
Mettiamoci d’accordo su cos’è ‘montagna’: la patinata Cortina, un luogo di spopolamento o altro?
Il Fatto Quotidiano - Thursday, December 11, 2025Ha senso dedicare una giornata alle montagne? Ha senso che ogni anno arrivi in tutto il mondo un vento pieno di attenzioni e premure nei confronti delle terre alte? O anche questa è l’ennesima celebrazione vuota e retorica per costruire artificiosamente un senso comune senza fondamenti?
La storia della Giornata internazionale della montagna ha ormai 22 anni. Venne istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel fatidico 2002, quando l’intero anno era dedicato proprio ai monti della terra. Si disse, perché dall’anno prossimo, ogni 11 dicembre, non facciamo proseguire le celebrazioni? Un giorno ogni dodici mesi, per parlare di problemi, risorse, cultura dei territori montani. Bell’idea, no? In quell’occasione vennero anche fornite alcune cifre utili a capire l’entità dell’intero sistema montuoso terrestre. Si disse che il 27 per cento del nostro pianeta è occupato da montagne, sulle quali vive il 15 per cento della popolazione umana. Si disse anche che il 90 per cento dei montanari si trova in una condizione economica fragile, all’interno di paesi in via di sviluppo. Vale a dire: montagna uguale povertà e arretratezza.
Però, a dirla tutta, non si sa bene come questi dati siano stati assemblati, visto che anche solo nella nostra piccola penisola si fatica ad arrivare a una definizione geografica e politica su ciò che è davvero montagna. Figuriamoci nel mondo! Da noi continuiamo a non saperlo, tanto è vero che la nuova Legge Calderoli sulla Montagna varata lo scorso ottobre non potrà essere applicata finché non verranno emessi i decreti attuativi che dovranno stabilire una definizione precisa. Cos’è montagna? È forse ogni parte del territorio che sta sopra la soglia altimetrica convenzionale dei seicento metri, come indicava la vecchia dottrina geografica? No, sarebbe troppo facile: è una definizione rigidamente positivista, datata, che non può rispecchiare la realtà di oggi.
Montagna è un complesso di fattori. Un insieme di elementi seducenti proprio perché articolati e multiformi. Montagna è dove si trova massa orografica, acclività, differenze di esposizione solare, successione di piani altitudinali, e comprende anche i caratteri legati alle vicende umane, riscontrabili nella peculiare costruzione dei paesaggi, nelle tecniche agro-silvo-pastorali, nella difficoltà imposte alla vita. E proprio di quelle difficoltà ci parla la Costituzione italiana, all’Articolo 44, dove viene specificato: “La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”. Da qui si deduce che le ‘zone montane’ sono sfavorite, e devono essere sostenute in quanto luoghi dove la vita è più dura e svantaggiata.
Montagna è perciò prima di tutto un luogo duro, difficile, dove si vive aggrappati al pendio, come alle Cinque Terre, che si trovano a quota zero, eppure sono montagna a tutti gli effetti (forse più della luccicante Cortina coi suoi 1200 metri di quota).
Oggi i territori montani hanno un ruolo importante nel preservare la biodiversità e nel difendere le risorse naturali all’interno della grande partita sul futuro del pianeta. Eppure, ha detto il Presidente Mattarella l’11 dicembre 2023: “È proprio negli spazi alpini e appenninici che emergono con straordinaria puntualità sia i disagi derivanti dall’essere ‘periferie’, sia le disuguaglianze nell’accesso ai servizi pubblici essenziali”. Le montagne sono dunque “centrali” nella lotta al cambiamento climatico, ma “periferiche” nei diritti di cittadinanza.
Non so se l’11 dicembre Giornata internazionale della Montagna, con la sua declinazione di quest’anno che mette al centro “I ghiacciai”, abbia un senso. Di sicuro, è arrivato il momento che i grandi media nazionali non ci raccontino più solo la montagna-Cortina, patinata e minoritaria, ma neppure che la descrivano come il luogo dei vinti da assistere, come un rimorchio passivo, luogo dimenticato a cui guardare con benevolenza e rassegnazione.
L’obiettivo della politica dovrebbe essere scavare fino alle cause che hanno creato spopolamento e arretratezza e cercare di rimuoverle, mentre con il solo assistenzialismo non si va alla radice dei problemi. Ciò che manca è prima di tutto l’erogazione dei servizi primari, scuola, mobilità, presidi sanitari.
Eppure oggi la congiuntura potrebbe essere favorevole al crearsi di un nuovo modo di vivere nelle terre alte. I numeri lo confermano: 100mila nuovi abitanti in più nel quinquennio 2019-2023, a cui si devono aggiungere altre circa 35mila persone che hanno spostato la residenza in un comune montano nel solo 2024, così ha fatto sapere l’Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani). Sì, esempi di speranza ci arrivano da Alpi e Appennini, soprattutto dove lo spopolamento ha picchiato più duro a iniziare dall’epoca del Boom Economico. Piccoli paesi tornano dunque a vivere, circondati da una ricchezza oggi sempre più preziosa e ricercata. Sono i cosiddetti beni intangibili, come la salubrità, lo spazio, il buio, il vasto silenzio rigeneratore. Beni che si trovano solo in montagna. E che, in questo 11 dicembre, la definiscono più che mai nel profondo.
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