
Davanti alle crescenti disuguaglianze, una patrimoniale non sarebbe altro che una misura di salute pubblica
Il Fatto Quotidiano - Thursday, November 27, 2025di Sara Gandini e Paolo Bartolini
L’1% più ricco della popolazione mondiale detiene una ricchezza maggiore di quella complessivamente posseduta dal 95% più povero. E le disparità economiche continuano a crescere: da un lato aumentano le persone che scivolano nella povertà, dall’altro cresce anche il numero dei grandi ricchi, con una concentrazione di patrimonio senza precedenti.
Negli ultimi anni la povertà è tornata a crescere in modo preoccupante anche in Italia. Il nuovo Rapporto Caritas 2025 mostra come fasce sempre più ampie della popolazione scivolino ai margini, spesso invisibili alle narrazioni ufficiali. La povertà assoluta coinvolge ormai milioni di persone: un segnale inequivocabile di un sistema economico che non redistribuisce, non protegge e non garantisce più le condizioni di base per una vita dignitosa.
Per affrontare queste inaccettabili contraddizioni anche l’Oxfam suggerisce con vigore di adottare una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Tassare i ricchi e ristabilire la progressività fiscale non è uno slogan comunista ma è un principio indicato dalla nostra Costituzione. E paradossalmente la maggioranza dei cittadini che sta lentamente scivolando verso la soglia della povertà teme queste proposte perché non si fida delle istituzioni. Eppure, mai come oggi, mentre l’establishment insiste con il riarmo e l’economia di guerra, si tratta di rianimare un principio fondamentale per chiunque voglia ridare a parole come socialismo e democrazia il loro senso più pieno: ridistribuire la ricchezza verso il basso e far pagare di più a chi ha accumulato patrimoni ingenti approfittando delle diseguaglianze fomentate dal neoliberismo imperante.
Una cultura democratica e solidale non può rinunciare a riflettere in modo serio sulla differenza scandalosa di ricchezza tra i pochi e i moltissimi, diseguaglianze che aumentano nel tempo e che la pandemia ha fatto esplodere. E’ evidente che il mito del “libero mercato” si rivela per quello che è: retorica funzionale alla conservazione dei privilegi e a ostacolare qualsiasi politica economica a favore dei ceti deboli. La lotta di classe, come ricordò prima di morire il sociologo Luciano Gallino, è stata momentaneamente vinta da multinazionali, centri finanziari e ricca borghesia.
Ma invertire la tendenza è decisivo, non solo per una questione di equità minima, ma anche per trovare denaro da investire nella sanità pubblica e in tutti i campi della vita associata che necessitano di un sostegno pubblico. In un mondo dove suona come un’eresia porre un tetto massimo alle ricchezze e adottare una patrimoniale che possa dare respiro alle casse dello Stato, bisogna avere il coraggio di ripensare la vera opposizione che conta: quella tra chi ha troppo e chi ha troppo poco.
Le disuguaglianze economiche non producono solo ingiustizia sociale, ma anche un evidente divario nella salute. Le ricerche mostrano che chi appartiene ai ceti più poveri si ammala e muore di più di tumori evitabili. Redistribuire ricchezza, quindi, significa potenziare prevenzione, educazione sanitaria e accesso alle cure: una patrimoniale sulle grandi fortune non è un atto punitivo, ma una misura di salute pubblica capace di ridurre le “morti di classe” che il neoliberismo ha reso strutturali.
Anche l’istruzione, che protegge da molti fattori di rischio e favorisce un uso più consapevole dei servizi sanitari, è distribuita in modo profondamente ineguale. Chi nasce in famiglie povere ha più probabilità di ammalarsi, di essere diagnosticato tardi e di curarsi peggio. Tra l’altro va ricordato che si laurea solo il 12% dei figli di non laureati mentre se almeno un genitore ha la laurea il 75% dei figli arriva alla laurea. Inoltre al liceo classico ci va solo l’8,3% di ragazzi che provengono da famiglie di classi sociali più basse e solo il 13% di studenti che viene da famiglie di classi medio-alte. Si tratta di discriminazioni sistemiche che si alimentano a vicenda.
Una patrimoniale progressiva può finanziare stabilmente sia sanità sia scuola pubblica, interrompendo questo ciclo e trasformando la ricchezza concentrata nelle mani di pochi in maggiore aspettativa di vita per tutti. Investire in prevenzione e istruzione non è un costo, ma la condizione per ridurre davvero il peso di malattie che hanno un costo economico enorme per la sanità pubblica.
Una patrimoniale, ovviamente, non basta da sola: richiede trasparenza e un chiaro indirizzo politico che destini le risorse alla prevenzione, alla medicina territoriale, e rilanci il sistema scolastico. Le obiezioni sulla “fuga dei capitali” vanno affrontate ricordando che molti paesi adottano forme di tassazione patrimoniale senza danni economici.
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