A Genova, la sera prima del corteo per lo sciopero dell’Unione sindacale di base
(Usb), l’attivista svedese incontra i lavoratori che bloccano il transito di
armi nei porti.
“Ho pianto guardando quel video, quando mentre eravamo in rotta verso Gaza i
portuali di Genova dicevano che avrebbero potuto bloccare l’Europa. È questo che
significa solidarietà”. Con José Nivoi, del Collettivo autonomo lavoratori
portuali e sindacalista Usb Mare e Porti, con il quale si è conosciuta
nell’azione politica e umanitaria nonviolenta della Global Sumud Flotilla di
settembre, Greta Thunberg spiega a ilfattoquotidiano.it le ragioni della sua
presenza a fianco dei portuali, da anni in lotta contro il transito di armi
verso paesi in guerra.
“Essere qui – dice – è uno dei modi più chiari per tradurre in azione ciò che
diciamo. Lottiamo contro lo stesso sistema: quello che crea ecocidi e genocidi,
che distrugge il pianeta e opprime i palestinesi da decenni, ma che colpisce
anche i lavoratori in Europa. Per questo siamo più forti insieme”.
La mobilitazione genovese è parte dello sciopero generale contro la finanziaria
del governo Meloni, indetto venerdì dall’Usb. Per Greta, che nelle ore
precedenti aveva incontrato i lavoratori del Collettivo di fabbrica della Gkn e
gli operai del Sì Cobas di Firenze e Prato, e che sabato parteciperà al corteo
organizzato a Roma dall’Usb, Genova rappresentava una tappa essenziale: è uno
dei porti in cui il carico di materiali bellici è stato più volte ostacolato da
picchetti e scioperi, recentemente in particolare quello verso Israele.
Lo sguardo va anche verso questa Unione europea, che dall’annunciato impegno per
il clima sembra ora dare priorità al riarmo: “Nel 2019 ci raccontavano il Green
Deal – ricorda Thunberg –. Sapevamo che era debole, ma oggi è evidente che non
c’è mai stata una vera volontà. I governi europei hanno scelto il riarmo. Siamo
esattamente sulla strada sbagliata: intensificano l’oppressione, permettono ai
ricchi di diventare ancora più ricchi a spese della maggioranza, alimentano
conflitti”.
Per José Nivoi, il collegamento tra la crisi climatica, la militarizzazione e la
Palestina è tutt’altro che retorico: “Nella logica guerrafondaia dei governi si
vendono armi a paesi aggressori, come Israele. E così si alimentano i massacri.
Per questo parliamo di finanziaria di guerra: l’Italia stanzia quasi 100
miliardi per il comparto militare, con un aumento previsto di 70 miliardi”.
Bruxelles chiede agli Stati membri oltre 830 miliardi per potenziare l’industria
bellica dei paesi europei, come concordato con la Nato entro il 2030. “Ma senza
l’Unione europea – dice Thunberg – Israele non potrebbe portare avanti questo
genocidio. L’apartheid, l’oppressione e l’ecocidio in Palestina sono il
risultato diretto del sostegno politico, militare e culturale europeo. Dobbiamo
chiamare l’Europa alle sue responsabilità”.
I portuali italiani sono tra i pochi ad aver tradotto in scioperi concreti
questo dissenso. Ma non mancano critiche sulle divisioni tra sindacati, come se
questo impegno per la Palestina fosse strumentale o riducibile a logiche di
visibilità. “Non credo sia così – commenta Nivoi –. La partecipazione di massa
allo sciopero del 22 settembre lo dimostra. Certo che vorremmo maggiore unità
sindacale e nell’opposizione sociale a queste politiche: come tutti i nostri
scioperi, chi vuole unirsi è benvenuto. Come per quello del 22 settembre, anche
gli altri sindacati erano stati invitati a convergere. Così non è stato, e non
per nostra scelta”.
Certo, l’attenzione mediatica e la partecipazione internazionale di massa che
c’erano state con Fridays for Future, prima, e con la Flotilla, più
recentemente, crescono velocemente e altrettanto rapidamente sembrano evaporare.
È difficile andare avanti quando si raggiungono picchi così alti di
partecipazione. “Sappiamo come funziona il panorama dei movimenti, con temi che
vanno in tendenza e poi sembrano scomparire dai radar – spiega Thunberg –. È
anche normale che cambino i nomi delle organizzazioni, ma a me sinceramente non
importa sotto quale nome si presenti un movimento, finché portiamo avanti il
lavoro presentandoci in massa. Ma la dura realtà è che servono molte più persone
attive. Quando i governi non agiscono, tocca a noi, ma dobbiamo essere tanti.
Dire ‘non nel nostro nome’ è importante, ma ancora più importante è fermare
davvero ciò che accade. E niente è più efficace dei lavoratori che fermano un
paese”.Gret
L'articolo Greta Thunberg coi portuali di Genova sostiene lo sciopero Usb:
“Europa sulla strada sbagliata, ha scelto il riarmo” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
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Medici, infermieri, ostetrici, tecnici della prevenzione, di laboratorio, della
riabilitazione. Ma anche chi si occupa di gestire la prenotazione delle
prestazioni o chi è impiegato nei servizi di accettazione. Tutti i lavoratori
del comparto sanitario potranno partecipare allo sciopero generale del 28
novembre, indetto dai sindacati di base – Usb, Cobas, Cub e Sgb -, che anticipa
la manifestazione nazionale in programma a Roma per il giorno successivo. “La
situazione è sotto gli occhi di tutti. Lavoratori e cittadini toccano con mano
la crisi della sanità. Quello che succede nei reparti, la carenza di personale,
le condizioni di lavoro, le liste d’attesa. E questa legge di Bilancio non farà
che peggiorare le criticità”, spiega a ilfattoquotidiano.it Stefano Corsini,
membro del coordinamento nazionale pubblico impiego di Usb. Da qui la scelta di
due giorni di protesta contro una manovra “che premia i redditi più alti, riduce
i servizi e condanna i lavoratori a un’ulteriore perdita di potere d’acquisto,
mentre il governo accelera su riarmo e spesa militare”.
SERVIZI ESSENZIALI ED ESAMI: COSA È A RISCHIO
Come sempre vale per gli scioperi in sanità, i servizi essenziali resteranno
comunque garantiti. Pronto soccorso e chirurgia d’emergenza continueranno a
operare regolarmente, così come l’assistenza ai pazienti già ricoverati, le cure
domiciliari e le attività di prevenzione considerate urgenti. A rischio rinvio,
invece, esami diagnostici, accertamenti e visite ambulatoriali. Possibili disagi
anche per le funzioni amministrative legate a prenotazioni e accettazione delle
prestazioni. “È il momento di tornare alla pratica del ‘Blocchiamo tutto’, già
utilizzata con efficacia in solidarietà al popolo palestinese, contro il
genocidio e in supporto alla Global Sumud Flotilla – spiega il sindacalista -.
Contro una legge di Bilancio povera e di guerra, che prevede la militarizzazione
della spesa pubblica. Basti vedere le risorse stanziate dall’esecutivo per
raggiungere gli obiettivi imposti dalla Nato o quanto previsto dal piano ReArm
Europe”.
“DEFINANZIAMENTO REALE”
Un cortocircuito, spiega, reso ancora più evidente se confrontato con quanto
messo sul tavolo dal governo per la salute. Il Fondo sanitario crescerà di 6,6
miliardi di euro nel 2026, ma la spesa pubblica si fermerà al 6,5% del Pil,
percentuale inferiore sia alla media Ocse (7,1%), sia a quella Ue (6,9%). “Dopo
aver dovuto ascoltare una serie infinita di dichiarazioni sul record di
stanziamenti in sanità, possiamo affermare con certezza che il definanziamento
reale del Servizio sanitario nazionale non si ferma – prosegue – Nel 2028 per la
prima volta il Fondo sanitario scenderà sotto la soglia del 6% rispetto al Pil.
L’aumento di risorse assolute di cui parla il governo è fumo negli occhi se non
viene parametrato con l’inflazione che lo divora”. Discorso che vale anche per
gli aumenti di stipendio previsti dal contratto Sanità della Pubblica
amministrazione, firmato a fine ottobre, per il triennio 2022-2024. Soprattutto
alla luce dei dati diffusi dall’Istat, secondo cui negli ultimi quattro anni i
prezzi dei beni alimentari in Italia sono aumentati del 25%.
GLI AUMENTI DI STIPENDIO? “IRRISORI”
“Tutto dovrebbe essere riparametrato all’inflazione – commenta Corsini – In tal
senso, il contratto appena firmato grida vendetta. Sono stati lasciati per
strada dieci punti reali di potere d’acquisto. A novembre i lavoratori si
renderanno conto effettivamente degli aumenti irrisori che riceveranno in busta
paga: circa 30 euro netti al mese per un infermiere con anni di anzianità”. E
riguardo al piano straordinario di assunzioni promesso dall’esecutivo, per
Corsini ci troviamo di fronte “all’ennesima politica dell’annuncio, perché 6mila
infermieri in più sono una barzelletta”. In Italia, ne mancano più di 65mila –
anche se secondo i sindacati di categoria la carenza è quasi tre volte maggiore
– e nei prossimi anni questa penuria peggiorerà ancora, visto che sempre meno
giovani scelgono di intraprendere questa professione. “A queste condizioni
lavorative e salariali, in ogni caso, sarà difficile anche assumere i 6mila
professionisti previsti dalla manovra. Le condizioni economiche non sono
sostenibili. Banalmente, come pensiamo che un infermiere possa vivere in una
città cara come Milano con questi stipendi?”, conclude Corsini.
L'articolo Sciopero generale 28 novembre, si ferma anche la sanità: visite ed
esami, ecco cosa è a rischio. “Gli aumenti? Irrisori” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Contro la legge di Bilancio e le politiche economiche e fiscali del governo,
nonché contro il ddl Sicurezza e l’Autonomia differenziata. Ritorna il
“Blocchiamo tutto” del sindacalismo di base con un nuovo sciopero generale.
Venerdì 28 si fermano tutti i settori privati e pubblici per l’astensione dal
lavoro invocata da Usb, Cobas e altre sigle di base. Manifestazioni sono
previste in diverse città con la principale a Roma dove il corteo partirà da
piazza Indipendenza alle ore 9.30, attraverserà il centro sfilando davanti al
ministero dei Trasporti e al ministero dell’Economia, per terminare a piazza
Barberini dove si svolgerà un’assemblea pubblica.
Al corteo, oltre ai lavoratori pubblici e privati in sciopero, parteciperanno
centri sociali, strutture di movimento, studenti e giovani precari.
Manifestazioni sono in programma anche a Torino, Milano, Padova, Bologna, Pisa,
Lucca, Siena, Terni, Ancona, Pescara, Termoli, Napoli, Potenza, Brindisi,
Cosenza, Catania, Siracusa, Palermo e Cagliari. “Avremmo voluto partecipasse
anche la Cgil per ripetere la grande e assai produttiva unità del 3 ottobre
scorso: ma i nostri appelli non sono stati ascoltati e la Cgil ha preferito
scioperare da sola e fuori tempo massimo il 12 dicembre quando l’iter della
legge di Bilancio sarà in conclusione”, dice la confederazione Cobas.
L’invito a scioperare è per chiedere massicci investimenti nella scuola, sanità,
trasporti, con il taglio drastico delle spese militari; la stabilizzazione di
tutti i precari e dei lavoratori in appalto della Pubblica amministrazione;
aumenti salariali che recuperino quanto perso (circa il 30%) nell’ultimo
ventennio; l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, rendendole pari
all’ultimo stipendio in servizio; la riduzione dell’orario di lavoro e
l’introduzione per legge del salario minimo; la fine del sostegno militare allo
Stato di Israele, in solidarietà con la lotta del popolo palestinese.
Lo sciopero è anche convocato contro le politiche economiche e fiscali della
Finanziaria e lo spostamento di risorse dalle spese sociali agli armamenti; la
privatizzazione delle aziende energetiche, delle poste, delle telecomunicazioni,
del trasporto pubblico, dei servizi di igiene ambientale, della sanità,
dell’istruzione; la violenza di genere e ogni divario salariale di genere; il
Ddl Sicurezza che criminalizza il conflitto sociale e l’Autonomia differenziata
che acuisce le differenze sociali tra le diverse regioni.
L’impatto più importante è come sempre atteso nei trasporti. Lo sciopero
interesserà il personale del gruppo Fs italiane dalle ore 21 di oggi, giovedì
27, alle ore 21 di domani. Per il trasporto regionale sono garantiti i servizi
essenziali previsti in caso di sciopero nei giorni feriali: dalle ore 6 alle 9,
e dalle ore 18 alle 21 di venerdì 28 novembre. Trenitalia, tenuto conto delle
possibili ripercussioni sul servizio, invita i passeggeri a informarsi prima di
recarsi in stazione. A Roma è a rischio la mobilità delle tratte Atac nel
trasporto pubblico locale, con fasce di garanzia da inizio servizio alle 8.29 e
dalle 17 alle 19.59. A Milano saranno invece regolari i mezzi di Atm, che si
fermeranno domenica 30, mentre è coinvolta Trenord.
L'articolo Sciopero generale, venerdì a rischio i trasporti e manifestazioni in
tutta Italia proviene da Il Fatto Quotidiano.