Finalmente molti italiani sono divenuti esperti in assistenza sociale e possono
decidere rispetto a come aiutare i genitori dei “tre bambini nel bosco” a
Chieti. Sono validamente coadiuvati da stuoli di politici che per avere un voto
in più venderebbero anche la loro mamma. Questa competenza mancava ai nostri
concittadini. Erano già esperti, come i medici, nel definire quali vaccini o
medicine sia giusto somministrare poi, come i giudici, nell’affibbiare la
colpevolezza o l’innocenza a dei ragazzi; ora finalmente tutti hanno, in quattro
e quattr’otto, acquisito un dottorato in assistenza sociale.
Io che lavoro da quarant’anni nel campo affine della psicologia e psichiatria
non riesco a proporre un giudizio. Confesso di essere meno capace di tanti
nostri concittadini che sdottorano sui social.
Le notizie che sui giornali si possono trovare mostrano lati positivi rispetto a
questa famiglia che pare serena con un legame affettivo valido fra genitori e
figli. Accanto emergono lati oscuri come la mancata frequentazione scolastica
con trascuratezza rispetto alla eventuale educazione parentale, assente
socializzazione dei ragazzi e condizioni igieniche molto precarie.
Ognuno di noi dentro di sé ha delle suggestioni che derivano dalle proprie
esperienze. Per quanto mi riguarda ricordo un caso occorso quando ero giovane
psichiatra. Il sindaco del paese mi chiamò per segnalarmi la situazione di un
anziano che viveva in condizioni estremamente precarie. Andai a visitarlo con un
infermiere e vidi che viveva in un bosco in un rudere senza riscaldamento, senza
acqua e servizi igienici. Gli parlai e dopo alcune riluttanze lui accettò di
andare a vivere in una casa di riposo per anziani del Comune ove lo avrebbero
accudito meglio. Dopo due mesi chiesi al sindaco come andava la sistemazione di
quel vecchietto. Mi rispose che purtroppo era scivolato sul pavimento bagnato
dalla signora delle pulizie, si era rotto il femore ed era deceduto. Negli anni
successivi ho sempre pensato che “chissà se sarebbe stato ancora vivo?” se lo
avessi lasciato nel suo rudere senza convincerlo ad andare in una casa di riposo
“troppo pulita”.
Coi miei nipotini recentemente ho rivisto il film Il libro della jungla. Si
tratta di un’opera molto bella tratta da un romanzo di grandissimo successo. E’
bello vedere il bambino allevato dai lupi, che gioca con un orso e viene
protetto da una pantera. Nella realtà però io non lascerei certo i miei nipotini
in balia di un branco di lupi. Dubito molto dell’accudimento che potrebbero
offrire un orso. Sfido i leoni da tastiera, che imperversano sul web, ad andare
a fare le moine a una pantera.
Insomma la vita agreste, bucolica, va bene per una foto durante la bella
stagione ma risulta difficile senza medicine e presidi sanitari. Una volta
espresse le mie “suggestioni” per venire alla situazione dei bambini nel bosco
mi pare sia giusto sottolineare che il provvedimento emesso dal giudice
minorile, su indicazione dei carabinieri e degli assistenti sociali, non prevede
l’allontanamento dei genitori dai figli e men che meno la decadenza della loro
potestà genitoriale (al momento sospesa). Si prefigge, da quel poco che ho
capito dai giornali, di mettere i bambini e la mamma in condizioni igieniche
migliori per valutare se vi sia o meno in atto un isolamento sociale patologico
e una mancata educazione scolastica.
Tutelare i bimbi che possono avere genitori stravaganti è un mestiere difficile.
Dirimere fra una ideologia legittima e un delirio in cui il malato ha delle
fissazioni incrollabili che cozzano con la realtà e mettono a rischio lui e i
minori è complesso. Occorre affidarsi a degli esperti che potrebbero sbagliare
ma che, in linea di massima, hanno minori probabilità di compiere errori
grossolani rispetto a utenti del web che si alzano la mattine per urlare al
mondo le loro idee maturate senza avere tutte le notizie e gli strumenti di
conoscenza per interpretarle.
Se entriamo come comunità in un mondo paranoico per cui c’è sempre un complotto
dietro o degli interessi oscuri e aboliamo ogni principio di autorità e
autorevolezza sarà dura mantenere la convivenza fra le persone. Quando viene
l’ingegnere a decidere quanto devono essere grandi le travi della mia casa,
quando chiamo l’elettricista e mi propone un filo elettrico di un certo
spessore, quando mando il figlio in pullman e il guidatore segue un itinerario e
in innumerevoli altri momenti della mia vita devo affidarmi e fidarmi. Non posso
pretendere tutte le volte di decidere io quale cosa sia giusta altrimenti la
nostra possibilità di vivere in una civiltà deflagra.
Già si notano le avvisaglie di questo “mondo paranoico” in cui molti individui
si sentono soli, vessati dalla società cattiva che li vuole controllare e
soggiogare negando le loro libertà. Speriamo che la deriva in atto negli Usa ove
tanti cittadini riempiono la loro casa di armi contro nemici, spesso immaginari,
che vogliono invaderli non si propaghi anche nel nostro paese.
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bimbi nel bosco proviene da Il Fatto Quotidiano.