
Oro di Bankitalia, Giorgetti chiude la sceneggiata di FdI. Ecco come ha riscritto la norma, che resta inutile
Il Fatto Quotidiano - Monday, December 15, 2025Alla fine sarà soltanto una legge inutile che ha distratto parte dell’opinione pubblica da una manovra che ancora si trascina in Parlamento. Parliamo dell’emendamento alla legge di Bilancio sulla proprietà dell’oro di Bankitalia. Una norma per dire che le riserve auree iscritte nel bilancio della Banca d’Italia appartengono al popolo italiano. Ideona dei parlamentari di Fratelli d’Italia, loro sì pagati a peso d’oro, sulla quale il ministero dell’Economia ha dovuto rassicurare la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, che davanti alla stampa non ha potuto non prendere la cosa sul serio e dirsi preoccupata per le finalità poco chiare dell’emendamento e i rischi per l’indipendenza della banca centrale sancita dai trattati dell’Ue. Le sarebbe bastata una risata e invece, per settimane, è toccato inscenare un confronto istituzionale. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha dovuto addirittura inviarle chiarimenti ufficiali per rassicurarla: che si tratta di una norma “simbolica”, che nessuno si sogna di trasferire la gestione delle riserve auree o permetterne la vendita per finanziare lo Stato.
Nonostante la manovra abbia dato ben altri pensieri alla maggioranza, il partito della premier ha pensato bene di perdere altro tempo. Invece di ritirare l’inutile emendamento ne ha modificato il testo per ribadire il rispetto delle norme europee, con l’unico risultato di rendere chiaro a chiunque che non c’è alcuna precettività: non introduce obblighi, divieti o poteri. Insomma, aria fritta. Incredibile ma vero, il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, è riuscito a dirsi soddisfatto per l’esito della “storica battaglia”: “Abbiamo posto il tema in Parlamento fin dal 2014 con un’iniziativa di Giorgia Meloni. Se ora questa battaglia, come sembra, si trasformerà in una legge dello Stato, non potremo che essere molto soddisfatti”. L’idea dei fratelli d’Italia, infatti, non è recente. Meloni ci aveva provato anche durante il primo governo Conte, con una mozione che pretendeva anche il rimpatrio delle scorte depositate all’estero per comodità contabile. Mozione respinta dalla maggioranza di Lega e Movimento 5 stelle perché ne avevano presentata una loro che chiedeva di “definire l’assetto della proprietà delle riserve auree detenute dalla Banca d’Italia nel rispetto della normativa europea” e di “acquisire le notizie” su quelle detenute all’estero, oltre che sulle “modalità per l’eventuale loro rimpatrio”. Oggi il M5s parla di “inutile dibattito sull’“oro degli italiani””. Meglio tardi che mai.
Inutile perché il Trattato sul funzionamento dell’Ue vieta il finanziamento diretto allo Stato da parte di Bce e banche centrali nazionali, e sancisce l’indipendenza di queste dagli Stati membri dell’Unione. Indipendenza che riguarda anche la gestione delle riserve auree, anche se sono iscritte contabilmente come bene dello Stato. Per essere ancora più chiari, non è consentito “prelevare” oro per coprire spese, debito o politiche pubbliche. Cos’è che Meloni e Salvini non capiscono? Il problema è che i testi normativi europei, il Trattato sul funzionamento dell’Ue ma anche lo statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali, parlano solo della gestione operativa di queste riserve. Al contrario, le norme Ue non parlano esplicitamente di “proprietari”. Così la questione della proprietà formale rimane dibattuta e, in tempi di sovranismo, inutilmente riscoperta. Tanto rumore per nulla e il nulla, alla fine, è scritto così: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 123, 127 e 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il secondo comma dell’articolo 4 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, si interpreta nel senso che le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia, come iscritte nel proprio bilancio, appartengono al Popolo Italiano”. Maiuscole comprese, è questa la riformulazione dell’emendamento presentata da Giorgetti in commissione Bilancio al Senato. ”Siamo a posto: riteniamo che la questione si possa ritenere chiusa”, ha detto il ministro. Era ora.
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