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Oro di Bankitalia, Giorgetti chiude la sceneggiata di FdI. Ecco come ha riscritto la norma, che resta inutile
Alla fine sarà soltanto una legge inutile che ha distratto parte dell’opinione pubblica da una manovra che ancora si trascina in Parlamento. Parliamo dell’emendamento alla legge di Bilancio sulla proprietà dell’oro di Bankitalia. Una norma per dire che le riserve auree iscritte nel bilancio della Banca d’Italia appartengono al popolo italiano. Ideona dei parlamentari di Fratelli d’Italia, loro sì pagati a peso d’oro, sulla quale il ministero dell’Economia ha dovuto rassicurare la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, che davanti alla stampa non ha potuto non prendere la cosa sul serio e dirsi preoccupata per le finalità poco chiare dell’emendamento e i rischi per l’indipendenza della banca centrale sancita dai trattati dell’Ue. Le sarebbe bastata una risata e invece, per settimane, è toccato inscenare un confronto istituzionale. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha dovuto addirittura inviarle chiarimenti ufficiali per rassicurarla: che si tratta di una norma “simbolica”, che nessuno si sogna di trasferire la gestione delle riserve auree o permetterne la vendita per finanziare lo Stato. Nonostante la manovra abbia dato ben altri pensieri alla maggioranza, il partito della premier ha pensato bene di perdere altro tempo. Invece di ritirare l’inutile emendamento ne ha modificato il testo per ribadire il rispetto delle norme europee, con l’unico risultato di rendere chiaro a chiunque che non c’è alcuna precettività: non introduce obblighi, divieti o poteri. Insomma, aria fritta. Incredibile ma vero, il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, è riuscito a dirsi soddisfatto per l’esito della “storica battaglia”: “Abbiamo posto il tema in Parlamento fin dal 2014 con un’iniziativa di Giorgia Meloni. Se ora questa battaglia, come sembra, si trasformerà in una legge dello Stato, non potremo che essere molto soddisfatti”. L’idea dei fratelli d’Italia, infatti, non è recente. Meloni ci aveva provato anche durante il primo governo Conte, con una mozione che pretendeva anche il rimpatrio delle scorte depositate all’estero per comodità contabile. Mozione respinta dalla maggioranza di Lega e Movimento 5 stelle perché ne avevano presentata una loro che chiedeva di “definire l’assetto della proprietà delle riserve auree detenute dalla Banca d’Italia nel rispetto della normativa europea” e di “acquisire le notizie” su quelle detenute all’estero, oltre che sulle “modalità per l’eventuale loro rimpatrio”. Oggi il M5s parla di “inutile dibattito sull’“oro degli italiani””. Meglio tardi che mai. Inutile perché il Trattato sul funzionamento dell’Ue vieta il finanziamento diretto allo Stato da parte di Bce e banche centrali nazionali, e sancisce l’indipendenza di queste dagli Stati membri dell’Unione. Indipendenza che riguarda anche la gestione delle riserve auree, anche se sono iscritte contabilmente come bene dello Stato. Per essere ancora più chiari, non è consentito “prelevare” oro per coprire spese, debito o politiche pubbliche. Cos’è che Meloni e Salvini non capiscono? Il problema è che i testi normativi europei, il Trattato sul funzionamento dell’Ue ma anche lo statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali, parlano solo della gestione operativa di queste riserve. Al contrario, le norme Ue non parlano esplicitamente di “proprietari”. Così la questione della proprietà formale rimane dibattuta e, in tempi di sovranismo, inutilmente riscoperta. Tanto rumore per nulla e il nulla, alla fine, è scritto così: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 123, 127 e 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il secondo comma dell’articolo 4 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, si interpreta nel senso che le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia, come iscritte nel proprio bilancio, appartengono al Popolo Italiano”. Maiuscole comprese, è questa la riformulazione dell’emendamento presentata da Giorgetti in commissione Bilancio al Senato. ”Siamo a posto: riteniamo che la questione si possa ritenere chiusa”, ha detto il ministro. Era ora. L'articolo Oro di Bankitalia, Giorgetti chiude la sceneggiata di FdI. Ecco come ha riscritto la norma, che resta inutile proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Cardi B fa rivestire d’oro il suo cordone ombelicale: il gioiello per la nascita del quarto figlio fa discutere
Un detto dice che “un gioiello è per sempre”, così come un figlio. L’artista statunitense Cardi B ha deciso di unire i due concetti di eterno e festeggiare la nascita del quarto figlio con un regalo insolito: un cordone ombelicale d’oro. L’ultimo arrivato, figlio della cantante e del giocatore dei New England Patriots Stefon Diggs, è stato celebrato con alcune foto postate da Cardi B sui social. Per la rapper si tratta del quarto figlio, il primo con il campione della NFL. CARDI B, AMORE TRAVAGLIATO Cardi B è una delle cantanti più influenti del panorama musicale odierno. La newyorkese, acclamata da milioni di fan in patria e nel mondo, è anche una mamma. Belcalis Marlenis Almanzar, il nome della star all’anagrafe, ha già dato alla luce tre bambini: Kulture Kiari, Wave Set e Blossom. I tre bimbi sono figli della cantante e del rapper Offset. La relazione tra i due è stata lunga e travagliata. I due artisti si sono sposati nel 2017 e a dicembre del 2018 la cantante ha annunciato la fine della relazione con il marito. Durante un concerto Offset ha tentato di riconquistarla, con la cantante che lo ha allontanato e si è detta “imbarazzata” dall’episodio. A ottobre 2020, quando i due rapper erano a un passo dal firmare le carte del divorzio, è arrivata la notizia del ricongiungimento. A giugno 2021 Cardi B e Offset hanno annunciato l’arrivo del secondo figlio, Wave. L’11 dicembre 2023 la cantante ha nuovamente confermato le voci sulla separazione, mentre l’1 agosto Cardi B ha prima annunciato la terza gravidanza (sempre con il rapper) e, poche ore dopo, il divorzio ufficiale da Offset. LA SERENITÀ RITROVATA Dopo il patimento vissuto nella precedente relazione, Cardi B sembra aver trovato la serenità. A inizio giugno 2025 la cantante ha annunciato la relazione con la star della NFL Stefon Diggs. La cantante parlava così della gravidanza e della serenità che sta vivendo: “Sento di essere in un buon momento, mi sento molto forte”. La star del rap ha aggiunto: “Io e il mio compagno ci sosteniamo moltissimo a vicenda e questo mi fa sentire come se potessi conquistare il mondo”. Per il cordone ombelicale d’oro, Cardi B si è affidata a Mommy Made Encapsulation, specializzata in servizi post partum e diventata popolare per le richieste stravaganti delle star. Il cordone sarà avvolto attorno a un supporto metallico, modellato fino formare un cuore e, infine, ricoperto d’oro. Mommy Made Encapsulation ha fatto parlare di sé per un servizio particolare: la trasformazione della placenta in capsule che le neomamme assumono per godere delle proprietà nutritive. Una proposta che ha suscitato scandalo e l’interesse di Cardi B, che si è affidata all’azienda per regalarsi il gioiello più bello del suo portagioie. L'articolo Cardi B fa rivestire d’oro il suo cordone ombelicale: il gioiello per la nascita del quarto figlio fa discutere proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Imposta sostitutiva sull’oro, M5s e Avs: “Condono per chi ha evaso o riciclato attraverso il metallo prezioso”
Movimento 5 Stelle e Avs attaccano la maggioranza sull’ipotesi di una “tassa sull’oro” da inserire in manovra come fonte di coperture aggiuntive. È un “condono per chi ha evaso o, in alcuni casi, riciclato capitali attraverso il metallo prezioso”, denuncia Mario Turco, vicepresidente del M5S, un “atto spudorato e inaccettabile”. “Sarebbe l’ennesimo regalo per gli evasori. Si favorisce, ancora una volta, la regolarizzazione di capitali e patrimoni che vengono dall’evasione fiscale”, aggiunge Elisabetta Piccolotti di Avs. Nel mirino c’è la proposta di un’aliquota agevolata per incentivare la rivalutazione dell’oro da investimento, come monete e lingotti, nel caso in cui il proprietario non abbia la documentazione del prezzo di acquisto. In assenza di documenti, la normativa attuale prevede che al momento della cessione venga applicata l’aliquota del 26% sull’intero valore dell’oro ceduto, e non solo sulla plusvalenza. La proposta introdurrebbe invece un’imposta sostitutiva ridotta al 12,5%, con versamento entro il 30 settembre 2026 e possibilità di rateizzazione fino a tre anni. Secondo i senatori di maggioranza la misura favorirebbe l’emersione di ricchezza in piena trasparenza. Per giustificare la scelta ricordano che misure simili sono già state introdotte per cripto-attività, partecipazioni e terreni. Turco ci legge anche “una pressione subdola sui cittadini a vendere beni spesso legati a storie familiari – gioielli, collane, bracciali – trasformando un patrimonio affettivo in uno strumento di gettito fiscale”, anche se stando al testo l’imposta sostitutiva riguarda esclusivamente l’oro da investimento, categoria di cui la gioielleria non fa parte. Il senatore M5s chiosa: “È l’ennesimo provvedimento turpe di questo Governo: ai furbi e agli evasori si tende la mano, mentre ai cittadini comuni si chiede di monetizzare rapidamente ciò che possiedono, ai limiti del saccheggio. Una politica economico-fiscale aberrante, che colpisce i più deboli e premia chi ha nascosto ricchezze. Continueremo a denunciare senza sosta questa deriva”. L'articolo Imposta sostitutiva sull’oro, M5s e Avs: “Condono per chi ha evaso o riciclato attraverso il metallo prezioso” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Tassa sull’oro in manovra: ecco come potrebbe funzionare
Un’aliquota agevolata del 12,5%, anziché quella del 26%, per chi entro il 30 giugno 2026 rivaluterà l’oro da investimento che possiede sotto forma di lingotti, placchette o monete. È la proposta contenuta in un emendamento di Giulio Centemero (Lega) e Maurizio Casasco (Forza Italia) alla manovra di Bilancio in vista della sua conversione parlamentare. L’aliquota sarebbe agevolata in quanto inferiore a quella standard prevista del 26%. Ipotizzando un’adesione del 10%, la “tassa sull’oro” darebbe un gettito stimato tra 1,67 e 2,08 miliardi. L’obiettivo della misura, si legge nel documento, è “facilitare l’emersione e la circolazione di oro fisico da investimento, garantendo al tempo stesso un incremento del gettito”. La proposta riguarda i contribuenti che, all’1 gennaio 2026, possiedano oro da investimento “in mancanza di documentazione attestante il relativo costo o il valore d’acquisto”. Attualmente la mancanza di documentazione di acquisto comporta, al momento della cessione, l’applicazione dell’aliquota al 26% sull’intero valore dell’oro ceduto, anziché sulla sola plusvalenza effettivamente realizzata, anche in assenza di qualunque intento speculativo. La proposta mira dunque a introdurre una “disciplina straordinaria e temporanea” per consentire “il riallineamento del costo fiscale dell’oro da investimento detenuto da privati, nella sola ipotesi di assenza di documentazione storica attestante il valore originario di acquisto”, si legge nella proposta. Secondo alcune stime l’oro privato in Italia potrebbe ammontare a circa 4.500/5.000 tonnellate, con un controvalore indicativo di 499/550 miliardi, considerando il prezzo di mercato dell’oro attualmente di circa 111.000 euro al Kg. Nella categoria di oro in mano ai privati, che comprende anche l’oro contenuto nei gioielli, l’oro da investimento è stimabile – si legge nella proposta – nell’intervallo del 25-30% del totale e pertanto ammonterebbe indicativamente a 1.200-1.500 tonnellate. L'articolo Tassa sull’oro in manovra: ecco come potrebbe funzionare proviene da Il Fatto Quotidiano.
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