Una vera Scuola Contadina. Per apprendere saperi come l’olivicoltura, la
viticoltura, l’apicoltura, l’orticoltura ma anche la panificazione naturale, i
laboratori di ceramica, di cesteria e di autocostruzione. Il tutto senza
spendere nulla. È un progetto realizzato dall’area Ecologia dell’Unione
Buddhista Italiana e dall’associazione Mondeggi Bene Comune con il sostegno dei
fondi 8xmille dell’Unione Buddhista Italiana. Parte nel fine settimana del 13 e
14 dicembre – è la sesta edizione – presso la comunità di Mondeggi in Toscana.
Di che si tratta, più in particolare e a chi è rivolto? “È un percorso di
formazione aperto e gratuito per acquisire strumenti e conoscenza di
coltivazione della terra, dedicato a chi lavora nei campi ma anche a chiunque
desideri conoscere meglio un’agricoltura attenta agli aspetti ecologici e
sociali del territorio”, spiega Silvia Francescon, responsabile del settore
Ecologia dell’Unione Buddhista, che ne è co-ideatrice. “Gli incontri”, precisa,
“sono nel fine settimana, fino a maggio, si può aderire anche a un singolo
modulo, oppure sceglierli tutti. L’unico contributo è piccolo ed è per i pasti,
tutti fatti con prodotti locali. L’obiettivo non è solo quello di insegnare
pratiche, ma anche creare relazioni, comunità ecologiche. E liberare il sapere
agricolo dalle logiche del profitto, diffondendo pratiche sostenibili, etiche e
condivise, per un’agricoltura al servizio delle persone e dell’ambiente”.
Ma come si arriva da una laurea in Giurisprudenza a ideare una Scuola Contadina?
Francescon racconta come galeotta sia stata una famiglia contadina veneta, con
un papà che narrava ricordi di guerra, mentre le mucche riscaldavano la stalla.
Un padre che portava pomodori dall’orto e che a sei anni le dice “coltiva da
sola il tuo pezzo di terra”. Nasce da lì per Silvia un amore per il mondo
contadino, per la biodiversità e per il suolo, ma anche per la montagna. La vita
successiva è stata una carriera nel mondo del diritto ambientale. Dopo una
laurea in giurisprudenza e una specializzazione in diritto internazionale
dell’ambiente a Londra, Francescon si muove in varie organizzazioni
internazionali come il Wto. Poi passa alla Commissione europea dove si occupa di
agricoltura, Ogm e principio di precauzione, poi all’Ocse a Parigi, quindi il
ritorno in Italia, al ministero dell’Ambiente per occuparsi di biodiversità e
biosicurezza. Ancora, di nuovo, due anni all’Onu, in seguito a Palazzo Chigi,
chiamata a coordinare la task force del G8. Non basta: lavora nove anni allo
European Council on Foreign Relation e infine, oggi, come Esperta senior di
politica estera presso ECCO, il think tank italiano per il clima. Oggi è anche
ricercatrice sul tema dell’ecologia profonda e dei diritti della natura
all’Università Ca’ Foscari di Venezia, presso The New Institute Center for
Environmental Humanities (NICHE).
Accanto a questa vita c’è, però, sempre l’altra, ed è quella della pratica
buddhista tibetana, presente da sempre. Silvia riesce a unire meditazione e
ambiente, e infatti cinque anni fa viene chiamata a occuparsi di ecologia
all’interno dell’Unione Buddhista Italiana. “Il buddhismo spiega che tutto è
interdipendente”, dice. “E che anche una sola foglia esiste grazie a un insieme
di fattori, sole, luce, terra, acqua. Noi stessi respiriamo per un terzo grazie
agli alberi per altri due terzi grazie agli oceani. L’altro elemento è quello
della compassione, non a caso noi lavoriamo molto per una moratoria sugli
allevamenti intensivi. Infine, lavoriamo sul tema dell’agricoltura rigenerativa,
e anche sulla questione del sostegno alle comunità. Ecco perché abbiamo lanciato
questa Scuola contadina gratuita”.
Tra le novità di quest’anno, c’è la collaborazione con la Rete Italiana
MicroFarmer, con cui è organizzato un intero fine settimana di scambio di
esperienze e pratiche sull’agricoltura di piccola scala e la partecipazione
degli studenti del percorso “Coltivare Gaia”, che portano all’interno della
Scuola un lavoro condiviso di riflessione e sperimentazione sulle pratiche
agroecologiche e comunitarie. Spiega Francescon: “La scuola c’è ogni due anni,
però tengo a precisare che non restiamo fermi. Nell’anno in cui non c’è la
Scuola Contadina, c’è una scuola di formazione che si chiama, appunto,
‘Coltivare Gaia’, che ha il patrocinio dell’Università di Firenze, a numero
chiuso con selezione, abbiamo quaranta posti. Si tratta di una vera e propria
scuola di ecologia politica che va a formare alcuni formatori della Scuola
Contadina”. Insomma, un circuito virtuoso, in cui negli anni si alternano
“Coltivare Gaia” e Scuola Contadina, teoria e pratica. E adesso, appunto,
riparte la seconda. Per consultare il calendario completo e iscriversi si può
andare qui: https://gategate.it/ecologia-scuolacontadina/ e
www.mondeggibenecomune.org.
L'articolo Una Scuola Contadina gratuita sui saperi dell’agricoltura:
l’iniziativa dell’Unione Buddhista e di Mondeggi Bene Comune proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Tag - Formazione
Nicola Della Torre è direttore della Riserva naturale delle Torbiere del Sebino,
Corinne Baronchelli, invece, è presidente del Consorzio Forestale Alto Serio e
docente, mentre Anna Orselli si occupa di un progetto di sviluppo territoriale
in montagna legato all’enoturismo. E poi c’è Viola, che ha creato il progetto
Lana Lunatica per riutilizzare la lana locale che usava sua nonna, mentre
Giacomo è diventato un esperto di valanghe e fa simulazioni, con i droni, per
fornire dati agli esperti.
Cinque mestieri, cinque storie che hanno un punto in comune: una laurea presa
negli anni passati presso l’Università della Montagna, centro di eccellenza
quasi unico nel suo genere – nato in collaborazione con gli enti territoriali e
l’Università degli Studi di Milano – che fa formazione e ricerca ed è
specializzato nello studio e nell’analisi delle complessità del territorio
montano. Unimont si trova a Edolo, piccolo comune di compagna in provincia di
Brescia, e i giovani che studiano qui hanno una passione per questi territori,
dove spesso restano a vivere.
In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, il prossimo 11
dicembre proprio a Edolo si terrà il convegno “Territori Unici, Sfide Comuni”
dove verrà presentato il portale “Mountain Innovation Hub” sviluppato
nell’ambito del Pnrr e pensato per promuovere e valorizzare la conoscenza dei
territori montani e favorirne sviluppo sostenibile e innovazione. “Il messaggio
principale che cerchiamo di lanciare, specie in vista di questa giornata
internazionale”, afferma la prof.ssa Anna Giorgi, ordinaria e responsabile del
polo Unimont della Statale di Milano “è che i contesti montani sono ad alta
specificità, quindi servono strumenti ad hoc, interventi ‘chirurgici’ e di
conseguenza una formazione specifica. Tentare di esportare i modelli dei grandi
centri urbani in montagna è un fallimento unico, si spendono soldi senza
ottenere risultati”.
Ma come si articola la formazione degli esperti di montagna? “Qui”, spiega
Giorgi, “abbiamo un corso di laurea triennale Valorizzazione e Tutela
dell’Ambiente e del Territorio Montano, che forma specialisti del sistema
montano, capace di individuarne le risorse naturali, agro-ambientali,
territoriali specifiche al fine di valorizzarle in processi produttivi
tradizionali e innovativi, sostenibili e di qualità. E un corso di Laurea
Magistrale in Valorization and Sustainable Developement of Mountain Areas, con
l’obiettivo di preparare professionisti capaci di promuovere lo sviluppo e la
gestione sostenibile del territorio montano. “Si tratta di due corsi fortemente
multidisciplinari”, spiega a sua volta Matteo Vizzarri, ricercatore in
Pianificazione e gestione forestale e responsabile del corso in Gestione
sostenibile e bioeconomia delle foreste montane. “Chi si laurea deve abbracciare
la conoscenza del territorio inteso come risorse naturali, occuparsi di filiera
produttiva, quindi agricoltura, allevamento, prodotti forestali non legnosi,
fino ad arrivare ai servizi e alla comunicazione: è un unicum formativo”.
Due sono i punti di forza dei corsi di laurea: il primo è supportare i territori
montani “lavorando con gli enti e le istituzioni in maniera molto stretta. La
nostra realtà formativa sta letteralmente cambiando la fisionomia del suo
territorio, rianimando la comunità”, spiega Giorgi. Il secondo aspetto
importante e suggestivo è come studenti e laureati “peschino” nella tradizione e
nella cultura locali per reinventarla con le chiavi della modernità. “Molti”,
continua Giorgi, “sono diventati titolari di aziende agricole, ma hanno il
profilo dei manager, sono diversissimi da un’immagina stereotipata
dell’agricoltore. Fanno prodotti di qualità unici e li vendono nelle filiere
corte, fanno accoglienza ai turisti, promuovono il territorio, usano le nuove
tecnologie per gestire le attività produttive”. Non a caso, nonostante la crisi
delle aziende agrituristiche italiane, l’84% delle oltre 25.000 esistenti sono
in aree montane.
I corsi di laurea specifici sulla montagna in Italia sono pochissimi: oltre a
Unimont, c’è il corso di Scienze e tecnologie della Montagna presso l’Università
di Torino, che coniuga gli ambiti relativi alla conoscenza e gestione delle
risorse naturali con la produzione primaria e la gestione delle imprese, in
un’ottica di sostenibilità e adattamento ai cambiamenti climatici. E poi c’è il
Corso in Scienze della Montagna e dell’Agricoltura, presso l’Università degli
Studi della Tuscia, che forma un laureato con capacità professionali di analisi,
progettazione, gestione e promozione economica dei territori montani e delle
loro risorse, con particolare riferimento alla realtà appenninica e
mediterranea.
2.487 Comuni di fronte a sfide ambientali, sociali, economiche
Quanti sono i Comuni montani in Italia? I numeri li dà il Libro Bianco della
Montagna, l’ultimo, del 2024, curato proprio da Unimont. Sono 2.487, secondo la
classificazione Istat, su un totale di 7.901 Comuni italiani: il 35% della
superficie nazionale. Si va dal 100% dei comuni in Valle D’Aosta e Trentino
all’1,5% della Puglia.
Le sfide che si trovano ad affrontare sono varie: ambientali, sociali, economici
e di “governance”. Le minacce ambientali sono quelle del cambiamento climatico,
dell’abbandono e di eccessiva antropizzazione e impatto delle attività umane.
Quelle sociali sono legate allo spopolamento, all’invecchiamento, alla riduzione
dei servizi di base (la popolazione dei comuni montani è calata del 5% in dieci
anni, anche se aumentano in Trentino Alto-Adige).
Gli interventi andrebbero dunque attuati dove lo spopolamento e l’invecchiamento
sono maggiori. “Invece la politica continua a smantellare i servizi nelle aree
meno abitate”, denuncia la responsabile di Unimont. “Le risorse finanziarie
vengono convogliate verso le aree urbane, prevalentemente in pianura”, dice a
sua volta Matteo Vizzarri, “così è difficile far comprendere alle persone il
valore di determinate risorse: se io apro il rubinetto a Milano mi devo rendere
conto del valore dell’acqua che proviene da una valle alpina”.
Per Il Libro Bianco, invece, servirebbe definire politiche e strategie che
integrino in unico quadro i provvedimenti da adottare. Cinque le proposte di
intervento: definire politiche integrate e strategie specifiche per i territori
montani; costituire un tavolo di coordinamento permanente per lo sviluppo dei
territori montani; costituire un osservatorio permanente per il monitoraggio dei
settori strategici per lo sviluppo dei territori montani; promuovere la
costituzione dell’‘ecosistema dell’innovazione’ della montagna; sensibilizzare
la società, fare formazione e ricerca per l’innovazione.
L'articolo Giornata della Montagna: Unimont e le altre, viaggio tra i corsi di
laurea per imparare a proteggerla proviene da Il Fatto Quotidiano.