Per vivere una vita etica è sempre buona cosa tenere presente l’inferno. Questa
era un’opinione molto diffusa nel Medioevo. Il mistico Ignacio di Loyola nel suo
Esercizi spirituali (scritto nel 1548), una sorta di manuale con l’obiettivo di
liberare l’anima dalle passioni e condurla all’unione con Dio attraverso un
percorso di quattro settimane (tipo i manuali di auto aiuto odierni), suggeriva
tra le altre cose di tenere un “inferno dipinto” vicino al letto. Questo
agevolava visioni notturne in cui viaggiare nei gironi infernali, e visualizzare
le torture subite dalle anime dannate. Questo avrebbe dissuaso dal commettere
peccati.
Gli uomini e le donne di quei secoli pensavano continuamente all’Inferno, e lo
immaginavano come era stato canonizzato da Dante. Era il Sommo Poeta ad aver
creato un immaginario efficace di quel luogo grazie a immagini potenti e
incisive che erano rimaste innestate nella mente (e nei dipinti) di tanti. A
duecento anni dalla sua composizione la Divina Commedia era letta e studiata in
tutta Europa (anche se alcune parti erano state messe all’indice nella Spagna
dell’inquisizione per alcuni riferimenti non graditi).
Oggi la Divina Commedia è stampata in oltre 50.000 edizioni. Ognuna di questa ha
un taglio diverso, chi si concentra di più sui significati nascosti nel testo,
con un ricco apparato di note, chi invece sulle illustrazioni curate da grandi
artisti, da Gustave Dorè a Salvador Dalì fino a più recenti come quella di
Lorenzo Mattotti (la storia dell’iconografia dantesca è ripercorsa in “Dante per
immagini” (Einaudi) di Lucia Battaglia Ricci).
In questi giorni è uscita una nuova edizione per la casa editrice spagnola
Blackie Edizioni intitolata “Divina Commedia liberata – inferno” che punta
invece su storie a corollario dell’Inferno dantesco. La fascetta è a dir poco
provocatoria, c’è infatti scritto “La Divina Commedia: Il primo romanzo
dell’orrore”. Forse non l’abbiamo mai pensata come tale, ma sicuramente l’opera
dantesca ha tinte che poi sono state riprese dall’horror, tanto che Stephen King
la definisce “una vertiginosa discesa nell’oscurità”. La chiave di lettura che
ne dà l’editore iberico è quella di Borges, che diceva “Il modo migliore per
amare la Commedia è partire dal testo: senza commenti, allegorie e
interpretazioni”.
Il testo di Dante appare così nudo e crudo, accanto solo a una versione in
prosa. Ad arricchire l’albo sono immagini e testi in cui si parla dell’inferno
nel cinema, nella musica e nella cultura pop. Tra le parti più interessanti c’è
una carrellata tra gli inferni nelle diverse culture del mondo. Ne “Il libro di
Ardā Wīrāz”, testo iranico della religione zoroastriana del X secolo, si
racconta di Arda che viene inviato nell’aldilà per dimostrare agli infedeli che
esiste un luogo in cui finisce dopo la morte. Arda, dopo aver attraversato un
fiume che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, incontra Srōŝ, un
saggio, e Ādur, uno spirito, che lo conducono a conoscere alcune delle anime.
Arda assiste così atterrito alle terribili torture corporali inflitte a chi si
era comportato male in vita. Vi ricorda qualcosa?
L'articolo Il primo romanzo dell’orrore? Per Blackie è la Divina Commedia, ora
in una nuova edizione ‘liberata’ proviene da Il Fatto Quotidiano.