Ed ora anche alcune banche italiane dovranno mettere mano alle tasche e
risarcire le vittime del fallimento della compagnia di navigazione Deiulemar,
una storia di raccolta abusiva del risparmio di circa 13.000 vittime e di una
bancarotta da 800 milioni di euro, una delle più clamorose del ventunesimo
secolo. Lo ha deciso il giudice monocratico di Torre Annunziata, Valentina
Vitulano, con due sentenze gemelle depositate nei giorni scorsi. Le banche sono
state ritenute colpevoli di non essersi accorte dell’abnormità delle
movimentazioni avvenute sui conti correnti personali dei bancarottieri, di non
essersi poste domande sull’origine di quel denaro, e sui rapporti tra i titolari
dei conti correnti e le persone fisiche che bonificavano le cifre. Senza agire
di fronte all’enorme entità dei bonifici e degli assegni, da e verso persone
fisiche che non avevano alcun rapporto apparente con il titolare del conto, e
gli altrettanti enormi bonifici eseguiti da 3 società fiduciarie degli
amministratori sui loro conti personali.
Le sentenze le hanno condannate, in primo grado, a risarcire circa 21milioni di
euro alla curatela fallimentare che dal 2012, l’anno del fallimento di
Deiulemar, sta provando a ristorare i danni delle condotte degli amministratori
della compagnia. Una riguarda Monte dei Paschi di Siena, per una quota
risarcitoria di circa un milione e mezzo di euro. Il resto del risarcimento
riguarda l’Unione Banche Italiane (Ubi) in qualità di “successore per
incorporazione della Banca Popolare di Ancona spa (ora Intesa San Paolo spa)”.
Le motivazioni dei provvedimenti evidenziano che dalle relazioni depositate agli
atti “tra il 1999 ed il 2010 erano pervenute alla Banca d’Italia, prima presso
il soppresso Ufficio Italiano Cambi (’UIC) e, poi, dal 2008 presso l’Ufficio di
Informazione Finanziaria (UIF), 14 segnalazioni di operazioni sospette
riguardanti movimentazioni anomale sui conti correnti personali dei titolari
della Deiulemar”. C’erano tutte le informazioni utili a fermare le
movimentazioni anomale. Le banche non lo hanno fatto.
Quindi, secondo il giudice, hanno “fornito un valido ed, anzi essenziale
contributo causale alla consumazione del reato di abusiva raccolta del risparmio
e del delitto di distrazione, avendo avallato e consentito innumerevoli
operazioni, in uscite ed in entrata, priva di apparenti motivi e del tutto
incongruenti rispetto alla tipologia di correntista, consentendo al sistema
illecito ideato dai gestori della Deiulemar di autoalimentarsi ed espandersi
fino alle dimensioni accertate nelle plurime sedi civili e penali, ossia
complessivi 800 milioni di euro”, si legge in uno dei passaggi chiave della
sentenza.
Per molti anni gli armatori di Deiulemar – le famiglie Della Gatta, Lembo e
Iuliano – hanno emesso sul mercato obbligazioni non autorizzate dalla Banca
d’Italia, formalmente intestate alla compagnia, sulla quale ricadeva l’obbligo
di rimborso. Ma la società non aveva ricevuto quel denaro, che fu distratto dai
bilanci, dal patrimonio sociale, e di fatto è finito nei conti degli
amministratori, accesi con le banche oggetto di questa sentenza.
Fino al crac che ha minato l’economia di un territorio che si era fidato di loro
e di questa piccola ‘Parmalat del mare’. La sentenza arriva nel solco di
un’altra sentenza dello stesso giudice che nel 2022 ha condannato una banca
maltese, Bank of Valletta – quella delle fiduciarie all’estero – a risarcire 360
milioni di euro, ridotti a poco più della metà dopo una transazione. Finora gli
ex obbligazionisti della Deiulemar sono riusciti a recuperare all’incirca il 30%
delle somme investite. Pendono ancora sei cause. Il lavoro non è ancora finito.
L'articolo Crac Deiulemar, anche le banche italiane colpevoli: condannate in
primo grado a risarcire 21 milioni di euro proviene da Il Fatto Quotidiano.