“Se un politico vi fotte l’auto, potrà farla franca”, così spiegherei il No al referendum sulla giustizia

Il Fatto Quotidiano - Thursday, November 27, 2025

di Paolo Ghion

Non ho idea di come il prossimo referendum sulla giustizia verrà affrontato e con quale argomentazioni si cercherà di convincere le persone a votare in un senso o nell’altro.

Per il è facile immaginare la solita manfrina d’antica memoria, solo che un tempo nei confronti dei magistrati, ci si infilava qualche parola di ordinaria amministrazione, almeno per dare una parvenza di normalità che naturalmente mal celavano l’orrore per la magistratura che si ostina a far rispettare la legge. Insomma, il politico che argomenta premettendo il rispetto per la magistratura e conclude con la riforma della giustizia, equivale al mio gatto che mi salta in braccio con affetto e poi rovina il momento cominciando a leccarsi le parti intime. Oggi non c’è meno infarinatura e se uno infila un rasoio elettrico in una polpetta, non ci si sorprenda se l’Anm risponde al governo: “Come accettato, ma sto a dieta”.

Ciò che mi terrorizza di questa riforma non è solo la separazione delle carriere, ma quel che viene dopo. Chi ha visto La Città Proibita, sa che l’imperatore uccide lentamente l’imperatrice con un veleno che chiama “rimedio”. Se la giustizia è malata, è anche colpa della politica che l’avvelena con leggi sbagliate e confuse, ma poi si lamenta se i magistrati debbono interpretare o fare i compiti, il che non è sopperirne l’idiozia, ma “fare politica”. Quindi si propone una riforma che è uno strano elisir: lascia progredire le vecchie patologie della giustizia e la cura per una nuova malattia che gli verrà con la medicina.

Chi sostiene il No, ha diversi problemi da fronteggiare: prima di tutto l’argomento che non è d’immediata comprensione, perché soprattutto chi non ha problemi con la legge, può non aver mai saputo di nessuna delle figure citate e coinvolte, lo stesso concetto premette qualcosa che vada elaborato, e nelle battaglie tra spiegazione e slogan, la prima ha armi troppo complesse, senz’altro di qualità, ma s’inceppano con la polvere; la potenza mediatica del fronte opposto che suppongo possa essere simile a quella del referendum costituzionale del 2016; la mancanza di figure schiette che attraggano le persone e operino una sorta di populismo al contrario, cioè che siano fintamente populiste al fine di richiamare al senso civico; la debolezza dell’opposizione che troppo spesso ha giocato di fair play e tra le cui file ci sono personaggi zavorra; la credibilità della magistratura, minata in proprio, ma spesso anche per episodi legati alla politica che se ne tiene fuori nel criticarla.

Il mio modesto consiglio è seguire la logica. Non si possono convincere le persone con lunghi pipponi sulle carriere, sulla infrastruttura che verrà appesantita inutilmente (o utilmente a seconda dei punti di vista), sulle figure del giudice e del pubblico ministero che tocca spiegare cosa fanno prima di dire perché sarebbe un problema separarne le carriere. Dire che certi passaggi accadono poco e che quindi è ininfluente, è un’arma a doppio taglio, perché allo stesso tempo si potrebbe rispondere che se non cambia nulla, perché se ne ha paura?

Se ci si riferisce alla sola separazione delle carriere, e i magistrati puntano il dito su una cosa che poi dicono sia marginale, di fatto si danno la zappa sui piedi, aiutando l’altra parte a deviare l’attenzione da tutto il resto.

Non sto dicendo che non sia necessario entrare nel merito, ma di prestare attenzione al come doverlo fare: con ironia, con esempi pratici, con metafore che richiamino rapidamente i concetti e facendosi conoscere come persone. Perché il governo si presume voglia minare l’autonomia della magistratura? Di cosa dobbiamo avere paura? Voce chiara al microfono acceso davanti alla platea: “Si tratta di incidere maggiormente sulla distinzione tra chi esercita funzione giudicante e chi la funzione requirente e…”, il tizio in fondo alla sala messaggia al telefono, un altro si mangia le pellicine, qualcuno strizza gli occhi… Io direi: “Se un politico vi fotte l’auto, potrà farla franca.”

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