
Giornata Mondiale del Suolo, Paolo Pileri (Politecnico Milano): “Destra e sinistra unite nell’aggirare le norme sul consumo”
Il Fatto Quotidiano - Wednesday, December 3, 2025Strumentalizzato come pretesto per promuovere condoni, aumento delle cubature, aumento delle rendite immobiliari: il contrasto al consumo di suolo oggi è sempre più la ‘foglia di fico’ per legittimare speculazioni edilizie invece che un vero recupero sociale e ambientale. Grazie, anche, a un quadro normativo ambiguo e lacunoso, a partire dall’assenza di una legge nazionale coerente. A lanciare l’allarme – in vista della Giornata Mondiale del Suolo, venerdì 5 dicembre, quest’anno dedicata proprio ai suoli urbani – sono architetti, urbanisti, esperti di suolo e del suo consumo. “È vero, oggi la difesa del suolo può diventare una scusa per mascherare altre attività sul territorio chiaramente speculative”, afferma Luigi De Falco, architetto, ex assessore all’Urbanistica di Napoli e già vicepresidente nazionale di Italia Nostra, di cui è membro. “I condoni sono una piaga ciclica. Prendiamo il Salva Milano: nel testo si parlava di ‘salvaguardare’ quanto realizzato, senza fare consumo di suolo grazie alla verticalità. In realtà non si fa che tutelare gli interessi della speculazione fondiaria”. “È un paradosso”, spiega a sua volta Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano e uno dei massimi esperti di consumo di suolo (il suo ultimo libro per Laterza è Dalla parte del suolo. L’ecosistema invisibile). “La rigenerazione ‘dopata’ viene fatta passare come medicina contro il consumo di suolo. È una pratica che attraversa la destra e la sinistra, unite pur di non fermare il consumo di suolo e unite anche nell’usare incredibile fantasia per aggirare le norme. Persino la nuova moda della ‘depavimentazione’, che dovrebbe liberare suolo, finisce per consumarne altro”.
Le conseguenze, come mette in luce l’ultimo Rapporto su Consumo di Suolo relativo al 2024 a cura di ISPRA e del Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), sono drammatiche anche in termini di microclima urbano: le analisi sull’isola di calore urbana mostrano differenze di temperatura tra aree urbane e rurali che superano i 10°C, con picchi di +11,3°C al Nord. La vegetazione urbana si conferma fondamentale: nei quartieri dove la copertura arborea supera il 50%, le temperature sono fino a 2,2°C più basse. Insomma, più suolo consumato, più caldo asfissiante nelle nostre città.
2024: anno tragico per il consumo di suolo
Un altro paradosso che l’ultimo Rapporto Ispra mette in evidenza è una contraddizione relativa al rapporto tra crescita della popolazione e consumo di suolo: aumentano le superfici artificiali anche se la popolazione residente è stabile e decresce. Su questo fronte segnala un’emergenza relativa al Sud Italia Damiano Di Simine, responsabile Suolo Legambiente. “Stiamo osservando un aumento del consumo di suolo nel Meridione, dove la popolazione diminuisce di più. Ma non è difficile immaginare il perché: dove i sindaci sono con l’acqua alla gola arriva spesso chi punta a operazioni immobiliari speculative, che espandono le periferie ma non fermano l’emigrazione verso il nord, né l’abbandono dei centri storici, né la turistificazione di massa”.
Tornando al Rapporto Ispra, gli ultimi dati relativi al 2024 sono a dir poco allarmanti: sono 83,7 i km² di territorio trasformato in aree artificiali, con un incremento del 15,6% rispetto al 2023. Detto altrimenti, si tratta di 2,7 m² al secondo, pari a quasi 230.000 m² al giorno. La crescita è solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari a poco più di 5 km², portando il consumo netto a 78,5 km², il valore più alto degli ultimi dodici anni. Il suolo consumato da infrastrutture, edifici e altre coperture artificiali è arrivato 7,17% del territorio italiano, contro una media europea del 4,4%. Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%) sono le regioni con maggiore copertura artificiale.
Un altro dato riguarda il consumo di suolo all’interno delle aree a pericolosità idraulica (+1.303 ettari in zone a pericolosità media) e nelle aree a pericolosità di frana (+608 ettari). Aumenta il suolo consumato dai pannelli fotovoltaici a terra (+1.702 ettari, di cui l’80% su superfici precedentemente utilizzate ai fini agricoli), in forte aumento rispetto ai 420 ettari rilevati nel 2023. Negli ultimi anni inoltre si sono persi 37 ettari a causa dell’espansione dei data center, infrastrutture digitali e servizi cloud.
Leggi che non ci sono, leggi che ci sono ma non funzionano
L’Italia non ha una legge nazionale sulla riduzione del consumo di suolo e sulla rigenerazione urbana. “Esistono però leggi regionali, ad esempio in Emilia Romagna, Veneto, Campania e Puglia”, spiega Pileri, “ma non sono leggi che fermano il consumo di suolo”. Anche per Di Simine “le leggi regionali sono inefficaci perché non affrontano il nodo delle immense previsioni di espansione che sono in pancia ai piani urbanistici dei Comuni: del resto la legge urbanistica ancora vigente risale al 1942, una norma che ha svolto bene il ruolo di accompagnare il boom economico e demografico del dopoguerra, ma che è inadatta ad affrontare le priorità di tema dell’adattamento climatico”. Per De Falco non serve tuttavia parlare di rigenerazione urbana perché già la legge del 1942 prevede la ristrutturazione urbanistica. “Non abbiamo necessità di nuovi strumenti di legge, il problema semmai è che l’applicazione è sempre stata distorta”.
Sicuramente importantissimo, a detta di tutti, è il nuovo Regolamento europeo sul ripristino della natura, perché, spiega Paolo Pileri, “afferma finalmente che il suolo è un ecosistema terrestre, mettendo in crisi l’architettura giuridica del nostro Paese, dove il suolo dal Testo unico ambientale non è definito tale. Il problema”, continua, “è che questa legge impone il ripristino del 30% degli ecosistemi danneggiati entro il 2030, ma se da un lato si ripristina e dall’altro si continua a consumare, che senso ha?”. L’altro elemento giuridico nuovo è la Direttiva sul monitoraggio del suolo, approvata lo scorso ottobre dal Parlamento europeo. Si tratta di un provvedimento atteso da vent’anni. “Purtroppo” spiega Di Simine, “stabilisce finalmente il principio che anche il suolo è oggetto del diritto ambientale della UE, ma non introduce strumenti di tutela legislativa, che restano in capo agli Stati membri”.
Pianificare. E aumentare la consapevolezza pubblica sul tema
Cosa si può fare, dunque? Legge a parte, secondo Ispra la risposta al consumo di suolo sta in due mosse: contenere l’espansione urbana e infrastrutturale da un lato e promuovere il ripristino ecologico e la resilienza territoriale dall’altro. Per De Falco, “serve realizzare una seria pianificazione urbanistica, che è sempre stato il manifesto di Italia Nostra. Quella è la priorità, non l’intervento puntuale che, aggirando la pianificazione, garantisce solo gli interessi di chi lo realizza. Occorre al contempo lavorare su infrastrutture e servizi, ormai la vera carenza italiana”. In occasione della Giornata Mondiale di quest’anno, Legambiente ha anche lanciato un decalogo sui suoli urbani sani che, oltre a limitare il consumo di suolo, invita a “depavimentare, non compattare, drenare le acque, riciclare la sostanza organica, non lasciare nudo il suolo, evitare i pesticidi nella gestione del verde urbano, evitare di spargere sale, disintossicare le città, coltivare bio nelle aree periurbane”.
Non è da sottovalutare, infine, l’importanza della crescita della consapevolezza pubblica sul tema. “Non si percepisce la centralità radicale del suolo perché lo fruiamo indirettamente, non direttamente come l’acqua, l’aria, l’energia”, afferma Pileri. “In più, nessuno sa né che nei primi 30cm di suolo c’è il 30% della biodiversità né cosa sia la biodiversità. I cittadini dovrebbero arrivare a capire che pagare un’azienda per togliere asfalto è come pagarla per metterlo, non sono soldi sprecati. È un problema di rifondazione culturale – come diceva Alexander Langer – di cui la politica non vuole farsi carico. Serve pazienza. E coraggio”.
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