Il Vaticano boccia duramente le diaconesse. Leone XIV ha fatto pubblicare la
sintesi del lavoro svolto dalla seconda Commissione di studio sul diaconato
femminile voluta da Papa Francesco e presieduta dal cardinale Giuseppe
Petrocchi, arcivescovo emerito di L’Aquila. “Allo stato attuale della ricerca
storica e della nostra conoscenza delle testimonianze bibliche e patristiche –
scrive la commissione – si può ragionevolmente affermare che il diaconato
femminile, sviluppatosi in maniera diseguale nelle diverse parti della Chiesa,
non è stato inteso come il semplice equivalente femminile del diaconato maschile
e non sembra avere rivestito un carattere sacramentale”. Petrocchi ricorda che
“Papa Francesco ha avocato a sé la questione del possibile accesso delle donne
al diaconato”. Proposta che è tornata più volte durante il pontificato di
Bergoglio, ma senza alcuna prospettiva concreta. Leone XIV, invece, è stato
ancora più esplicito su questo aspetto, chiudendo subito definitivamente la
porta a qualsiasi possibilità di ordinare donne diacono.
Petrocchi sottolinea che già la prima Commissione di studio sul diaconato
femminile, voluta sempre da Bergoglio, affermava che “la Chiesa ha riconosciuto
in diversi tempi, in diversi luoghi e in varie forme il titolo di
diacono/diaconessa riferito alle donne attribuendo però ad esso un significato
non univoco”. “Tale affermazione – aggiunge il porporato – si colloca in linea
con un’altra proposizione formulata dalla Commissione teologica internazionale:
‘Sembra evidente che tale ministero non era inteso come il semplice equivalente
femminile del diaconato maschile’”. “Sappiamo, tuttavia, – precisa ancora
Petrocchi – che la prospettiva puramente storica non consente di giungere ad
alcuna certezza definitiva. In ultima analisi, la questione deve essere decisa
sul piano dottrinale. Pertanto, le problematiche relative all’ordinazione
diaconale di donne rimangono aperte ad ulteriori approfondimenti teologici e
pastorali, tenendo fermo il principio della ‘communio hierarchica’ che assegna
la decisione conclusiva su queste tematiche al magistero della Chiesa, come
risposta autorevole a domande presenti in alcuni settori del popolo di Dio”.
La commissione ha discusso anche sulla possibilità di istituire eventuali nuovi
ministeri che potrebbero “contribuire alla sinergia tra uomini e donne. La loro
attuazione richiederebbe lo sviluppo di mezzi appropriati di formazione
(teologica, pratica, mistagogica) e di sostegno”. La commissione, inoltre,
sottolinea che “lo status quaestionis intorno alla ricerca storica e
all’indagine teologica, considerati nelle loro mutue implicazioni, esclude la
possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al
diaconato inteso come grado del sacramento dell’ordine. Alla luce della Sacra
Scrittura, della tradizione e del magistero ecclesiastico, questa valutazione è
forte, sebbene essa non permetta ad oggi di formulare un giudizio definitivo,
come nel caso dell’ordinazione sacerdotale”.
Petrocchi precisa anche che “molte petizioni non si limitano a chiedere
l’ammissione delle donne al sacramento del diaconato, ma sostengono che pure gli
altri gradi dell’ordine sacro (presbiterato ed episcopato) debbano essere resi
accessibili alle donne. L’argomentazione che poggia sulla mascolinità di Gesù
Cristo è vista come una visione sessista e ristretta, che porta alla
discriminazione delle donne. Secondo tali visuali la repraesentatio Christi
dovrebbe non più essere legata a categorie di genere, ma mettere al centro la
mediazione ministeriale della salvezza attraverso uomini e donne. In questa
prospettiva, poiché l’ordinazione al diaconato non è ad sacerdotium, ma ad
ministerium, l’esclusione delle donne non sembrerebbe giustificata, poiché anche
le donne sono in grado di rappresentare Cristo come diakonos. Nella
documentazione arrivata, letta con attenzione, molte donne hanno descritto il
loro lavoro per la Chiesa, spesso vissuto con grande dedizione, come se fosse un
criterio sufficiente per l’ordinazione al diaconato. Altre hanno parlato di una
forte ‘sensazione’ di essere state chiamate, come se fosse la prova necessaria
per garantire alla Chiesa la validità della loro vocazione ed esigere che questa
convinzione sia accolta. Molte svolgevano già funzioni di tipo diaconale,
soprattutto in comunità prive di sacerdote, e ritenevano di essere ‘meritevoli’
di ricevere l’ordinazione, avendone, in qualche modo, acquisito il diritto.
Altre parlavano semplicemente di volere l’ordinazione come segno di visibilità,
autorevolezza, rispetto, sostegno e soprattutto uguaglianza. In una linea di
pensiero molto diversa, nello sviluppo della terza sessione, è stata avanzata la
seguente tesi: ‘La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che
ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità
sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare
questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura
del significato nuziale della salvezza’”.
Petrocchi, infine, scrive che “ci è stato riferito che nel documento finale del
Sinodo la proposizione 60 sullo studio della possibilità del diaconato femminile
è quella che ha ottenuto il maggior numero di voti contrari (97 no)”. Non si
comprende allora come questa proposta sia riemersa recentemente nel documento
finale della terza assemblea sinodale della Conferenza episcopale italiana. La
Cei, infatti, non ha alcun potere in merito. Ogni decisione di questo tipo
spetta unicamente al Papa. Eppure, con 625 voti favorevoli e 188 contrari, è
stata approvata la proposta maggiormente contestata dell’intero documento,
ovvero “che la Cei sostenga e promuova progetti di ricerca di facoltà teologiche
e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle
questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede”. Duramente
contestato, con 661 voti favorevoli e 156 contrari, anche il paragrafo che
afferma “che la Cei, promuovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga
la creazione di un tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle
donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la
corresponsabilità ecclesiale”.
L'articolo Donne diacono? Non sia mai: il Vaticano di Papa Leone XIV boccia
duramente la proposta nata con Bergoglio proviene da Il Fatto Quotidiano.