Sciopero generale 28 novembre, si ferma anche la sanità: visite ed esami, ecco cosa è a rischio. “Gli aumenti? Irrisori”

Il Fatto Quotidiano - Thursday, November 27, 2025

Medici, infermieri, ostetrici, tecnici della prevenzione, di laboratorio, della riabilitazione. Ma anche chi si occupa di gestire la prenotazione delle prestazioni o chi è impiegato nei servizi di accettazione. Tutti i lavoratori del comparto sanitario potranno partecipare allo sciopero generale del 28 novembre, indetto dai sindacati di base – Usb, Cobas, Cub e Sgb -, che anticipa la manifestazione nazionale in programma a Roma per il giorno successivo. “La situazione è sotto gli occhi di tutti. Lavoratori e cittadini toccano con mano la crisi della sanità. Quello che succede nei reparti, la carenza di personale, le condizioni di lavoro, le liste d’attesa. E questa legge di Bilancio non farà che peggiorare le criticità”, spiega a ilfattoquotidiano.it Stefano Corsini, membro del coordinamento nazionale pubblico impiego di Usb. Da qui la scelta di due giorni di protesta contro una manovra “che premia i redditi più alti, riduce i servizi e condanna i lavoratori a un’ulteriore perdita di potere d’acquisto, mentre il governo accelera su riarmo e spesa militare”.

Servizi essenziali ed esami: cosa è a rischio

Come sempre vale per gli scioperi in sanità, i servizi essenziali resteranno comunque garantiti. Pronto soccorso e chirurgia d’emergenza continueranno a operare regolarmente, così come l’assistenza ai pazienti già ricoverati, le cure domiciliari e le attività di prevenzione considerate urgenti. A rischio rinvio, invece, esami diagnostici, accertamenti e visite ambulatoriali. Possibili disagi anche per le funzioni amministrative legate a prenotazioni e accettazione delle prestazioni. “È il momento di tornare alla pratica del ‘Blocchiamo tutto’, già utilizzata con efficacia in solidarietà al popolo palestinese, contro il genocidio e in supporto alla Global Sumud Flotilla – spiega il sindacalista -. Contro una legge di Bilancio povera e di guerra, che prevede la militarizzazione della spesa pubblica. Basti vedere le risorse stanziate dall’esecutivo per raggiungere gli obiettivi imposti dalla Nato o quanto previsto dal piano ReArm Europe”.

“Definanziamento reale”

Un cortocircuito, spiega, reso ancora più evidente se confrontato con quanto messo sul tavolo dal governo per la salute. Il Fondo sanitario crescerà di 6,6 miliardi di euro nel 2026, ma la spesa pubblica si fermerà al 6,5% del Pil, percentuale inferiore sia alla media Ocse (7,1%), sia a quella Ue (6,9%). “Dopo aver dovuto ascoltare una serie infinita di dichiarazioni sul record di stanziamenti in sanità, possiamo affermare con certezza che il definanziamento reale del Servizio sanitario nazionale non si ferma – prosegue – Nel 2028 per la prima volta il Fondo sanitario scenderà sotto la soglia del 6% rispetto al Pil. L’aumento di risorse assolute di cui parla il governo è fumo negli occhi se non viene parametrato con l’inflazione che lo divora”. Discorso che vale anche per gli aumenti di stipendio previsti dal contratto Sanità della Pubblica amministrazione, firmato a fine ottobre, per il triennio 2022-2024. Soprattutto alla luce dei dati diffusi dall’Istat, secondo cui negli ultimi quattro anni i prezzi dei beni alimentari in Italia sono aumentati del 25%.

Gli aumenti di stipendio? “Irrisori”

“Tutto dovrebbe essere riparametrato all’inflazione – commenta Corsini – In tal senso, il contratto appena firmato grida vendetta. Sono stati lasciati per strada dieci punti reali di potere d’acquisto. A novembre i lavoratori si renderanno conto effettivamente degli aumenti irrisori che riceveranno in busta paga: circa 30 euro netti al mese per un infermiere con anni di anzianità”. E riguardo al piano straordinario di assunzioni promesso dall’esecutivo, per Corsini ci troviamo di fronte “all’ennesima politica dell’annuncio, perché 6mila infermieri in più sono una barzelletta”. In Italia, ne mancano più di 65mila – anche se secondo i sindacati di categoria la carenza è quasi tre volte maggiore – e nei prossimi anni questa penuria peggiorerà ancora, visto che sempre meno giovani scelgono di intraprendere questa professione. “A queste condizioni lavorative e salariali, in ogni caso, sarà difficile anche assumere i 6mila professionisti previsti dalla manovra. Le condizioni economiche non sono sostenibili. Banalmente, come pensiamo che un infermiere possa vivere in una città cara come Milano con questi stipendi?”, conclude Corsini.

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