Utilizzare una piccola parte del denaro sottratto dallo Stato alla criminalità
“per cambiare volto ai beni confiscati” alle mafie e “rigenerare i territori
feriti dalla presenza mafiosa”. Con questa finalità è iniziata la nuova grande
mobilitazione di raccolta firme di Libera. L’iniziativa “Diamo linfa al bene”
prevede una firma su delle cartoline che saranno spedite a Palazzo Chigi per
chiedere al governo di destinare il 2% del Fondo Unico di Giustizia (FUG) “alla
crescita del bene comune: scuole, cooperative, comunità, futuro”. L’obiettivo è
proprio quello di aprire una vertenza pubblica e diretta verso il governo, per
rimettere al centro del discorso pubblico la consapevolezza che la lotta a
mafiosi e corrotti è un bene comune.
Il FUG è costituito dal denaro sequestrato e confiscato alle organizzazioni, un
fondo nato 30 anni fa con la legge 109/96. La mobilitazione è stata presentata a
Roma in occasione del “Forum Nazionale del riuso pubblico e sociale dei beni
confiscati” e si inserisce nell’ambito della campagna nazionale “Fame di verità
e giustizia” che da maggio prova a scaldare il dibattito pubblico per riscrivere
l’agenda politica della lotta alla mafia. Sarà possibile firmare le cartoline
online sul sito di Libera (qui il link), in molte piazze d’Italia e nelle sedi
fisiche dell’associazione.
“Trent’anni fa, con la legge 109/96, l’Italia ha scelto di restituire alla
collettività ciò che le mafie avevano sottratto. Da allora – commenta Francesca
Rispoli, copresidente di Libera – più di 1.200 esperienze di riuso sociale
raccontano un Paese che ha saputo reagire, trasformando luoghi criminali in
presìdi di democrazia, lavoro e inclusione. Con questa raccolta di cartoline,
un’azione concreta che parte dal basso, vogliamo dare linfa a tutte quelle
esperienze di rigenerazione che insieme abbiamo fatto partire e rilanciare le
pratiche di riuso sociale dei beni attraverso la destinazione di risorse
pubbliche che incentivino lo spirito della 109/96″. “Se anche solo una piccola
parte di queste risorse venisse messa al servizio delle realtà che gestiscono
beni confiscati, in maniera continuativa e stabile – conclude Rispoli – si
potrebbero sostenere esperienze di inclusione e coesione in tutta Italia,
facendo veramente cambiare volto ai patrimoni illeciti e rigenerando i territori
con un segnale forte contro mafie e corruzione”.
Primi firmatari della petizione sono stati don Luigi Ciotti e Francesca Rispoli
(presidenti nazionali di Libera), Gian Carlo Caselli e Nando Dalla Chiesa
(presidenti onorari di Libera) e tanti familiari di vittime innocenti delle
mafie come: Margherita Asta, Cristina, Guido e Paola Caccia, Roberta Congiusta,
Marisa Diana, Mario Esposito, Marisa Fiorani, Stefania Grasso, Giovanni e Luisa
Impastato, Daniela Marcone, Dario e Luigi Montana, Matilde Montinaro, Bruno
Vallefuoco, Raffaella e Vincenzo Landieri, Paolo Siani, Lorenzo, Alessandra e
Francesco Clemente-Ruotolo.
In occasione del lancio dell’iniziativa, Libera ha anche presentato i dati sullo
stato dell’arte: sono 21.664 i beni immobili finora confiscati e già destinati
all’uso previsto dal Codice Antimafia, 21.626 quelli in gestione ma in attesa di
essere destinati. Più di 20mila beni (spesso da ristrutturare) sono in comuni
che non sempre hanno la possibilità di investire milioni di euro per renderli
riutilizzabili. Per quanto riguarda le esperienze di riutilizzo sociale sono
1.132 i soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati,
ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni e in 398 comuni. La
regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati
alle mafie è la Sicilia con 297 soggetti gestori, segue la Campania 186, la
Lombardia con 159 e la Calabria con 147.
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