Lavoratori cinesi chini a cucire tomaie; tutti i giorni, soprattutto la notte, e
pagati 2,75 euro all’ora. Natale compreso. La nuova inchiesta della procura di
Milano sull’ipotizzato sfruttamento della manodopera – come avvenuto per altri
marchi della moda e per società di logistica o security – non cambia lo scenario
emerso e ipotizzato in altre indagini. Ma per la prima volta registra uno
scontro diretto tra inquirenti e società indagata che parla di “preoccupante
tempismo”. Tre manager della Tod’s spa sono indagati per caporalato e la stessa
società è stata iscritta nel registro degli indagati ai sensi della legge sulla
responsabilità amministrativa degli enti. L’inchiesta del pm Paolo Storari, che
già nei mesi scorsi aveva portato a chiedere l’amministrazione giudiziaria per
il gruppo, riguarda presunti omessi controlli nella catena dei subappalti della
produzione, in particolare negli opifici cinesi utilizzati per realizzare
componenti e capi per il brand. Durante gli accertamenti sarebbero emerse le
condizioni di lavoro che la procura bolla come “para schiavitù“.
Ora il pubblico ministero, come emerge da una richiesta di interdittiva
presentata al giudice per le indagini preliminari Domenico Santoro e anticipata
dal Corriere della Sera, contesta alla società non solo responsabilità omissive,
ma anche condotte dolose. Nell’istanza, con la quale si chiede che Tod’s non
possa pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, si indica che i manager non
avrebbero tenuto “minimamente conto dei risultati” delle ispezioni effettuate in
sei opifici situati tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo, né dei
numerosi audit che segnalavano “indici di sfruttamento” dei lavoratori: turni
eccessivi, paghe irregolari, scarsa sicurezza e condizioni alloggiative
degradanti.
Prima di Tod’s erano finiti sotto indagine la Giorgio Armani Operation spa (per
cui era stata revocato il provvedimento dopo un “percorso virtuoso”, ndr). A
maggio invece era finita in amministrazione giudiziaria la Valentino Bags Lab,
società di produzione di borse e accessori. Storari nel 2024 aveva chiesto e
ottenuto i commissariamenti anche di Alviero Martini, Armani operations appunto
e Manufactures Dior, poi revocati dopo che le società hanno adottato
contromisure. Il coinvolgimento di Tod’s, nel cui board siedono anche figure
come Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, nelle inchieste sul caporalato e
gli opifici cinesi utilizzati nell’alta moda italiana era già emerso a luglio
2025 nell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria del marchio
Loro Piana controllato da una delle 10 famiglie più ricche del mondo (gli
Arnault). La società ora però è formalmente indagata e risponde con durezza alla
procura come aveva già fatto a suo tempo Diego Della Valle.
LA QUESTIONE DI COMPETENZA TERRITORIALE E LA BATTAGLIA GIUDIZIARIA
In passato gli accertamenti e i provvedimenti avevano portato le società e le
aziende a risanare gli illeciti e in alcuni casi le indagini hanno portato
all’assunzione di migliaia di lavoratori. Questo di Tod’s appare un caso
diverso, gli inquirenti avevano chiesto la misura di prevenzione
dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una “condotta agevolatoria”
per non aver controllato fenomeni di “sfruttamento del lavoro” nella catena di
produzione, attraverso opifici gestiti da cinesi, delle divise destinati ai
commessi negli store. Con l’emersione delle indagini era spuntato anche un nodo
giuridico: una questione di competenza territoriale. La Cassazione ha stabilito
che la competenza territoriale debba passare ad Ancona.
Nel frattempo il pm ha depositato un atto di 144 pagine, chiedendo
l’interdittiva sulla pubblicità. Dall’istanza emerge che la società e tre
dirigenti – Simone Bernardini, Mirko Bartoloni e Vittorio Mascioni – sono
indagati perché avrebbero impiegato “manodopera in condizioni di sfruttamento e
approfittando dello stato di bisogno di cittadini cinesi”. I lavoratori erano
impiegati nella produzione, tra l’altro, delle divise per i commessi dei negozi
e per la realizzazione delle tomaie delle scarpe.
Le ipotizzate violazioni ricostruite dalla Procura vanno dalla normativa
sull’orario di lavoro alle retribuzioni sotto soglia, dalla sicurezza
all’igiene, fino ai dormitori “degradanti”. Secondo gli inquirenti, l’azienda
avrebbe agito nella “piena consapevolezza” delle condizioni degli operai,
ignorando i rilievi dei certificatori esterni che tra il 2023 e il 2024 avevano
segnalato “gravi violazioni”. Il 10 ottobre, nella conferenza stampa sulla
vicenda, Diego Della Valle aveva dichiarato: “Il nostro è un gruppo rispettato
nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole.
Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende”.
IL “SISTEMA ILLECITO” E LE ACCUSE DELLA PROCURA
Secondo l’ipotesi dell’accusa, Tod’s avrebbe tratto vantaggio da un “sistema
illecito” capace di generare “enormi profitti grazie allo sfruttamento della
manodopera cinese (pesantemente sottopagata)” e non avrebbe modificato la
propria organizzazione interna, continuando ad affidarsi ad alcuni fornitori
coinvolti nel procedimento. Da qui la valutazione di un “grave pericolo di
reiterazione” del caporalato. La Procura, guidata da Marcello Viola, parla anche
di una “cecità intenzionale”: gli audit commissionati a una società esterna non
sarebbero mai stati presi in considerazione, nonostante le gravi irregolarità
documentate. Tra gli elementi alla base della richiesta al gip figura anche un
contratto d’appalto tra Tod’s ed Evergreen, società con “4 dipendenti e locali
inidonei” all’attività produttiva. Secondo il pm, i dati riportati nel contratto
sarebbero “palesemente falsi”, poiché Evergreen “non ha alcuna linea di
produzione”, ed è stata autorizzata da Tod’s a delegare parte del lavoro a due
laboratori dove, per la Procura, avveniva lo sfruttamento. Già a ottobre era
emerso che alcuni lavoratori venivano pagati “2,75 euro all’ora”, lavorando
soprattutto di notte e anche nei giorni festivi, “Natale compreso”, in una
condizione definita “di para schiavitù”.
LE TESTIMONIANZE DEI LAVORATORI E GLI AUDIT DEL 2023 E 2024
Negli atti dell’inchiesta compaiono le dichiarazioni di oltre cinquanta
lavoratori degli opifici. Una operaia cinese ha raccontato: “Se non lavoro non
vengo retribuita, perché vengo pagata in base alle tomaie che realizzo”. Altri
hanno riferito di dormire in camere sopra i laboratori, pagando circa 150 euro
per l’alloggio. La manodopera, sottolinea il pm, era utilizzata “a ciclo
continuo, h24”, con maggiore produttività nelle ore notturne e nei giorni
festivi, quando i controlli sono meno frequenti. Un audit del maggio 2024 aveva
già denunciato lavoro “a cottimo”, contributi “meno della metà” di quanto
previsto dalla contrattazione collettiva e la presenza di “materiale
infiammabile accatastato” con rischio incendio. L’incaricato dell’audit,
ascoltato il 23 ottobre, ha riferito che già nel dicembre 2023 “avevo contestato
queste ed altre violazioni”. Negli atti compaiono anche fotografie di “12 camere
da letto e due servizi igienici”, entrambi in pessime condizioni igieniche,
negli ambienti abitativi collegati a uno degli opifici. Il “sistema”, secondo il
pm, riguardava la produzione “in serie” e a “bassissimo costo” di capi
d’abbigliamento, tomaie e parti di calzature a marchio Tod’s.
LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE E LE REAZIONI DELLA SOCIETÀ
Tod’s ha reso noto di prendere atto del rigetto da parte della Cassazione delle
richieste e del ricorso del pm Storari in merito alla competenza territoriale
del procedimento di prevenzione. In un comunicato, la società afferma: “In
merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda, la società sta ora
esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con
preoccupante tempismo, dal dottor Storari”. La Cassazione era stata chiamata a
decidere se il procedimento di prevenzione, con richiesta di amministrazione
giudiziaria per omessi controlli sul caporalato, spettasse a Milano o ad Ancona,
poiché i laboratori al centro delle verifiche si trovano tra Lombardia e Marche,
dove ha sede la società. I giudici hanno confermato la competenza di Ancona,
come già stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello. Il procedimento di
prevenzione – nel quale né la società né i responsabili risultano indagati – è
distinto da quello penale, che prosegue davanti al gip di Milano con la
richiesta di interdittiva.
L'articolo Tod’s sotto accusa per caporalato, “lavoratori a 2,75 euro l’ora
(anche a Natale) e tre manager indagati”. La società contro il pm Storari:
“Preoccupante tempismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.