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“Cortina è l’unica ad aver avuto due volte le Olimpiadi”. Zaia gonfia il petto per un primato inesistente
Nessuno potrà mai capire quale meccanismo induca i politici a dire le bugie, a stravolgere l’oggettività a proprio uso e consumo, a fornire dati errati per il semplice piacere di apparire, affermare una differenza, rivendicare un merito. Sperando di uscirne senza smentite. In questa sagra degli strafalcioni, più o meno voluti, c’è un terreno – quello della storia delle Olimpiadi – che dovrebbe essere risparmiato. Basterebbe studiare o soltanto leggere qualche scheda messa a disposizione da Fondazione Milano Cortina 2026. Il Comitato organizzatore ha investito, infatti, cifre importanti nell’allestimento del sistema informatico, al punto da sfidare le procedure di appalto, come hanno testimoniato le inchieste aperte nel 2024 dalla Procura della Repubblica di Milano, nell’ipotesi di turbativa d’asta. A parte l’esito di quel filone investigativo, con la parola che è passata alla Corte Costituzionale, non si può negare che la mole di notizie sulle caratteristiche presenti, passate e future dei Giochi fornite agli appassionati sia molto consistente e affidabile. Un capitolo speciale è dedicato, per esempio, a tutte le edizioni, estive e invernali, che si sono succedute nell’era moderna, a partire da Atene 1896 e da Chamonix-Mont Blanc 1924, con un corollario di informazioni, a cominciare dalla successione cronologica delle edizioni. Per questo motivo non possono che stupire le parole pronunciate dall’ormai ex governatore del Veneto Luca Zaia sul piazzale del Quirinale, poco dopo l’accensione della fiamma da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Rivendicando per l’ennesima volta l’intuizione della candidatura italiana distribuita sul territorio (Regioni Lombardia e Veneto, Province autonome del Trentino – Alto Adige) ha detto, gonfiando il petto: “Nasce tutto da una mia idea candidare Cortina, Trento e Bolzano. Dicevano che sarebbe stato impossibile, perché Cortina aveva già avuto le Olimpiadi nel 1956. Oggi posso dire che Cortina è l’unica realtà al mondo che ha avuto per due volte le Olimpiadi e quindi è un bel risultato. Tre miliardi e mezzo di cittadini del mondo vedranno le nostre Olimpiadi. L’ultima indagine ci dice che vale 5,3 miliardi di Pil. Direi che ci sono tutti i presupposti per un nuovo Rinascimento”. Trascurando l’eterna giaculatoria dei miliardi di telespettatori che guarderanno le nostre montagne e dei soldi che nevicheranno sui borghi alpini, colpisce l’enfasi con cui viene celebrata la doppia Olimpiade che a distanza di settant’anni sarebbe celebrata nello stesso luogo, unico luogo, Cortina d’Ampezzo. Un record storico. Una medaglia d’oro che l’ex governatore leghista del Veneto si è appuntato da solo al petto, ancor prima di essere premiato da 200 mila preferenze nelle regionali di fine novembre. Peccato si tratti di una balla. È vero che Cortina è sede di due edizioni, nel 1956 (821 atleti, 32 paesi) e nel 2026 (più di tremila atleti e 93 paesi). Ma non è la sola. Ce ne sono altre quattro ad aver avuto lo stesso privilegio. La svizzera Sankt Moritz è stata sede dei secondi giochi invernali nel 1928 (464 atleti, 25 nazioni partecipanti) e della quinta edizione nel 1948 (669 atleti, 28 nazioni), la prima dopo l’interruzione dovuta alla Seconda guerra mondiale. Ma c’è anche la statunitense Lake Placid, sui Monti Adirondack, contea di Essex, nello Stato di New York: venne scelta nel 1932 (terza edizione, 232 atleti, 17 nazioni) e fece il bis nel 1980 (13. edizione, 1.072 gareggianti e 37 nazioni). Non manca nemmeno l’Austria, con Innsbruck, la cui pista da bob ha costituito un’alternativa nel caso Cortina non riuscisse a costruire il proprio impianto: fu sede nel 1964 (nona edizione, 1.091 atleti, 36 paesi) e nel 1976 (12. edizione, 1.123 atleti, 37 paesi). C’è infine un quinto caso, la statunitense Salt Lake City, stato dell’Utah, ospitante nel 2002 (19. edizione, 2.399 atleti, 77 paesi) che è già stata designata per la 26. edizione, nel 2034. Cortina è già bella di suo, o meglio lo era prima degli stravolgimenti infrastrutturali provocati dall’infernale macchina organizzativa delle Olimpiadi. Che bisogno c’era di attribuirle un merito che non ha? Nessuno, anche perché la citazione errata è immediatamente confutabile e va ascritta a quella babele di parole che gli amministratori, gonfiando il proprio ego e il consenso personale, distribuiscono ai cittadini più creduloni o a quelli così disincantati da non prestarvi nemmeno attenzione. L'articolo “Cortina è l’unica ad aver avuto due volte le Olimpiadi”. Zaia gonfia il petto per un primato inesistente proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Olimpiadi Milano-Cortina 2026
Zaia sarà contento per le 200mila preferenze in Veneto, ma io sono preoccupato per il presente
Come cittadino veneto, usiamo questa espressione impropria, mi sento un po’ imbarazzato dalla messinscena autocelebrativa dell’ex presidente per tre lustri della Regione, Luca Zaia. Sbandierando ai quattro venti il suo narcisismo elettorale credo che non abbia reso un buon servizio, né alla sua Regione e nemmeno alla politica in quanto tale. I 200mila voti di preferenza ottenuti sono il sincero ringraziamento dei veneti per chi ha lavorato bene oppure rappresentano qualcos’altro, cioè un atto di censurabile furberia politica? E poi, quali le ragioni della sua anomala candidatura, e in tutti i collegi elettorali poi? Intanto, come prima cosa occorre osservare che le 200mila preferenze sono state ottenute con un semplice, ma efficace, trucchetto elettorale. Dopo aver brigato inutilmente alcuni mesi per ottenere il terzo (ma per lui quarto) mandato, ha imposto la sua candidatura come capolista in tutte e sette le provincie venete, anche se ovviamente ne bastava una sola. Come mai questo atto di imperio elettorale? Le ragioni possono essere molteplici, ma me ne vengono in mente due. La prima è quella di aver voluto dimostrare il suo peso politico personale. Effettivamente le preferenze raccolte sono molte, ma se voleva evidenziare il suo ruolo di autentico leader politico aveva ben altre strade. Per esempio, poteva optare per una sua lista autonoma, come nella precedente elezione. Zaia stavolta non ha avuto il coraggio politico di scendere in campo da solo con una sua lista, ma si è rintanato nella sua confort zone del simbolo leghista. In questo modo ha perso la possibilità di essere considerato un leader competitivo nel mondo legista, in alternativa a Salvini o Vannacci che hanno totalmente inghiottito la vecchia Lega autonomista, ormai morta. Diciamo allora che le 200mila preferenze sono un fuoco fatuo, che però un piccolo risultato lo ha portato. Con la doppia preferenza di genere Zaia ha portato in Consiglio anche delle consigliere che immagino saranno a lui fedelissime. Una norma nata per garantire la parità di genere si è trasformata nel vecchio meccanismo, un po’ clientelare, del traino elettorale. Le preferenze andrebbero abolite del tutto, altrimenti creano, come in questo caso, dei risultati distorti. Detto questo, rimane la questione un po’ misteriosa, almeno per me, del perché Zaia abbia scelto di ricandidarsi come semplice consigliere. Capita raramente di vedere una situazione di questo tipo, perché il vecchio risulta decisamente ingombrante e, in genere, si fa educatamente, oppure no, da parte. Ad esempio, Michele Emiliano in Puglia non si è ricandidato e pensa di ritornare al suo lavoro di magistrato, chiedendo anche un sostanzioso aumento di stipendio, cosa che non guasta. Forse questo è il punto. Ecco allora che anche la ricandidatura, mascherata da indefesso impegno per i veneti, molto più prosaicamente può essere letta come la comprensibile volontà di portare a casa il lauto stipendio di circa 11.000 euro al mese che spetta ai consiglieri veneti. Questa anomala diarchia regionale, la compresenza del presidente vecchio e di quello nuovo, non può reggere nei fatti e già la stampa si sta chiedendo quale sarà la prossima poltrona da occupare per Zaia, come quella di Sindaco di Venezia (sempre che vinca) o di neoparlamentare, con uno scambio di poltrone con il nuovo presidente della Regione. A questo si aggiunge il fatto che, pur scherzando, Zaia ha già detto maliziosamente di essere ricandidabile. Ma lasciamo andare il passato e veniamo al presente. Anche il nuovo presidente Alberto Stefani ha dichiarato di volere fare il bene dei veneti. Allora, colgo subito la palla al balzo e avanzo tre richieste. In fondo siamo in un periodo prenatalizio e tutti hanno il diritto di spedire la loro letterina dei desideri. La prima è che provveda a modificare la legge urbanistica regionale che ha contribuito a cementificare, come non mai, la nostra Regione. Nata per regolare l’espansione urbanistica, ha fissato dei limiti edificatori così elevati che hanno prodotto l’effetto inverso, cioè la corsa al mattone. In secondo luogo, vorrei che adoperasse il suo potere per eliminare le liste di attesa nella sanità pubblica veneta, al di là della retorica dell’eccellenza. Per ora l’unico modo per eliminarle è pagarsi il servizio privatamente, ma questo significa pagarlo due volte, almeno per chi non evade le tasse. La terza, più facile, è la richiesta di non fare opere inutili come la strada Pedemontana che non solo serve a poco, ma ha anche provocato una voragine pluriennale nel bilancio della Regione. Non ho votato la sua lista, in effetti non ho proprio votato perché all’estero, e quindi non credo che le mie richieste saranno esaudite. Ma forse non sono l’unico a chiedere dei cambiamenti. Sarà anche per queste ragioni che nel 2025 si è raggiunto nel Veneto il più basso livello di affluenza elettorale. La prima volta che è stato eletto Zaia, siamo nel 2010, la percentuale dei votanti è stata del 68,8%. Alle elezioni del 2025 siamo scesi per la prima volta al 44,4%, cioè sotto la soglia psicologica del 50%. Metà dei veneti ha voltato le spalle alla politica regionale, evidentemente non così tanto buona. Zaia, da politico opportunista, può bene essere contento per le sue 200mila preferenze, racimolate con qualche forzatura. Il sottoscritto, come immagino molti altri veneti, da convinto democratico è invece molto preoccupato perché nel giro di una generazione sono stati persi 326mila elettori, persone che hanno scientemente disertato le urne. Se usassimo il criterio di validità del referendum, le elezioni regionali andrebbero annullate. La democrazia regionale è destinata al declino? Pare di sì, e tutta la retorica dell’autonomia regionale, differenziata o non differenziata, è solo aria fritta per l’elettore veneto che ha disertato, forse a ragione, le urne. L'articolo Zaia sarà contento per le 200mila preferenze in Veneto, ma io sono preoccupato per il presente proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Elezioni Regionali Veneto
Sondaggi, chi ispira più fiducia tra Salvini e Zaia? A destra piace più il ministro, ma l’ex governatore attirerebbe nuovi elettori
Dopo la vittoria della Lega in Veneto, sulle ali di Luca Zaia e delle sue 203mila preferenze, nel Carroccio il trono di Matteo Salvini appare meno solido. Ora un sondaggio nazionale firmato Youtrend suona il campanello d’allarme per il segretario e la tenuta della sua leadership. Tra gli italiani infatti c’è più fiducia in Luca Zaia che in Matteo Salvini e Roberto Vannacci: il 31% del campione ha espresso “molta o abbastanza fiducia” verso l’ex governatore; solo il 21 per cento (12 punti indietro) ha indicato la preferenza per il vicepremier. Rispetto ai due leader, resta indietro il generale e vicesegretario del Carroccio: il 16 per cento degli intervistati ha “molta o abbastanza fiducia” in lui. I tre volti della Lega esprimono anime diverse: pragmatica nel caso di Zaia, populista e orientata a destra per Salvini e Vannacci. Di quest’ultimo, sono noti gli ammiccamenti al fascismo. Il 9 novembre, a ridosso delle elezioni in Veneto il generale ha scritto su Facebook che la marcia su Roma “non fu un colpo di Stato”, sollevando le ire della Lega in Veneto. IL SONDAGGIO: PIÙ FIDUCIA IN ZAIA CHE SALVINI. L’EX GOVERNATORE PIACE ANCHE ALL’OPPOSIZIONE Il sondaggio è stato realizzato tra il 18 e il 22 novembre 2025 su un campione di 804 persone intervistate, rappresentative dell’elettorato italiano. Se Zaia diventasse il leader nazionale della Lega, per il 23% degli elettori italiani la probabilità di votare per il Carroccio aumenterebbe e per l’8% diminuirebbe rispetto ad oggi; per la metà del campione (il 51%) non cambierebbe nulla mentre il 18% è incerto. Con Vannacci leader, al contrario, per il 10% questa probabilità aumenterebbe e per il 27% diminuirebbe. Tuttavia Matteo Salvini rimane il nome più noto tra gli elettori. Il 95% degli intervistati dice di sapere chi sia, Zaia è conosciuto dal 77% del campione. Poco sotto Roberto Vannacci, al 71%. Il leader veneto, a differenza di Salvini, non è mal visto neppure a sinistra. Solo il 5 per cento degli elettori del campo largo ha fiducia nel segretario leghista. Per Zaia invece la quota sale ben al 33 per cento: a sinistra, quasi uno su tre non disdegna l’uomo del nordest. I risultati cambiano tra gli elettori di destra: la fiducia in Salvini sale al 57 per cento, quella per Zaia si attesta al 49 per cento; Vannacci ottiene il 37%. ZAIA VS VANNACCI IN VENETO Dopo due mandati da governatore, il Veneto è il feudo di Zaia. Youtrend ha confrontato i risultati nelle circoscrizioni venete ottenuti dall’ex presidente (nelle ultime elezioni regionali) rispetto ai voti incassati da Vannacci (nella tornata delle Europee): il primo ha ricevuto più preferenze nel 95% dei comuni (532 su 560). In tutti i sette capoluoghi del Veneto Zaia ha ottenuto tra 2 e 3 volte le preferenze del generale, mentre quest’ultimo ne ha prese di più in appena 26 comuni, principalmente nel Cadore e sull’Altopiano di Asiago. I due soli (piccoli) comuni dove Zaia e Vannacci sono pari come numero di preferenze sono Piacenza d’Adige (Padova) e San Nicolò di Comelico (Belluno). L'articolo Sondaggi, chi ispira più fiducia tra Salvini e Zaia? A destra piace più il ministro, ma l’ex governatore attirerebbe nuovi elettori proviene da Il Fatto Quotidiano.
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In Veneto il fattore Zaia provoca il ribaltone a destra: più di 200mila preferenze personali e la Lega doppia Fdi
È racchiuso in 203.054 preferenze il plebiscito di Luca Zaia, governatore veneto che non si è rassegnato alla conclusione di tre lustri di potere. Aveva fortissimamente voluto restare in sella per la quarta volta. La legge glielo ha impedito. Avrebbe voluto una lista con il proprio nome, ma gli alleati di centrodestra non l’hanno consentito. Si è così candidato come capolista in tutte le sette circoscrizioni del Veneto e ha raccolto una pioggia di voti. Per l’appunto più di 200mila preferenze su un totale di 607.220 voti raccolti dalla Lega. Un leghista su tre lo ha scelto, pur sapendo che il suo destino (al di là delle dichiarazioni di convenienza) non sarà legato al nuovo consiglio regionale di cui è entrato a far parte. Il numero di preferenze equivale a un elettore su sei del centrodestra, visto che il neo eletto Alberto Stefani ha ottenuto un milione 211mila e 356 voti, pari al 64,39 per cento di chi è andato alle urne. Siccome nella lista si potevano indicare solo due nomi, un candidato uomo e una candidata donna, la presenza di Zaia ha comunque provocato delusioni e bocciature per non pochi degli altri candidati leghisti, rimasti fuori dall’elenco dei 19 eletti dal partito. IL FATTORE Z. PROVOCA IL RIBALTONE I numeri disegnano la forza di traino che il fattore Z. ha portato in queste elezioni, consentendo alla Lega di doppiare Fratelli d’Italia, da cui era distanziata alle europee del 2024: 13,15 per cento al partito di Salvini, 37,58 per cento al partito di Meloni. Adesso la Lega è al 36,28 per cento, il doppio del 18,69 per cento di FdI, infatti i seggi dei padani sono 19 quelli del partito di governo solo 9, mentre le aspettative del coordinatore regionale Luca De Carlo erano esattamente opposte. Zaia con 203.054 preferenze ha ottenuto più voti di tutti gli altri leghisti e leghiste messi assieme. Le donne hanno registrato 99.756 preferenze, gli uomini 97.793 voti, comunque al di sotto di quota 200 mila. È solo così che gli uomini (Zaia compreso) hanno contato 298.847 preferenze, circa la metà dei 607 mila voti della Lega, il che significa che metà dell’elettorato si è accontentato di mettere una croce sul simbolo, senza esprimere una preferenza individuale, a dimostrazione che il simbolo della Lega gode di una attrattiva che esula da quella dello stesso ex governatore. TREVISO LA ROCCAFORTE Zaia ha costruito il proprio successo personale, a costo di cannibalizzare la Lega, a partire dalla provincia di Treviso dove ha ottenuto 48.253 preferenze e la Lega ha raggiunto il 40,78 per cento. Lì i padani hanno registrato 127.882 voti, pari al 40,78 per cento. Le preferenze attribuite a un candidato-donna sono state 21.088, agli altri uomini 18.438. Lo strapotere di Zaia ha fatto qualche vittima illustre, come l’ex portavoce dell’intergruppo leghista in consiglio regionale Alberto Villanova. Secondo feudo, la provincia di Vicenza, con 44.252 preferenze su 119.680 voti leghisti. Anche in questo caso gli altri candidati non hanno preso tutti assieme i voti di Zaia, con il risultato di un’esclusione eccellente, quella di Roberto Ciambetti, con alle spalle quattro legislature, di cui due da presidente del consiglio regionale. Zaia ha raccolto nelle altre province venete le seguenti preferenze: 35.701 a Padova, 32.961 a Venezia, 29.078 a Verona, 6.883 a Rovigo e 5.926 a Belluno. “HO VOLUTO QUESTA PROVA” Il governatore uscente ha spiegato così la sua soddisfazione. “Mi si apre il cuore. Mi sono messo a disposizione perché Alberto Stefani mi aveva chiesto se gli davo una mano. Ho voluto questo banco di prova. Penso a un segno di vicinanza e ringraziamento, dopo quindici anni e mezzo i cittadini mi vogliono ancora bene”. Ha una spiegazione anche per la bassa affluenza, considerando che su 4 milioni 294 mila elettori, sono andati a votare solo un milione 917 mila cittadini, mentre 2 milioni e 377 mila sono rimasti a casa. Naturalmente la lettura è centrata su se stesso e non sulla disaffezione generale per effetto di una gestione della politica veneta non soddisfacente: “Molti si sono arrabbiati per il trattamento che ho avuto, il terzo mandato negato, il no alla Lista Zaia. L’avevo detto: la Lista Zaia non essendo un soggetto politico avrebbe portato più gente a votare e avremmo avuto più consiglieri di maggioranza”. Glissa, come ha fatto in questi mesi, sul suo futuro. Non sa se farà il presidente del consiglio regionale, impegno che non sembra gradire, visto che richiederebbe una presenza continua nell’assemblea dove da governatore negli ultimi cinque anni si è presentato solo per una manciata di sedute, con un tasso di assenteismo del 94 per cento. Non sa neanche se farà l’assessore, ma la sua presenza sarebbe molto ingombrante per il neo eletto Stefani, che sentirebbe sul collo il fiato del predecessore. Una cosa però aggiunge, a dimostrazione di come le sue ambizioni non siano ancora finite nel cassetto: “Non ho avuto paura di misurarmi con l’elettorato e ora sono perfettamente ricandidabile alla presidenza della Regione. È questa l’assurdità della legge che non hanno voluto cambiare”. Non ha digerito il boccone amaro e sembra dimenticare che se è formalmente rieleggibile occorre attendere che vada a compimento la legislatura che dura cinque anni. Per il momento resterà in consiglio regionale, con un ruolo di padre nobile. Il prossimo anno si terranno le elezioni del sindaco di Venezia e le supplettive per sostituire in Parlamento il posto che sarà lasciato libero da Alberto Stefani. Con il bagaglio di preferenze che ha ottenuto, Zaia non ha che da chiedere. Il referendum che ha indetto sulla propria persona porterà ancora frutti copiosi alla sua vigna che si trova nel cuore dello Zaiastan. L'articolo In Veneto il fattore Zaia provoca il ribaltone a destra: più di 200mila preferenze personali e la Lega doppia Fdi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Veneto: il traino di Zaia fa vincere Stefani, enfant prodige della Lega scelto da Salvini per tenere testa all’ex governatore
VENEZIA – Giovane, il volto di una persona perbene, nessuna polemica sopra le righe e un curriculum politico cominciato da amministratore locale, poi proseguito con l’elezione alla Camera. Con una percentuale superiore al 60 per cento dei voti, il padovano Alberto Stefani, moderato ed equilibrato enfant prodige della Lega in Veneto, ha ottenuto la successione alla poltrona di Doge che per tre lustri è appartenuta a Luca Zaia. In qualche modo un successo annunciato, in una regione da sempre a vocazione di centrodestra, in ogni caso costruito con accortezza e utilizzando al massimo il traino del governatore uscente. Eppure c’era qualche spunto perché Zaia e Stefani non andassero d’accordo. Innanzitutto il fatto che il trentatreenne nato a Camposampiero, diventato deputato nel 2018 ad appena 25 anni, poi anche sindaco di Borgoricco nel 2018, avesse compiuto la sua ascesa politica all’interno della Lega appoggiandosi a Matteo Salvini. È stato il segretario federale ad individuarlo come suo plenipotenziario in Veneto, chiedendogli di tenere testa allo strapotere di Zaia. La polarizzazione non si è trasformata in scontro interno per tanti motivi. Innanzitutto perché Stefani ha capito che non avrebbe potuto esistere senza trovare il modo di andare d’accordo con il governatore. Ma anche perché Zaia non ha mai accelerato per cercare di strappare la leadership nazionale di Salvini, accontentandosi (si fa per dire) di un ruolo di potere quasi assoluto all’interno dei confini del Veneto. Anzi, quando nel 2023 si sono svolte le votazioni per il nuovo segretario regionale della Liga Veneto-Lega Nord, Zaia ha capito come sarebbe andata a finire e non ha fatto la guerra al commissario di Salvini che aveva retto il partito nei tre anni precedenti. Qualche leghista nostalgico di una Lega radicata nel territorio e contraria alle aperure del segretario federale per farne un soggetto politico a dimensione nazionale, avrebbe voluto coltivare una candidatura alternativa alla segreteria rispetto a quella di Stefani. Uno di questi era l’assessore Roberto Marcato, padovano, che ha in più occasioni contestato la linea salviniana. Nel momento cruciale Zaia non si è schierato contro Salvini, anzi durante il congresso regionale ha dato il via libera a Stefani. Quest’ultimo da allora in poi ha condotto i giochi puntando a una ripresa del partito, sceso nel frattempo ai minimi storici e a consolidare l’accordo con Zaia. Lo ha appoggiato quando il governatore chiedeva il quarto mandato e anche quando voleva presentare una lista alternativa a Fratelli d’Italia, se il partito di Giorgia Meloni avesse insistito a pretendere un proprio candidato alla presidenza del Veneto. E’ così nata l’idea di candidare Zaia a capolista in tutte le province venete, per risollevare il peso elettorale, in una battaglia senza esclusione di colpi con Fratelli d’Italia. Stefani è un personaggio in buona parte da scoprire fuori dal Veneto. Ha frequentato il liceo scientifico di Camposampiero diplomandosi nel 2011. E’ poi diventato coordinatore provinciale di Padova del movimento giovanile della Lega. Nel 2014 è stato eletto consigliere comunale a Borgoricco. Nel 2017 si è laureato in giurisprudenza all’università di Padova, discutendo una tesi in diritto canonico e storia del diritto, materie che ha coltivato da ricercatore. La sua consacrazione politica è arrivata con l’elezione per la seconda volta alla Camera, nel 2022, nel collegio uninominale di Rovigo. Nel 2024 ha tirato la volata alle ambizioni di Zaia, presentando un disegno di legge come primo firmatario per modificare la legge del 2004 che limitava a soli due mandati la presidenza di regione, al fine di aumentarne il numero a tre. È stato il primo firmatario di una proposta di legge per abrogare la legge Delrio, con la richiesta di ripristinare le Province quali enti di primo livello amministrativo. Per trainare la riforma autonomista dello stato voluta da Zaia è stato nominato dai presidenti di Camera e Senato alla presidenza della Commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Intanto ha tenuto saldi i legami con Salvini che nel 2024 lo ha nominato vicesegretario. Consolidatosi a via Bellerio e in Veneto, Stefani ha condotto una campagna elettorale dall’esito scontato, che pure non ha improntato a temi strettamente identitari, ma aperto alla dimensione sociale e ai diritti. L'articolo Veneto: il traino di Zaia fa vincere Stefani, enfant prodige della Lega scelto da Salvini per tenere testa all’ex governatore proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Crozza-Zaia è uno spasso: “Sono su di giri, è il mio ultimo intervento. Da lunedì non sarò più Doge”
Nella nuova puntata di Fratelli di Crozza, in onda il venerdì sera in prima serata sul Nove e in streaming su Discovery+, Maurizio Crozza veste i panni di Luca Zaia che, tra storie e digressioni improbabili su ladri e “stalli maremmani”, parla di autonomia regionale, della legittima difesa e della sua esperienza al Festival del Cinema di Venezia con il Leone d’Oro. “Live streaming ed episodi completi su discovery+ (www.discoveryplus.it)” L'articolo Crozza-Zaia è uno spasso: “Sono su di giri, è il mio ultimo intervento. Da lunedì non sarò più Doge” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Salvini lancia Zaia per le elezioni suppletive della Camera: “Se vorrà potrà correre per il posto di Stefani”
Ora non è più solo un’idea, ma una proposta concreta che Matteo Salvini ha deciso di discutere pubblicamente: “Luca Zaia, se desidererà, visto che il candidato alle Regionali Alberto Stefani lascia libero un posto da parlamentare, i veneti potranno scegliere Luca per farlo venire in Parlamento”. Come già anticipato da il Fatto quotidiano a inizio ottobre, è questa la strada che il Carroccio offre al governatore uscente del Veneto: candidarsi alle suppletive per il posto alla Camera dei deputati che, in caso di vittoria di Stefani, sarà da riassegnare tramite voto. “L’esperienza di Luca”, ha continuato il ministro dei Trasporti, “sarà preziosa anche per Alberto: non c’era un vice Zaia o un simil Zaia. Io penso che Luca sarà una grande risorsa per il Veneto, poi se desidererà”. Quindi “spetterà a lui decidere se rimanere in Veneto o portare il Veneto a Roma”. In Veneto si vota il 23-24 novembre prossimi e martedì a Padova ci sarà l’evento di chiusura della campagna di centrodestra per Alberto Stefani. Con Salvini, ci saranno anche Giorgia Meloni, l’uscente Zaia, il segretario Fi Antonio Tajani, il segretario Udc Antonio de Poli e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi. L'articolo Salvini lancia Zaia per le elezioni suppletive della Camera: “Se vorrà potrà correre per il posto di Stefani” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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