Garlasco | Il dna sulle unghie, l’impronta sul muro, lo scontrino, le telefonate: quali sono (ad oggi) gli indizi contro Sempio

Il Fatto Quotidiano - Saturday, November 29, 2025

Il dna sulle unghie di Chiara Poggi, la vittima. L’impronta 33, cioè una parte del palmo della mano, rimasta su una parete delle scale che portano nel seminterrato. Le telefonate anomale a casa Poggi nei giorni precedenti al delitto. Il biglietto del parcheggio di Vigevano presentato come alibi, non richiesto da nessuno. Sullo sfondo la presunta corruzione dell’ex procuratore facente funzioni Mario Venditti per l’archiviazione dell’inchiesta del 2017. Corre lungo questi paletti il filo che raccoglie al momento l’insieme di indizi che la Procura di Pavia rafforzano la propria ipotesi accusatoria nei confronti di Andrea Sempio come vero responsabile del delitto di Garlasco. Di tutte queste circostanze si è scritto in lungo e in largo: saranno sufficienti per sostenere un processo davanti alla Corte d’Assise o addirittura, prima, ottenere il rinvio a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare? Quello che si sa è che entro la primavera del 2026 la Procura è intenzionata a chiedere di mandare a processo il commesso di 37 anni, amico d’infanzia di Marco Poggi, fratello della vittima. La domanda è se davvero il quadro dell’accusa si poggia su questi elementi – alcuni dei quali almeno contestabili dalle difese e, per la linea avuta fin qui, anche dalle parti civili – o se ce ne sono altri rimasti finora coperti che eventualmente avrebbero bisogno di queste altre circostanze diventate note – il dna, il biglietto, l’impronta sul muro – solo per rafforzare la ricostruzione dei magistrati in questa inchiesta a distanza di 18 anni dal fatto. E in questa direzione andrebbero anche la nuova “Bpa“, l’analisi delle tracce di sangue effettuata con le più moderne tecnologie, e la consulenza medico legale che la Procura ha affidato da una delle esperti più autorevoli nel suo campo, Cristina Cattaneo.

Quello che è possibile “fermare” è che il dna non può essere la prova regina, anzi forse è scorretto chiamarla anche prova: è un fatto che è il risultato dell’incidente probatorio – quindi col contraddittorio tra le parti – e verrà portata come tale dentro l’eventuale dibattimento, ma è probabile che il dibattito che ne nascerà è “come” quel dna è finito sulle unghie di Chiara Poggi perché la difesa già solleva la questione della contaminazione da contatto. Ad ogni modo la perita del tribunale Denise Albani ha fissato un concetto rispetto alle sue analisi sulle unghie: quel dna è di un individuo maschile del ramo paterno della famiglia Sempio: padri, zii, cugini. Il problema è che nessuno dei familiari di Andrea Sempio è mai stato nella villetta di Garlasco, ad eccezione del giovane che al momento è l’unico iscritto (noto) nel registro degli indagati. I legali della famiglia Poggi insistono che si tratta di “un dato scientifico non attendibile” e di valori “non consolidati” perché non replicabili. Gli avvocati di Sempio sostengono già da tempo che il giovane frequentava la villetta assiduamente e la vittima può aver toccato un oggetto con cui Sempio era entrato in contatto in precedenza. Un argomento che i pm e i carabinieri che conducono l’indagine sarebbe smentito dalla circostanza che sulle stesse unghie non ci fosse materiale genetico né dei familiari stretti né dell’allora fidanzato di Chiara Alberto Stasi, che è stato con lei sicuramente fino alla sera prima ed è oltretutto condannato in via definitiva per quel delitto e quindi – per la giustizia italiana – unico responsabile.

Ora indiscrezioni dei giornali parlano anche della ricostruzione del possibile movente del delitto. I passaggi da qui alla conclusione delle indagini (che potrebbe essere all’inizio dell’anno) riguardano altri accertamenti della Procura di Brescia sul filone della corruzione del magistrato che chiese l’archiviazione, Venditti. E dall’altra parte, quasi a specchio, proseguirà la raccolta di testimonianze di persone informate dei fatti a Pavia: il carabiniere Silvio Sapone è già stato sentito due volte, sono stati ascoltati gli avvocati di Sempio nel 2017 (Massimo Lovati, Federico Soldani e Simone Grassi), è stato verbalizzato il racconto dell’ex pm Giulia Pezzino (che era co-titolare del fascicolo di 8 anni fa). Ora toccherà a Laura Barbaini, la ex sostituta pg della Corte d’appello di Milano che al processo di secondo grado chiese e ottenne la condanna di Stasi e che dovrà chiarire per quale motivo inviò carte riservate alla Procura di Brescia e due memorie dettagliate a Venditti che era in procinto di chiudere le indagini.

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