Nonostante le lunghe contrattazioni per la formazione della nuova ‘maggioranza
Ursula’ al Parlamento Ue, nel Partito Popolare Europeo la voglia di staccarsi
dalla storica alleanza centrista con socialisti e liberali e dare inizio a una
nuova stagione insieme alla destra non è svanita. Soprattutto in quella fazione
del partito che fa capo a Manfred Weber e Antonio Tajani. Un’aspirazione che si
è di nuovo palesata giovedì pomeriggio, quando il presidente del Ppe ha compiuto
un blitz in conferenza dei presidenti per chiedere l’annullamento della missione
della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del
Parlamento europeo (LIBE), programmata già da due mesi, in Italia. Il timore,
come scritto da Ilfattoquotidiano.it, era quello di disturbare l’esecutivo
italiano su temi delicati come la giustizia, proprio nei giorni in cui la Corte
di cassazione ha dato il via libera ai quattro quesiti sul referendum che si
terrà con ogni probabilità a marzo, e libertà di stampa. Missione compiuta,
quella di Weber, grazie all’appoggio dell’estrema destra. Ma non è la prima
volta che il Ppe chiede o offre aiuto all’ala più conservatrice e nazionalista
dell’Eurocamera, scatenando le proteste del resto della ‘maggioranza Ursula‘.
Il primo episodio di cedimento dell’annunciato “cordone sanitario” intorno alle
destre risale al settembre 2024, quando i Popolari hanno votato, facendo
approvare la risoluzione, insieme ai Conservatori (Ecr), Patrioti e Sovranisti
per riconoscere Edmundo González Urrutia come legittimo presidente del
Venezuela, non riconoscendo quindi la vittoria di Nicolas Maduro. Un episodio
che sancì la nascita di quella che venne ribattezzata ‘maggioranza Venezuela‘,
la stessa che portò sempre Ppe ed Ecr a unirsi per candidare l’opposizione
venezuelana al Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Riconoscimento che
andò proprio agli oppositori del governo di Caracas.
Si passa poi alla fine del 2024, quando è il momento di votare sul bilancio 2025
dell’Unione europea. Nel corso del lungo processo decisionale, molti
eurodeputati del Ppe, tra cui anche il capogruppo Weber, hanno sostenuto col
proprio voto diversi emendamenti presentati dai Sovranisti per ridurre i
finanziamenti all’Agenzia europea per i diritti fondamentali, per finanziare la
costruzione di muri alle frontiere e per istituire campi di espulsione per i
richiedenti asilo.
Sempre un anno fa, il Ppe, con l’appoggio dell’estrema destra, riuscì a far
approvare dalla Plenaria, con 371 voti favorevoli, 240 contrari e 30 astenuti,
il rinvio di un anno dell’applicazione del regolamento sulla deforestazione e un
alleggerimento delle limitazioni. In quell’occasione, i Popolari dovettero
ritirare 6 dei 15 emendamenti proposti per annacquare il regolamento, ma si
videro comunque approvare tutti gli altri, tranne uno. Tra quelli che
ricevettero il via libera dal Parlamento ce ne era ad esempio unoche introduceva
la categoria di Paese “senza rischio”, a fianco a quelli a basso, medio e alto
rischio. Si tratta di Stati dai quali poter importare prodotti senza nuovi
obblighi. In particolare, nella categoria “nessun rischio” rientrerebbero Paesi
“o parti di essi” in cui “lo sviluppo delle aree forestali è rimasto stabile o è
aumentato rispetto al 1990” e dove è stato siglato l’Accordo di Parigi sul clima
“e le convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla prevenzione della
deforestazione”.
Passano otto mesi e si arriva al luglio scorso. Oggetto dello scontro era la
nomina dell’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Ciriani, a relatore
per il dossier legislativo sulla lista Ue dei cosiddetti Paesi terzi sicuri. Un
tema di importanza primaria per l’Italia che fin dal novembre 2023, quando è
stato siglato il protocollo d’intesa con Tirana, ha cercato di spingere il
cosiddetto modello Albania per la gestione dei migranti fin dentro i palazzi
dell’Ue. E in questo processo diventa fondamentale la definizione di “Paese
terzo sicuro” all’interno del nuovo quadro normativo Ue. Un allargamento delle
maglie, come auspicato dalla destra, che accelererebbe le procedure di
espulsione per i richiedenti asilo. Ipotesi che non piace, però, ai partiti
progressisti alleati del Ppe, secondo i quali il rischio è quello di violare le
tutele individuali e abbassare gli standard di protezione internazionale. Nessun
problema, invece, per i Popolari che a luglio hanno così deciso di schierarsi
con le destre e nominare Ciriani relatore del dossier. Una mossa che, per le
sinistre, ha rappresentato la prima rottura di quel “cordone sanitario” intorno
all’estrema destra annunciato in primis proprio da Manfred Weber.
Passano quattro mesi ed ecco che il Ppe decide di giocarsi una nuova svolta
improvvisa a destra. Nel corso della mini-plenaria del 13 novembre si vota il
compromesso promosso dal Ppe sulla semplificazione delle direttive sugli
obblighi di due diligence e reportistica ambientale per le aziende. Ad esempio,
nel testo si legge che gli obblighi di due diligence (dovuto controllo
preventivo) dovrebbero applicarsi a grandi società con più di 5mila dipendenti e
un fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi di euro. Paletti che esonerano così
la maggior parte delle società. E anche quelle che rientrerebbero negli standard
previsti non saranno comunque più tenute a preparare un piano di transizione per
rendere il loro modello di business in linea con gli obiettivi dell’accordo sul
clima di Parigi, ma potranno essere soggette a sanzioni pecuniarie per il
mancato rispetto dei requisiti di sostenibilità ambientale e sociale lungo la
loro intera catena di approvvigionamento. Anche in tema di direttiva sulla
rendicontazione ambientale si alza la soglia del campo di applicazione,
limitandola alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato netto annuo
superiore a 450 milioni di euro che dovranno redigere relazioni sociali e
ambientali. Solo le imprese che rientrano in questo ambito saranno inoltre
tenute a fornire relazioni sulla sostenibilità in linea con la tassonomia,
ovvero la classificazione degli investimenti sostenibili dell’Ue. Una
deregulation, secondo l’ala progressista del Parlamento, che favorirebbe le
aziende nell’aggiramento degli standard ambientali e sul rispetto dei diritti
umani sul luogo di lavoro. Non un problema, invece, per i Popolari intenti a
smantellare il Green Deal tanto caro, nello scorso mandato, a Ursula von der
Leyen. Così, raccolte le posizioni degli alleati progressisti, hanno deciso di
allearsi con la destra. Risultato: il Parlamento ha approvato con 382 voti a
favore, 249 contrari e 13 astenuti.
“Oggi è un giorno positivo per le imprese e la competitività europee – si
leggeva in una nota del gruppo dei Popolari poco dopo il voto – Un anno fa, il
Ppe aveva promesso agli elettori di ridurre la burocrazia, semplificare le
normative esistenti ed eliminare gli oneri inutili per le aziende europee. Oggi
abbiamo mantenuto la promessa. Abbiamo rimesso la competitività all’ordine del
giorno e dimostrato che l’Europa può essere sia sostenibile che competitiva”. Ma
questo secondo voltafaccia aveva di nuovo scatenato le proteste dei Socialisti:
“Oggi, in una votazione sul pacchetto Omnibus sulla sostenibilità, il gruppo
conservatore del Ppe e i gruppi di estrema destra del Parlamento hanno unito le
forze per eliminare la responsabilità delle aziende per i danni che causano alle
persone e al pianeta – si replicava in una nota del gruppo S&D – Il gruppo si
impegna a semplificare le leggi per semplificare la vita di cittadini e imprese,
ma non sosterrà un programma di deregolamentazione incontrollata, che
distruggerebbe gli standard e le regole europee che abbiamo adottato
democraticamente molto di recente. Ci rammarichiamo che il Ppe abbia deciso di
uscire dalla maggioranza filoeuropea per unirsi all’estrema destra scettica sul
clima ed euroscettica”. I Socialisti ancora non sapevano, o forse sì, che quella
di giovedì scorso non sarebbe stata l’ultima svolta a destra dei loro alleati.
Tanto che nel campo conservatore si è iniziato a parlare di una nuova
‘maggioranza Giorgia‘ che sta man mano sostituendo la ‘maggioranza Ursula’.
X: @GianniRosini
L'articolo Dalla ‘maggioranza Ursula’ alla ‘maggioranza Giorgia’: tutte le volte
che Ppe ed estrema destra si sono alleate in Ue (facendo infuriare la sinistra)
proviene da Il Fatto Quotidiano.