reiner, regista cult amatissimo non solo a Hollywood: da
Harry ti Presento Sally a Misery, i suoi film cult proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Il regista Rob Reiner (78 anni) e la moglie Michele Singer sono stati trovati
morti nella loro casa di Los Angeles. La polizia ha interrogato il figlio Nick,
32 anni, che – secondo alcuni media statunitensi compreso People – sarebbe, a
ora, l’unico indiziato.
Le prime notizie sono arrivate nel pomeriggio di domenica 14 dicembre, quando la
polizia ha trovato i due corpi in una villa di proprietà del regista a
Brentwood, a Los Angeles. È partita subito la richiesta d’intervento medico: sia
TMZ che People hanno fatto sapere che Reiner e Singer presentavano ferite
compatibili con un’aggressione con arma da taglio.
Rob Reiner ha diretto alcuni tra i film più importanti dell’intera produzione
hollywoodiana, da Stand by Me (1986) a La storia fantastica (1987), da Harry ti
presento Sally… (1989) a Misery (1990). Reiner e la moglie, la fotografa Singer
Reiner trovata morta con lui,si erano conosciuti mentre lui stava realizzando
Harry ti presento Sally. Il regista – scrive il Guardian – ma il nuovo amore gli
fece decidere di cambiare il finale del film, come tutti lo conosciamo.
L'articolo Il regista di Harry ti Presento Sally Rob Reiner e la moglie Michele
Singer trovati morti accoltellati in casa: “Interrogato Nick, il figlio 32enne”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un fenomeno da botteghino, la sorpresa dell’anno, il successo che non t’aspetti.
Tra mille possibili frase fatte, un unico dato certo: nessuno – sbagliando –
avrebbe mai scommesso un euro sull’exploit di un’opera del genere. Al centro del
caso cinematografico il docu-film indipendente patrocinato dall’Associazione
internazionale esorcisti (Aie) Libera Nos – Il Trionfo sul Male, diretto da
Giovanni Ziberna e Valeria Baldan. “Sorprendentemente, sta scalando le
classifiche oltreoceano e continua il suo percorso internazionale tra successi,
nuove uscite e un interesse crescente da parte di un pubblico globale”, fa
sapere l’Aie. Dopo l’uscita nelle sale della Spagna e dei Paesi dell’America
Latina, il film ha debuttato negli Stati Uniti con il titolo ‘Triumph over evil
– battle of the exorcists‘ ottenendo risultati inaspettati: nella settimana di
lancio ha raggiunto l’8° posto al box office Usa tra le uscite indipendenti. “Il
film – spiegano gli esorcisti – affronta con rigore e sensibilità il tema
complesso dell’azione demoniaca straordinaria e del ministero dell’esorcistato
attraverso le testimonianze reali degli esorcisti e un linguaggio visivo di
forte impatto che evita il facile sensazionalismo”. Il film uscirà in Francia
nel 2026.
L'articolo Il film patrocinato dagli esorcisti scala le classifiche negli Stati
Uniti: “Abbiamo evitato il sensazionalismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Cam-caminì, cam-caminì, spazzacamin…Allegro e felice pensieri non ho” cantava
felice e spensierato nel film cult “Mary Poppins” lo spazzacamino Bert, nel
lontano 1964. L’attore che ha dato il volo al celebre personaggio, Dick Van
Dyke, compie oggi 13 dicembre 100 anni. Una cosa è certa, Dick Van Dyke non ha
intenzione di cedere: “Cent’anni non sono abbastanza. Vuoi vivere di più, e io
ho intenzione di farlo. Ho una gamba malandata, non so per quale motivo ma provo
ancora a ballare”. Per il compleanno si stanno svolgendo celebrazioni in tutti
gli Stati Uniti, incluso un flash mob a Malibu, dove vive l’attore.
È stato inserito nella Hollywood Walk of Fame nel 1993 e successivamente nella
Television Hall of Fame nel 1995. Nel 2017, ha ricevuto il Britannia Award for
Excellence in Television e si è scusato ironicamente con i membri della Bafta
“per aver inflitto loro il più atroce accento cockney nella storia del cinema”
con la sua interpretazione di Bert in “Mary Poppins”.
Nato il 13 dicembre 1925 a West Plains, Missouri, l’attore si è interessato al
mondo dello spettacolo in tenera età dopo aver visto i film di Stanlio e Ollio
(Laurel and Hardy). La sua popolarità come annunciatore radiofonico lo portò a
firmare un contratto con la Cbs e, dopo alcuni programmi tv, si affermò come un
nome familiare al grande pubblico grazie alla sua interpretazione nel musical
“Bye Bye Birdie”, che gli valse la vittoria di un Tony Award nel 1961.
Al programma di informazione statunitense “Good Morning America (Gma), ha
confidato: “Ho interpretato spesso uomini anziani come arrabbiati e brontoloni,
ma non è affatto così. Non conosco altri centenari, ma posso parlare per me
stesso”.
Van Dyke è anche il soggetto di un nuovo documentario e ha pubblicato un libro
intitolato “100 Rules For Living To 100: An Optimist’s Guide To A Happy Life”
(100 Regole per Vivere fino a 100 Anni: la Guida di un Ottimista a una Vita
Felice). L’attore attribuisce parte della sua longevità alla moglie Arlene
Silver, di 46 anni più giovane, sposata nel 2012. “È un privilegio e un onore
prendermi cura di lui e renderlo felice”, ha dichiarato lei a Gma. Van Dyke ha
quattro figli – Barry, Carrie, Christian e Stacy – avuti dalla sua prima moglie,
Margie Willett, dalla quale ha divorziato nel 1984 dopo 36 anni di matrimonio.
Ha poi avuto una relazione trentennale con Michelle Triola Marvin, scomparsa
nell’ottobre 2009 all’età di 76 anni. Tra il 1961 e il 1966, l’attore è stato
protagonista della sitcom “The Dick Van Dyke Show”, che lo ha reso una star
della TV. Ha inoltre trovato il successo con la serie televisiva “Diagnosis:
Murder” (in Italia “Un detective in corsia”), andata in onda dal 1993 al 2001 e
da cui sono stati tratti alcuni film per la TV.
L'articolo “Cent’anni non sono abbastanza. Vuoi vivere di più e io lo faccio. Ho
una gamba malconcia, ma ballo”: festa per Dick Van Dyke, lo spazzacamino di
“Mary Poppins” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il mondo del cinema è in lutto. Peter Greene, noto al grande pubblico per i
ruoli di cattivo in film cult come “Pulp Fiction” e “The Mask – Da zero a mito”,
è stato trovato morto nel pomeriggio di venerdì 12 dicembre nel suo appartamento
nel Lower East Side di Manhattan. Aveva 60 anni. A confermare la notizia è stato
il suo manager Gregg Edwards al “New York Daily News”.
Secondo quanto riferito dalla polizia, Greene è stato rinvenuto privo di sensi
nella sua abitazione di Clinton Street intorno alle ore 15.25 ed è stato
dichiarato morto sul posto. Le autorità hanno escluso al momento segni di
violenza, le cause del decesso saranno stabilite dopo l’esame del medico legale.
“Era una persona straordinaria”, ha dichiarato Edwards.
Nato a Montclair, nel New Jersey, l’8 ottobre 1965, Peter Greene aveva avuto
un’adolescenza segnata da grandi difficoltà. Fuggito di casa a 15 anni, aveva
vissuto per strada a New York, cadendo nel vortice della droga, come raccontò in
un’intervista alla rivista “Premier” nel 1996. Dopo un tentativo di suicidio
nello stesso anno, aveva intrapreso un percorso di cura per superare le
dipendenze. “Ha combattuto i suoi demoni e li ha superati”, ha ricordato il
manager.
“Uno dei grandi attori della nostra generazione. Aveva un cuore enorme. Era un
grande amico e mi mancherà molto”. Il manager ha raccontato che Greene era
prossimo a iniziare, nel mese di gennaio, le riprese di un thriller indipendente
intitolato “Mascots”, accanto a Mickey Rourke. La notizia della sua scomparsa ha
profondamente scosso anche il regista e sceneggiatore del film, Kerry Mondragón.
Greene si era costruito negli anni Novanta una solida reputazione come
interprete di personaggi oscuri e disturbanti. Indimenticabile il ruolo di Zed,
la guardia sadica e serial killer in “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino (1994),
così come quello del crudele gangster Dorian Tyrell in “The Mask – Da zero a
mito” (1994), accanto a Jim Carrey e Cameron Diaz, considerato da molti il suo
miglior lavoro. Nonostante la fama di attore difficile, Edwards lo ha descritto
come un perfezionista capace di dare tutto se stesso a ogni interpretazione. Nel
corso della sua carriera ha lavorato con alcuni dei più importanti registi e
attori di Hollywood, collezionando circa 95 crediti tra cinema e televisione.
Tra i titoli più noti figurano anche “I soliti sospetti”, “Trappola sulle
Montagne Rocciose”, “La moglie di un uomo ricco”, “Fine della corsa”, “Congiura
mortale”, “Laws of Gravity”, “Clean”, “Shaven”, “Blue Streak” e “Training Day”.
L'articolo È morto Peter Greene, l’attore è stato trovato senza vita nel suo
appartamento. Era il cattivo di “Pulp Fiction” e “The Mask – Da zero a mito”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Quando alla fine della battaglia tra Netflix e Paramount per acquisire gli asset
di Warner Bros. Discovery ci sarà un vincitore, il bottino in termini di film e
serie sarà prestigiosissimo. Nel portafoglio Warner c’è una tale quantità di
storia stellata, iconica o anche solo ultra popolare di cinema e serie TV da
rendere ricchi i nuovi proprietari per parecchio tempo a venire. Stiamo parlando
di un archivio che va da Harry Potter all’universo DC Comics, dai film di
Stanley Kubrick alla saga de Il Signore degli Anelli e Dune, fino a I Soprano,
Friends e Il Trono di Spade.
Insomma, nel caso Netflix vincesse la partita, sarebbe come se l’ultimo campione
giunto dallo streaming inglobasse campionati e coppe giocati sul campo delle
sale cinematografiche e della TV. Un subentro in corsa quantomeno bizzarro, se
non proprio industrialmente trasversale.
Del resto, come scrive il professor Alberto Pasquale, tra i maggiori esperti dei
meccanismi dell’industria cinematografica mondiale, sul suo profilo Facebook
commentando la vicenda: “L’integrazione richiederebbe però una trasformazione
radicale del modello Netflix. La società, che ha sempre evitato acquisizioni e
privilegiato strategie ‘costruite in casa’, si ritroverebbe a produrre film per
le sale, settore storicamente tenuto a distanza; a vendere contenuti a terzi,
come fa Warner, rompendo la tradizionale esclusività del catalogo Netflix; a
gestire pubblicamente i risultati al botteghino, più rischiosi e imprevedibili
rispetto ai flussi streaming”.
Insomma, non saremmo solo di fronte a quote di mercato oltre il limite massimo
stabilito, che chiamerebbero in causa l’antitrust e l’amministrazione Trump –
molto vicina alla nuova offerta ostile di Paramount che spiazza Netflix – ma a
una vera e propria trasformazione genetica di Netflix.
Come scrive Fortune, “La battaglia per la Warner Bros. sottolinea quanto sia
diventato fondamentale disporre di un archivio completo dei migliori film e
serie TV per lo streaming, l’unica parte in crescita dell’industria
cinematografica e televisiva odierna. Titoli Warner come Il Trono di Spade,
Batman e Il Signore degli Anelli, insieme a HBO Max, amplierebbero
significativamente il business dello streaming di Paramount, che conta circa 80
milioni di abbonati. Per Netflix quegli stessi film e programmi TV
alimenterebbero un servizio di streaming che già raggiunge più di 300 milioni di
famiglie in tutto il mondo e consoliderebbero il vantaggio dell’azienda rispetto
a concorrenti come Disney e Amazon.com”.
Insomma, il caro vecchio catalogo sembra essere l’elemento più appetitoso del
succulento abbandono di Warner.
Ricordiamo intanto che la Warner ha 107 anni di vita, essendo nata nel 1918 sul
Sunset Boulevard di Hollywood grazie all’intraprendenza dei quattro fratelli
Warner – Albert, Harry, Sam e Jack. Tra gli anni trenta e sessanta, citiamo
alcuni titoli che hanno fatto la storia del cinema: Piccolo Cesare, Casablanca,
Sentieri Selvaggi, È nata una stella, Gioventù bruciata, Bonnie and Clyde.
Da Arancia Meccanica in avanti, quindi Barry Lyndon, Shining, Full Metal Jacket
ed Eyes Wide Shut, la WB produce tutti i film di Kubrick. Negli anni settanta
centra parecchi successi a partire da L’Esorcista, Superman con Christopher
Reeve e Gene Hackman, Dirty Harry (il primo capitolo di L’Ispettore Callaghan; i
successivi li produrrà la Malpaso di Clint Eastwood e WB li distribuirà) e
successivamente tutta la filmografia dello stesso Eastwood, tra cui gli
oscarizzati Gli Spietati e Million Dollar Baby.
Negli anni novanta, Warner Bros. produce la saga di Batman iniziata da Tim
Burton, Seven di Fincher, La Guardia del Corpo e intraprende l’iconica serie di
Matrix. Gli anni duemila sono quelli della saga di Harry Potter – che diventerà
la più redditizia per la WB – e quella firmata da Peter Jackson de Il Signore
degli Anelli. In mezzo sbucano anche i due film di Sex and the City, Inception
di Nolan, Gravity di Cuarón, Mad Max: Fury Road, Joker con Joaquin Phoenix e
infine la clamorosa affermazione di Barbie e dei primi due episodi di Dune
firmati da Denis Villeneuve.
Solo negli ultimi due anni, WB ha dovuto digerire due flop come la saga Horizon
di Kevin Costner e il sequel di Joker, Joker: Folie à Deux. Infine, per la
prossima corsa agli Oscar, è in rampa di lancio da mesi Una battaglia dopo
l’altra con Leonardo DiCaprio.
L'articolo La guerra a suono di miliardi di Netflix e Paramount per il tesoro
Warner Bros (da Kubrick a Harry Potter) proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Penso che ancora non siete pronti per questa musica”. Un giorno andrà fatto un
piccolo monumento a Michael J. Fox – e uno enorme a Robert Zemeckis – per
essersi trovati insieme sul set di Ritorno al Futuro. In attesa dei prodi
scultori, l’oggi 63enne Fox ripercorre nel libro Il ragazzo del futuro (TEA)
quella sua magica doppia sortita (“il mio viaggio nel continuum
spazio-temporale”, lo chiama) quando nel 1985, a 23 anni, di mattina e
pomeriggio negli studi della Paramount girava gli episodi della seconda stagione
di Casa Keaton e durante la sera/notte si scapicollava negli studios Universal
per Ritorno al futuro. Alex Keaton e Marty McFly. Un ragazzino col golfino che
sogna Ronald Reagan affermandosi in un presente conservatore in tv e l’altro che
esplode arrivando con lo skateboard e il piumino arancione senza maniche,
saltellando futuristicamente nel passato al cinema. In mezzo Michael che dorme
tre o quattro ore per notte sperando di sfondare nel mondo dello spettacolo.
Il doppio lavoro dell’attore canadese è uno di quegli incastri del destino che
riempie il gustoso registro degli aneddoti di Hollywood. Il produttore di Casa
Keaton che dice no a Spielberg (produttore di Ritorno al futuro) per avere Fox,
praticamente ancora signor nessuno. Eric Stoltz che interpreta per sei settimane
la parte di Marty nel film, ma regista e produzione non vedono l’ora di
cacciarlo. Fox che viene a sapere della vicenda e che senza nemmeno pensarci un
attimo, di fronte alla nuova insistenza di Zemeckis e Spielberg, accetta di
sostituire il licenziato Stoltz. O meglio: Paramount e Universal si accordano
senza farsi del male. Solo che in mezzo, a distruggersi di fatica, contento e
felice, correndo a perdifiato proprio come spesso recitava nelle parti dei film
che interpretava negli anni Ottanta, c’è un ragazzino di 23 anni che dal 16
gennaio 1985 non ne sbaglia più una nei tre mesi successivi.
“Oggi la produzione di un film chiede due settimane di margine prima e dopo
qualsiasi altro impegno: il contratto di Ritorno al futuro non richiedeva
nemmeno un’ora di margine”. Una pallina da flipper, insomma. Fox racconta quel
suo tour de force con ammirevole e dolce saggezza di chi sa che quella scelta è
stata il numero della vita e di quello bisogna solo che accontentarsi.
Un’automobile (non la DeLorean) dove si può sdraiare nel viaggio di due ore lo
attende sempre tra uno studio e l’altro in questa missione della recitazione che
sa di antico arrabattato mestiere.
Eppure lui mantiene una lucidità e una tensione unici: il copione che ogni
giorno viene riscritto insieme agli attori di Casa Keaton per poi recitare
cinque episodi compressi in un solo pomeriggio (il venerdì); le scene
fisicamente impegnative, alcune con gesti o battute improvvisate da Fox proprio
per impressionare Zemeckis e andarsi a prendere la sua carriera. La prima scena
sul set cinematografico del resto è quella in cui Fox viene vestito con un
tutone giallo e un cappuccio/visiera dove non respira e non vede niente per il
suo andirivieni nel passato assieme a Doc (Christopher Lloyd), poi si passa per
la rilettura piccante di lui senza mutande nel letto di mamma Lorraine da
giovane nel 1955, fino alla celebre sequenza di Johnny B. Goode suonata, si fa
per dire, alla chitarra (“dissi a Bob e al direttore della fotografia:
riprendetemi le mani mentre suono”). Fox ci mette quella tonalità comica che
Stoltz non era riuscito a donare, agguantando Marty per la camiciola e scrivendo
un capitolo della storia del cinema.
A detta di Fox, peraltro, la DeLorean era un vero cesso a pedali, piena di
lamiere penzolanti e taglienti. Mentre nello splendido apparato fotografico
originale ritroviamo il nostro piccolo eroe spesso sdraiato per terra, su
muretti, sopra ai ripiani di un cucinotto del set di Ritorno al Futuro a
riposarsi. “Pare che Einstein abbia anche detto: ‘Il tempo è ciò che impedisce
alle cose di accadere tutte in una volta’. E questa è la sua funzione: nel tardo
inverno e primavera 1985 il tempo se n’è andato per i fatti suoi”, scrive Fox
con la sua consueta disincantata ironia. In appendice del libro c’è anche il
ricordo affettuoso del recentissimo incontro tra Fox e Stoltz, qualche loro
chiacchiera ma non troppo, un po’ come se Ringo Starr incontrasse Pete Best e ci
venisse preclusa qualche cattiveria su Paul, John e George.
L'articolo Michael J. Fox – 23 anni, due set, un mito: il tour de force tra Casa
Keaton e Ritorno al Futuro proviene da Il Fatto Quotidiano.
La presentazione delle candidature si è già chiusa il 3 dicembre scorso, ma per
il prossimo Natale la possibilità di lavoro va messa in agenda. Cable Tv ha
cercato per un mese il suo Chief of Cheer 2025 ovvero colei o colui che per
guardare venticinque giorni filati un film di Natale al giorno proposto da
Disney+, Hulu e Hallmark+ guadagnerà 2500 dollari. “Il capo del tifo” o “delle
cheerleader” viene cercato da parecchi anni da parte di Cable Tv. Quest’anno chi
verrà eletto ricaverà 2500 dollari per sé e altri 2500 da dare in beneficenza,
nonché una morbida coperta. Certo, pare che tra i 25 titoli ci siano Miracolo
sulla 34esima strada e Nightmare before Christmas, ma tra gli altri 23 film il
rischio di qualcosa di infernale è altissimo. Insomma la divertente iniziativa
nonostante i 2500 dollari potrebbe rivelarsi per qualcuno una drammatica “cura
Ludovico”.
L'articolo 2500 dollari per guardare un film di Natale al giorno per 25 giorni:
l’offerta di lavoro per il Chief of Cheer 2025, ecco come funziona proviene da
Il Fatto Quotidiano.