Zaia sarà contento per le 200mila preferenze in Veneto, ma io sono preoccupato per il presente

Il Fatto Quotidiano - Wednesday, December 3, 2025

Come cittadino veneto, usiamo questa espressione impropria, mi sento un po’ imbarazzato dalla messinscena autocelebrativa dell’ex presidente per tre lustri della Regione, Luca Zaia. Sbandierando ai quattro venti il suo narcisismo elettorale credo che non abbia reso un buon servizio, né alla sua Regione e nemmeno alla politica in quanto tale.

I 200mila voti di preferenza ottenuti sono il sincero ringraziamento dei veneti per chi ha lavorato bene oppure rappresentano qualcos’altro, cioè un atto di censurabile furberia politica? E poi, quali le ragioni della sua anomala candidatura, e in tutti i collegi elettorali poi?

Intanto, come prima cosa occorre osservare che le 200mila preferenze sono state ottenute con un semplice, ma efficace, trucchetto elettorale. Dopo aver brigato inutilmente alcuni mesi per ottenere il terzo (ma per lui quarto) mandato, ha imposto la sua candidatura come capolista in tutte e sette le provincie venete, anche se ovviamente ne bastava una sola. Come mai questo atto di imperio elettorale? Le ragioni possono essere molteplici, ma me ne vengono in mente due.

La prima è quella di aver voluto dimostrare il suo peso politico personale. Effettivamente le preferenze raccolte sono molte, ma se voleva evidenziare il suo ruolo di autentico leader politico aveva ben altre strade. Per esempio, poteva optare per una sua lista autonoma, come nella precedente elezione. Zaia stavolta non ha avuto il coraggio politico di scendere in campo da solo con una sua lista, ma si è rintanato nella sua confort zone del simbolo leghista. In questo modo ha perso la possibilità di essere considerato un leader competitivo nel mondo legista, in alternativa a Salvini o Vannacci che hanno totalmente inghiottito la vecchia Lega autonomista, ormai morta.

Diciamo allora che le 200mila preferenze sono un fuoco fatuo, che però un piccolo risultato lo ha portato. Con la doppia preferenza di genere Zaia ha portato in Consiglio anche delle consigliere che immagino saranno a lui fedelissime. Una norma nata per garantire la parità di genere si è trasformata nel vecchio meccanismo, un po’ clientelare, del traino elettorale. Le preferenze andrebbero abolite del tutto, altrimenti creano, come in questo caso, dei risultati distorti.

Detto questo, rimane la questione un po’ misteriosa, almeno per me, del perché Zaia abbia scelto di ricandidarsi come semplice consigliere. Capita raramente di vedere una situazione di questo tipo, perché il vecchio risulta decisamente ingombrante e, in genere, si fa educatamente, oppure no, da parte. Ad esempio, Michele Emiliano in Puglia non si è ricandidato e pensa di ritornare al suo lavoro di magistrato, chiedendo anche un sostanzioso aumento di stipendio, cosa che non guasta.

Forse questo è il punto. Ecco allora che anche la ricandidatura, mascherata da indefesso impegno per i veneti, molto più prosaicamente può essere letta come la comprensibile volontà di portare a casa il lauto stipendio di circa 11.000 euro al mese che spetta ai consiglieri veneti. Questa anomala diarchia regionale, la compresenza del presidente vecchio e di quello nuovo, non può reggere nei fatti e già la stampa si sta chiedendo quale sarà la prossima poltrona da occupare per Zaia, come quella di Sindaco di Venezia (sempre che vinca) o di neoparlamentare, con uno scambio di poltrone con il nuovo presidente della Regione.

A questo si aggiunge il fatto che, pur scherzando, Zaia ha già detto maliziosamente di essere ricandidabile.

Ma lasciamo andare il passato e veniamo al presente. Anche il nuovo presidente Alberto Stefani ha dichiarato di volere fare il bene dei veneti. Allora, colgo subito la palla al balzo e avanzo tre richieste. In fondo siamo in un periodo prenatalizio e tutti hanno il diritto di spedire la loro letterina dei desideri.

La prima è che provveda a modificare la legge urbanistica regionale che ha contribuito a cementificare, come non mai, la nostra Regione. Nata per regolare l’espansione urbanistica, ha fissato dei limiti edificatori così elevati che hanno prodotto l’effetto inverso, cioè la corsa al mattone. In secondo luogo, vorrei che adoperasse il suo potere per eliminare le liste di attesa nella sanità pubblica veneta, al di là della retorica dell’eccellenza. Per ora l’unico modo per eliminarle è pagarsi il servizio privatamente, ma questo significa pagarlo due volte, almeno per chi non evade le tasse. La terza, più facile, è la richiesta di non fare opere inutili come la strada Pedemontana che non solo serve a poco, ma ha anche provocato una voragine pluriennale nel bilancio della Regione.

Non ho votato la sua lista, in effetti non ho proprio votato perché all’estero, e quindi non credo che le mie richieste saranno esaudite. Ma forse non sono l’unico a chiedere dei cambiamenti. Sarà anche per queste ragioni che nel 2025 si è raggiunto nel Veneto il più basso livello di affluenza elettorale. La prima volta che è stato eletto Zaia, siamo nel 2010, la percentuale dei votanti è stata del 68,8%. Alle elezioni del 2025 siamo scesi per la prima volta al 44,4%, cioè sotto la soglia psicologica del 50%. Metà dei veneti ha voltato le spalle alla politica regionale, evidentemente non così tanto buona.

Zaia, da politico opportunista, può bene essere contento per le sue 200mila preferenze, racimolate con qualche forzatura. Il sottoscritto, come immagino molti altri veneti, da convinto democratico è invece molto preoccupato perché nel giro di una generazione sono stati persi 326mila elettori, persone che hanno scientemente disertato le urne. Se usassimo il criterio di validità del referendum, le elezioni regionali andrebbero annullate.

La democrazia regionale è destinata al declino? Pare di sì, e tutta la retorica dell’autonomia regionale, differenziata o non differenziata, è solo aria fritta per l’elettore veneto che ha disertato, forse a ragione, le urne.

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