Raffaele Sollecito, assolto in via definitiva nel 2015 per l’assassinio di
Meredith Kercher avvenuto il 2 novembre di 18 anni fa, è tornato con un video
sui social in cui, di nuovo, paragona il suo caso a quello di Alberto Stasi, a
oggi unico condannato per il caso Garlasco, cioè la morte di Chiara Poggi.
“Essere innocente in un processo mediatico ti mette davanti a una scelta. Negli
ultimi trent’anni in Italia il mio è stato l’unico caso mediatico conosciuto da
tutti a essersi risolto con una soluzione piena, l’unica volta in cui la realtà
ha vinto su una narrazione“. Spiegando di essersi ormai rifatto una vita, come
“architetto del cloud”, e sottolineando di aver lasciato “che i risultati
tecnici parlassero” per lui, Sollecito sottolinea di non aver “mai smesso di
documentarmi”. “Per questo guardo con attenzione i casi come quello di Alberto
Stasi, un altro innocente in carcere. Rivedo lo stesso errore metodologico: il
DNA usato come prova regina, invece di essere contestualizzato con rigore”,
prosegue ancora. “Un singolo errore scientifico, quando entra in un’aula di
giustizia, può distruggere e cancellare una vita. Ma io racconto tutto questo
per cercare qualcosa. Lo faccio perché ho imparato quanto sia fragile
l’equilibrio tra verità e narrazione”, insiste, dicendo di aver ormai imparato a
riconoscere “quando un sistema fallisce” e “quando lo vedo in un’aula di
tribunale non posso rimanere in silenzio”.
L'articolo Raffaele Sollecito torna sul caso Garlasco: “Con Stasi stesso errore
metodologico, il Dna usato come prova regina” proviene da Il Fatto Quotidiano.