Il filo che collega attacchi alla magistratura e più scorta a Ranucci: controllo in cambio di sicurezza

Il Fatto Quotidiano - Tuesday, December 2, 2025

C’è un filo che lega gli attacchi alla magistratura, i più recenti di nuovo a Federico Cafiero De Raho e a Roberto Scarpinato, quelli alla Università di Bologna col pubblicizzato potenziamento della scorta a Sigfrido Ranucci: il “nuovo” patto sociale promosso dalla destra di potere, ovvero il pieno controllo nelle mani del Governo in cambio della sicurezza prodotta dalla sorveglianza.

Sono lontani i tempi del Papeete: Matteo Salvini nell’estate del 2019, in groppa alla sua “bestia” da milioni di contatti, sbagliò tempi, modi, sponsor e finì disarcionato. Ma fu precursore e gli andò senz’altro meglio che al Battista.

Oggi la situazione è più matura, resa convincente e vincente (per ora) da un contesto internazionale che spinge per la liquidazione dello stato di diritto, per il collasso della Unione Europea, malfermo presidio di democrazia ma pur sempre presidio, per l’annichilimento delle Nazioni Unite basate sui diritti umani fondamentali: tutti attrezzi mai digeriti da una parte importante di umanità e corrosi dall’ipocrita sostegno di altra parte.

Oggi viviamo uno di quei tornanti in cui la storia accelera improvvisamente, quando in un solo momento i freni saltano, le titubanze diventano appuntamenti imperdibili col destino, le parole sussurrate in segreto vengono gridate sui tetti e diventano osceni manifesti (“omicidi extragiudiziali” si può dire e fare, “genocidio” invece si può fare ma non dire).

Così tutto si tiene nel cortile di casa nostra che non è mai stato soltanto “nostro”: il “riequilibrio tra i poteri” invocato dalla presidente Meloni passa per la subalternità della magistratura all’esecutivo, il premierato forte, una legge elettorale funzionale alla “stabilità” mantra buono per ogni scorribanda istituzionale e la mortificazione della scuola in ogni ordine e grado, dagli accorpamenti degradanti alla umiliazione della autonomia didattica.

Il primo tassello deve essere fissato attraverso il referendum di primavera che dovrà confermare, nelle intenzioni del Governo, la “riforma Nordio” ed ecco che allora il circo grande delle reti unificate spara senza sosta contro i magistrati trasformati in mostri dell’arbitrio giudiziario: c’è quello che sabota le politiche del Governo in tema di immigrazione, quello che “ruba” i figli dalle case nei boschi, quello che si vende la funzione anche davanti ad un terribile femminicidio, fino ad arrivare ai “mostri” preferiti perché ingabbiarli serve a più di un prestigio e cioè Federico Cafiero De Raho, accusato di aver coperto l’immondo mercato delle informazioni riservate nella Procura nazionale antimafia da lui diretta e Roberto Scarpinato, accusato di aver perseguitato una giovane ed intrepida magistrata rea di aver indagato nella direzione “sbagliata” (Scarpinato ha già annunciato querela).

Un altro tassello poi è stato piantato negli scorsi giorni con la iperbolica polemica contro l’Università di Bologna che avrebbe addirittura “tradito”, secondo le reazioni da manuale dei primi della classe Meloni-Crosetto-Bernini, coloro che sacrificando le proprie vite difendono anche quegli imbelli di docenti, che hanno negato un corso ad hoc in filosofia per una pattuglia di ufficiali. Ingrati!

Sono attacchi mirati che offendono la democrazia tanto quanto quelli ai giornalisti, colpiti nell’esercizio della professione in maniera più pericolosa di quanto abbiano fatto gli sciagurati assaltatori della sede de La Stampa a Torino: chi ha illegalmente spiato Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino con strumenti di natura militare in dotazione al Governo italiano? Chi e perché ha pedinato Sigfrido Ranucci e altri suoi collaboratori di Report?

E mentre chili di “carte riservate” passano nelle cucine della Commissione parlamentare antimafia e del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza, pronti a diventare relazioni e veline, il Viminale annuncia l’innalzamento del livello di sicurezza per Sigfrido Ranucci, che passa da una a due macchine blindate. Con un messaggio chiaro: state alla larga da Ranucci! (Fonti comprese, vien da pensare).

Qualche giorno fa a Bologna si sono dati appuntamento per un convegno molti famigliari di vittime delle stragi di mafia e di terrorismo, pare che non abbiano nemmeno più distinto tra coloro che sono caduti per colpa della “strategia della tensione” e coloro che invece sono caduti per colpa delle bombe “mafiose” degli anni ‘90 (che della “strategia della tensione” hanno rappresentato una sorta di tragico Tfr: trattamento di fine rapporto). Lo hanno fatto per ribadire l’universale diritto alla verità.

Mi associo, convinto che la sicurezza alla quale ognuno di noi giustamente ambisce dipenda assai di più dalla “verità” cioè dalla lotta alla impunità, piuttosto che dalla sorveglianza occhiuta di chi, proteggendo, controlla e inibisce.

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