
Giornata della Montagna: Unimont e le altre, viaggio tra i corsi di laurea per imparare a proteggerla
Il Fatto Quotidiano - Wednesday, December 10, 2025Nicola Della Torre è direttore della Riserva naturale delle Torbiere del Sebino, Corinne Baronchelli, invece, è presidente del Consorzio Forestale Alto Serio e docente, mentre Anna Orselli si occupa di un progetto di sviluppo territoriale in montagna legato all’enoturismo. E poi c’è Viola, che ha creato il progetto Lana Lunatica per riutilizzare la lana locale che usava sua nonna, mentre Giacomo è diventato un esperto di valanghe e fa simulazioni, con i droni, per fornire dati agli esperti.
Cinque mestieri, cinque storie che hanno un punto in comune: una laurea presa negli anni passati presso l’Università della Montagna, centro di eccellenza quasi unico nel suo genere – nato in collaborazione con gli enti territoriali e l’Università degli Studi di Milano – che fa formazione e ricerca ed è specializzato nello studio e nell’analisi delle complessità del territorio montano. Unimont si trova a Edolo, piccolo comune di compagna in provincia di Brescia, e i giovani che studiano qui hanno una passione per questi territori, dove spesso restano a vivere.
In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, il prossimo 11 dicembre proprio a Edolo si terrà il convegno “Territori Unici, Sfide Comuni” dove verrà presentato il portale “Mountain Innovation Hub” sviluppato nell’ambito del Pnrr e pensato per promuovere e valorizzare la conoscenza dei territori montani e favorirne sviluppo sostenibile e innovazione. “Il messaggio principale che cerchiamo di lanciare, specie in vista di questa giornata internazionale”, afferma la prof.ssa Anna Giorgi, ordinaria e responsabile del polo Unimont della Statale di Milano “è che i contesti montani sono ad alta specificità, quindi servono strumenti ad hoc, interventi ‘chirurgici’ e di conseguenza una formazione specifica. Tentare di esportare i modelli dei grandi centri urbani in montagna è un fallimento unico, si spendono soldi senza ottenere risultati”.
Ma come si articola la formazione degli esperti di montagna? “Qui”, spiega Giorgi, “abbiamo un corso di laurea triennale Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, che forma specialisti del sistema montano, capace di individuarne le risorse naturali, agro-ambientali, territoriali specifiche al fine di valorizzarle in processi produttivi tradizionali e innovativi, sostenibili e di qualità. E un corso di Laurea Magistrale in Valorization and Sustainable Developement of Mountain Areas, con l’obiettivo di preparare professionisti capaci di promuovere lo sviluppo e la gestione sostenibile del territorio montano. “Si tratta di due corsi fortemente multidisciplinari”, spiega a sua volta Matteo Vizzarri, ricercatore in Pianificazione e gestione forestale e responsabile del corso in Gestione sostenibile e bioeconomia delle foreste montane. “Chi si laurea deve abbracciare la conoscenza del territorio inteso come risorse naturali, occuparsi di filiera produttiva, quindi agricoltura, allevamento, prodotti forestali non legnosi, fino ad arrivare ai servizi e alla comunicazione: è un unicum formativo”.
Due sono i punti di forza dei corsi di laurea: il primo è supportare i territori montani “lavorando con gli enti e le istituzioni in maniera molto stretta. La nostra realtà formativa sta letteralmente cambiando la fisionomia del suo territorio, rianimando la comunità”, spiega Giorgi. Il secondo aspetto importante e suggestivo è come studenti e laureati “peschino” nella tradizione e nella cultura locali per reinventarla con le chiavi della modernità. “Molti”, continua Giorgi, “sono diventati titolari di aziende agricole, ma hanno il profilo dei manager, sono diversissimi da un’immagina stereotipata dell’agricoltore. Fanno prodotti di qualità unici e li vendono nelle filiere corte, fanno accoglienza ai turisti, promuovono il territorio, usano le nuove tecnologie per gestire le attività produttive”. Non a caso, nonostante la crisi delle aziende agrituristiche italiane, l’84% delle oltre 25.000 esistenti sono in aree montane.
I corsi di laurea specifici sulla montagna in Italia sono pochissimi: oltre a Unimont, c’è il corso di Scienze e tecnologie della Montagna presso l’Università di Torino, che coniuga gli ambiti relativi alla conoscenza e gestione delle risorse naturali con la produzione primaria e la gestione delle imprese, in un’ottica di sostenibilità e adattamento ai cambiamenti climatici. E poi c’è il Corso in Scienze della Montagna e dell’Agricoltura, presso l’Università degli Studi della Tuscia, che forma un laureato con capacità professionali di analisi, progettazione, gestione e promozione economica dei territori montani e delle loro risorse, con particolare riferimento alla realtà appenninica e mediterranea.
2.487 Comuni di fronte a sfide ambientali, sociali, economiche
Quanti sono i Comuni montani in Italia? I numeri li dà il Libro Bianco della Montagna, l’ultimo, del 2024, curato proprio da Unimont. Sono 2.487, secondo la classificazione Istat, su un totale di 7.901 Comuni italiani: il 35% della superficie nazionale. Si va dal 100% dei comuni in Valle D’Aosta e Trentino all’1,5% della Puglia.
Le sfide che si trovano ad affrontare sono varie: ambientali, sociali, economici e di “governance”. Le minacce ambientali sono quelle del cambiamento climatico, dell’abbandono e di eccessiva antropizzazione e impatto delle attività umane. Quelle sociali sono legate allo spopolamento, all’invecchiamento, alla riduzione dei servizi di base (la popolazione dei comuni montani è calata del 5% in dieci anni, anche se aumentano in Trentino Alto-Adige).
Gli interventi andrebbero dunque attuati dove lo spopolamento e l’invecchiamento sono maggiori. “Invece la politica continua a smantellare i servizi nelle aree meno abitate”, denuncia la responsabile di Unimont. “Le risorse finanziarie vengono convogliate verso le aree urbane, prevalentemente in pianura”, dice a sua volta Matteo Vizzarri, “così è difficile far comprendere alle persone il valore di determinate risorse: se io apro il rubinetto a Milano mi devo rendere conto del valore dell’acqua che proviene da una valle alpina”.
Per Il Libro Bianco, invece, servirebbe definire politiche e strategie che integrino in unico quadro i provvedimenti da adottare. Cinque le proposte di intervento: definire politiche integrate e strategie specifiche per i territori montani; costituire un tavolo di coordinamento permanente per lo sviluppo dei territori montani; costituire un osservatorio permanente per il monitoraggio dei settori strategici per lo sviluppo dei territori montani; promuovere la costituzione dell’‘ecosistema dell’innovazione’ della montagna; sensibilizzare la società, fare formazione e ricerca per l’innovazione.
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