Affitti brevi, perché l’aumento della cedolare secca non basta: giro d’affari a 9 miliardi e ogni casa rende in media 11.700 euro l’anno

Il Fatto Quotidiano - Friday, November 14, 2025

Mentre la vicina Spagna sceglie la linea dura, facendo rimuovere decine di migliaia di annunci di affitti brevi non conformi dalle piattaforme, in Italia la proposta di tassare maggiormente gli host ha sollevato critiche da tutti i fronti, diventando uno dei nodi più difficili da sciogliere nella nuova legge di Bilancio. Venerdì sono attesi gli emendamenti e sia Forza Italia sia la Lega chiederanno di eliminare l’aumento dal 21% al 26% della cedolare secca per chi affitta anche solo un immobile tramite piattaforme come Airbnb e Booking.com.

L’obiettivo dichiarato della misura è riequilibrare un sistema che, negli ultimi anni, ha reso più conveniente affittare ai turisti che ai residenti. “Non c’è intento di punire i proprietari, però bisogna capire se bisogna in qualche modo premiare le locazioni per abitazione oppure le locazioni per i turisti stranieri”, come ha riassunto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Per le realtà che da anni monitorano e tentano di contenere gli effetti dell’aumento degli affitti brevi nelle città italiane, ritoccare la tassazione è il minimo indispensabile. Ma di certo non basta.

“Non è sufficiente a frenare Airbnb, basta guardare i dati sull’aumento della redditività. Ma sarebbe comunque una prima misura pragmatica e necessaria per razionalizzare il fenomeno”, commenta Francesco Chiodelli, professore associato dell’Università di Torino, tra i responsabili scientifici della ricerca condotta da FULL (Future Urban Legacy Lab) del Politecnico di Torino per fotografare la trasformazione del mercato degli affitti brevi in Italia tra il 2017 e il 2024. I dati – forniti da AirDna – parlano chiaro: l’offerta di unità abitative sulla piattaforma è cresciuta del 52% a livello nazionale, e gli host in Italia sono ormai 350.000 e ciascuno gestisce in media 2,1 appartamenti. A salire è stata anche la tariffa media giornaliera, cresciuta fino al 50%, arrivando a una media di 167 euro a notte.

La redditività per unità è aumentata del 124%, portando il rendimento medio annuo per ogni alloggio a circa 11.700 euro. E il giro d’affari è passato da circa 2,5 miliardi nel 2017 a 8,8 miliardi nel 2024. Per quanto riguarda invece la professionalizzazione del settore, i cosiddetti “large host”, gestori che possiedono più di dieci immobili, hanno visto un incremento del 77% nell’incidenza, gestendo in media 42 unità ciascuno. Si tratta spesso di agenzie alle quali i proprietari affittano le proprie case.

Numeri di cui non si tiene conto in un dibattito “molto ideologico”, dice Chiodelli, concentrato sulla “sacralità della casa, ma solo per i proprietari”. Mentre “gli affittuari vengono marginalizzati, inascoltati dalle aree politiche che forse per miopia ignorano i cambiamenti nell’accesso alla casa. Il ceto medio adesso è composto principalmente da affittuari. La tassazione potrebbe aiutare a recuperare risorse pubbliche, da investire in altri settori legati alla casa, come il fondo morosità incolpevole”. Per Chiodelli l’obiettivo non dovrebbe essere disincentivare, ma governare il settore, tenendo in conto le differenze territoriali: “Per un fenomeno geograficamente diversificato non basta una misura nazionale, anzi rischierebbe di compromettere gli effetti positivi che AirBnb può avere per alcune aree e alcune famiglie. Bisogna agire anche a livello locale.”

“La proposta sarebbe un ottimo inizio per aggredire il fenomeno, ma da sola non basta”, conferma Maria Luisa Stabile, portavoce di GRoRAB (Gruppo Romano per la Regolamentazione degli Affitti Brevi). “Nelle città dove la domanda di affitti brevi è alta, come nel centro di Roma, a Venezia e in altre città turistiche, non sarebbe un disincentivo sufficiente. Solo a Roma, attualmente, c’è un rapporto di 8 a 1 tra l’offerta di affitti brevi rispetto a quella di affitti lunghi”.

Stabile non ha apprezzato che la Corte dei conti abbia avvertito che aumentare la cedolare potrebbe spingere verso l’irregolarità, incentivando le locazioni brevi non dichiarate: “Un organismo costituzionale non dovrebbe passare una nozione secondo cui il costume degli italiani sarebbe meccanicamente quello di evadere a fronte di una giusta tassazione. Questo settore negli ultimi sette anni ha accresciuto il suo fatturato dai 2 ai 9 miliardi circa. Non si può più continuare a trattarlo come agli inizi della sharing economy, quando si trattava soprattutto di integrazione del reddito. Non regolamentare significa accettare che il paese continui a vivere di rendita, una ricchezza basata su un’economia regressiva”.

Il Gruppo Romano per la Regolamentazione degli Affitti Brevi vorrebbe una legge nazionale che consenta alle città di definire le soglie di sostenibilità degli affitti brevi. “Siamo firmatari della proposta di legge scritta dal movimento civico Alta Tensione Abitativa, ma non sembra che il governo voglia adottarla”, dice Stabile. “Basti pensare all’opposizione che ha incontrato il Testo Unico sul Turismo in Toscana. Se il governo non vince il ricorso, sarebbe l’unica regione con il potere di regolare il fenomeno, insieme alle città di Venezia e Roma”.

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