Conor McGregor si sposa. Il famoso lottatore di Mma convola a nozze con la sua
Dee Devlin, fidanzata storica dell’irlandese. A fare da cornice al matrimonio
dei due sarà Città del Vaticano. Il “sì” del lottatore e la sua dolce metà non
era stato preannunciato. La coppia ha voluto mantenere il massimo riserbo a
riguardo, per non attirare occhi indiscreti in un giorno importante per i due.
La notizia è stata riportata dall’Irish Independent la mattina del 12 dicembre.
Il fulmine a ciel sereno – se così si può considerare – sul matrimonio arriva
dallo Stato vaticano. La Santa Sede, infatti, ha espresso riluttanza sull’unione
del lottatore e la consorte visti i precedenti di McGregor. Lo sportivo non sale
sul ring dal 2021, quando si infortunò gravemente alla tibia e perse la sfida
contro Dustin Poirier. La passione per le botte dell’irlandese non è, tuttavia,
rimasta all’interno dell’ottagono. Sempre nel 2021 il lottatore ha dovuto fare i
conti con la legge a seguito della rissa con Francesco Facchinetti a Roma. Il
campione della Mma ha ricevuto critiche negli anni per commenti razzisti e
sessisti sui social.
LA RILUTTANZA DEL VATICANO
Il Vaticano non tifa né dentro, né fuori dal ring per Conor McGregor. Le
controversie dell’irlandese hanno fatto storcere il naso alla Chiesa, ma il
37enne ha le idee chiare: sposerà la sua Dee Devlin in uno dei luoghi più sacri
al mondo. I due sono fidanzati da ben 17 anni. Lo sportivo e la compagna si sono
conosciuti in un nightclub di Dublino nel 2008. La donna ha sempre supportato il
fidanzato, anche quando quest’ultimo aveva deciso di abbandonare l’apprendistato
da idraulico per inseguire il suo sogno nella Mma. Il primo desiderio di
McGregor, quello di diventare campione UFC, è diventato realtà. Per il secondo,
la leggenda irlandese dovrà attendere il “sì” definitivo della sua Dee
all’altare.
> BREAKING
>
> UFC fighter Conor McGregor is getting married to Dee Devlin today at the
> Vatican ???? ???????? pic.twitter.com/rcfVNA4SS5
>
> — Catholic Arena (@CatholicArena) December 12, 2025
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Vaticano, ma la Santa Sede non approva proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Grande attesa per “Pietro – Un uomo nel vento” di Roberto Benigni, in onda
questa sera mercoledì 10 dicembre alle 21.30 su Rai 1, Rai Radio3 e RaiPlay. Un
monologo per la prima volta dal cuore di Città del Vaticano: Roberto Benigni
racconterà la vita dell’uomo al quale Gesù Cristo affidò la sua Chiesa.
“Non potreste mai immaginare cosa mi sia successo mentre preparavo questo lavoro
su Pietro. Mi sono innamorato. Mi sono innamorato di Pietro. Completamente. E
quanto mi sono affezionato a lui! – ha detto Roberto Benigni – Perché Pietro è
proprio come noi. Lo sento così vicino! Leggendo la sua storia continuavo a
pensare: ma quello sono io, avrei fatto la stessa cosa!”.
E ancora: “Pietro ci somiglia profondamente. È proprio come noi. La sua umanità
è l’umanità di tutti noi: si arrabbia, agisce d’impulso, sbaglia, fraintende,
piange, ride, si addormenta, soffre, gioisce e si lascia commuovere… Proprio
come facciamo noi. Ed a lui è stato affidato il compito più grande mai dato a un
essere umano: aprire o chiudere le porte del Paradiso. Incredibile!”.
“La Rai celebra con un grande evento la fine di questo giubileo. – ha affermato
Giampaolo Rossi, Amministratore Delegato dell’azienda di stato- È una grande
narrazione in linea con il servizio pubblico. Il ritorno di Roberto Benigni, già
lo scorso anno in Rai, oggi confermato con questo viaggio che lui fa nella vita
di San Pietro, è un regalo di un grande artista alla Rai e che la Rai dona agli
italiani per provare a rivendicare un po’ anche quelle che sono le nostre
radici, la nostra storia, il nostro percorso e chiudere come servizio pubblico
l’anno giubilare”.
L'articolo “Mi sono innamorato di Pietro. A lui il compito più grande mai dato:
aprire o chiudere le porte del Paradiso”: Roberto Benigni con un monologo in
Vaticano per Rai Uno proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Quando parlando con le persone rivelo di avere una fede enorme, mi guardano
scioccate, perché oggi è raro sentire qualcuno ammettere di avere della fede”. A
dirlo è Michael Bublè, il cantante canadese che, alla vigilia del “Concerto con
i Poveri” in Vaticano, ha messo a nudo il suo lato più privato in un’intervista
al Messaggero, svelando come la battaglia per la vita del figlio lo abbia
ancorato a una spiritualità profonda e incrollabile.
La fede cattolica, trasmessa dalla mamma (“mia madre era la mia catechista”), è
stata la vera guida di Bublé nei momenti più bui. La sua vita è stata segnata in
modo indelebile dal 2016, quando al figlio Noah fu diagnosticato, a soli tre
anni, un raro tumore al fegato: “La fede, nella mia vita, è sempre stata forte.
Anche nelle questioni di salute che hanno riguardato componenti della mia
famiglia”, ha affermato Bublé. Oggi Noah ha 10 anni e ha vinto la sua battaglia
dopo cure intensive. Il cantante ha espresso tutta la sua ammirazione per il
figlio: “Bene, grazie al cielo. È un ragazzo forte: il modo con cui ha
combattuto contro la malattia è stato commovente”. Questa esperienza ha
rafforzato la sua convinzione sul ruolo della fede in tempi difficili: “Può
accendere una luce. Oggi i tempi sono duri e le luci possono spegnersi ovunque.
Ma se hai dentro di te la fede, grazie a quella puoi trovare una strada”.
L’intensità spirituale della sua vita ha raggiunto il culmine con l’incontro con
Papa Leone XIV, avvenuto nelle scorse ore in Vaticano, che Bublé definisce “uno
dei momenti più belli della mia vita”. Il cantante si è presentato dal Pontefice
portando con sé la moglie Luisana Lopilato e i suoi genitori, onorando le loro
radici italiane. Le emozioni provate, ha confessato, sono state
“indescrivibili“: “Mi ha chiesto di cantare per lui l’Ave Maria di Schubert.
L’ho cantata una sola volta nella mia vita, più di dieci anni fa, in uno studio
di registrazione… Sono un po’ agitato, ma non lo voglio deludere. Ho capito che
non c’è da avere, ma solo provare tanta gioia”.
L'articolo “Mio figlio è guarito da un tumore raro a 3 anni. Quando rivelo alle
persone di avere una fede enorme, mi guardano scioccate”: parla Michael Bublé
proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Io eseguirò tutti i brani richiesti dal Papa che ha un ottimo gusto. L’Ave
Maria l’ho cantata una sola volta; mi sento molto onorato“. È con questa
dichiarazione, che unisce l’entusiasmo della star internazionale alla solennità
dell’occasione, che Michael Bublé ha presentato l’evento più atteso in Vaticano.
Il cantante canadese sarà il protagonista del “Concerto con i Poveri”, un
appuntamento giunto alla sua sesta edizione, a cui domani, sabato 6 dicembre,
assisterà in prima persona anche Papa Francesco.
Il concerto, che si terrà nell’Aula Paolo VI, è un gesto concreto di vicinanza
agli ultimi. L’evento accoglierà gratuitamente oltre ottomila persone, di cui
circa tremila indigenti di ogni lingua e religione, invitati come ospiti d’onore
tramite il Dicastero per il Servizio della Carità – Elemosineria Apostolica e
diverse associazioni di volontariato, tra cui la Caritas di Roma e la Comunità
di Sant’Egidio. Monsignor Frisina, direttore del Coro della Diocesi di Roma, ha
sottolineato come l’evento sia un “incontro tra mondi musicali diversi per dire
che si può dialogare con tutti i generi musicali e Dio è presente sempre. La
Chiesa in questo fa tutti gli sforzi perché la musica può servire veramente come
strumento di incontro che va oltre le ideologie”.
Il programma musicale è un vero e proprio racconto di Natale, costruito per
guidare gli ottomila presenti dalla solennità liturgica alla gioia del
repertorio contemporaneo. All’arrivo del Santo Padre, il Coro della Diocesi di
Roma e la Nova Opera Orchestra apriranno la serata accogliendo il Pontefice con
“Tu sei Pietro”. La prima parte, diretta da Monsignor Frisina, sarà dedicata
alla contemplazione del Mistero dell’Incarnazione: si inizierà con l’antica
antifona natalizia “Puer natus est nobis”, per poi passare alla celebre
pastorale di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, “Quando nascette Ninno”,
interpretata da Serena Autieri, e a una vivace esecuzione di “Joy to the World”.
L’atmosfera cambierà radicalmente con l’ingresso di Michael Bublé. L’artista,
accompagnato dalla Nova Opera Orchestra diretta dal maestro Nicholas
Jacobson-Larson, proporrà un itinerario musicale costruito appositamente per
l’occasione, alternando i suoi brani iconici alle grandi melodie del Natale. Il
momento di massima intensità sarà l’interpretazione dell’“Ave Maria”, che Bublé
eseguirà in latino con un arrangiamento corale e orchestrale pensato per
l’imponente Aula Paolo VI.
L'articolo “Eseguirò i brani richiesti da Papa Leone, ha un ottimo gusto”:
Michael Bublé in concerto per i poveri in Vaticano proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Il Vaticano boccia duramente le diaconesse. Leone XIV ha fatto pubblicare la
sintesi del lavoro svolto dalla seconda Commissione di studio sul diaconato
femminile voluta da Papa Francesco e presieduta dal cardinale Giuseppe
Petrocchi, arcivescovo emerito di L’Aquila. “Allo stato attuale della ricerca
storica e della nostra conoscenza delle testimonianze bibliche e patristiche –
scrive la commissione – si può ragionevolmente affermare che il diaconato
femminile, sviluppatosi in maniera diseguale nelle diverse parti della Chiesa,
non è stato inteso come il semplice equivalente femminile del diaconato maschile
e non sembra avere rivestito un carattere sacramentale”. Petrocchi ricorda che
“Papa Francesco ha avocato a sé la questione del possibile accesso delle donne
al diaconato”. Proposta che è tornata più volte durante il pontificato di
Bergoglio, ma senza alcuna prospettiva concreta. Leone XIV, invece, è stato
ancora più esplicito su questo aspetto, chiudendo subito definitivamente la
porta a qualsiasi possibilità di ordinare donne diacono.
Petrocchi sottolinea che già la prima Commissione di studio sul diaconato
femminile, voluta sempre da Bergoglio, affermava che “la Chiesa ha riconosciuto
in diversi tempi, in diversi luoghi e in varie forme il titolo di
diacono/diaconessa riferito alle donne attribuendo però ad esso un significato
non univoco”. “Tale affermazione – aggiunge il porporato – si colloca in linea
con un’altra proposizione formulata dalla Commissione teologica internazionale:
‘Sembra evidente che tale ministero non era inteso come il semplice equivalente
femminile del diaconato maschile’”. “Sappiamo, tuttavia, – precisa ancora
Petrocchi – che la prospettiva puramente storica non consente di giungere ad
alcuna certezza definitiva. In ultima analisi, la questione deve essere decisa
sul piano dottrinale. Pertanto, le problematiche relative all’ordinazione
diaconale di donne rimangono aperte ad ulteriori approfondimenti teologici e
pastorali, tenendo fermo il principio della ‘communio hierarchica’ che assegna
la decisione conclusiva su queste tematiche al magistero della Chiesa, come
risposta autorevole a domande presenti in alcuni settori del popolo di Dio”.
La commissione ha discusso anche sulla possibilità di istituire eventuali nuovi
ministeri che potrebbero “contribuire alla sinergia tra uomini e donne. La loro
attuazione richiederebbe lo sviluppo di mezzi appropriati di formazione
(teologica, pratica, mistagogica) e di sostegno”. La commissione, inoltre,
sottolinea che “lo status quaestionis intorno alla ricerca storica e
all’indagine teologica, considerati nelle loro mutue implicazioni, esclude la
possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al
diaconato inteso come grado del sacramento dell’ordine. Alla luce della Sacra
Scrittura, della tradizione e del magistero ecclesiastico, questa valutazione è
forte, sebbene essa non permetta ad oggi di formulare un giudizio definitivo,
come nel caso dell’ordinazione sacerdotale”.
Petrocchi precisa anche che “molte petizioni non si limitano a chiedere
l’ammissione delle donne al sacramento del diaconato, ma sostengono che pure gli
altri gradi dell’ordine sacro (presbiterato ed episcopato) debbano essere resi
accessibili alle donne. L’argomentazione che poggia sulla mascolinità di Gesù
Cristo è vista come una visione sessista e ristretta, che porta alla
discriminazione delle donne. Secondo tali visuali la repraesentatio Christi
dovrebbe non più essere legata a categorie di genere, ma mettere al centro la
mediazione ministeriale della salvezza attraverso uomini e donne. In questa
prospettiva, poiché l’ordinazione al diaconato non è ad sacerdotium, ma ad
ministerium, l’esclusione delle donne non sembrerebbe giustificata, poiché anche
le donne sono in grado di rappresentare Cristo come diakonos. Nella
documentazione arrivata, letta con attenzione, molte donne hanno descritto il
loro lavoro per la Chiesa, spesso vissuto con grande dedizione, come se fosse un
criterio sufficiente per l’ordinazione al diaconato. Altre hanno parlato di una
forte ‘sensazione’ di essere state chiamate, come se fosse la prova necessaria
per garantire alla Chiesa la validità della loro vocazione ed esigere che questa
convinzione sia accolta. Molte svolgevano già funzioni di tipo diaconale,
soprattutto in comunità prive di sacerdote, e ritenevano di essere ‘meritevoli’
di ricevere l’ordinazione, avendone, in qualche modo, acquisito il diritto.
Altre parlavano semplicemente di volere l’ordinazione come segno di visibilità,
autorevolezza, rispetto, sostegno e soprattutto uguaglianza. In una linea di
pensiero molto diversa, nello sviluppo della terza sessione, è stata avanzata la
seguente tesi: ‘La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che
ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità
sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare
questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura
del significato nuziale della salvezza’”.
Petrocchi, infine, scrive che “ci è stato riferito che nel documento finale del
Sinodo la proposizione 60 sullo studio della possibilità del diaconato femminile
è quella che ha ottenuto il maggior numero di voti contrari (97 no)”. Non si
comprende allora come questa proposta sia riemersa recentemente nel documento
finale della terza assemblea sinodale della Conferenza episcopale italiana. La
Cei, infatti, non ha alcun potere in merito. Ogni decisione di questo tipo
spetta unicamente al Papa. Eppure, con 625 voti favorevoli e 188 contrari, è
stata approvata la proposta maggiormente contestata dell’intero documento,
ovvero “che la Cei sostenga e promuova progetti di ricerca di facoltà teologiche
e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle
questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede”. Duramente
contestato, con 661 voti favorevoli e 156 contrari, anche il paragrafo che
afferma “che la Cei, promuovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga
la creazione di un tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle
donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la
corresponsabilità ecclesiale”.
L'articolo Donne diacono? Non sia mai: il Vaticano di Papa Leone XIV boccia
duramente la proposta nata con Bergoglio proviene da Il Fatto Quotidiano.
Come sta cambiando la Curia romana dopo appena sei mesi di pontificato di Leone
XIV? La domanda, più che legittima, non alberga soltanto nelle menti degli
osservatori vaticani, molti dei quali ancora non hanno rimosso il modus operandi
bergogliano che inevitabilmente li induce in ragionamenti radicalmente errati. È
all’interno dei sacri palazzi che c’è molta curiosità, ma soprattutto tanta
ansia, nel tentativo di prevedere le mosse del matematico ed enigmatico Prevost.
Mentre, infatti, nei precedenti dodici anni di pontificato, da Casa Santa Marta,
la residenza papale, le informazioni filtravano sia in entrata che in uscita,
anche anticipando i provvedimenti più dirompenti di Francesco e così testando le
reazioni della Curia romana, costituzionalmente chiusa a catenaccio con
qualsiasi Pontefice, adesso nessuno riesce più a prevedere le mosse di Leone
XIV. Le sue prime decisioni e le sue primissime nomine, però, rivelano molto del
suo stile di governo. Un uomo che ascolta tutti, che non anticipa le sue
soluzioni ai problemi che gli vengono posti e che non spoilera le sue nomine,
come, invece, faceva Bergoglio, ma che poi decide da solo, dopo una lunghissima
meditazione, ma con una fermezza unica.
Leone XIV predilige i collaboratori che hanno un low profile, come lo aveva lui
fino all’elezione al pontificato. È, infatti, molto significativa, anche da
questo punto di vista, la scelta di monsignor Filippo Iannone come prefetto del
Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America
Latina, incarico ricoperto, dal 2023 al 2025, proprio da Prevost. Entrambi
religiosi, l’uno agostiniano e l’altro carmelitano, entrambi canonisti ed
entrambi molto riservati. Nella Curia romana bergogliana Iannone è stato l’unico
prefetto di un dicastero a non essere cardinale. Scontatissima ora, ovviamente,
la berretta rossa nel primo concistoro per la nomina dei nuovi porporati di
Leone XIV. Evento che, però, non è imminente. Attualmente, infatti, i cardinali
elettori sono 126, sei in più del limite fissato da san Paolo VI e confermato da
san Giovanni Paolo II. È prevedibile che Prevost attenda che il numero dei
porporati con meno di ottant’anni scenda almeno sotto il limite fissato da
Montini.
Oltre a Iannone, tra i promossi curiali c’è il cardinale Ángel Fernández Artime,
pro prefetto del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di
vita apostolica, nominato da Leone XIV legato pontificio per le Basiliche di San
Francesco e di Santa Maria degli Angeli ad Assisi e giudice applicato della
Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano. Una scelta altamente
eloquente è stata quella del vicereggente della Prefettura della Casa
Pontificia, incarico creato ad hoc da Prevost per il suo confratello padre
Edward Daniang Daleng, già consigliere generale e procuratore generale
dell’Ordine di Sant’Agostino. I due sono legatissimi da molto tempo e hanno una
totale sintonia. Leone XIV, quindi, ha scelto un uomo di sua massima fiducia
perché lo affianchi nelle udienze quotidiane, coordinandosi con la sua
segreteria particolare e con la Segreteria di Stato per organizzare l’agenda
papale. Al vicereggente Prevost ha chiesto anche di informatizzare la Prefettura
della Casa Pontificia.
Ma, ovviamente, ci sono anche i bocciati dei primi mesi di pontificato. Non sono
passate inosservate le defenestrazioni illustri di monsignor Roberto Campisi,
che da assessore per gli affari generali della Segreteria di Stato è stato
nominato osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, con l’incarico
di seguire anche l’attività delle organizzazioni internazionali cattoliche. Una
nomina non accompagnata dall’episcopato, come è tradizionalmente avvenuto per
chi ha ricoperto il ruolo di assessore della prima sezione della Segreteria di
Stato. Sembra, tra l’altro, che Campisi sia destinato, in breve tempo, a
lasciare il servizio diplomatico della Santa Sede e a rientrare nella sua
arcidiocesi di Siracusa. L’altro defenestrato curiale è l’arcivescovo Andrés
Gabriel Ferrada Moreira, da segretario del Dicastero per il clero spedito a fare
il vescovo di San Bartolomé de Chillán, in Cile. Il presule aveva ricevuto
l’ordinazione episcopale da Francesco, nel 2021, ed era considerato un suo
fedelissimo.
Oltre alle primissime nomine, ci sono poi le prime riforme. Leone XIV ha
collocato il Pontificio Comitato per la Giornata mondiale dei bambini,
presieduto da padre Enzo Fortunato, all’interno del Dicastero per i laici, la
famiglia e la vita, il cui prefetto è il cardinale Kevin Joseph Farrell.
Successivamente, Prevost ha stabilito che “nel determinare le attività di
investimento finanziario della Santa Sede, l’Amministrazione del patrimonio
della Sede Apostolica generalmente fa effettivo uso della struttura
organizzativa interna dell’Istituto per le opere di religione, a meno che gli
organi competenti, come stabilito dagli statuti del Comitato per gli
investimenti, non ritengano più efficiente o conveniente il ricorso a
intermediari finanziari stabiliti in altri Stati”. Inoltre, ha istituito
l’Apostolato del mare, quale organo di coordinamento dell’Opera dell’apostolato
del mare, in persona giuridica canonica pubblica, approvandone
contemporaneamente lo Statuto. Infine, azzerando completamente le norme
finanziarie di Bergoglio per la Fabbrica di San Pietro e il capitolo della
Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, Leone XIV ha stabilito che entrambi gli
organismi saranno d’ora in poi soggetti “al controllo e alla vigilanza stabilita
per gli enti indicati nell’elenco allegato allo Statuto del Consiglio per
l’economia, nonché alle norme e alle leggi in materia di atti di straordinaria
amministrazione”.
Non bisogna nemmeno dimenticare lo stile di governo di Prevost. Il Papa ha
criticato la mancanza di sinergia tra i dicasteri della Curia romana. Non è un
caso, quindi, che Leone XIV sta intensificando le riunioni dei capidicastero per
un lavoro maggiormente collegiale del suo governo. Inoltre, Prevost ha già
avvisato i cardinali di tutto il mondo che il 7 e l’8 gennaio 2026, all’indomani
della chiusura del Giubileo della speranza, terrà un concistoro straordinario
per ascoltare il parere dei porporati. Un’esigenza, quella del governo
collegiale, emersa chiaramente durante le congregazioni generali dei cardinali
che hanno preceduto il conclave che ha eletto Leone XIV. Prevost sta
sottolineando molto anche il suo ruolo di primate d’Italia. Il Papa sarà ad
Assisi, il 20 novembre 2025, per concludere l’assemblea generale della Cei. Una
visita lampo nella città del poverello, dove è esposto anche il corpo di san
Carlo Acutis, canonizzato proprio da Leone XIV. Il primo viaggio apostolico di
Prevost, invece, sarà in Turchia e Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre 2025,
essenzialmente per realizzare il desiderio di Bergoglio di commemorare i 1700
anni dal Concilio di Nicea. Un viaggio chiaramente ecumenico destinato a
proseguire la strada del dialogo all’interno del cristianesimo. Chiusa la Porta
Santa della Basilica di San Pietro, si attendono ulteriori e importanti
decisioni di Leone XIV. Ma, giorno dopo giorno, Prevost sta già disegnando
quello che sarà il suo pontificato. A tratti simile a quello del suo diretto
predecessore e a tratti molto diverso.
L'articolo Papa Leone e i primi sei mesi da pontefice: il nuovo cerchio magico,
i bergogliani bocciati e le prime riforme (in discontinuità con Francesco)
proviene da Il Fatto Quotidiano.