Il comune di Roma deve 10mila euro di risarcimento ai cittadini che vivono in zone inquinate: una sentenza storica

Il Fatto Quotidiano - Tuesday, December 2, 2025

Il Comune di Roma deve risarcire i danni da rumore e da smog provocati dal traffico ai residenti in prossimità di via del Foro Italico in Roma, nel tratto della tangenziale est. Lo ha stabilito la terza sezione della Cassazione civile con una sentenza (n. 29798) pubblicata pochi giorni fa, il 12 novembre 2025, affermando che è dovere del Comune osservare, per le strade cittadine, le regole tecniche e i canoni di diligenza e prudenza idonei ad evitare che il traffico della zona provochi rumori intollerabili e smog oltre i limiti in danno degli abitanti.

Tanto più che una prima sentenza aveva già condannato, con riferimento al rumore, il Comune di Roma a “predisporre idonee misure affinché – nel tratto stradale ove insistono le abitazioni degli attori/appellanti e interessato pure dall’immissione di polveri sottili – sia collocato un limite di velocità veicolare di 30 km/h, oltre che a provvedere a proprie cure e spese all’eliminazione delle immissioni sonore nocive attraverso la collocazione di pannelli fonoassorbenti”.

In particolare, la Cassazione ha respinto con decisione l’argomento principale (peraltro di grande attualità, in vista del prossimo referendum) avanzato dall’amministrazione capitolina, secondo cui solo il Comune può stabilire i limiti di velocità sulle strade, osservando che non si tratta di comportamenti discrezionali della pubblica amministrazione ma di “un’attività soggetta al principio del neminem laedere”; per cui, “in presenza di immissioni intollerabili, dipendenti dal contegno della pubblica amministrazione“ proprietaria delle strade, non può esservi alcuna discrezionalità in quanto è in gioco la salute dei cittadini. E pertanto, non vi è alcuna invasione di campo da parte della magistratura e l’amministrazione “può essere condannata al risarcimento del danno, così come al facere necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità”.

Conclusione della Suprema Corte: il ricorso deve essere respinto e il Comune di Roma deve corrispondere a ciascuno dei proprietari-abitanti cittadini che hanno fatto causa un risarcimento di 10.000 euro ciascuno.

Trattasi, come è evidente, di una sentenza, a dir poco, della massima rilevanza in quanto apre la porta a migliaia di ricorsi da parte di chi è costretto a vivere in una città con alto tasso di inquinamento per smog e rumore. Con milioni di euro che questi Comuni dovrebbero pagare per danni ai cittadini che vivono nelle zone più inquinate. Situazione che non riguarda solo Roma ma anche molte altre città italiane, fra cui spiccano Napoli, Palermo, Genova, Messina, Torino e Milano.

Tanto più che non si tratta di una sentenza isolata. Pochi mesi fa, su iniziativa di Greenpeace e altri, il nostro massimo organo giurisdizionale, la Cassazione a sezioni unite, con una pronuncia rivoluzionaria (n. 20381 del 21 luglio 2025), ribaltando la sua precedente giurisprudenza, aveva infatti già affermato la competenza dei giudici italiani a decidere per cause intentate al fine di ottenere il risarcimento dei danni provocati dal mancato rispetto di misure relative al cambiamento climatico come quelle per la limitazione delle emissioni; aggiungendo che, parallelamente al dovere degli Stati e delle aziende inquinanti di agire per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti a livello comunitario, esiste un diritto dei cittadini a ottenere il risarcimento dei danni provocati da questo comportamento che lede il loro “diritto alla vita e al rispetto della vita privata e famigliare”, tutelato dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo.

E proprio per questo, in totale consonanza con la nostra Costituzione e con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte internazionale di giustizia, aveva respinto anche in quel caso tutte le obiezioni secondo cui non si possono sindacare la libertà di impresa sancita dalla Costituzione, né misure che presuppongono valutazioni di natura politico-legislativa di competenza di organi politici.

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