
Il dossier sui pesticidi di Legambiente: frutta e ortaggi ancora a rischio. Il 48% dei prodotti esaminati contiene uno o più fitofarmaci
Il Fatto Quotidiano - Thursday, December 11, 2025Sono 4.682 i campioni analizzati tra frutta, ortaggi, cereali, prodotti trasformati e alimenti di origine animale, con risultati preoccupanti. Perché se oltre la metà di quelli provenienti da agricoltura convenzionale risulta priva di pesticidi (50,94%, meno però dell’anno prima, 57,32%), dall’altro il 48% contiene tracce di uno (il 17,33%) o più fitofarmaci: questi ultimi rappresentano ben il 30,6% del campione (con un incremento del 14,93% rispetto all’anno precedente). È quanto emerge dal dossier “Stop pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente”, realizzato con il sostegno di AssoBio e Consorzio Il Biologico.
E proprio sull’effetto “cocktail” si concentra l’allarme degli esperti, nonostante la percentuale di irregolarità rispetto ai limiti UE appaia bassa (1,47%). Perché le autorizzazioni sono calcolate sostanza per sostanza, mentre l’esposizione reale è quasi sempre combinata, con effetti cumulativi su ecosistemi e salute. “Ciò che desta maggiore allarme”, spiega Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica emerita dell’Istituto Ramazzini,“è il fatto che molti pesticidi si accumulino. E non è vero che spariscano poi dall’ambiente. Esiste inoltre l’effetto deriva: a seconda delle condizioni atmosferiche i pesticidi possono andare anche molto lontano dalla zona in cui ce n’è bisogno: da studi recenti si è visto che addirittura solo il 10% arriva direttamente sulle piante trattate e il resto può finire in mezzo alle case, ai giardini dove giocano i bambini, ai limiti di scuole e ospedali, nelle zone pedonali diserbate. Un esempio e viene dalle rotaie delle ferrovie che sono pesantemente trattate e si trovano spesso vicinissime ad abitazioni o a campi destinati al pascolo o a produzioni agricole”.
Agrumi e peperoni, alimenti più contaminati
Il Rapporto analizza in dettaglio gli alimenti più contaminati da insetticidi e fungicidi come Acetamiprid, Boscalid, Pirimetanil, Azoxystrobin, Fludioxonil, ma anche molecole tossiche vietate da decenni come il Tetramethrin e il DDT. La frutta è il comparto più a rischio: tre campioni su 4, ovvero il 75,57% contengono multiresiduo e il 2,21% risulta non conforme ai livelli di legge. In particolare, ad essere preoccupanti sono soprattutto i campioni della categoria agrumi (solo il 13,5% è privo di residui). Vanno meglio i prodotti orticoli, sempre con residui nel 40,17% dei casi.
Tra gli alimenti più a rischio ci sono il peperone, con solo il 30,07% di campioni regolari, e i pomodori con il 41,82% di campioni privi di residui. Vanno meglio i prodotti trasformati (32,89% con residui) e infine il settore animale, con 88% di campioni totalmente esenti (ma non è inclusa la ricerca di antibiotici). “Insomma, per dare una sintesi del Rapporto”, spiega Angelo Gentili, responsabile Legambiente Agricoltura e co-curatore, “possiamo dire che conferma la situazione che c’era lo scorso anno, con una spinta un po’ più negativa: abbiamo il 75,5% della frutta e oltre il 40% della verdura contaminate da uno o più residui, con effetti che si sommano nel nostro organismo. Il danno è anche per l’ambiente, perché se si aumenta l’uso dei fertilizzanti si crea una situazione gravissima dal punto di vista della fertilità del suolo, mentre le piante diventano meno resistenti”.
Glifosato e pesticidi illegali, due motivi di allarme
Un capitolo particolarmente delicato riguarda il glifosato. La sua autorizzazione nell’UE è stata rinnovata fino al 15 dicembre 2033, a seguito di un procedimento concluso nel 2023, ma le criticità che ne mettono in discussione la legittimità nel quadro della tutela degli ecosistemi e della salute pubblica sono numerosi e preoccupanti. In particolare la European Food Safety Authority (EFSA) e la European Chemicals Agency (ECHA) sono state incaricate dalla Commissione Europea di valutare nuovi studi, fra cui quelli dell’Istituto Ramazzini. “Di recente abbiamo pubblicato lo studio di cancerogenesi sul glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo (Global Glyphosate Study, =GGS) – spiega la dottoressa Belpoggi – si tratta dello studio tossicologico più completo mai condotto sul glifosato e sugli erbicidi correlati. Il GGS ha evidenziato effetti cancerogeni, in particolare sull’insorgenza di leucemia precoci, anche a dosi oggi considerate ‘sicure’. Auspichiamo che si possa arrivare a un bando o almeno a un forte contenimento dell’uso del glifosato. Purtroppo, ci sono comuni come quello di Vercelli ed altri che avevano scelto di non utilizzarlo più nei luoghi sensibili come scuole, parchi, campi sportivi dove stazionano bambini e adolescenti, categorie più a rischio, ma dopo il rinnovo dell’autorizzazione per 10 anni, recentemente hanno deciso di riutilizzarlo per comodità e vantaggi economici”.
Un altro motivo di allarme è l’aumento preoccupante del commercio di pesticidi illegali. Dal Rapporto emerge come siano state sequestrate oltre 450 tonnellate di sostanze illegali destinate all’agricoltura e pericolose per la salute, per un valore commerciale di circa 15 milioni di euro. Nel 2024, i controlli sull’uso dei 42 pesticidi in agricoltura sono stati 2.113. Le attività investigative hanno portato all’accertamento di 407 reati e illeciti amministrativi (+24,1%), alla denuncia di 341 persone (+13,7%) e a 54 sequestri, più che raddoppiati rispetto all’anno precedente.
Biologico: residui ridotti al minimo
A fronte di questo quadro del tutto diversi sono i dati del settore biologico: secondo il Rapporto, l’87,7% dei campioni è del tutto privo di residui, il 7,69% per cento ne contiene uno solo, comunque entro i limiti di legge (il dato si spiega con il fenomeno della deriva di pesticidi dalle aree limitrofe ai campi).
Per fortuna, inoltre, il biologico cresce, aumentano le superfici certificate e si consolidano i biodistretti (una forma che mette insieme territorio, agricoltura, turismo, enti locali, vendita). La superficie agricola utilizzata (SAU) condotta con metodo biologico raggiunge 2,51 milioni di ettari, +2,4% rispetto al 2023 e +68% nell’ultimo decennio, avvicinandosi all’obiettivo del 25% fissato dal Green Deal europeo al 2030 (la leadership è del Mezzogiorno, seguito dal Centro e dal Nord). Crescono i prodotti vegetali ma anche animali: +31% di bovini biologici in sette anni e quasi un raddoppio degli avicoli (+97%). Aumentano anche le importazioni di prodotti biologici extra-Ue del 7,1%, mentre l’export agroalimentare bio italiano raggiunge 3,9 miliardi di euro (+7% sul 2023).
Il biologico mostra come esistano alternative concrete in chiave agroecologica all’utilizzo di pesticidi: l’adozione diffusa di tecniche di biocontrollo, con sostanze naturalmente presenti in natura in grado di eliminare infestanti in modo alternativo rispetto al Glyphfosate, come l’acido pelargonico, l’adozione di rotazioni colturali e sovesci (è una pratica agronomica consistente nell’interramento di materiale vegetale, ndr ), che ripristinano fertilità e interrompono i cicli di parassiti; la tutela degli insetti impollinatori; la protezione della biodiversità agricola e naturale. Accanto a questo, l’impiego di filiere corte e trasparenti e l’abolizione del modello della monocoltura, che sta creando pesanti criticità di alcuni territori come la zona del Prosecco, le mele in Trentino o il nocciolo del viterbese.
L’urgenza di un nuovo Piano Nazionale Pesticidi
C’è poi il fronte normativo. L’ultima versione del PAN, Piano d’Azione Nazionale sui pesticidi, risale al 2014 ed è scaduto nel 2019. Il Regolamento SUR, lo strumento europeo che avrebbe dovuto fissare obiettivi vincolanti al 2030, ha subito rinvii ancora irrisolti. “Chiediamo l’approvazione urgente del SUR in Europa e del PAN in Italia”, afferma Gentili, “il potenziamento del monitoraggio, misure penali chiare contro i pesticidi illegali, il supporto agli agricoltori nella transizione verso il biologico, come sgravi fiscali e semplificazioni, un’Iva ridotta sui prodotti bio e sostenibili e una promozione di mense biologiche in scuole e ospedali”. Purtroppo, mentre la futura PAC (Politica Agricola Comune) 2028-2034 sembra andare verso una maggiore flessibilità per i singoli stati, in Europa, “è in discussione un regolamento Omnibus che sta per liberalizzare i pesticidi ed esiste una raccolta firme di scienziati indipendenti per fermarlo”, denuncia Belpoggi. “D’altronde alternative al glifosato ce ne sono a centinaia, ma la produzione è bassa e quindi i prezzi non scendono”. Le stesse strategie europee Farm to Fork e Biodiversity 2030 offrono obiettivi chiari da raggiungere entro il 2030: ridurre del 50% i pesticidi, del 20% i fertilizzanti, del 50% gli antibiotici in zootecnia, arrivare al 25% di superficie agricola biologica e destinare almeno il 10% dei terreni agricoli alle infrastrutture verdi e alle aree ad alta biodiversità.
Cosa si può fare invece livello individuale? Ovviamente la prima leva è l’acquisto di prodotti biologici, agroecologici e provenienti da filiere che riducono drasticamente l’uso della chimica di sintesi, imparando a leggere le etichette. “Scegliendo biologico si va sul sicuro”, spiega Fiorella Belpoggi. “Poi certo si può togliere la buccia, ma proprio quella contiene polifenoli e altre sostanze importanti per la nostra salute. E poi faccio l’esempio delle banane: basta toccare la buccia e poi la banana, magari per darla a un bambino, per contaminarla”. Ci sono poi le scelte che non si compiono da soli: sostenere biodistretti, gruppi di acquisto solidale, mercati contadini e reti locali che promuovono l’agroecologia. “Siamo senza dubbio in una fase molto complessa, in cui anche i cambiamenti climatici stanno mettendo in seria difficoltà la nostra agricoltura, generando danni rilevanti, favorendo la proliferazione di micropatologie e insetti alieni, e causando forti diminuzioni delle rese e del reddito agricolo”, conclude Gentili. “Ma l’unica strada possibile, non c’è dubbio, è quella dell’agroecologia”.
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