Vanno sempre meno ai concerti, solo il 33% mette piede nella platea di un
teatro; qualcuno in più (40,3%) ha visitato un sito archeologico, mentre uno su
due va ancora alle mostre. Vuote o quasi le sale dei cinema: nel 2024 li hanno
frequentati solo il 21,2% dei ragazzi tra i 13 e 17 anni. Sono i dati sulla
fruizione culturale degli adolescenti emersi dal 16esimo “Atlante dell’infanzia”
pubblicato in questi giorni da Save The Children. Numeri che il Fatto ha letto
con cura, con l’aiuto della sociologa Chiara Saraceno e Federico Taddia,
conduttore di Non mi capisci su Radio 24, trasmissione dedicata alle nuove
generazioni. Due le chiavi di lettura offerte dagli esperti: da una parte i
costi della cultura, che escludono i giovani e soprattutto quelli che vivono in
periferia; dall’altra una questione generazionale. Questa, infatti, è una
generazione di adolescenti “fantasma”: ascoltano la musica, leggono i libri e
sanno cosa succede nel mondo, ma non per forza si fanno vedere ai concerti, in
biblioteca o davanti alla televisione. Lo spiega bene Taddia: “I nuovi
dispositivi elettronici hanno cambiato – e stanno cambiando – il tipo di
fruizione di un’esperienza artistica: è una fruizione più individuale,
solitaria, staccata dal contesto e spesso dal momento. Live e non live sono
sempre più confusi”; quella dei giovani “è una fruizione on demand non legata al
“qui ed ora”. Anche il concetto di condivisione è totalmente diverso: non è più
un “stiamo vivendo lo stesso momento” ma “io ti faccio vedere il momento che ho
vissuto””.
I CONCERTI? “TROPPO COSTOSI”
Ma analizziamo i numeri che ci offre l’Atlante dell’infanzia. Solo il 12% degli
adolescenti va a un concerto di musica classica; il 29% ad altri concerti.
Taddia sottolinea l’incidenza dei costi: i biglietti, afferma, sono”davvero
troppo costosi per quanto riguarda la musica live e il cinema”. Poi c’è “la
diminuzione dei piccoli club e dei piccoli cinema”, che toglie “luoghi in cui
“allenarsi” a vivere in maniera diversa un evento. E poi il grande problema
delle povertà educative: sacche di famiglie (e quindi di bambini) vivono sotto
la soglia di povertà, in situazioni di degrado, dove le politiche culturali
mancano completamente. Dove la dispersione non è solo scolastica, ma è anche
umana. Dove la cultura è roba da ricchi, non motore di cambiamento e riscatto
sociale”. Sulla stessa linea la sociologa Saraceno: “Andare a un concerto è
costoso. Solo se provieni da una famiglia che ha la consuetudine a questo tipo
di consumi sei incoraggiato a spendere i soldi in quel modo”.
IL FENOMENO DELLE PLAYLIST
I ragazzi: creano playlist dai titoli che iniziano con “Pov” – acronimo di point
of view, punto di vista – che indica una tecnica, mutuata da altri social come
TikTok, per far immergere l’ascoltatore in una determinata situazione
psicologica. La generazione Z (che comprende i nati tra il 1997 e il 2012) ha
creato il 72% delle playlist “Pov” esistenti. Ecco alcuni esempi: “Pov: sei
innamorato di qualcuno che non potrai mai avere“, “Pov: stai iniziando una nuova
vita, ti stai trasferendo in una nuova città e tutto sta cambiando”, e via
dicendo. Nel 2024, inoltre, la musica più ascoltata dalla Gen Z (52,13%) era
indicata con l’acronimo “iykyk“, if you know, you know, ovvero “se lo sai, lo
sai”, utilizzato per indicare che una data canzone o genere musicale sono
apprezzabili – o anche solo comprensibili – da un gruppo ristretto e selezionato
di persone. Grave, invece, un altro aspetto evidenziato dalla ricerca: nel 2023,
dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni, “soltanto l’8,4% frequentava corsi di musica
in orario extrascolastico: percentuale che indica una carenza di opportunità per
lo studio di uno strumento musicale o la partecipazione a un coro , che
dovrebbero essere presenti in ogni scuola in orario pomeridiano”.
SOLO UN TERZO DEGLI ADOLESCENTI A TEATRO
La situazione non migliora con il teatro. Solo un adolescente su tre (il 33,3%)
c’è stato almeno una volta nei 12 mesi precedenti all’intervista (il 37,6% delle
ragazze a fronte del 29,3% dei ragazzi); tra chi ha genitori laureati, la
percentuale sale al 44%, ma scende al 25% tra chi ha mamma e papà con un basso
livello di istruzione. “Teatro e mostra accendono altre sentinelle: sono luoghi,
sono esperienze, apparentemente lontane. Diverse. Appartenenti ad altri
linguaggi”, spiega Taddia. “Da qui la necessità di elaborare proposte nuove,
diverse, linguaggi altri; dall’altra parte – laddove famiglia e scuola non hanno
gli strumenti per avvicinare ragazze e ragazzi a queste esperienze – attivare
azioni sul territorio, la strada, il quartiere, le periferie, i luoghi atipici,
in cui far “inciampare” i ragazzi e le ragazze nei musei e nel teatro.
Avvicinarli non solo come spettatori ma anche come parte attiva; coinvolgerli
nella progettazione, della gestione, della scelta, nella scrittura. Non far
calare la “cultura” dall’alto, ma rendere la cultura come qualcosa di
accessibile, di giocabile, di plasmabile”.
UNO SU CINQUE MAI AL CINEMA NEL 2024
La pandemia di Covid, sembra, ha tolto ossigeno anche al cinema: la chiusura per
mesi e mesi di tutte le sale durante l’emergenza ha allontanato molti
adolescenti dall’esperienza di guardare un film con decine di persone invece che
su una tv in streaming o, peggio ancora, sul cellulare. Gli adolescenti che non
sono mai stati al cinema in tutto il 2024 sono il 21,2%: ben il 25% al Nord
(erano il 19% nel 2019), il 16% al Centro (il 13% pre-Covid), il 22% al
Mezzogiorno, dato stabile rispetto a prima della pandemia. Anche in questo caso
non siamo di fronte a giovani disinteressati, ma che hanno cambiato modo di
fruire del prodotto culturale. Per Chiara Saraceno, anche in questo caso, la
colpa è dei biglietti troppo costosi, ma per Taddia c’è anche un elemento
sociologico da analizzare: “Non si sente la necessità di vivere emozioni con chi
ho a fianco. Non m’interessa, non lo so fare, non ne ho l’abitudine. È come se
fosse una competenza analogica se non persa, sopita. O, quanto meno,
dimenticata”.
L'articolo Niente cinema e concerti, ma playlist e streaming: così i nuovi
adolescenti vivono la cultura. Gli esperti: “Pesano i costi e la povertà
educativa” proviene da Il Fatto Quotidiano.