Non emergono prove di “direttive, pressioni o indicazioni da parte della Leitner
o di un qualunque suo responsabile” volte a “ridurre al minimo le fermate
dell’impianto e gli interventi di manutenzione” della funivia del Mottarone. Il
giudice di Verbania Gianni Macchione spiega così, nelle motivazioni lunghe 69
pagine, la decisione di emettere sentenza di non luogo a procedere nei confronti
di Martin Leitner, vicepresidente della società altoatesina, e di Peter
Rabanser, responsabile del customer service, nel processo per l’incidente del 23
maggio 2021 in cui morirono 14 persone. Verdetto che rispettava le richieste
della procura.
Secondo il gup, “è evidentemente legittimo il sospetto” che il direttore
d’esercizio dell’impianto, Enrico Perocchio, anch’egli dipendente di Leitner
(che ha patteggiato una pena a 4 anni e 11 mesi) , “agisse nell’interesse del
proprio datore di lavoro”, ovverosia del gruppo di Vipiteno, “esercitando
pressioni sul caposervizio Gabriele Tadini (4 anni e 5 mesi) affinché rinviasse
gli interventi manutentivi necessari e non sospendesse l’esercizio anche quando
ciò avrebbe dovuto accadere”, ma “questo sospetto (…) in assenza di fonti che
diano conto di direttive o pressioni o indicazioni in tal senso da parte della
Leitner o di un qualunque suo responsabile, è ben lungi dal divenire una prova”.
Il giudice evidenzia che le pressioni sull’ex caposervizio Tadini, oltre che da
Perocchio, erano esercitate anche da Luigi Nerini (3 anni e 10 mesi), titolare
della società che gestiva l’impianto, la Ferrovie del Mottarone. Nerini avrebbe
esteso la sua attività di pressing anche allo stesso Perocchio.
Nelle motivazioni, Macchione riporta una mail inviata nel giugno 2017 dallo
stesso direttore d’esercizio ai vertici del gruppo altoatesino, in cui Perocchio
segnalava “pressioni del signor Nerini volte, sotto varie sfaccettature, a
ridurre i costi”. Nel messaggio, Perocchio scriveva anche che “adesso il signor
Nerini sostiene che si ‘stanno rubando soldi suoi e che chiederà i danni a
Leitner per questo operato’”, aggiungendo di ritenere che “con queste condizioni
pensare ad un contratto di manutenzione per ancora 12 anni sia molto complicato.
Prevedo, sperando di sbagliare, polemiche per ogni cosa e la segnalazione di
molti problemi sull’impianto da sistemare”. Perocchio concludeva: “chiederei ai
legali di iniziare a valutare se c’è la possibilità per Leitner di uscire da
questo contratto”, che prevedeva che la società altoatesina si occupasse della
manutenzione della funivia di Stresa.
Il 23 maggio del 2021 morirono 14 passeggeri a bordo della cabina precipitata
per la rottura della fune traente dell’impianto e del concomitante inserimento
dei ‘forchettoni’ che impedirono l’attivazione dei freni di emergenza. A tre
mesi dall’ultima udienza, nella quale i pm di Verbania avevano riformulato le
accuse eliminando quella di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal
disastro. Secondo i periti incaricati la funivia del Mottarone era precipitata
“a causa del degrado della fune” traente. Di conseguenza, “una corretta
attuazione dei controlli” avrebbe evitato la morte delle persone a bordo.
L'articolo Strage del Mottarone, ecco perché i vertici della Leitner sono stati
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