
Bersani ha ragione: basta chiamarlo ‘campo largo’, chiamiamolo socialismo
Il Fatto Quotidiano - Wednesday, December 3, 2025di Blackbird
Pier Luigi Bersani, in uno dei suoi ultimi interventi, ha proposto di cambiare nome al cosiddetto campo largo. Un nome vago, nato per indicare un’alleanza a geometria variabile che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe riunire l’opposizione contro un centrodestra che, al contrario, non ha bisogno di epiteti per presentarsi compatto di fronte all’elettorato.
Quella vaghezza non è casuale: riflette la ben più grave indeterminatezza dei contenuti di cui l’alleanza dovrebbe farsi portavoce. Su politica estera, mercato del lavoro, finanziamento dello Stato sociale, fisco e gestione dell’immigrazione, questo famigerato campo largo sembra avere tante idee quanti sono i suoi interpreti.
Sarebbe invece auspicabile che l’opposizione partisse proprio dal nome per fare finalmente chiarezza. Sarebbe bello, insomma, che riscoprisse una parola che i vincitori degli ultimi trent’anni hanno provato in ogni modo a seppellire: socialismo.
Eh sì, perché la nostra Repubblica, nata dalle ceneri del fascismo, è nella sua architettura costituzionale una socialdemocrazia. La Costituzione contiene tratti di socialismo più o meno espliciti non perché chi l’ha scritta volesse imporre un’ideologia unica, ma perché quelle donne e quegli uomini sapevano sulla propria pelle cosa accade quando lo Stato abdica al suo ruolo di garante dell’uguaglianza sostanziale.
È da questa consapevolezza che nascono l’articolo 3, che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; gli articoli 41 e 43, che subordinano l’economia al bene comune; il 32 e il 34, che sanciscono il diritto universale alla salute e all’istruzione. Sono le fondamenta di uno Stato sociale che non vuole lasciare indietro nessuno.
Riscoprire quella parola che molti vorrebbero morta e sepolta significherebbe dire con chiarezza che il compito dell’opposizione non è soltanto “stare insieme contro qualcuno”, ma proporre un’idea di Paese fondata su giustizia sociale, investimenti pubblici strategici, welfare universale, diritti del lavoro e un’economia orientata ai bisogni di tutti, non al profitto di pochi.
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