La destra blocca la modifica della legge sulla violenza sessuale: chi ha paura del consenso di una donna?

Il Fatto Quotidiano - Thursday, November 27, 2025

Chi ha paura del consenso di una donna? Nella Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, la coalizione di destra ha messo in scena un grottesco teatrino con lo stop alla modifica della legge sulla violenza sessuale. Il nuovo testo introduce la centralità del consenso della vittima nella definizione del reato. A bloccare l’iter, che dopo l’approvazione all’unanimità alla Camera sembrava scontato, è stata la Lega, seguita da ruota da Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Un eccesso di dietrologia potrebbe far pensare che la stretta di mano tra Giorgia Meloni e Elly Schlein a favor di telecamere sia stata una mossa per raccogliere qualche voto in più in due regioni tradizionalmente vicine al centrosinistra, in prossimità delle elezioni regionali. Una sorta di cinico spot elettorale? Più probabilmente Matteo Salvini, visto il deludente risultato elettorale di Fratelli d’Italia, ha voluto mettere in difficoltà Giorgia Meloni, che si era esposta su questo tema. Un modo per dire ‘qui comando io e questa è anche casa mia’. Forte del sostegno degli uomini della coalizione.

Dopo lo stop sono arrivate le rassicurazioni di Eugenia Roccella e di Giulia Bongiorno: la legge sul consenso si farà ma con “modifiche migliorative” e le attiviste ora temono un depotenziamento della legge… e allora? Meglio la vecchia normativa che una brutta riforma.

Ma la cosa più grave sono state le dichiarazioni del ministro Matteo Salvini, che con il suo spregio misogino e sessista ha offeso tutte le donne di questo paese, paventando un’epidemia di calunnie da parte di “vendicatrici” che vorrebbero vedere uomini innocenti in carcere. Imbeccato opportunamente, ha tirato fuori, già che c’era, il somaro di battaglia delle cosiddette associazioni dei padri separati. “Le denunce strumentali rovinano le famiglie” ha tuonato. È molto probabile che, se Matteo Salvini si sedesse a un tavolo con 20 uomini, avrebbe vicino a sé almeno tre autori di violenze sessuali, mentre la probabilità che tra questi ci sia un uomo calunniato per stupro è prossima allo zero.

I dati Istat sulla violenza sessuale ci dicono che solo il 10% delle vittime denuncia, mentre l’80% tace. Meno del 30% delle donne che si rivolgono ad un centro antiviolenza denuncia. Il silenzio è proprio ciò che la destra sembra volere: che le donne continuino a tacere. Ma sarebbe più onesto che costoro lo dicessero apertamente: “State zitte! Non denunciate, perché rischiate di rovinare la vita e la reputazione di tanti rispettabili cittadini”. Tacere, a patto che non si tratti di immigrati, identificati dal leader della Lega come il prototipo dello stupratore. Uomini dalla cultura arretrata, anche se alcuni politici nostrani non hanno esitato ad augurare stupri ad avversarie politiche come Matteo Camiciottoli, ex sindaco di Pontivrea della Lega, condannato per aver augurato uno stupro a Laura Boldrini.

La credibilità di una vittima di stupro, lo sappiamo, è inversamente proporzionale allo status dello stupratore. Se il violento è un “bravo ragazzo” o un “rispettabile cittadino”, può dormire sonni tranquilli. Nel corso degli anni, le operatrici dei centri antiviolenza hanno ascoltato testimonianze di donne che avevano subito violenze sessuali da parte di medici, ingegneri, imprenditori, preti, appartenenti alle forze dell’ordine, avvocati (sì, anche penalisti), militari, insegnanti, allenatori, fisioterapisti, politici, giornalisti, direttori di banca, studenti di prestigiose università e attivisti dei centri sociali, quelli che stanno sempre in prima linea a lottare contro il potere, tranne quello che si cullano dentro. Uomini di destra e uomini di sinistra. Atei o religiosi. La violenza sessuale non avviene solo per mano di emarginati che aggrediscono donne nel buio delle strade o nei parchi. Avviene anche in studi eleganti, in uffici confortevoli, in case accoglienti , commessa in larga parte, da uomini che sono già in relazione con le donne. Sono violenze che difficilmente vengono denunciate. In 30 anni di esperienza ho seguito personalmente solo cinque donne che avevano deciso di denunciare. Cinque in 30 anni.

In uno di questi casi, si trattava di una ragazza che, dopo aver accettato un rapporto sessuale, aveva subito una violenza. Quando mi disse che era determinata a denunciare, le offrii il sostegno del centro antiviolenza, ma ero preoccupata per la pesantezza del processo che rischiava di diventare un vero e proprio tritacarne. Lo abbiamo visto con le 700 domande a cui è stata sottoposta la donna che ha denunciato Ciro Grillo, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta, condannati in primo grado dal tribunale di Tempio Pausania. Una ragazza che, prima di ottenere la condanna, aveva subito una gogna mediatica, con la sua credibilità messa in dubbio in un processo sommario sui social e sulle pagine dei giornali. È accaduto anche alle vittime di Alberto Genovese.

Le battaglie femministe, alla fine, vincono perché sono fondate sulla denuncia di una palese iniquità e anche se sono portate avanti contro un vento che soffia forte e gelido, riescono a cambiare la cultura. Tutto questo avviene tra passi avanti e i backlash reazionari. La legge sulla violenza sessuale fondata sul consenso è stata approvata in Spagna, Svezia, Danimarca, Francia, Belgio, Irlanda e Germania e non ci sono state “ecatombe” di uomini calunniati. In Italia, forse ci vorranno vent’anni.

Lo spettacolo penoso offerto dal centrodestra – gira voce che un modulo di consenso sessuale sia stato distribuito tra i senatori da Porro e Cruciani – ci fa capire quale sia il livello culturale di chi siede nei banchi del parlamento. Sul livello culturale degli estensori del modulo, che cali un pietoso velo.

Contro questa legge si è levata una bella fetta della stampa, quella che urla quando a stuprare una donna non è un italiano bianco, ma un nero o peggio un “islamico”. Alcuni hanno sventolato la foglia di fico dell’inversione della prova, una tesi confutata da Paola Di Nicola Travaglini, magistrata e consigliera di Cassazione; da Fabio Roia, presidente del tribunale di Milano; ma anche da avvocati.

Una parte degli uomini, terrorizzati all’idea di finire in carcere per stupro, hanno rumoreggiato sui social. E ci sono stati deliri di avvocati che si sono esposti pubblicamente nel suggerire di filmare i rapporti sessuali: diteci, cari avvocati, si deve filmare con o senza il consenso della donna? E che fare poi di quelle immagini, avvocati, conservarle nel caso del bisogno? Si potrebbe parlare di isteria collettiva se non fosse che anche la parola isteria è portatrice di un gap culturale.

Ci vollero 20 anni per trasformare il reato di violenza sessuale in un crimine contro la persona e non contro la morale. Che a essere ferita dal crimine fosse una donna e non la morale, all’epoca, sembrava scandaloso. Era una legge che incideva non solo sul piano giuridico ma anche sul piano simbolico, riconoscendo che il corpo delle donne non apparteneva alla famiglia o al marito e non rappresentava l’onorabilità di un uomo. E deputati e senatori, in Parlamento, resistettero assediati per 20 anni, ferreamente alleati contro i corpi delle donne. Oggi, l’introduzione del consenso nel dibattito parlamentare suscita ancora scandalo. E gli uomini si alleano contro la volontà delle donne perché è quello che il patriarcato li ha addestrati a fare. Da quando nascono.

La società italiana è ancora profondamente allagata dalla cultura dello stupro. Le pagine come Phica.eu o Mia moglie ci ricordano che il consenso della donna è imprevisto. Il corpo della donna è un oggetto di scambio tra maschi, trofeo in un terreno di guerra contro le donne. Troppi uomini interiorizzano la cultura dello stupro e vivono la sessualità come un atto predatorio, di dominio e umiliazione nei confronti del corpo femminile.

I 700mila uomini che si scambiavano foto senza il consenso delle partner o che si divertivano a umiliare donne in politica o nello spettacolo non erano tutti stupratori, ma condividevano lo stesso immaginario degli stupratori. Tutti coloro che si spaventano all’idea che il consenso di una donna possa diventare parte integrante della legge sulla violenza sessuale o hanno la coscienza sporca, o hanno l’inconscio di paglia. E quindi: a chi fa paura il consenso di una donna?

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