Quando alla fine della battaglia tra Netflix e Paramount per acquisire gli asset
di Warner Bros. Discovery ci sarà un vincitore, il bottino in termini di film e
serie sarà prestigiosissimo. Nel portafoglio Warner c’è una tale quantità di
storia stellata, iconica o anche solo ultra popolare di cinema e serie TV da
rendere ricchi i nuovi proprietari per parecchio tempo a venire. Stiamo parlando
di un archivio che va da Harry Potter all’universo DC Comics, dai film di
Stanley Kubrick alla saga de Il Signore degli Anelli e Dune, fino a I Soprano,
Friends e Il Trono di Spade.
Insomma, nel caso Netflix vincesse la partita, sarebbe come se l’ultimo campione
giunto dallo streaming inglobasse campionati e coppe giocati sul campo delle
sale cinematografiche e della TV. Un subentro in corsa quantomeno bizzarro, se
non proprio industrialmente trasversale.
Del resto, come scrive il professor Alberto Pasquale, tra i maggiori esperti dei
meccanismi dell’industria cinematografica mondiale, sul suo profilo Facebook
commentando la vicenda: “L’integrazione richiederebbe però una trasformazione
radicale del modello Netflix. La società, che ha sempre evitato acquisizioni e
privilegiato strategie ‘costruite in casa’, si ritroverebbe a produrre film per
le sale, settore storicamente tenuto a distanza; a vendere contenuti a terzi,
come fa Warner, rompendo la tradizionale esclusività del catalogo Netflix; a
gestire pubblicamente i risultati al botteghino, più rischiosi e imprevedibili
rispetto ai flussi streaming”.
Insomma, non saremmo solo di fronte a quote di mercato oltre il limite massimo
stabilito, che chiamerebbero in causa l’antitrust e l’amministrazione Trump –
molto vicina alla nuova offerta ostile di Paramount che spiazza Netflix – ma a
una vera e propria trasformazione genetica di Netflix.
Come scrive Fortune, “La battaglia per la Warner Bros. sottolinea quanto sia
diventato fondamentale disporre di un archivio completo dei migliori film e
serie TV per lo streaming, l’unica parte in crescita dell’industria
cinematografica e televisiva odierna. Titoli Warner come Il Trono di Spade,
Batman e Il Signore degli Anelli, insieme a HBO Max, amplierebbero
significativamente il business dello streaming di Paramount, che conta circa 80
milioni di abbonati. Per Netflix quegli stessi film e programmi TV
alimenterebbero un servizio di streaming che già raggiunge più di 300 milioni di
famiglie in tutto il mondo e consoliderebbero il vantaggio dell’azienda rispetto
a concorrenti come Disney e Amazon.com”.
Insomma, il caro vecchio catalogo sembra essere l’elemento più appetitoso del
succulento abbandono di Warner.
Ricordiamo intanto che la Warner ha 107 anni di vita, essendo nata nel 1918 sul
Sunset Boulevard di Hollywood grazie all’intraprendenza dei quattro fratelli
Warner – Albert, Harry, Sam e Jack. Tra gli anni trenta e sessanta, citiamo
alcuni titoli che hanno fatto la storia del cinema: Piccolo Cesare, Casablanca,
Sentieri Selvaggi, È nata una stella, Gioventù bruciata, Bonnie and Clyde.
Da Arancia Meccanica in avanti, quindi Barry Lyndon, Shining, Full Metal Jacket
ed Eyes Wide Shut, la WB produce tutti i film di Kubrick. Negli anni settanta
centra parecchi successi a partire da L’Esorcista, Superman con Christopher
Reeve e Gene Hackman, Dirty Harry (il primo capitolo di L’Ispettore Callaghan; i
successivi li produrrà la Malpaso di Clint Eastwood e WB li distribuirà) e
successivamente tutta la filmografia dello stesso Eastwood, tra cui gli
oscarizzati Gli Spietati e Million Dollar Baby.
Negli anni novanta, Warner Bros. produce la saga di Batman iniziata da Tim
Burton, Seven di Fincher, La Guardia del Corpo e intraprende l’iconica serie di
Matrix. Gli anni duemila sono quelli della saga di Harry Potter – che diventerà
la più redditizia per la WB – e quella firmata da Peter Jackson de Il Signore
degli Anelli. In mezzo sbucano anche i due film di Sex and the City, Inception
di Nolan, Gravity di Cuarón, Mad Max: Fury Road, Joker con Joaquin Phoenix e
infine la clamorosa affermazione di Barbie e dei primi due episodi di Dune
firmati da Denis Villeneuve.
Solo negli ultimi due anni, WB ha dovuto digerire due flop come la saga Horizon
di Kevin Costner e il sequel di Joker, Joker: Folie à Deux. Infine, per la
prossima corsa agli Oscar, è in rampa di lancio da mesi Una battaglia dopo
l’altra con Leonardo DiCaprio.
L'articolo La guerra a suono di miliardi di Netflix e Paramount per il tesoro
Warner Bros (da Kubrick a Harry Potter) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Netflix
“Emily In Paris” è arrivata alla quinta stagione e sarà disponibile dal 18
dicembre su Netflix. Il cast con a capo la protagonista e attrice Lily Collins,
si è presentato a Venezia, che sarà una delle location delle nuove puntate, per
presentare il nuovo progetto. Tutto ruota attorno a Emily, un’ambiziosa
direttrice marketing venticinquenne di Chicago che ottiene inaspettatamente il
lavoro dei sogni a Parigi, per poi spostare gli affari in Italia. Alla guida
dell’Agence Grateau a Roma, Emily si trova ad affrontare difficoltà sia
professionali che sentimentali, mentre cerca di adattarsi alla vita nella
capitale. Ma proprio quando tutto sembra andare per il meglio, un’idea
imprenditoriale non ha l’esito sperato e la sua vita e la sua carriera subiscono
pesanti conseguenze.
“Penso che Emily sia cresciuta molto nel suo lavoro. – ha detto la Collins in
conferenza stampa oggi venerdì 12 dicembre a Venezia – Oserei dire che c’è
un’affinità con Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) che inizia a crescere sempre
di più. E penso che con questo arrivi una sicurezza interiore che si vede nella
sua vita quotidiana, che sia in amore o in ufficio. Ma ogni anno che passa penso
che lei si senta più a suo agio con se stessa. Si senta più con i piedi per
terra. E penso che tutti sappiamo nella vita che quando è così, si può
affrontare il dramma e l’imprevisto in un modo più concreto e maturo. Questa è
Emily quest’anno”.
I VESTITI RIFLETTONO LA PSICOLOGIA DI EMILY
“Emily ha molti pensieri e molte cose da dire e invece di condividerli
trasferisce tutto questo nella scelta dei suoi vestiti che sono luminosi,
audaci, colorati e vistosi. Insomma non si passa di certo inosservati. Alla
quinta stagione e con alle spalle un bagaglio di esperienza in più, gli abiti
rimangono audaci, ma meno vistosi rispetto alle prime stagioni. Sono solo un po’
più misurati. Quindi mi piace pensare che ci sia una maggiore sicurezza
interiore che si esprime nei vestiti. In questa stagione vedremo che Emily
lavora molto duramente in Italia. E penso che impari molto su se stessa lungo il
percorso attraverso gli alti e bassi e la resilienza. C’è qualcosa dentro di lei
di nuovo, anche perché ha osservato molto Marcello (Eugenio Franceschini)
attraverso le sue esperienze con le aziende italiane con cui lavora”.
È IMPORTANTE LASCIARSI ANDARE NELLA VITA E NEL LAVORO
“Penso che questa serie non parli necessariamente solo di amore. Credo sia anche
un monito a lasciarsi andare, non essere sempre perfetti. Sia nella vita
professionale che sentimentale, cerchiamo di avere tutto perfettamente in
ordine, cercando di essere sempre presenti. Ma l’ansia per la perfezione spesso
impedisce che qualcosa di bello accada. Quindi penso che sia davvero importante
notare che quando ci si lascia andare, le cose potrebbero effettivamente andare
bene. E quando si è più giovani, almeno per me, penso che ci sia così tanta
pressione per avere sempre questa visione perfetta di sé. E se non lo sei, a
quella persona non piacerai e allora non ti chiamerà e poi se non lo farà vai in
tilt. Se imparassi ad essere sempre noi stessi, forse andrebbe tutto bene.
Consiglio quindi di prendere spunto da questa serie”.
LA MAGIA DI VENEZIA PER LILY COLLINS
“Cosa ha rappresentato Venezia per la Collins? “Credo di aver visto così tante
foto di Venezia, si vedono tanti video del Festival, si sente parlare delle
gondole, delle barche... Penso che per me ci siano stati davvero due momenti
importanti: i pensieri fatti durante il viaggio dall’aeroporto, avevo in mente
cosa avrei vissuto, ma poi una volta che sali sulla barca, ti guardi intorno e
all’improvviso tutto ciò che è intorno rallenta e quando entri da uno dei
canali, sembra il retro di uno studio cinematografico. Ricordo ancora quando ho
vissuto lo stupore di vedere Piazza San Marco, sembrava rispecchiarsi d’oro
sull’acqua. E poi quando sono arrivata in hotel e sono arrivata nella mia
stanza, mi è sembrata una scena di una serie perché ho aperto la finestra. Non
riuscivo a credere alle gondole, a quanto sono belle e a come tutti siano in
bianco e nero”.
L'articolo “L’ansia di essere sempre perfetti impedisce che accadano cose belle
nella vita. Lasciatevi andare in amore come nel lavoro”: Lily Collins torna con
“Emily In Paris” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Adesso è braccio di ferro. Paramount Skydance rilancia la corsa all’acquisizione
di Warner Bros. Discovery. La proposta del colosso guidato da David Ellison è di
pagare in contanti la rivale mettendo sul piatto 30 dollari ad azione per
acquistare l’azienda, valutata 108,4 miliardi di dollari. L’offerta di Paramount
riguarda l’intera Warner e quindi anche i canali televisivi come Cnn. In
sostanza, l’offerta supera di 18 miliardi di dollari quella di Netflix, che
comprende solo la casa di produzione cinematografica e il servizio di streaming
HBO.
“Gli azionisti di Warner Bros. Discovery meritano l’opportunità di considerare
la nostra offerta interamente in contanti per le loro azioni dell’intera società
che è superiore a quella di Netflix. La nostra offerta pubblica si basa sugli
stessi termini che abbiamo fornito privatamente al Consiglio di Amministrazione
e offre un valore superiore e un percorso più sicuro e rapido verso il
completamento”, ha commentato Ellison.
Il presidente e Ceo di Paramount ha aggiunto: “Riteniamo che il Consiglio di
Amministrazione di Wbd stia perseguendo una proposta inferiore che espone gli
azionisti a un mix di liquidità e azioni e a un futuro incerto per il business
delle reti. Stiamo portando la nostra offerta direttamente agli azionisti per
dare loro l’opportunità di agire nel proprio interesse e massimizzare il valore
delle loro azioni”. In un’intervista a Cncb ha inoltre sostenuto che la proposta
“è buona per Hollywood” mentre quella di Netflix è “anticoncorrenziale” poiché
l’unione metterebbe “fine all’industria” cinematografica “così come la
conosciamo”.
Secondo fonti vicine all’offerta che hanno chiesto di non essere identificate
perché i dettagli erano riservati, si tratta della stessa offerta che Warner
Bros ha respinto la scorsa settimana. La proposta è supportata da un
finanziamento azionario della famiglia Ellison e della società di private equity
RedBird Capital, oltre a 54 miliardi di dollari di impegni di debito da parte di
Bank of America, Citi e Apollo Global Management.
L'articolo Ora è braccio di ferro per Warner Bros: Paramount rilancia l’offerta
di Netflix proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’accordo commerciale Netflix-Warner è “catastrofico” e “minaccia l’intera
industria dell’intrattenimento”. Parola di Jane Fonda. Una delle attrici più
iconiche del sistema hollywoodiano di fine Novecento si è espressa sull’intesa
epocale e clamorosa tra una delle più antiche società statunitensi di
intrattenimento e il nuovo impero dello streaming. “La notizia che Warner Bros
Discovery ha accettato un’offerta di acquisto è un’allarmante escalation del
processo di consolidamento che minaccia l’intera industria dell’intrattenimento,
il pubblico democratico che la segue e il Primo Emendamento”.
La 87enne interprete di Sindrome cinese e Il cavaliere elettrico, nonché membro
attivo del Comitato per il Primo Emendamento, aveva in realtà pubblicato sul
sito TheAnkler.com una lunga riflessione rispetto a una fusione in sé tra Warner
e qualsiasi altro concorrente prima che Netflix si aggiudicasse la vittoria
della trattativa. A quel punto la Fonda ha rilanciato ampi stralci della sua
lunga riflessione già pubblicata aggiornandola con un riferimento generico
all’“accordo” senza mai citare Netflix.
Il tono delle sue parole rimane comunque identico: “Un consolidamento di questa
portata sarebbe catastrofico per un settore fondato sulla libertà di
espressione, per i creativi che lo alimentano e per i consumatori che dipendono
da un ecosistema mediatico libero e indipendente per comprendere il mondo.
Significherebbe meno posti di lavoro, meno opportunità di vendere opere, meno
rischi creativi, meno fonti di informazione e molta meno diversità nelle storie
che gli americani ascoltano”.
La star di A piedi nudi nel parco ha aggiunto: “Per attori, sceneggiatori,
registi, montatori, designer, animatori e troupe già in lotta per il lavoro,
l’accorpamento ridurrà la domanda complessiva delle loro competenze. E quando
solo una manciata di mega-aziende controlla l’intero processo, acquisiscono il
potere di schiacciare ogni corporazione – SAG-AFTRA, WGA, PGA, DGA, IATSE, tutte
– rendendo più difficile per i lavoratori contrattare, più difficile difendersi
e più difficile guadagnarsi da vivere”.
Poi ha chiosato: “E per quanto pericolose possano essere le ricadute economiche,
non è questo che mi spaventa di più. Ciò che mi terrorizza – e dovrebbe
terrorizzare chiunque abbia a cuore una società libera – è il modo in cui questa
amministrazione ha utilizzato le fusioni previste come strumenti di pressione
politica e censura”. Fonda cita altre recenti fusioni nell’industria
dell’intrattenimento come “fenomeno che abbiamo già visto all’opera” come quello
accaduto tra Skydance-Paramount.
L’accordo tra Warner Bros Discovery e Netflix vale 82,7 miliardi di dollari e ha
comunque lunghi tempi – 12/18 mesi – per concludersi nei dettagli e nella
definitiva archiviazione. La voce critica della Fonda si aggiunge a quella
recente di James Cameron e a quella, curiosa, di un gruppo anonimo di importanti
registi di Hollywood che ha inviato una lettera aperta a deputati repubblicani e
democratici del Congresso USA. Nella lettera questi grossi nomi di Hollywood
sostengono che Netflix distruggerà il mercato cinematografico aumentando o
eliminando il periodo di programmazione in sala dei film Warner prima di finire
sulla piattaforma streaming. Il team anonimo di star della macchina da presa ha
definito in maniera inequivocabile la vittoria di Netflix come un “cappio
attorno al mercato cinematografico”.
L'articolo “Netflix-Warner è un cappio attorno al mercato cinematografico”, un
gruppo di registi anonimi scrive ai deputati Usa. Jean Fonda: “Catastrofico”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’acquisizione di Warner Bros da parte di Netflix ha innescato un vero terremoto
nel mondo del cinema e dell’audiovisivo globale. La notizia, destinata a
ridisegnare gli equilibri dell’industria, sta suscitando reazioni anche
preoccupate da parte di associazioni, istituzioni e osservatori, preoccupati per
il destino delle sale cinematografiche e per le conseguenze sulla concorrenza.
La piattaforma dello streaming che “divora” di fatto un colosso storico della
cinematografica con un catalogo che va Kubrick a Tom&Jerry agita gli addetti ai
lavori ma anche gli appassionati del cinema in sala come gli abbonati per il
timore che i prezzi salgano e l’operazione possa portare a una desertificazione
delle sale, visto lo scarso interesse di Netflix per la sale.
Negli Stati Uniti l’acquisizione ha aperto un fronte politico e regolatorio.
Secondo quanto riferito alla CNBC, l’amministrazione Trump avrebbe espresso
“forte scetticismo” sull’operazione, una posizione condivisa anche da esponenti
democratici come la senatrice Elizabeth Warren, convinta che l’accordo
porterebbe a “prezzi di abbonamento più alti e meno scelta”, mettendo “a rischio
i lavoratori americani”. Intanto Paramount Skydance starebbe valutando la
possibilità di rivolgersi direttamente agli azionisti di Warner Bros. Discovery
per contestare l’operazione, sostenendo che l’acquisizione da parte di Netflix
verrebbe comunque bloccata dalle autorità. Sul fronte antitrust, le probabilità
non sono facilmente prevedibili: Netflix è leader dello streaming, ma detiene
solo il 25% del mercato globale delle piattaforme e meno del 10% se l’ambito
viene ampliato alla televisione nel suo complesso.
Il Washington Post rileva che, salvo prove concrete di un danno ai consumatori,
difficilmente il governo potrebbe impedire un accordo approvato da entrambe le
assemblee degli azionisti. E ricorda anche gli ottimi rapporti tra la famiglia
Ellison – coinvolta nell’operazione – e il presidente Donald Trump,
sottolineando che “il favoritismo politico e il timore delle grandi dimensioni
non sono motivi sufficienti” per un blocco. La partita è dunque ancora tutta
aperta, ma il settore del cinema segue con preoccupazione uno scenario che
potrebbe segnare una delle più profonde trasformazioni dell’industria
dell’intrattenimento degli ultimi decenni.
In Italia, l’Associazione nazionale esercenti cinema (Anec) chiede che
“eventuali operazioni di concentrazione nel mercato globale dell’audiovisivo
vengano valutate con la massima attenzione”. Il presidente Mario Lorini
ribadisce l’impegno nel “difendere la centralità della sala” e invita il governo
ad aprire un confronto istituzionale a livello europeo. Per l’Anec, il rischio è
che un colosso come Netflix – tradizionalmente orientato allo sfruttamento
streaming – possa ridurre drasticamente il numero di film destinati alla
distribuzione cinematografica, compromettendo la diversità dei contenuti e la
sopravvivenza di molte sale.
Una preoccupazione condivisa dall’Unione Internazionale dei Cinema (Unic), che
rappresenta 39 Paesi. Il presidente Phil Clapp e la CEO Laura Houlgatte
avvertono che “la sparizione di una Major all’interno di un gruppo guidato da un
operatore che in passato ha mostrato scarso interesse verso lo sfruttamento in
sala potrebbe ridurre in modo significativo il numero di film disponibili e
indebolire l’esclusività delle uscite cinematografiche“. Per l’Unic, questo
potrebbe compromettere un pilastro essenziale per “sostenibilità, varietà e
valore culturale” dell’esperienza al cinema, con ricadute occupazionali e di
vivibilità dei territori.
Preoccupazioni che l’Anec definisce “pienamente condivise”, ricordando come
Netflix finora abbia portato in sala i propri titoli solo per brevi periodi e
quasi esclusivamente in funzione dei premi dell’industria. Un modello che,
secondo l’associazione, se esteso anche alla produzione Warner, “non potrà che
portare danni irreversibili” al settore. La vicenda arriva inoltre in un momento
delicato per le sale italiane, che attendono certezze su fondi, incentivi e
recupero dei tagli previsti dalla manovra.
L'articolo “Prezzi degli abbonamenti più alti e meno scelta”, l’acquisizione di
Warner Bros da parte di Netflix scuote il cinema e la politica proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Se ad Hollywood non è la notizia più eclatante del nuovo secolo poco ci manca.
Netflix ha ufficialmente acquisito Warner Bros Discovery. L’accordo prevede
l’acquisto anche degli studi cinematografici e televisivi, di HBO e HBO Max e ha
un valore aziendale totale (inclusi i debiti di WBD) di circa 82,7 milioni di
dollari. L’accordo ufficiale giunge dopo un’asta memorabile tra grandi
agglomerati aziendali – oltre a Netflix erano in gara Paramount Skydance e
Comcast – e dopo le posizioni pubbliche di diversi nemici del gigante dello
streaming come il più volte premio Oscar, nonché creatore dei film che hanno più
incassato nella storia del cinema, James Cameron. Il regista di Titanic aveva
tifato apertamente per Paramount sostenendo addirittura che Netflix avrebbe
distrutto il sistema delle sale cinematografiche come le conosciamo ora.
Insomma, a nulla è valso l’appello di Cameron per un’industria
dell’intrattenimento statunitense che corre sempre più verso la dissoluzione
dell’esperienza della sala a favore dello streaming casalingo e, per altri
versi, sull’uso smodato di AI per sostituire attori, sceneggiatori, registi e
cast tecnici tutti.
Netflix ha comunque rassicurato l’intero mondo del cinema sostenendo che
“manterrà le attuali attività di Warner e consoliderà i suoi punti di forza” tra
cui proprio l’uscita in sala delle proprie produzioni. Gli accordi formali di
Warner vogliono che ci sia un’uscita in sala dei propri film fino al 2029. Dal
quartier generale del gigante dello streaming la parola d’ordine è dunque
gettare acqua sul fuoco. A partire dal fatto che aggiungerà semplicemente le
produzioni HBO e HBO Max nel proprio catalogo senza nulla toccare. “I nostri
abbonati avranno a disposizione ancora più titoli tra cui scegliere”, gongolano
da Netflix che, peraltro, spera di raggiungere un risparmio sui costi annuo di
“2-3 miliardi di dollari entro il terzo anno dalla chiusura dell’accodo con WB”.
L’operazione risparmio dovrebbe contribuire quindi a aumentare gli utili per
azione (cioè 27,75 dollari ad azione) entro il secondo anno da quando l’accorso
entrerà in carica. Legali, tecnici e amministratori sono quindi al lavoro per un
percorso di stipula che durerà all’incirca un anno e mezzo. “Questa acquisizione
unisce due aziende di intrattenimento pioneristiche, combinando l’innovazione,
la portata globale e il miglior servizio di streaming di Netflix con la
tradizione secolare di narrazione di livello mondiale di WB”, hanno affermato in
un comunicato congiunto le due grandi major. In pratica serie, film e franchise
come The bing bang theory, I soprano, Il trono di spade, il Mago di Oz e
l’universo DC Comics diventeranno formalmente di Netflix.
Come ricorda Variety però non sembra tutto filare liscio. Già nelle prossime ore
il primo ostacolo per Netflix nell’acquisto di Warner riguarda l’antitrust,
punto segnalato da tempo dai dirigenti della Paramount. In sintesi vanno prese
le parole del deputato repubblicano californiano Darrell Issa che il 13 novembre
scorso aveva inviato a Trump una letteera con le proprie oggettive
preoccupazioni: “Con oltre 300 milioni di abbonati globali e un vasto catalogo
di contenuti Netflix detiene attualmente un potere di mercato senza pari”. Una
fonte citata sempre da Variety sostiene che se si scoprisse che Netflix non ha
sufficienti requisiti per l’approvazione degli enti regolatori antitrust,
l’azienda di Ted Sarandos sarebbe costretta a pagare una penale di 5,8 miliardi
di dollari a Warner Bros D. Sarandos dal canto suo parla di una procedura
“estremamentee velocità” per siglare l’approvazione normativa, ma soprattutto
che l’acquisizione di WBD “rafforzerà le capacità degli studi Netflix” e
“porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro proprio nel settore della
produzione di nuovi contenuti”.
“Unendo l’esperienza degli iscritti e la portata globale di Netflix con i
rinomati franchise e l’ampia libreria di WB l’azienda creerà un valore maggiore
per i talenti, offrendo maggiori opportunità di lavorare con proprietà
intellettuali amate, raccontare nuove storie e connettersi con un pubblico più
vasto”. Ancora un paio di notazione a margine di un’acquisizione che se andrà in
porto avrà realmente, nel bene o nel male, una portata rivoluzionaria
nell’industria dell’audiovisivo. A pensare male sono la Directors Guild of
America e la catena di sale Cinema United che esprimono preoccupazione per il
fatto che le produzioni Netflix hanno spesso snobbato l’uscita in sala se non in
alcuni sporadici casi quando, per concorrere agli Oscar, il gigante dello
streaming ha fatto compiere il minimo passaggio necessario ai film in sala per
poi poterli candidare. Circa 15 anni fa fu l’allora capo della Time Warner, Jeff
Bewkes, a deridere Netflix sul New York Times sostenendo che l’arrivo del player
in streaming andava paragonato ad una scenetta comica in cui “l’esercito
albanese conquista il mondo”. Un trapasso feroce che, a dire il vero, non poteva
prevedere la pandemia globale di Covid tra il 2020 e il 2022 che ha
letteralmente tagliato le gambe alle classiche major che non avevano ancora
sbocchi in streaming.
L'articolo Netflix ha ufficialmente acquisito Warner Bros Discovery per 82,7
milioni di dollari (ma non tutto sembra ‘filare liscio’…) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Una vera e propria ondata di proteste online. I fan di “Friends“, una delle
serie tv più amate degli ultimi anni, sono sul piede di guerra dopo che hanno
scoperto che le puntate cult non saranno più visibili in Italia. Dal 30 dicembre
infatti “Friends” così come “The Big Bang Theory” lasceranno Netflix a causa
della scadenza dei diritti di licenza.
Lo riferiscono diversi media, tra cui il The Guardian. Oltre all’Italia, anche
Svizzera, Regno Unito, Germania e Sud Africa dovranno dire addio alle sitcom
dopo circa un decennio. Secondo il The Independent, Friends è la serie più
rivista di Netflix.
L’ira dei fan non si è fatta attendere e in molti hanno minacciato di cancellare
l’abbonamento allo streamer. “Sono infuriato”, “Cancello Netflix”, “Che c…
faccio per rilassarmi?”, “È stato lo show che mi ha aiutato a dormire sin da
quando ero bambino”, si legge tra i commenti sui social. Anche se non è una
novità che uno streamer smetta di trasmettere una serie, Friends, tra tutte, è
considerata come immortale.
Lo sdegno è alimentato anche dal fatto che nel 2018, Netflix ha dovuto
rinegoziare per mantenere “Friends” nel suo palinsesto, sborsando tra gli 80 e i
100 milioni di dollari. Si trattava di un accordo annuale. Come afferma anche il
The Guardian “un buon affare per tutte le parti coinvolte; anche nella fascia
più alta, quella somma rappresentava meno dell’1% dei ricavi di Netflix nel
2018, e Friends è finito per diventare la serie più vista su qualsiasi servizio
di streaming nel Regno Unito quell’anno”. Poi la drastica decisione di porre
fine alla disponibilità sulla piattaforma.
L’ultimo episodio di “Friends” è andato in onda 21 anni fa e, nonostante il
cambio di generazioni e di gusti, la varietà nelle scelte, le vicende del gruppo
di sei amici a Manhattan, Rachel Green, Monica Geller e Phoebe Buffay, Ross
Geller, Chandler Bing e Joey Tribbiani, interpretati rispettivamente da Jennifer
Aniston, Courteney Cox, Lisa Kudrow, David Schwimmer, Matthew Perry e Matt
LeBlanc, tengono ancora incollati al video milioni di spettatori.
L'articolo “Ora che ca**o faccio per rilassarmi? Disdico l’abbonamento”: fan di
“Friends” furiosi con Netflix. La serie cult verrà cancellata dalla piattaforma
proviene da Il Fatto Quotidiano.
I fan di “Strangers Things” sono rimasti increduli quando una delle protagoniste
della serie tv cult di Netflix, Millie Bobby Brown, ha denunciato il collega
David Harbour, per molestie prima dell’inizio delle riprese della quinta
stagione. Poi è scoppiata la pace. L’attrice in un’intervista a Deadline, ha
tenuto a precisare di “sentirsi al sicuro” oggi, con David Harbour. I due hanno
posato sorridenti sul red carpet di presentazione della quinta ed ultima
stagione di “Strangers Things”.
Secondo quanto era stato rivelato, lo scorso ottobre, in esclusiva dal Daily
Mail, il 50enne David Harbour (che interpreta Jim Hopper, lo sceriffo di
Hawkins, ndr) era stato accusato di aver molestato la 21enne Millie Bobby Brown
(che presta il volto a Undici, ndr). Poi evidentemente o è stato trovato un
accordo tra le parti, caldeggiato dal colosso delle piattaforme streaming per la
buona riuscita del piano di promozione, oppure l’attrice stessa ci ha ripensato.
Durante la recente intervista a Deadline Millie Bobby Brown ha tenuto a
precisare che col collega c’è uno “stretto legame, basato sugli ottimi rapporti.
Certo che mi sentivo al sicuro con lui. Lavoriamo insieme da 10 anni. Mi sento
al sicuro con tutti su quel set. È naturale, lo fai da così tanto tempo.
Interpretiamo anche padre e figlia, quindi è naturale che tu abbia un legame più
stretto rispetto agli altri, abbiamo girato alcune scene intense insieme”.
E infine: “Io e David abbiamo un ottimo rapporto, lavoriamo a stretto contatto
sia durante le riprese che nella preparazione delle scene”.
Insomma come dice il vecchio proverbio: “Tutto è bene quel che finisce bene”.
L'articolo Prima la pesante denuncia per molestie poi la pace, Millie Bobby
Brown posa sorridente con David Harbour: “Mi sento al sicuro con lui” proviene
da Il Fatto Quotidiano.
Una multa da 40mila euro. Sarebbe questa la decisione presa dal Garante della
privacy contro la docuserie “Il caso Yara – oltre ogni ragionevole dubbio”,
realizzata da Quarantadue srl e diffusa su Netflix a partire da luglio 2024.
Alla base del provvedimento ci sarebbe una serie di file audio – 46 in totale –
contenenti messaggi vocali e telefonate inviate dai coniugi Gambirasio alla
figlia Yara nelle ore successive alla drammatica scomparsa della 13enne.
La famiglia della giovanissima vittima di Brembate di Sopra (Bergamo) –
scomparsa nel novembre 2010 e trovata assassinata nel febbraio 2011 – si è
opposta alla pubblicazione di quel materiale con un reclamo presentato il 24
settembre 2024. Secondo i coniugi Gambirasio, infatti, si tratterebbe di
messaggi vocali e conversazioni telefoniche “intercettati durante le indagini e
mai utilizzati nel corso del processo” e per questo motivo, a loro avviso, non
destinati alla diffusione pubblica.
E l’Autorità ha accolto le loro posizioni, disponendo il divieto di “ulteriore
diffusione dei messaggi e delle conversazioni oggetto di reclamo” e una multa di
40mila euro alla società Quarantadue: “Tra le conversazioni riprodotte e
individuate nella loro istanza (nei primi tre episodi della serie, in
particolare: 24 files audio nel primo episodio, 19 nel secondo episodio, 3 nel
terzo episodio) vi è anche un messaggio vocale che la reclamante aveva lasciato
nella segreteria telefonica della figlia quando ancora non si conosceva la
drammatica sorte”, si legge nel documento del Garante riportato da “L’Eco di
Bergamo”.
Tra le motivazioni che hanno portato alla sanzione, il Garante precisa che
“detti files audio non hanno alcuna attinenza con le indagini e sono stati
inseriti nella trasmissione ‘all’unico, evidente scopo di sollecitare
l’attenzione morbosa degli spettatori’, in contrasto con il loro diritto di
restare affermazioni riservate”. Per l’Autorità garante, quindi, sarebbero stati
violati i principi generali di liceità e correttezza, nonché di minimizzazione
dei dati personali. Ed è per questo motivo che la loro pubblicazione sarebbe
illecita.
Al provvedimento disposto dall’Autorità garante, però, la società produttrice
della serie, Quarantadue srl, si è difesa, spiegando che “le conversazioni
inserite all’interno del documentario sono un estratto di qualche secondo di
alcune intercettazioni telefoniche e/o ambientali autorizzate dall’autorità
giudiziaria e confluite, quantomeno, nel fascicolo del pubblico ministero,
ovvero semmai audio delle deposizioni rilasciate in tribunale nel corso del
processo a carico di Massimo Bossetti acquisite agli atti”, le parole
dell’azienda riportate dal “Corriere della Sera Bergamo”. Secondo la società,
dunque, la serie sarebbe “una legittima espressione del diritto di cronaca”, in
cui l’utilizzo della voce reale dei genitori – invece di quelle interpretate
dagli attori – risponderebbe alla “necessità di rappresentare fedelmente e nella
piena autenticità il lato umano di quei due personaggi”.
Secondo il Garante, invece, “la pubblicazione dei messaggi e delle conversazioni
telefoniche comprensive delle intime e sofferte esternazioni della madre, abbia
disatteso i principi suindicati, travalicando i confini del lecito e corretto
esercizio del diritto di cronaca”. E per questo motivo ha disposto il divieto
alla diffusione del materiale oggetto di reclamo e una sanzione economica a
Quarantadue srl, che potrà impugnare il provvedimento facendo ricorso.
L'articolo “Stop alla diffusione degli audio dei genitori di Yara. Erano
riservati”: il Garante della privacy sanziona la docuserie Netflix su Bossetti.
Multa da 40mila euro proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ficarra e Picone tornano con la serie targata Netflix “Sicilia Express”,
disponibile dal 5 dicembre. Una serie comedy che racconta la storia di Salvo e
Valentino, due infermieri siciliani che dividono la loro vita tra il lavoro a
Milano e le loro famiglie in Sicilia. Pochi giorni prima di Natale, si imbattono
in un portale magico: una scoperta inaspettata destinata a sconvolgere le loro
vite. Nel cast, oltre a Salvo Ficarra e Valentino Picone, anche Katia Follesa,
Barbara Tabita, e con Max Tortora, Sergio Vastano, Enrico Bertolino, Adelaide
Massari, Angelo Tosto e con la partecipazione di Jerry Calà e Giorgio
Tirabassi.
Abbiamo incontrato Ficarra e Picone per farci raccontare tutto sul loro nuovo
progetto.
“Lo spunto per Sicilia Express è tutto favolistico. – hanno detto Cioè non è
ancorato alla realtà perché non ci sono più differenze tra Nord e Sud. Noi
siccome siamo comici abbiamo voluto esasperare le cose, abbiamo voluto dire che
ancora ci sono… Anche ribaltare! Abbiamo ribaltato tutto”.
E ancora: “Nel film il presidente del Consiglio parla di unire l’Italia proprio
perché ancora l’Italia non è unita. Sono uniti gli italiani, quello sì. Infatti
la differenza non è, come ci vogliono fare credere, nelle persone ma è nelle
strutture e nelle opportunità. Quindi loro hanno coscienza che se ci tengono
separati, se ci danno delle opportunità diverse giustamente diventa opportunità
politica per loro… Quindi insomma vale anche per i voti, infatti parlano di
clientelismo perché noi siamo clienti!”.
La Palermo-Catania ormai è una leggenda. Dopo anni è ancora lì, immobile. Quali
le responsabilità? “Intanto, ogni volta che io faccio la Palermo-Catania, il
navigatore mi prende per il culo, perché a un certo punto ti dice ‘Deviazione,
attenzione, deviazione’, lo dice ridendo, io ho il navigatore che ride perché ci
sono tutte le deviazioni. Le responsabilità vanno a trovate, sicuramente non si
troverà mai il colpevole, però è facile capire chi può essere il colpevole. Il
colpevole è chi vuole mantenere una situazione che non riguarda soltanto la
Palermo-Catania, riguarda tutto il Sud, tutte le strutture del Sud, altrimenti
non si spiegherebbe come mai da un certo punto in poi al Sud le cose non
funzionano esattamente come funzionano magari al Nord”.
Poi una considerazione sarcastica quanto verosimile: “Quindi è per questo che
tendono a inculcarci che il milanese è geneticamente diverso dal piemontese,
diverso dal calabrese… C’è proprio questa volontà ed è questo che cerchiamo di
comunicare in chiave ironica in questa serie. A questo punto viene il dubbio del
perché vogliono fare questa cosa, anche perché il Nord è pieno di medici
napoletani, siciliani, calabresi, professori, insegnanti, malavitosi. Io penso,
quanti mafiosi si sono trovati bene a Milano? Non hanno avuto problemi di
integrazione, perché non c ‘è differenza. E quanti tangentisti milanesi si sono
trovati benissimo in Sicilia? Perché non c’è differenza sotto questo punto di
vista”.
Poi hanno aggiunto”: Dal punto di vista del malaffare, siamo uniti, siamo una
nazione forte sul malaffare, ci intendiamo proprio immediatamente, però le
strutture sono diverse, le opportunità sono diverse, è chiaro, è anche per
questo poi a un certo punto il malavitoso e il mafioso emigra al Nord, perché
giustamente ha più opportunità al Nord. Però se la mafia abbandona la Sicilia,
chi rimane?”.
L'articolo “Sul malaffare siamo una Nazione forte. Il mafioso emigra al Nord
perché ci sono più possibilità e in Sicilia chi resta?”: l’ironia pensante di
Ficarra e Picone proviene da Il Fatto Quotidiano.