“Stop alla diffusione degli audio dei genitori di Yara. Erano riservati”: il Garante della privacy sanziona la docuserie Netflix su Bossetti. Multa da 40mila euro

Il Fatto Quotidiano - Monday, December 1, 2025

Una multa da 40mila euro. Sarebbe questa la decisione presa dal Garante della privacy contro la docuserie “Il caso Yara – oltre ogni ragionevole dubbio”, realizzata da Quarantadue srl e diffusa su Netflix a partire da luglio 2024. Alla base del provvedimento ci sarebbe una serie di file audio – 46 in totale – contenenti messaggi vocali e telefonate inviate dai coniugi Gambirasio alla figlia Yara nelle ore successive alla drammatica scomparsa della 13enne.

La famiglia della giovanissima vittima di Brembate di Sopra (Bergamo) – scomparsa nel novembre 2010 e trovata assassinata nel febbraio 2011 – si è opposta alla pubblicazione di quel materiale con un reclamo presentato il 24 settembre 2024. Secondo i coniugi Gambirasio, infatti, si tratterebbe di messaggi vocali e conversazioni telefoniche “intercettati durante le indagini e mai utilizzati nel corso del processo” e per questo motivo, a loro avviso, non destinati alla diffusione pubblica.

E l’Autorità ha accolto le loro posizioni, disponendo il divieto di “ulteriore diffusione dei messaggi e delle conversazioni oggetto di reclamo” e una multa di 40mila euro alla società Quarantadue: “Tra le conversazioni riprodotte e individuate nella loro istanza (nei primi tre episodi della serie, in particolare: 24 files audio nel primo episodio, 19 nel secondo episodio, 3 nel terzo episodio) vi è anche un messaggio vocale che la reclamante aveva lasciato nella segreteria telefonica della figlia quando ancora non si conosceva la drammatica sorte”, si legge nel documento del Garante riportato da “L’Eco di Bergamo”.

Tra le motivazioni che hanno portato alla sanzione, il Garante precisa che “detti files audio non hanno alcuna attinenza con le indagini e sono stati inseriti nella trasmissione ‘all’unico, evidente scopo di sollecitare l’attenzione morbosa degli spettatori’, in contrasto con il loro diritto di restare affermazioni riservate”. Per l’Autorità garante, quindi, sarebbero stati violati i principi generali di liceità e correttezza, nonché di minimizzazione dei dati personali. Ed è per questo motivo che la loro pubblicazione sarebbe illecita.

Al provvedimento disposto dall’Autorità garante, però, la società produttrice della serie, Quarantadue srl, si è difesa, spiegando che “le conversazioni inserite all’interno del documentario sono un estratto di qualche secondo di alcune intercettazioni telefoniche e/o ambientali autorizzate dall’autorità giudiziaria e confluite, quantomeno, nel fascicolo del pubblico ministero, ovvero semmai audio delle deposizioni rilasciate in tribunale nel corso del processo a carico di Massimo Bossetti acquisite agli atti”, le parole dell’azienda riportate dal “Corriere della Sera Bergamo”. Secondo la società, dunque, la serie sarebbe “una legittima espressione del diritto di cronaca”, in cui l’utilizzo della voce reale dei genitori – invece di quelle interpretate dagli attori – risponderebbe alla “necessità di rappresentare fedelmente e nella piena autenticità il lato umano di quei due personaggi”.

Secondo il Garante, invece, “la pubblicazione dei messaggi e delle conversazioni telefoniche comprensive delle intime e sofferte esternazioni della madre, abbia disatteso i principi suindicati, travalicando i confini del lecito e corretto esercizio del diritto di cronaca”. E per questo motivo ha disposto il divieto alla diffusione del materiale oggetto di reclamo e una sanzione economica a Quarantadue srl, che potrà impugnare il provvedimento facendo ricorso.

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