Voleva fare uno scherzo divertente al suo collega e compagno di stanza, con cui
“erano soliti canzonarsi a vicenda“. Così, mentre fuori dalla Cassazione un
gruppo di anarchici manifestava in favore di Alfredo Cospito, il sostituto
procuratore generale della Suprema Corte Luca Tampieri ha avuto una brillante
idea: infilare in un fascicolo del vicino di scrivania – in quel momento
impegnato in udienza – un “pizzino” anonimo con gli slogan gridati dai
manifestanti. “Fuori Alfredo dal 41-bis! Il 41-bis è tortura, lo Stato stragista
non ci fa paura. Galere e tribunali non ne vogliamo più, colpo su colpo li
tireremo giù“, le frasi stampate sul foglio. Peccato che la vittima della
bravata, il sostituto pg Ettore Pedicini, si fosse occupato poche settimane
prima proprio dell’anarchico al carcere duro, depositando tre requisitorie sul
suo caso. Scoprendo il messaggio il giorno successivo, quindi, Pedicini ha preso
sul serio la finta minaccia: temendo che un malintenzionato si sia introdotto
nel suo ufficio, allerta subito i vertici del Palazzaccio, mentre un’altra
collega presente, spaventata, chiama direttamente il capo della Digos di Roma, i
cui funzionari si precipitano sul posto e iniziano a svolgere accertamenti prima
di scoprire la burla. La surreale vicenda, datata ottobre 2023, è costata a
Tampieri l’apertura di un procedimento disciplinare da parte del suo diretto
superiore, il procuratore generale della Suprema Corte: il Consiglio superiore
della magistratura ha però archiviato l’accusa con un’ordinanza depositata di
recente, parlando di “una scorrettezza dovuta a un gesto goliardico, che andava
sì evitata”, ma “si è risolta in un comportamento privo del carattere di
gravità“. Una decisione che fa infuriare il deputato di Forza Italia Enrico
Costa, fustigatore del presunto lassismo della Sezione disciplinare del Csm: “Se
non fosse tutto nero su bianco non ci si potrebbe credere”, scrive su X.
Nella sua memoria difensiva, incolpato si è scusato e ha ammesso di aver agito
“scriteriatamente“, sottolineando però di non essere stato a conoscenza del
fatto che il collega si fosse occupato del caso Cospito. Ad alimentare
l’equivoco i messaggi scambiati sulla chat dell’ufficio subito dopo la scoperta
del messaggio: in un primo momento, infatti, Tampieri è convinto che gli altri
magistrati abbiano capito la sua gag, e quindi reagisce in modo ironico alle
loro (comprensibili) preoccupazioni. “Ho chiuso la stanza”, scrive Pedicini.
Tampieri lo sfotte: “Fai indagini?“. L’altro insiste: “Sta arrivando la Digos
nella nostra stanza. Forse prelevano il mio computer“. Ma il collega continua a
ironizzare: “Spero non il mio portatile nuovo“. Solo un’ora dopo il pm burlone
viene contattato dalla vice segretaria generale della Cassazione, che gli chiede
se anche lui sia a conoscenza della vicenda. E a quel punto capisce di averla
combinata grossa: “Ragazzi scusate era uno scherzo! Era quello che martellavano
gli anarchici ieri mattina durante la manifestazione, non pensavo che si potesse
prendere sul serio“, scrive in chat. Per la Sezione disciplinare del Csm, però,
il suo comportamento non è punibile “per l’occasionalità dell’atto, l’esiguità
temporale della vicenda” e “l’esistenza di spiacevoli e obiettive coincidenze”.
“Digos, timore di minacce, ufficio in allarme, vertici allertati: tutto risolto,
procedimento disciplinare dissolto nel nulla“, accusa Costa. “Chissà se questo
provvedimento fa parte di quelli conteggiati nelle percentuali di
condanne/assoluzioni sbandierate dall’Anm o se, come immagino, ne sta fuori”,
scrive.
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“pizzino” con finte minacce anarchiche. E arriva la Digos proviene da Il Fatto
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