“Sulle unghie della vittima abbiamo il DNA di un’altra persona. Lo sentite quanto è ragionevole dubitare che sia stato Alberto Stasi a uccidere Chiara Poggi?”: parla il giudice Stefano Vitelli

Il Fatto Quotidiano - Tuesday, December 2, 2025

“Ma lo sentite quanto è ragionevole dubitare che sia stato Alberto Stasi a uccidere Chiara Poggi?”. È questa la domanda che si pone Stefano Vitelli, il giudice che nel 2009 giudicò Alberto Stasi non colpevole per l’omicidio di Chiara Poggi, in una lunga intervista a “Lo Stato delle Cose”. Nel corso della trasmissione, in onda su Rai 3 lo scorso 1 dicembre, Vitelli spiega i motivi che lo portarono ad assolvere l’allora fidanzato della vittima, che sarebbe poi stato condannato nel 2015 con sentenza passata in giudicato. A distanza di oltre 17 anni dall’omicidio, il giudice ripercorre la storia giudiziaria del caso, che ora è stato riaperto dalla Procura di Pavia con le nuove indagini su Andrea Sempio, l’amico del fratello della vittima che secondo gli investigatori si sarebbe trovato a casa di Chiara quel 13 agosto 2007.

“Ho assolto Alberto Stasi perché le criticità erano molte e l’approfondimento che abbiamo fatto in primo grado le ha evidenziate – rivela il giudice -. Quanto all’alibi informatico, è stato provato che Stasi fosse a casa sua tra le 9.35 e le 12.20. Rimaneva quindi una finestra temporale più probabile di soli 23 minuti, che sono piuttosto pochi”. A fronte di queste considerazioni ed altre verità giudiziarie emerse durante il processo, per il giudice la risposta poteva essere soltanto l’assoluzione: “Abbiamo una serie di elementi che non portano oltre ogni ragionevole dubbio ad affermare che fosse stato davvero Alberto Stasi ad uccidere Chiara Poggi. E quando ti trovi di fronte a un’obiettiva incertezza hai il dovere morale di assolvere per non correre il rischio di mettere in galera un innocente. Meglio un colpevole fuori che un innocente dentro”, ribadisce.

Intervistato dal conduttore Massimo Giletti, Vitelli svela i dettagli della sua analisi sulle prove. In particolare, il giudice si è concentrato sul possibile movente che avrebbe potuto scatenare l’azione omicida: “Stasi era un appassionato di pornografia adulta. Chiara sapeva di questa passione e lo aveva confidato a una delle cugine (le gemelle Paola e Stefania Cappa, ndr). Ma non è emersa una sofferenza di questo tipo nelle chat, né in altro modo. Ci sono dei video intimi che i due ragazzi si sono fatti su iniziativa di Alberto, ma non emerge nessuna sofferenza o fastidio. Tant’è vero che Stasi aveva condiviso con Chiara questi video intimi e Chiara li aveva messi sul suo computer protetti da una password”. Durante le indagini, Vitelli ricorda anche di aver ipotizzato una possibile divulgazione di quel materiale ad altri amici, che magari Chiara lo avesse scoperto e da lì sarebbe nato un grosso litigio, ma il giudice ha poi escluso questa ipotesi: “Lo abbiamo verificato e la risposta è stata negativa: Alberto Stasi aveva condiviso quei video intimi solo con la diretta interessata in un rapporto di complicità e di esuberanza reciproca di due ragazzi”.

Secondo il giudice ci sarebbe potuto essere, però, un altro aspetto che avrebbe potuto scatenare un conflitto tra i due fidanzati: “La possibilità che Chiara potesse aver visto immagini pedopornografiche (sul computer di Stasi, ndr). Stasi non era un appassionato di pedopornografia, però, com’era stato detto dai periti, quando tu sei un grande appassionato di pornografia adulta, può capitarti anche casualmente che ti finiscano delle immagini di pedopornografia, sporadici, senza averli cercati né inseriti in cartelle apposite. Il problema è che Chiara Poggi non era un giudice né un ingegnere, quindi se avesse visto un’immagine pedopornografica, di impatto si sarebbe disgustata di questo”. Anche questa ipotesi, secondo Vitelli, andrebbe però scartata: “Abbiamo verificato se Chiara potesse aver visto immagini pedopornografiche. E sicuramente non le ha viste. Su questo c’è l’accordo dei periti con tutti i consulenti tecnici di parte. Queste immagini pedopornografiche, proprio perché Stasi non ne era un fruitore, erano in memorie del computer non accessibili né da Stasi né da Chiara”, sottolinea. Così come andrebbe escluso, almeno limitatamente alla figura di Stasi, un presunto legame con il Santuario delle Bozzole: “Il movente era indirizzato su Stasi perché Stasi era imputato. E Stasi non era un frequentatore del Santuario, che non rientrava nel fuoco delle investigazioni”.

Per giungere alla sua conclusione, Vitelli aveva tentato di analizzare anche altri aspetti. Tra cui il rapporto tra i due fidanzati a ridosso del 13 agosto 2007. Poche settimane prima di quella data, infatti, Stasi si trovava a Londra e, in uno scambio di messaggio con Chiara, le rivela che al suo ritorno avrebbe dovuto concentrarsi su un colloquio di lavoro e sulla stesura della sua tesi di laurea: “Insomma le dice ‘Staremo insieme, ma devi avere un po’ di pazienza’. A parte che poi i genitori di Stasi rimasero qualche giorno in più e quindi non poteva stare tanto con lei anche per questa ragione – sottolinea Vitelli -. Si evidenzia questo profilo molto razionale, molto attento ai suoi scopi ai suoi obiettivi di studio e di lavoro. E di Chiara invece si vede questa cosa un po’ misteriosa. Chiara dice: ‘Se ho paura di dormire da sola, ti posso chiamare?’. Lui dice di sì. Se Chiara avesse paura di stare da sola in una villetta verso Ferragosto perché teme l’azione di ladri, o se fosse invece una sorta di presentimento, questo resta chiaramente un mistero”, aggiunge ancora il giudice.

Nonostante l’assoluzione stabilita da Vitelli, Stasi è stato condannato in via definitiva nel 2015. Il caso Garlasco, però, è stato ufficialmente riaperto dalla Procura di Pavia con l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, la cui posizione di sospettato fu inizialmente archiviata già nel 2017. Secondo gli investigatori, però, a carico del 37enne ci sarebbero una serie di indizi che potrebbero indicarne la colpevolezza. Tra questi vi sarebbero alcune tracce di DNA, riscontrate sulle unghie della vittima, che sarebbero riconducibili alla linea maschile della famiglia Sempio: “Faccio una premessa importante: il DNA è un elemento importante ma non è decisivo. Bisogna inserire la questione insieme a tutti gli altri elementi delle indagini tradizionali”, spiega Vitelli a Giletti. Secondo il giudice, dunque, “Se davvero vi è sulle unghie di Chiara un DNA compatibile con l’amico del fratello della vittima, bisogna fare due considerazioni: rispetto al nuovo indagato massima prudenza perché c’è il sacrosanto diritto di difesa e appunto il DNA va poi letto e valutato in rapporto agli altri elementi nella dialettica processuale”. Quanto invece alla seconda considerazione, “però, ci troviamo sulle unghie della vittima, che sarebbe stata uccisa verosimilmente nella prima parte della mattinata, non il DNA di Stasi, ma quello di un’altra persona. Ma lo sentite quanto è ragionevole dubitare che sia stato Alberto Stasi a uccidere Chiara Poggi?”, conclude il giudice Vitelli.

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