L’Alleanza contro la povertà ha espresso forte preoccupazione l’emendamento del
governo alla legge di Bilancio che dimezza l’importo della prima mensilità
dell’Assegno di inclusione (Adi) al momento del rinnovo. Una delle iniziative
introdotte dall’esecutivo nel pacchetto di riformulazioni in vista del voto
definitivo sulla manovra, atteso tra Natale e Capodanno. La modifica interviene
sull’articolo della legge di bilancio che aveva precedentemente eliminato la
mensilità di sospensione tra il primo periodo di fruizione dell’Adi e la
proroga. Ma “l’importo della prima mensilità di rinnovo è riconosciuto in misura
pari al cinquanta per cento dell’importo mensile del beneficio economico
rinnovato ai sensi del primo periodo”, è scritto nell’emendamento, che punta a
un risparmio per le casse statali di circa 100 milioni di euro. “L’ennesimo
accanimento del governo contro i poveri” denuncia l’Alleanza contro la povertà,
criticando sia il metodo che il merito della decisione. Nel merito, perché si
introduce un taglio secco e immediato del reddito proprio nel momento di
maggiore fragilità dei nuclei familiari, trasformando lo strumento di inclusione
in una misura incerta e punitiva. “Si stima che circa 350-400 mila famiglie, a
partire dal 2026, si troveranno a subire questa riduzione”, spiega l’Alleanza in
un comunicato.
Secondo l’Alleanza, il dimezzamento significherebbe una perdita media stimabile
tra i 250 e i 300 euro per questi nuclei, rischiando di compromettere il
pagamento di spese essenziali come affitto, utenze e cure. Quanto al risparmio
di 100 milioni: “Una cifra modesta se rapportata alla spesa complessiva della
manovra, ma che viene ottenuta scaricando il costo su famiglie che già vivono
sotto o a ridosso della soglia di povertà assoluta”. “Proprio recentemente siamo
stati auditi dal governo in merito alla legge di Bilancio: abbiamo presentato le
nostre proposte e le nostre analisi, frutto del lavoro dei nostri esperti –
ricorda il portavoce Antonio Russo – Abbiamo anche pubblicato e presentato un
documento sulla povertà, in cui emerge chiaramente quanto le misure di contrasto
siano già gravemente insufficienti per rispondere al bisogno e alle gravi
fragilità. Ora, non possiamo credere che si intenda davvero procedere con
l’ennesimo taglio, colpendo proprio chi si trova in maggiore difficoltà.
Chiediamo quindi l’immediato ritiro dell’emendamento. Il contrasto alla povertà
non può essere affidato a interventi opachi e regressivi, né può diventare un
capitolo su cui fare cassa in silenzio”, conclude Russo.
A denunciare il contesto in cui si inserisce l’intervento governativo era stata
già nei giorni scorsi la Comunità di Sant’Egidio, che ha ripreso i dati Istat,
secondo cui 5,7 milioni di italiani, pari al 9,8% della popolazione, vivono
sotto la soglia della povertà assoluta, inclusi 1,283 milioni di minori, ovvero
il 13,8% del totale. La crisi è aggravata dall’incremento del costo della vita:
dal 2021 ad oggi i prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 25%.
Parallelamente, alla fine di settembre 2025, gli stipendi lordi reali
risultavano ancora inferiori di oltre l’8% rispetto a gennaio 2021, con l’Italia
tra i pochi paesi europei dove i redditi diminuiscono. L’emergenza abitativa è
critica, con i canoni di affitto che superano in media il 40% del reddito
familiare medio, mentre la lista d’attesa per gli alloggi popolari coinvolge
circa 650 mila nuclei. Inoltre, ben il 9,9% delle persone, corrispondente a 5,8
milioni di individui, ha dichiarato di aver rinunciato a curarsi a causa di
liste d’attesa, difficoltà economiche o scomodità delle strutture sanitarie, dai
4,5 milioni dell’anno precedente. Per questo Sant’Egidio ha proposto anche di
allargare la platea dei beneficiari dell’Adi e di facilitare l’integrazione del
sussidio con redditi da lavoro bassi.
L'articolo Manovra, Alleanza contro la povertà sul taglio all’Assegno di
inclusione: “Per fare cassa colpite 400mila famiglie” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
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Il finanziamento, certo, c’è ma è insufficiente e col trucco visto che scarica
sulle università statali la responsabilità di assunzione delle migliaia di
ricercatori precari, gran parte contrattualizzati per i progetti legati al Pnrr.
Col trucco perché proposto con la consapevolezza che gli atenei potrebbero non
riuscire a stabilizzare neanche i soli 1.600 ricercatori “coperti” sui 4.500
individuati dal Governo stesso o, addirittura, sugli oltre 20 mila stimati dai
sindacati in un conteggio che considera tutte le forme di contratti a tempo
determinato su cui si appoggia l’università italiana.
L’EMENDAMENTO
Lo stanziamento è presentato come un “piano straordinario” di valorizzazione e
reclutamento per gli atenei statali e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal
Mur (come Cnr, Inaf, Infn, Ingv, Ogs, Inrim) ed è previsto in uno degli
emendamenti alla manovra del pacchetto dei riformulati presentati in commissione
Bilancio. Il testo prevede, per le assunzioni, un cofinanziamento al 50% da
parte del ministero e al 50% a carico dei bilanci dei singoli enti. Vengono nel
complesso stanziati circa 50 milioni con incrementi del Fondo di finanziamento
ordinario delle università (FFO) e del fondo ordinario per gli enti e le
istituzioni di ricerca (FOE). Poco più di 11 milioni dal 2026, poco meno di 39
dal 2027. Le nuove assunzioni avvengono con procedure concorsuali, con una
riserva del 50% dei posti dedicata ai ricercatori attualmente impiegati su
progetti Pnrr.
POCHI INCLUSI
Nel dettaglio, si cofinanziano al 50% le posizioni da Ricercatori in tenure
track (quindi quelle che portano alla stabilizzazione) il resto a carico degli
atenei “entro le proprie facoltà assunzionali”, quindi nel quadro degli attuali
organici. È la stessa relazione tecnica a fornire i numeri: ci sono, secondo il
ministero dell’Università e della ricerca, 4.502 Ricercatori a tempo determinato
(A) in scadenza tra il 2025 e il 2026, di cui 2.574 assunti col Pnrr. E di
questi, si riusciranno a stabilizzare – ammesso che le università abbiano
abbastanza soldi per coprire la loro parte – circa 500 posizioni per il 2026 e
intorno alle 1.100 per il 2027. Quindi poco più di 1.600 se si aggiungono quelli
delle università non statali. “Non a caso – spiega la Flc Cgil – si prevede già
che ci possano esser risorse non utilizzate per questo misero pianetto
straordinario e le si destina, per ogni evenienza, ad integrazione della quota
base del Fondo per il finanziamento ordinario delle università”.
ENTI DI RICERCA
Per gli Enti di ricerca sono invece previsti quasi 8,8 milioni di euro in due
anni per assumere personale ricercatore e tecnologo con le stesse modalità di
cofinanziamento e anche qui una riserva del 50% dei posti per i precari Pnrr in
ruolo al 30 giugno 2025. “In termini concreti, si tratta di circa 240 posizioni,
ma anche in questo caso, non a caso, si prevede già che ci possano esser risorse
non utilizzate e le si destina, per ogni evenienza, ad integrazione del Fondo
Ordinario Enti ed Istituzioni di Ricerca” continua il sindacato.
UNIVERSITÀ PRIVATE
Altri 2 milioni di euro in due anni, con uguali modalità, sono previsti anche
per le università non statali con risorse che potranno permettere in questi
atenei di assumere tutti i ricercatori Pnrr. “A nostra memoria è la prima volta
che si prevede un piano straordinario anche delle università non statali”.
SPICCIOLI CON I TAGLI DEGLI ANNI SCORSI
La Flc Cgil traccia un bilancio pluriennale di tagli e sacrifici, a partire
dalla legge di Bilancio del 2025 che ha previsto per il 2025 un blocco del turn
over dei professori universitari al 75%, che per il 2026 si trasferiva ai
ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca. “Questo blocco ha
comportato per gli atenei una perdita di circa 50 milioni di euro e dal 2026
dovrebbe prevedere almeno 65 milioni di euro di trasferimenti annui dal sistema
università e ricerca al MEF”. E ancora, la cancellazione della coda del
cosiddetto “Piano straordinario Messa” che ha destinato agli aumenti stipendiali
del personale 50 milioni di euro dal 2025 e altri 50 milioni dal 2026 che
dovevano esser invece dedicati all’assunzione di nuovi professori, ricercatori e
personale tecnico amministrativo in deroga alle facoltà assunzionali (cioè,
aumentando gli attuali organici degli atenei). “Striminzita. Resta fuori una
ingente platea, tra assegni (prorogati e attivati anche per il Pnrr quando
ancora non erano implementati i Contratti di Ricerca che avrebbero dovuto
sostituirli) e precari “storici”. “A fronte di oltre 10.000 precari Pnrr in
espulsione da università ed enti di ricerca, di cui oltre 2.600 RTDa e oltre 300
TD, a fronte degli oltre 7.200 RTDa ancora in ruolo e in scadenza nei prossimi
due anni, a fronte dei 100 milioni di tagli attuati nel 2024 sul Piano
straordinario Messa e di un intervento garantito dalle opposizioni lo scorso
anno per il solo CNR di 10 milioni di euro, si prevede oggi un intervento
parziale per 1.900 posizioni, sostanzialmente finanziato con le risorse
provenienti dal taglio del turn over deciso nella legge di bilancio dello scorso
anno, di cui già oggi non si è sicuri che saranno effettivamente tutte bandite
per la necessità di un cofinanziamento nel quadro degli attuali organici”.
L'articolo Università, il “piano straordinario” per l’assunzione dei ricercatori
precari: lo stanziamento insufficiente e col trucco proviene da Il Fatto
Quotidiano.
La partita sulla manovra entra nella fase decisiva. Il voto sugli emendamenti in
commissione Bilancio al Senato dovrebbe iniziare in ritarado solo lunedì, con il
via libera definitivo destinato a slittare tra Natale e Capodanno. Nelle ultime
ore il governo ha depositato un nuovo pacchetto di riformulazioni che ritocca
misure sociali, fisco, assicurazioni e pubblico impiego, con interventi mirati
per contenere la spesa, trovare risorse aggiuntive o ammorbidire alcune strette
introdotte nel testo originario.
Sul fronte del welfare viene rivisto il meccanismo di rinnovo dell’assegno di
inclusione. La riformulazione riscrive l’articolo della legge di bilancio che
aveva cancellato la sospensione di un mese tra i primi 18 mesi di fruizione e la
proroga annuale. La continuità del beneficio viene mantenuta, ma il primo
assegno del rinnovo sarà dimezzato. Secondo la relazione tecnica, il risparmio
atteso per i conti pubblici è pari a circa 100 milioni di euro.
Sempre in ambito fiscale, ma con effetti diretti sulle famiglie, dal 1° gennaio
2026 salirà al 12,5% l’aliquota applicata alle polizze Rc auto per gli infortuni
del conducente e per l’assistenza stradale. Applicando i differenziali di
aliquota, pari al 10% per i premi relativi al rischio infortuni e al 2,5% per
quelli legati all’assistenza, il governo stima un maggior gettito di circa 115
milioni di euro su base annua.
Sul versante delle regole tributarie, una riformulazione interviene per far
saltare la stretta sulle indebite compensazioni. Viene infatti chiesta la
soppressione della modifica prevista dal ddl di bilancio che estendeva il
divieto di compensazione dei crediti agevolativi a nuovi ambiti, come i
contributi previdenziali e i premi Inail, oltre ai bonus edilizi, bloccando così
l’ampliamento delle limitazioni già previste per banche e intermediari
finanziari.
Per quanto riguarda il sostegno alle famiglie, dal 2026 viene istituito un fondo
da 20 milioni destinato a finanziare contributi comunali per l’acquisto dei
libri scolastici della scuola secondaria di secondo grado. Il beneficio è
riservato ai nuclei con Isee non superiore a 30mila euro e le modalità di
ripartizione saranno definite con un decreto del ministero dell’Interno di
concerto con il Mef e il ministero dell’Istruzione. Sempre sul fronte Isee, un
altro emendamento propone di innalzare da 91.500 a 120mila euro la soglia di
esclusione della casa di abitazione dal calcolo dell’indicatore, limitando però
l’intervento ai nuclei familiari residenti nelle città metropolitane.
Interventi rilevanti riguardano anche il funzionamento dell’amministrazione
finanziaria. Un emendamento riformulato amplia i margini per il trattamento
accessorio del personale delle Agenzie fiscali, consentendo di destinare agli
incentivi fino al 60% delle risorse disponibili, includendo anche quelle
derivanti dal miglioramento dei risultati di gettito. Una quota pari al 25% è
riservata alle fasce dirigenziali e alle posizioni organizzative. Dal 2026 sono
inoltre previsti stanziamenti aggiuntivi per il lavoro straordinario, pari a 5
milioni di euro per l’Agenzia delle Entrate e a 3 milioni per l’Agenzia delle
dogane e dei monopoli.
Sul fronte delle politiche abitative, un emendamento riformulato introduce un
fondo rotativo da 25 milioni complessivi, distribuiti tra il 2027 e il 2031,
destinato alla copertura del rischio di morosità incolpevole e del deposito
cauzionale nei contratti di locazione in caso di sopravvenuta impossibilità del
conduttore di adempiere ai pagamenti per cause non imputabili alla sua volontà.
La gestione della misura è affidata a Consap, tramite un apposito conto di
tesoreria.
Un emendamento del pacchetto dei riformulati prevede un piano straordinario di
reclutamento di ricercatori nelle università statali e non statali e negli enti
pubblici di ricerca vigilati dal Mur, tra cui Cnr, Inaf, Infn, Ingv, Ogs e
Inrim. Le assunzioni saranno finanziate con un cofinanziamento al 50% tra
ministero e singoli enti, per uno stanziamento complessivo di circa 60 milioni
di euro attraverso incrementi del Fondo di finanziamento ordinario delle
università e del Fondo ordinario per gli enti di ricerca. Le procedure saranno
concorsuali e prevedono una riserva del 50% dei posti per i ricercatori
attualmente impegnati su progetti Pnrr.
Resta infine aperto il confronto sulle risorse per l’emittenza locale. Il
ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ribadito la propria contrarietà
al taglio di 20 milioni di euro annui per il triennio 2026-2028 previsto da un
emendamento alla manovra, definendo la riduzione intollerabile e confermando il
parere negativo espresso dall’ufficio legislativo anche nella fase di
riformulazione.
L'articolo Manovra, assegno di inclusione dimezzato il primo mese dopo il
rinnovo. E sale l’aliquota Rc auto proviene da Il Fatto Quotidiano.
Giro di vite per la norma della legge di Bilancio, all’esame del Senato, che
vincola il saldo delle parcelle dei liberi professionisti che lavorano per la
pubblica amministrazione alla loro regolarità fiscale e contributiva. La
riformulazione del testo siglata dal ministero dell’Economia, arrivata giovedì
sera, estende infatti lo stop al pagamento a tutti gli emolumenti, inclusi
quelli dovuti da soggetti diversi dalla Pa per incarichi con compensi “a carico
dello Stato”.
Il presidente dell’Istituto nazionale tributaristi, Riccardo Alemanno, è
favorevole: “Avevo dichiarato già sulla norma originaria che ero assolutamente
d’accordo sul fatto che un professionista, come tutti i contribuenti, debba
pagare regolarmente imposte, tasse e contributi, che poi questa regolarità sia
anche condizione per ricevere i giusti compensi da parte della Pa”.
Ma nelle settimane passate, quando la disposizione meno restrittiva di quella
governativa era stata inserita nella manovra, le categorie ordinistiche avevano
protestato. Il presidente del Consiglio nazionale forense (Cnf) Francesco Greco
in una nota del 28 ottobre scorso aveva parlato di una norma “vessatoria e
discriminatoria nei confronti dei liberi professionisti”. Questo perché i
lavoratori dipendenti, “se inadempienti ai propri obblighi fiscali, anche di
importo rilevante, mantengono il diritto, ovvio e corretto, alla retribuzione”.
Ma è ben noto che la tendenza a evadere degli autonomi è ben superiore rispetto
a quella di chi è soggetto a sostituto di imposta.
Nei giorni scorsi, diversi esponenti parlamentari della maggioranza di
centrodestra avevano però sostenuto che la disposizione sarebbe stata
modificata, lasciando intendere che si sarebbe andati verso un ammorbidimento.
Ora le associazioni di categoria sono sul piede di guerra. “Abbiamo chiesto la
soppressione della norma contenuta in Legge di Bilancio e, invece, sembrerebbe
che sia ancora più stringente”, commenta la presidente di Confcommercio
professioni Anna Rita Fioroni, perché impone “di produrre la documentazione
comprovante la regolarità fiscale contestualmente alla presentazione della
fattura per le prestazioni rese alla Pubblica amministrazione”, “una condizione
vessatoria”. “Ci domandiamo il perché di questa prova ‘diabolica’ a carico dei
professionisti, quando a nessun altro viene chiesta. Peraltro già oggi c’è una
previsione vigente che inibisce il pagamento di somme superiori a 5.000 euro, se
ci sono importi iscritti a ruolo a carico del professionista”.
“La meritoria e improcrastinabile attenzione alla regolarità fiscale e
contributiva non credo debba porre discriminazioni in termini di diritto tra
lavoratori autonomi e subordinati”, aggiunge il presidente dell’Adepp,
l’Associazione delle Casse previdenziali private, e dell’Enpam (l’Ente
pensionistico dei medici e degli odontoiatri) Alberto Oliveti. La “lotta
all’evasione va portata avanti, ma ciò deve avvenire nei confronti di tutti”.
L'articolo Si rafforza la stretta sui compensi pubblici ai professionisti che
hanno irregolarità fiscali proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo giorni di stallo, entro giovedì sera sono attesi in commissione al Senato
gli emendamenti del governo alla manovra, che riformulano alcune delle proposte
di maggioranza. Non senza sorprese. La tassa da 2 euro sui piccoli pacchi fino a
150 euro di valore riguarderà infatti anche quelli che partono da e arrivano in
Italia: una mossa in parte obbligata, secondo Il Sole 24 Ore, per evitare che il
balzello di traduca in un dazio di competenza Ue, ma che promette di suscitare
non poche proteste perché in questo modo l’esecutivo di centrodestra danneggerà,
per quanto marginalmente, anche le aziende nazionali. Dovrebbe poi essere
immediato e non graduale il raddoppio della Tobin tax: l’imposta sulle
transazioni finanziarie passerebbe infatti nel 2026 dallo 0,2% allo 0,4%. Il
tutto per scongiurare l’aumento della tassazione sui dividendi incassati da
società partecipate, che pure lo stesso governo aveva inserito nella versione
originaria del ddl di Bilancio.
Sull’altro tema caldo, gli affitti brevi, tramonta l’aumento della cedolare
secca a partire dal primo immobile messo in locazione attraverso portali online,
questione del tutto secondaria dal punto di vista del gettito che aveva però
scatenato le ire di Forza Italia e Lega. La prima casa continuerà a godere anche
nel 2026 della cedolare secca al 21%, sulla seconda la tassa sarà al 26% mentre
in caso di terza casa si passerà direttamente alla tassazione sul reddito di
impresa, finora prevista a partire dal quinto immobile. La nuova versione della
misura dovrebbe auto-compensarsi grazie alla definizione di attività di impresa
anticipata alla terza casa.
Il voto sugli emendamenti dovrebbe iniziare nel weekend e procedere a tappe
forzate per consentire l’approdo del testo in aula lunedì 15 dicembre. Le
opposizioni hanno protestato per il – solito – esautoramento del Parlamento, che
non toccherà palla o quasi. “A cinquanta giorni dall’approvazione in Consiglio
dei ministri, il testo continua a vagare per i corridoi del ministero
dell’Economia”, ha ribadito mercoledì Anna Ascani, vicepresidente della Camera e
deputata dem. Il Parlamento è “ridotto a passacarte di una manovra imbarazzante
che, quando la destra verrà fuori finalmente dalla palude dei suoi conflitti,
sarà blindata”.
L'articolo Manovra, in arrivo emendamenti del governo. Tassa sui piccoli pacchi
anche per quelli che partono dall’Italia e raddoppio della Tobin tax proviene da
Il Fatto Quotidiano.
Palazzo Chigi mette la firma sul raddoppio a 10mila euro del tetto al contante,
previsto da un emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra presentato qualche
settimana fa. La presidenza del Consiglio ha infatti segnalato al ministero
dell’Economia la proposta che prevede l’introduzione di un’imposta speciale di
bollo da 500 euro sui pagamenti cash da 5.001 a 10mila euro, oggi vietati. Una
misura che equivale di fatto ad aumentare il limite, portato a 5mila euro da
Giorgia Meloni subito dopo l’arrivo al governo.
Mentre il centrodestra si arrovella sulla legge elettorale più consona a
favorirlo alle Politiche del 2027, ecco dunque che rispunta la tentazione di
lanciare un messaggio amichevole a chi prospera nel sommerso. Poco importa se
già nel 2023, primo anno pieno di Meloni a Chigi, stando alle analisi dell’Istat
il nero si è allargato del 7,5% rispetto all’anno prima toccando la cifra record
(se si considerano anche le attività illegali) di 217,5 miliardi di euro. Con la
sola economia sommersa (cioè al netto delle attività illegali) a quota 198
miliardi di euro, in crescita di 14,9.
La misura è accompagnata da qualche paletto come l’obbligo di emettere fattura
anche se l’operazione di per sé non lo richiede. Ma è evidente che molti
fornitori di servizi saranno tentati di proporre l’usuale scambio che sta dietro
alla cosiddetta evasione con consenso: “Facciamo 5.600 con la fattura o 5.100
senza?”. Tanto più che la fascia tra 5mila e 10mila euro è quella in cui
ricadono molti lavori edilizi e prestazioni professionali una tantum.
Pd e Avs attaccano. “Evidentemente il governo è così disperato e non sa più cosa
fare per racimolare risorse. E nella maggioranza si contendono un po’ di
consenso, pescando nello stesso stagno dei loro elettori”, dice il presidente
dei senatori dem Francesco Boccia. “Quella di Palazzo Chigi non è una scelta
neutra. È un messaggio politico. Per raschiare il barile si fa un favore agli
evasori, non ai cittadini onesti. Si da un incentivo all’illegalità, non alla
crescita. Si fa un passo indietro nella storia del Paese”.
Per Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde, “la destra
torna a colpire nello stesso punto: invece di tutelare il lavoro e i lavoratori,
alza il tetto al contante e apre nuovi spazi al sommerso. Portare la soglia a
10mila euro è un favore diretto agli evasori, un incentivo all’economia in nero,
un passo indietro nella lotta all’illegalità. Un provvedimento che facilita il
riciclaggio e che diventa, di fatto, un regalo alle mafie. Ennesimo favore alla
cultura dell’impunità fiscale che sta distruggendo la giustizia sociale in
Italia”.
L'articolo Raddoppio del tetto al contante, il governo dice sì. Pd: “Incentivo a
evasione e illegalità”. Avs: “Facilita il riciclaggio” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Interessata a spegnere l’eco delle tensioni post regionali, Giorgia Meloni
mercoledì ha tentato di ricompattare la maggioranza trovando la quadra sui nodi
della manovra. Uno dei primi punti di caduta della trattativa riguarda il
dossier affitti brevi. L’accordo prevede che sul primo immobile affittato a fini
turistici continui ad applicarsi la cedolare secca al 21%, senza distinzione tra
chi gestisce direttamente l’affitto e chi si affida a intermediari immobiliari o
piattaforme digitali. L’aumento al 26% previsto dalla prima versione del ddl di
Bilancio scatterà solo dal secondo appartamento, mentre dal terzo in poi –
ricorda Il Sole 24 Ore – l’attività sarà considerata di natura imprenditoriale,
con conseguente obbligo di aprire la partita Iva. Una soluzione che risponde
alle richieste di Forza Italia e Noi Moderati.
In attesa del voto sugli emendamenti atteso per la prossima settimana, resta
irrisolta la questione delle coperture. Per sostenere le richieste dei partiti,
come emerso dopo il vertice a Palazzo Chigi, servirebbe circa un miliardo. Tra
le possibili fonti di introiti aggiuntivi, oltre alla “tassa sull’oro” che però
garantirebbe entrate limitate, l’aumento graduale dell’aliquota sulle
transazioni finanziarie nota come Tobin Tax: un emendamento di FdI propone di
portarla – per i trasferimenti di azioni – dal 2% attuale allo 0,3% dal 2027,
allo 0,35% nel 2028 e 0,4% dal 2029.
Secondo Il Sole tra le intese raggiunte ieri c’è anche la riscrittura della
norma che prevedeva l’esclusione dalla base imponibile del 95% dei dividendi
incassati da un’altra società solo per chi detiene almeno il 10% del capitale
della partecipata. Per l’accesso al regime che esenta da imposizione gran parte
dei dividendi derivanti dal possesso di partecipazioni societarie arriverà
invece una doppia soglia. Per godere dell’esenzione occorrerà possedere almeno
il 5% e mantenere la partecipazione per almeno tre anni.
Più fragile l’ipotesi della tassa da 2 euro sui mini-pacchi extra Ue. Mentre
verrà con tutta probabilità ritirato l’emendamento sull’“oro alla patria”,
quello che attribuiva formalmente allo Stato la proprietà delle riserve della
Banca d’Italia, che aveva attirato l’attenzione del Quirinale e avrebbe potuto
aprire contenziosi con la Bce.
Restano aperti altri dossier sensibili: la modifica allo stop alle compensazioni
tra crediti d’imposta e contributi previdenziali, assunzioni nelle forze
dell’ordine e ulteriore aumento dell’Irap sulle grandi banche con una franchigia
per gli istituti minori. Su questo fronte nel pomeriggio il governo incontrerà i
rappresentanti del mondo delle banche, delle assicurazioni e delle imprese per
fare il punto.
L'articolo Manovra, la cedolare sugli affitti brevi resta al 21% sul primo
immobile. Verso il ritiro la proposta sull’oro di Bankitalia proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Un nuovo vertice di maggioranza sulla manovra è in corso a Palazzo Chigi.
L’incontro, con la premier Giorgia Meloni, era stato annunciato al termine della
riunione di giovedì scorso con i leader del centrodestra, il ministro
dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il viceministro Maurizio Leo e i capigruppo
al Senato. Servirà per decidere quali emendamenti verranno votati dalla
commissione Bilancio la prossima settimana. Sul tavolo c’è intanto l’esito della
prima selezione sulle 414 proposte segnalate da maggioranza e opposizione. La
presidenza ne ha dichiarate inammissibili 105: 18 per estraneità di materia e 87
per assenza di coperture. Le forze politiche avranno 24 ore per sostituire le
prime, mentre le seconde potranno essere riformulate per garantire la
sostenibilità finanziaria.
Passa in larga parte il pacchetto sulla sanatoria edilizia, con tre emendamenti
ammessi e uno bocciato. A cadere, per coperture, è la proposta che imponeva ai
Comuni il rilascio obbligatorio dei titoli edilizi in sanatoria entro il 2026.
Via libera invece alle altre tre versioni della maggioranza. Sopravvivono al
vaglio anche la rottamazione allargata proposta dalla Lega e la tassa sull’oro
da investimento, uno dei dossier più delicati nelle trattative interne al
centrodestra. Restano in piedi la proposta di Forza Italia – firmata da Maurizio
Gasparri – che introduce un’imposta sostitutiva del 13% sulla rivalutazione
dell’oro da investimento, a compensazione della soppressione della norma sui
dividendi e l’emendamento della Lega che prevede un’aliquota al 12,5%. Via
libera poi alla proposta sull’aumento della Tobin Tax e a quella di FdI, a firma
di Lucio Malan, che stabilisce che le riserve auree della Banca d’Italia
“appartengono allo Stato, in nome del Popolo Italiano”.
Non passa invece l’emendamento della Lega sul Mes, che prevedeva di aumentare di
5 miliardi l’anno dal 2026 al 2028 il Fondo per la riduzione della pressione
fiscale finanziando l’operazione con la cessione delle quote italiane nel
Meccanismo europeo di stabilità. Una delle battaglie simboliche del senatore
Claudio Borghi, che ha anticipato: “Se è un problema di coperture, lo
sistemeremo”. Salta anche l’emendamento presentato da Fratelli d’Italia che
allargava la detassazione sui rinnovi contrattuali applicandola anche agli
accordi sottoscritti nel 2024 e ai redditi fino a 35mila euro. La proposta a
prima firma Mancini è stata giudicata inammissibile per problemi di coperture.
Bocciato pure l’emendamento della Lega che riscriveva il Piano Casa, dando
priorità ai giovani, alle giovani coppie, ai separati e agli anziani. La
proposta a prima firma Romeo stanziava risorse già dal prossimo anno, per
complessivi 877 milioni fino al 2030. Le risorse per il 2026 erano attinte per
la stragrande maggioranza (100 milioni su 122) dal Fondo per interventi
strutturali di politica economica. Allo stesso tempo si prevedeva che sia per il
Piano casa che per il contrasto al disagio abitativo potessero essere utilizzate
risorse derivanti dalle rimodulazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale –
Fesr nel ciclo 2021-2027. L’inammissibilità è proprio per assenza di coperture
adeguate.
La presidenza ha dichiarato inammissibile anche l’emendamento della senatrice
Micaela Biancofiore (Civici d’Italia) che trasferiva la responsabilità civile
per i danni ai pazienti direttamente ai medici, al posto delle aziende
sanitarie. Cade anche la proposta di Lega e Forza Italia che escludeva dal tetto
alle retribuzioni pubbliche i compensi dei manager delle società quotate a
controllo statale: per la Commissione si tratta di materia estranea al perimetro
della legge di Bilancio.
L'articolo Manovra, stop a 105 emendamenti. Ammissibili tre proposte di condono
edilizio, rottamazione allargata e tassa sull’oro da investimento proviene da Il
Fatto Quotidiano.
La Legge di Bilancio 2026 ha esteso a fino al 31 dicembre 2028 il credito
d’imposta Zes Unica. L’agevolazione, rivolta alle aziende che decidono di
investire nel sud Italia, è stata prorogata per il prossimo triennio: per
coprire gli investimenti in beni strumentali che effettueranno le aziende è
stato previsto uno stanziamento pari a circa 4 miliardi di euro.
Il legislatore ha anche definito quali debbano essere le tempistiche per
effettuare gli interventi e quando debba essere trasmessa all’Agenzia delle
Entrate la comunicazione contenente il rendiconto dettagliato degli interventi
effettuati.
CREDITO D’IMPOSTA ZES UNICA, INVESTIMENTI INCENTIVATI FINO AL 2028
Ad introdurre il credito d’imposta Zes Unica è stato il Decreto Legge n.
124/2023: questa agevolazione, prorogata dalla manovra 2026, è rivolta alle
imprese che hanno investito in beni strumentali nella zona economica speciale
per il Mezzogiorno, al cui interno sono comprese Campania, Puglia, Basilicata,
Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo.
Da quanto si apprende dal ddl di Bilancio bollinato dalla Ragioneria Generale
dello Stato verranno stanziati circa 4 miliardi di euro per coprire
finanziariamente l’agevolazione fino al 31 dicembre 2028. Entrando nello
specifico è prevista l’erogazione di 2,3 miliardi per il 2026, 1 miliardo per il
2027 e 750 milioni per il 2028. A questi importi si aggiungono i 2,2 miliardi di
euro che la manovra 2025 ha stanziato per quest’anno.
Ai fini pratici viene esteso il periodo entro il quale è possibile effettuare
gli investimenti: a quelli che sono stati effettuati nel periodo compreso tra il
1° gennaio ed il 15 novembre 2025 si andranno ad aggiungere quelli che le
imprese effettueranno nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2026 ed il 31
dicembre 2028.
LE COMUNICAZIONI VANNO EFFETTUATE FINO AL 30 MAGGIO
Per accedere al credito d’imposta Zes il legislatore ha confermato le stesse
modalità già operative e che le imprese conoscono già. Per poter fruire del
credito d’imposta Zes nel corso del 2026, è necessario che i diretti interessati
comunichino all’Agenzia delle Entrate l’ammontare delle spese ammissibili che
sono state sostenute a partire dallo scorso 1° gennaio 2025 e che prevedono di
sostenere fino al 31 dicembre 2026.
Sempre che non intervengano delle novità all’ultimo momento nel corso dell’esame
parlamentare della Manovra, la finestra temporale per inviare la comunicazione
si aprirà il prossimo 31 marzo per chiudersi al 30 maggio 2026.
Rimangono confermate anche le tempistiche nel corso degli anni successivi: gli
investimenti che sono stati effettivamente completati devono essere dichiarati –
per non perdere l’agevolazione – nella comunicazione integrativa che deve essere
inviata tra il 3 gennaio ed il 17 gennaio di ogni anno. Significa che per gli
investimenti realizzati nel corso del 2026 la finestra di riferimento per la
trasmissione della comunicazione integrativa è il 2027.
LA COMUNICAZIONE INTEGRATIVA
All’interno di questa comunicazione deve essere contenuta l’indicazione
dell’ammontare del credito d’imposta maturato in relazione agli investimenti che
sono stati realmente effettuati, dei quali le aziende devono essere in possesso
delle fatture elettroniche e degli estremi delle certificazioni che sono state
previste dal decreto del 17 maggio 2024 del Ministro per gli affari europei, il
Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
Nella comunicazione integrativa dovrà essere indicato un ammontare di
investimenti effettivamente realizzati che non deve essere superiore a quelli
indicati all’interno della comunicazione provvisoria.
I modelli da utilizzare per effettuare queste comunicazioni e le modalità di
trasmissione telematica verranno messi a disposizione direttamente dall’Agenzia
delle Entrata, che emanerà un provvedimento entro 30 giorni dall’entrata in
vigore della Legge di Bilancio 2026.
Ogni singolo beneficiario potrà usufruire di un importo massimo pari al credito
d’imposta che risulta dalla comunicazione integrativa moltiplicato per la
percentuale che la stessa AdE provvederà ad annunciare ogni anno con un apposito
provvedimento.
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quali investimenti copre proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il bonus genitori separati o divorziati è un contributo per sostenere le spese
di affitto. Partirà dal prossimo 1° gennaio ed è una delle novità previste dal
ddl di Bilancio, che crea un fondo da 20 milioni di euro per sostenere le
famiglie che stanno attraversando dei periodi di fragilità finanziaria. E,
soprattutto, con l’intento di dare una mano a quanti fanno fatica a far fronte
alle spese per l’alloggio.
BONUS GENITORI SEPARATI, A CHI È DESTINATO
Il bonus genitori separati è destinato a madri e padri che non hanno conservato
l’assegnazione della casa familiare e, da un punto di vista strettamente
fiscale, hanno a carico figli con un’età inferiore a 21 anni. Siamo davanti ad
una precisazione rilevante, perché aiuta a restringere la categoria di genitori
a cui è destinato il contributo, che oltre ad essere divorziati si trovano in
una posizione finanziaria debole. Quanti sono costretti ad abbandonare
l’abitazione coniugale, infatti, si trovano nella situazione di dover trovare un
nuovo alloggio, ma allo stesso tempo devono contribuire al sostentamento dei
figli.
Ma che cosa si intende per figli a carico? Sono quelli che, in base alla
normativa fiscale, non superano alcuni limiti di reddito individuale: devono
avere un reddito annuo inferiore a 4.000 euro al lordo degli oneri deducibili.
COME DEVE ESSERE RICHIESTO IL CONTRIBUTO
Le modalità operative attraverso le quali verrà attuato il bonus saranno
delineate attraverso un apposito decreto, che verrà emanato dal ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con quello dell’Economia e delle
Finanze. Nel provvedimento verranno specificati, in modo dettagliato, i criteri
per accedere, le procedure per inoltrare le domande, le somme che verranno
effettivamente riconosciute ai richiedenti e le soglie reddituali per poter
richiedere il contributo.
Stando alle prime indiscrezioni il sistema si dovrebbe basare su un modello a
domanda: questo significa che i genitori interessati ad ottenerlo dovranno
presentare un’istanza formale di richiesta, alla quale dovranno essere allegati
i documenti utili a dimostrare quale sia la propria condizione economica.
COME VERRÀ EROGATO
Deve essere chiarito anche in quale forma verrà erogato: il contributo potrebbe
concretizzarsi in un versamento una tantum o con periodicità regolare o come
un’agevolazione fiscale in grado di ridurre il peso delle imposte che il
genitore deve versare.
L’intervento dovrà rispettare il tetto di spesa stabilito in 20 milioni di euro
annui e dovrebbe attestarsi a 800 euro al mese, se dovesse essere confermato
l’importo erogato in passato.
Ufficialmente il nuovo contributo dovrebbe partire dal prossimo 1° gennaio 2026,
ma non è detto che le richieste possano essere inviate fin da inizio anno. È
necessario attendere la pubblicazione del decreto attuativo, che è atteso nel
corso dei primi mesi del prossimo anno.
QUALI DOCUMENTI SARANNO NECESSARI
Dato che il contributo sarà erogato fino ad esaurimento fondi, è bene prepararsi
fin da subito per presentare la domanda. I documenti da raccogliere per accedere
al bonus genitori separati sono la sentenza di separazione o divorzio,
l’attestazione di pagamento dell’affitto della nuova abitazione, i documenti
fiscali dei figli a carico e l’Isee aggiornato.
Riuscire ad avere la documentazione a disposizione il prima possibile permetterà
di inoltrare la richiesta del contributo velocemente e aumentare le possibilità
per ottenerlo, dato che il fondo si potrebbe esaurire rapidamente.
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carico e deve pagarsi un affitto proviene da Il Fatto Quotidiano.